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Autore: Miryel    15/09/2018    17 recensioni
Dopo un tragico incidente di percorso, durante un salvataggio, Peter Parker causa la morte di otto persone innocenti.
Il senso di colpa è logorante e Peter inizia a desiderare solo di sparire per sempre. Così decide che, l'unica soluzione per mettere a tacere quel dolore, è smettere di parlare.
Tony Stark, da parte sua, vorrebbe essere in grado di spezzare quel silenzio. Tornare a vivere una vita deliziata dalla voce di quel ragazzo che gli sta cambiando la vita e, allo stesso tempo, salvare Peter dalla convinzione di essere ciò che non è: un assassino.
[ Tony x Peter | Angst | Malinconico | Tematiche Delicate ]
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bruce Banner/Hulk, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ironguy and SpiderKid into the Canonverse'
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[ Starker | Tony x Peter | Angst | Malinconico | Tematiche Delicate | Word Count: 2807 ]

The Silence Remains

Starker â¤

•••



 

Capitolo II - The Silence Between Us


 

Tony Stark non aveva mai amato le attese, men che meno quando queste implicavano il dover fare i conti con i propri pensieri negativi, le sue paure, ma sapeva anche che, quando si trattava di Peter Parker, tutto il suo mondo poteva pure rovesciarsi e lui non avrebbe avuto nulla in contrario a riguardo. Persino le paure, che tanto voleva nascondere anche a se stesso, erano concesse. Sapeva che Peter lo aveva sempre rispettato, sempre ammirato e quando era successa quella tragedia, Tony aveva sentito di aver completamente tradito le aspettative di quel ragazzo. Per questo aveva deciso che sarebbe stato lui a risolvere quel problema, con l'arrogante consapevolezza di essere l’unico in grado di farlo. Non poteva credere di averlo deluso a tal punto da essersi guadagnato tanta indifferenza e, sebbene Bruce Banner gli avesse spiegato che forse Peter aveva semplicemente paura di aver deluso lui le sue aspettative, Tony stentava a credere potesse essere quella la ragione di quel mutismo, da cui comunque non era stato esonerato. Non riusciva ad ammettere a se stesso, che il fatto di non essere l’unica eccezione, lo faceva uscire fuori di senno. Aveva sempre creduto di essere su un altro piano, nella mente di Peter. Un piano più… intimo. Si passò una mano tra i capelli brizzolati e, mentre sbuffava leggermente aria dal naso, sussultò quando sentì bussare alla porta. Quando la aprí, ebbe un tuffo al cuore. Non vedeva Peter da quasi due mesi ormai e, sebbene davanti a lui c'era sempre il solito ragazzetto con la felpa troppo grande e zaino in spalla, Tony non poté non notare gli occhi nocciola spenti come un giorno di pioggia e il distacco da qualsiasi cosa. Peter. Proprio lui che la vita un po’ era riuscito a fargliela apprezzare di nuovo. Il ragazzo alzò una mano per salutarlo, abbozzando un sorriso che a Tony si insinuò nella schiena, facendolo rabbrividire. Dovette metterci tutto se stesso per non cominciare una filippica sul perché tanto dolore sul viso di chi non lo meritava. Gli fece cenno di entrare e poi chiuse la porta.

«Ti ringrazio per essere venuto fin qui, Peter. Mi dispiace che tu abbia dovuto fare questo viaggio in autobus. Avrei voluto passare a prenderti ma non mi  sembrava decisamente il caso», spiegó. La sincerità prima di tutto e seppe che era stata una buona idea quando l’altro annuì, rimanendo in piedi di fronte a lui, «siediti». Peter rispose con un timido diniego della testa, abbassando subito lo sguardo e dando l’impressione di essere a suo agio come se Tony l'avesse appena infilato a forza, nella gabbia di un leone famelico.

«Okay…», borbottò Tony e alzò un sopracciglio, cercando di trovare altre parole, altri modi, per metterlo a suo agio e seppe che quella conversazione a senso unico non avrebbe mai avuto i frutti che sperava, ma doveva almeno provarci, «come stai?» chiese. La stessa domanda che gli aveva posto per giorni, ora era uscita anche dalla sua bocca e quando Peter diede l’idea di non voler rispondere nemmeno in quel momento, aggiunse: «Stai bene?»

Il ragazzo allora alzò lo sguardo sul suo, e annuì immediatamente. Ecco, servivano domande dirette, non difficili, che non implicavano una risposta articolata ma una semplice mossa con la testa. 

«Non sembra!», sbottò. Accidenti a me!, pensó, poi sospirò, ormai imbarcato in quella direzione senza poter tornare indietro, così continuó: «Davvero, non lo dico per dimostrare chissà che ma… non sembra proprio, Peter. Se stessi bene, me lo diresti a voce, no?», concluse e odiò il tono piccato con cui lo aveva detto. Peter alzò le spalle e sorrise leggermente. L’inquietante pantomima di una spensieratezza che invece aveva perso da tempo. «Prima o poi dovrai affrontare questo problema.»

Il giovane scosse la testa in un diniego, e il finto sorriso sparì di nuovo dal suo viso.

«So che non sarà oggi, nemmeno domani ma un giorno dovrà succedere. Non puoi tacere per sempre.» Peter gli lanciò una sola, improvvisa, gelida occhiata, poi tirò fuori il cellulare e iniziò a scriverci sopra velocemente, con un cipiglio particolarmente infastidito. Poco dopo il telefono di Tony squillò. 

Un messaggio. «Sono venuto qui perché voleva vedermi, signor Stark. Voleva sapere come stavo, le ho detto che sto bene. Se la sua intenzione è quella di proseguire il discorso a proposito di questa cosa me lo dica, così provvederò ad andarmene immediatamente.»

Tony alzò un sopracciglio, non appena concluse la lettura del messaggio: privo di emoticon, di gif animate e altre cose che, fino a qualche mese prima, decoravano sempre quella chat un tempo piena di messaggi. E che ora sembravano persi nei meandri della memoria di un telefono. Quando tornò a guardare Peter, lo vide fermo immobile a fissare la finestra del salotto che dava sulla città, chiaramente per nulla attratto da quel panorama. Aveva la testa altrove e Tony avrebbe tanto voluto sapere dove fosse in quel momento.

«D’accordo», sospirò, infine, «Vuoi qualcosa da bere? Un succo di frutta?», Il ragazzo tornò a guardarlo, e sembrò sollevato da quel cambio di argomento. Indugiando un po’, infine annuì e poco dopo lui e Tony si ritrovarono seduti al tavolo della cucina a mangiare cookies e bere applejuice. Era imbarazzante, a dir poco e quello che stupì Tony fu il fatto che per Peter non pareva lo stesso. Sembrava a suo agio, in quel silenzio e non voleva rompere quel suo stato d’animo apparentemente sereno, ma doveva cercare almeno di tastare il terreno. 

Vacci cauto, gli aveva consigliato Banner e Tony sapeva che era la cosa che gli riusciva peggio di qualunque altra. Il tatto non faceva per lui. «Ho saputo che hai ricominciato ad andare a scuola», esordì e Peter annuì, mentre si puliva le dita sporche di cioccolata leccandosele con un’inconsapevole tenerezza, «Molto bene. E’ un bel passo avanti, insomma… e sta andando bene? Ti stai trovando bene?»

Peter annuì lapidario, e Tony sorrise. «Bene! Non c’è nessuno che ti sta rompendo le scatole, vero? Nessuno che ti prende in giro o cose così?», chiese ancora, e fu sollevato quando ricevette un diniego come risposta e, motivato anche dal piccolo sorriso che gli aveva rivolto, Tony sentì di poter andare più a fondo.

«Hai più messo la tuta?», Il tempo allora sembrò congelarsi.  Peter sgranò leggermente gli occhi che subito si velarono di tristezza e, prima di rispondere ancora con un no, abbassò gli occhi e strinse le dita attorno alle ginocchia. «Capisco e… non ne hai mai sentito nemmeno la necessità?» Il ragazzo rispose ancor prima della fine della domanda, muovendo la testa a destra e sinistra e, sempre più ombrata, la sua espressione si velò di disagio. Tony sapeva di aver appena superato la linea di demarcazione di quella che era la sua zona comfort, ma non sapeva che fare. Voleva aiutarlo, ma al tempo stesso sapeva di non potersi sbilanciare perché, se avesse esagerato, avrebbe ricevuto in cambio solo la cupa possibilità di non rivederlo mai più e non voleva. Voleva proteggerlo. Per quello era diventato così ossessionato dall’idea di aiutarlo ad ogni costo e non sapeva nemmeno quanto la cosa potesse essere positiva.

«Non è detto che succeda di nuovo», continuò, e Peter si chinò velocemente alla sua destra e prese un blocco e una penna dallo zaino poggiato a terra. Cominciò a scrivere, velocemente anche a mano e poco dopo girò il foglio verso Tony, rivelando una scrittura ordinata e rotonda.

«Non è nemmeno detto il contrario ed io non ho alcuna intenzione di uccidere altre persone.»

«Non sei un assassino, Peter. È successo… e se non fosse stato per te sarebbe andata peggio. L'esplosione di quel posto non avrebbe causato solo le vittime che si trovavano all'interno dell’edificio, ma avrebbe coinvolto i passanti e causato danni alle strutture vicine, facendone crollare altre come un effetto domino.»

Peter si accigliò e riprese il blocco. «Se avessi tenuto conto di tutte le possibilità non sarebbe morto nessuno».

«Non è sempre possibile, e lo sai. Noi siamo qui per fare in modo, però, che i danni siano minimi ed è esattamente ciò che hai fatto tu», rispose Tony, poi sbuffò e iniziò a giocherellare con il bicchiere vuoto del succo, «Senti, lo so che non ne vuoi parlare e che stai facendo uno sforzo immane ad intrattenere con me questa conversazione ma… credo che tu abbia bisogno di aiuto».

«La ringrazio, ma non ho bisogno del suo aiuto. So che non accetta il mio mutismo, eppure è l’unica cosa che mi fa sentire bene, per il momento.»

«No. È l’unica cosa che non ti fa sentire niente. Il che è decisamente diverso dal sentirsi bene, o sbaglio?», rispose Tony e non seppe se gioire dello sguardo spiazzato che gli riservò. Peter aveva alzato lo sguardo sul suo, visibilmente incredulo ma decisamente non in modo positivo. Non prese il blocco, rimase solo fermo. Tony, allora, decise di continuare, «Conosco una dottoressa, lei potrebbe darti una mano. È una psicologa che si occupa anche di ragazzi della tua età, specie influenzati da traumi come il tuo. Le dovrai dire che cosa è successo ma lei… lei è una persona di cui mi fido e sa mantenere il segreto professionale! Ha seguito anche Bruce in passato, e anche Rhodey». 

Peter lo stava fissando con l’assenza totale di espressività sul viso, che rese gelido un ambiente già freddo di suo e, quando Tony lo osservò prendere il blocco, sperò di vederlo scrivere qualcosa, perché a quel punto ogni emozione esternata era meglio di niente. Tony però dovette ricredersi, quando Peter non scrisse nulla. Afferrò anzi le sue cose e le infiló nello zaino, che chiuse poi con un certo astio. Si alzò in piedi, prese la borsa e se la mise in spalla, dirigendosi poi verso la porta, a passo svelto e scuotendo la testa, deluso.

«Aspetta!», esclamò Tony, imitandolo, poi lo rincorse e, quando lo raggiunse, continuò: «Non voglio costringerti a farlo, era solo una proposta, nulla più!», disse e provò a fermarlo, cercando di prendendolo per un braccio. Peter fu più veloce, e forse a causa della sua sensibilità che gli permetteva di prevedere spesso le mosse degli altri, si voltò leggermente e gli bloccò il polso. Tony rimase per un attimo senza fiato e senza parole, quando sentì quelle dita stringere intorno alla sua carne, consapevolizzando solo in quel momento che Peter, pur avendo appeso al chiodo il costume di Spider-Man, rimaneva in grado di fermare auto in velocità e di alzare oggetti pesanti il quadruplo, forse anche il quintuplo di lui.

«Hai ragione», ammise Tony, infine, continuando a non divincolarsi da quella presa che comunque Peter sembrava non voler attenuare. «Non volevo farti sentire inadeguato o un pazzo o chissà che altro. Volevo… solo trovare un modo per aiutarti, perché non lo sopporto. Non sopporto che tu stia male e non sopporto che tu, proprio tu, debba rinunciare a vivere la tua vita per qualcosa di cui non hai colpa.»

Peter lasciò leggermente la presa e abbassò lo sguardo, lapidario. Gli occhi gli si riempirono immediatamente di lacrime che, Tony poté vederlo, tentò di ricacciare indietro con tutta la forza possibile. Era qualcosa. Faceva male vederlo così ma era qualcosa. Significava che dentro quel cuore asciutto c'erano ancora emozioni e, anche se si trattava di devastanti sentimenti di tristezza e autocommiserazione, era sempre meglio di non provare niente.

«Lo so che ti è difficile crederlo, ma so cosa si prova a commettere un errore simile perché è successo anche a me… e sai qual è la cosa che mi fa più rabbia?», chiese, quasi gentilmente, come se per una volta nella vita avesse dimenticato di comportarsi come uno stronzo insensibile. Ricevette una rapida occhiata curiosa, pregna ancora di sofferenza e poi di nuovo uno sguardo basso. «Il fatto che, di tutte le persone che ci sono nel mondo, proprio tu debba portare questo fardello addosso. Che di tutta la gente insensibile che vive questa terra, sia successo proprio a te», spiegò infine e si sentiva pregno di rabbia, come succedeva ogni volta che pensava a quell’ingiustizia e Peter continuava a scappare con lo sguardo, a non guardarlo, a trattenere a stento le lacrime e quel senso di libertà che avrebbe sicuramente provato lasciandosi andare.

«Non reprimere questo magone. Non tenertelo dentro», provò a dirgli, e Peter sembrò esitare. Si agitò, lasciando la presa intorno al suo polso, guardandosi intorno come se fosse combattuto tra il rimanere o lo scappare via, prima di lasciarsi andare ad un pianto liberatorio - o almeno in parte lo era - e buttarsi tra le braccia di Tony in cerca di conforto. Tony lo accolse e gli accarezzò subito i capelli, mentre si sentiva impotente e arrabbiato con se stesso e col mondo, per aver fallito nel comprendere, dal principio, che cosa fare con quel ragazzo così fragile. Quando poi Peter si staccó alzando leggermente lo sguardo sul suo, Tony inglobó la sua guancia tra la propria mano. Era bollente, a dir poco; umida per colpa delle lacrime che aveva appena smesso di versare. Si perse a guardare quegli occhi ora enormi e bagnati, color castagna, impegnati a trattenere ancora troppe cose ingabbiate nelle viscere. Peter accettò quello smarrimento, ricambiando con una piccola esternazione di gratitudine e paura, che palesò inclinando la testa di lato e si espose. Era troppo esposto. Troppo. Così tanto che Tony non ce la faceva nemmeno a lasciarlo andare, nemmeno se avesse voluto farlo. Le labbra di Peter erano umide, a volte tremavano come foglie secche pronte a staccarsi da un ramo. Fragili come la sua anima.  Semiaperte come a voler accogliere senza alcuna esitazione le sue, nel caso avesse voluto incontrarle. Quanto fu difficile per Tony baciargli solo la fronte, fingendosi il padre premuroso che non avrebbe mai voluto essere. Mentre gli lasciava quel bacio, chiuse gli occhi con dolore, ripetendosi dentro la testa che, anche se Peter avesse mai ricambiato quel sentimento, non era quello il momento di fargli sapere che per lui era lo stesso. Sarebbe sembrato solo un finto tentativo di farlo sentire importante. E Peter lo era. Accidenti se lo era. Eppure non voleva rischiare di amplificare quella sofferenza per colpa dei dubbi. Peter però non sembrò provare lo stesso. Quando Tony tornò a deliziarsi del suo sguardo, il ragazzo sembrava un contenitore di emozioni pronto ad esplodere e gli fece paura. Gli fece paura vederlo avvicinarsi al suo viso, stringergli le dita intorno alla maglietta come se volesse afferrarlo, e non lasciarlo scappare. Poi premette le labbra contro le sue. Tony sentì un brivido, lento e vibrante, lungo la schiena e le braccia. Le dita ancora incastrate, strette intorno alle spalle di Peter, reagirono subito. Ebbe giusto il tempo di percepire il sapore salato di quelle labbra sulle sue, prima di scansarlo quasi bruscamente, senza capire nemmeno perché lo avesse fatto. 

Non lo salverai così, Tony., si disse e dalla sua bocca uscì tutt’altro. Si maledì.

«No. No, no, no, no, no», farfugliò, apparentemente calmo e con la situazione sotto controllo mentre dentro gli saliva l’odio verso se stesso e  un gigantesco senso di colpa. «No, Peter… non… non possiamo… noi due, tu ed io… non possiamo, lo sai», farneticò.

Lo vogliamo, non possiamo. E’ così. Non si può, lui lo sa!, cercò di giustificarsi, perché lui non sbagliava mai. Con gli altri, almeno. Con Peter era un continuo spezzargli il cuore. Quanto era bravo, in quello...

Peter di tutta risposta lo fissò incredulo. Alzò un sopracciglio per un attimo, poi fu di nuovo il nulla. Tony vide i suoi occhi rassegnarsi di nuovo, velarsi di un vuoto profondo, nero come la pece. Lo vide caderci dentro, in un senso che di metaforico aveva ben poco. Lo vedeva cadere e non riusciva a riprenderlo. Cercava di afferrarlo e più si agitava per farlo più Peter spariva nel buio.

Dì qualcosa. Dì qualcosa, avanti! Non farlo andare via. Riportalo qui!, si disse, e tacque. Come uno stronzo, tacque e basta. 

Peter gli morì davanti, di nuovo, ed era solo colpa sua. Tony lo fissò muto riprendere in mano lo zaino che gli era scivolato dalla spalla quando aveva provato a baciarlo e, lanciandogli un’ultima occhiata vuota e cupa, uscì di casa sbattendo la porta. Il rumore dei vetri che tremarono, Tony lo avrebbe ricordato per sempre nel suo cuore; eco di un errore madornale che aveva appena distrutto l’anima di un giovane ragazzo, la quale aveva solo cercato un po’ di conforto e aveva trovato l’ennesima porta chiusa. Avrebbe potuto semplicemente ricambiare, perché quel gesto lo aveva desiderato almeno tanto quanto lui. Se non di più. Avrebbe potuto farlo e rendere forse felici entrambi, invece di fare l’adulto, per  la prima volta in vita sua, decidendo di seguire l’unica via che mai avrebbe dovuto intraprendere: quella sbagliata.

Fine.


 
Angolo angolare delle angolate angolose di Miryel che è un angolo maggiore di 90°, quindi ottuso:

Io adoro scrivere dal PoV di Peter, ma ancora di più adoro farlo dal PoV di Tony. Mi piace da matti vedere il suo bimboragno, che gli confonde le idee, che lo fa sentire meglio di quello che pensa di essere, e poi ha paura e mi cade in certi errori...
Adoro quanto Tony diventi umano, dietro a quel ragazzo, come se avesse capito cosa significa vivere, solo grazie a lui...
Grazie a chi è arrivato fin qui, siete coraggiosi ♥
 ♥ 
A presto,
Miry
 
   
 
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