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Autore: Carme93    16/09/2018    3 recensioni
Avete presente Conan, il piccolo e geniale detective?
Avete presente il film Seventeen again con Zac Efron?
Avete mai immaginato che cosa potrebbe accadere se anche il grande Harry Potter, il Salvatore del Mondo Magico, si ritrovasse un giorno a ritornare un ragazzino di dodici anni e calcare nuovamente i corridoi di Hogwarts in compagnia dei figli? E se questo li permettesse di conoscerli ancora meglio?
James e Albus sono pronti ad aiutare il padre a risolvere il nuovo caso e a farlo tornare adulto. Voi siete pronti a seguire le loro avventure?
(Storia ispirata proprio dal cartone e dal film sopracitati).
Genere: Fluff, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Ginny Weasley, Harry Potter, James Sirius Potter, Un po' tutti | Coppie: Arthur/Molly, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo I 
 
«Devi andare a lavoro, oggi?».
La voce flebile e assonnata di una donna dai lunghi capelli rossi, sparsi disordinatamente sul cuscino, raggiunse attutita l’uomo accanto a lei, che ancora era in dormiveglia.
Un grugnito indistinto fu in effetti l’unica risposta.
«Harry! Non sei sveglio?» insisté la donna.
L’uomo, dai neri capelli sparati in tutte le direzione, ancor peggio di quelli della moglie, gemette e si volse verso di lei. «Ora sì, Ginny. Che c’è?».
«Ti ho chiesto se oggi devi andare a lavoro per forza» ripetè la donna pazientemente.
«Sono di turno fino alle cinque» replicò Harry in un sospiro. Cogliendo l’espressione triste e preoccupata della consorte, l’attirò in un abbraccio e iniziò a darle dei piccoli baci sulla spalle, spingendosi verso il collo, fino a risalire alla bocca. Ginny ricambiò il bacio, ma non mutò la sua espressione. «Che cosa ti preoccupa?» chiese allora il marito.
«A parte Albus?» replicò ella accigliandosi.
Harry sospirò, allentò la presa su di lei e si sdraiò nuovamente, appoggiando, però, la testa sul cuscino di lei. «È solo un bambino».
«È strano» insisté Ginny.
«È solo un periodo» affermò Harry tentando di sviare il discorso e protendendosi di nuovo verso di lei, bramoso di baciarla e sentire ancora il suo profumo. Questa volta Ginny lo respinse.
«Sii serio» lo rimproverò
A quel punto Harry si rassegnò, consapevole che quando si metteva qualcosa in testa era difficile dissuaderla e per quella mattina non ci sarebbero state più coccole. «Quando torno, proverò a parlargli di nuovo. Inoltre mi prenderò dei giorni, così potremo fare qualcosa tutti insieme prima che lui e Jamie ripartano per Hogwarts. Oggi proprio non posso perché Ron ha chiesto tutta la giornata libera».
«Come mai?» domandò perplessa la moglie.
«Lui e Hermione si sono organizzati per trascorrere qualche ora in modo alternativo con i bambini».
«Bene, allora, a maggior ragione nei prossimi giorni ti farai sostituire da quello sfaticato di mio fratello, così anche tu potrai trascorrere un po’ di tempo con noi» esclamò Ginny con aria combattiva.
E credeteci, nessuno sano di mente avrebbe mai osato contraddire Ginny Weasley in Potter normalmente, figuriamoci quand’era in un simile stato d’animo!
«Consideralo fatto» le assicurò Harry. «Anch’io voglio stare un po’ con voi, che credi? Ultimamente ho lavorato un sacco».
«Merlino, Harry, nemmeno ti immagini quanto io sia preoccupata per Al. È così strano! Non riesco più a capirlo!» sbottò dopo un po’ Ginny riprendendo il precedente discorso.
La verità è che anche Harry, per quanto tentasse di glissare, era stranito dal comportamento tenuto negli ultimi mesi dal suo secondogenito. «Magari ha solo difficoltà, insomma all’inizio è normale… E non so… forse si vergogna di ammetterlo…?».
Ginny sospirò. «Va bene, consideriamo che dipenda da questo. Insomma anch’io al mio primo anno ero eccitatissima… quanto meno i primi tempi… poi sappiamo com’è andata a finire… Ad Al non potrebbe mai succedere quello che è accaduto a me, vero?».
Harry rimase sconvolto dall’ansia e dalla sofferenza che la moglie gli riversò addosso. Ginny Weasley era sempre stata una donna combattiva, guai a mettersi contro di lei, una vera Grifondoro in tutto e per tutto. Ed era una vera leonessa quando si trattava dei figli. Era, però, la prima volta che la vedeva tanto turbata per qualcosa che li riguardava.
«Ginny, no, non può accadere la stessa cosa!» disse allora con fermezza. «Stai tranquilla. Fidati di me, è solo una fase». In realtà non ne era pienamente convinto, ma, vedendo la moglie in quello stato, si ripromise di risolvere la questione in tempi brevi.
«Forse, hai ragione. Magari non sa gestire questa nuova libertà. Lontano da noi, che non possiamo controllarlo. Anche James ne ha combinate e ne combina di tutti i colori. Il problema è che Al è sempre stato responsabile!» riprese Ginny.
Questa volta Harry non replicò. Il problema principale era proprio che stavano parlando di Albus, se a comportarsi male e a non studiare fossero stati gli altri due figli, Jamie o la piccola Lily, beh non sarebbe stato tanto sorpreso.
Negli ultimi anni i Direttori delle Case avevano preso l’abitudine di consegnare agli allievi una scheda in cui avevano registrato i progressi nell’apprendimento delle varie discipline, ma anche una nota sulla condotta. E, naturalmente, i genitori dovevano firmarla.
Harry era letteralmente rimasto senza parole nel vedere quella di Albus. Nemmeno James, che era un bambino vivace e irruento, in due anni di Scuola, aveva mai portato a casa un giudizio del genere e, come già detto, ne aveva combinate parecchie.
Il Direttore di Grifondoro, Casa a cui entrambi i suoi figli maggiori appartenevano, era Neville Paciock, un carissimo amico di famiglia, nonché padrino di Albus. Harry avrebbe voluto parlarne con lui, sperando che lo aiutasse a comprendere o gli dicesse se, in quei quattro mesi, era accaduto qualcosa che avesse turbato il figlio; purtroppo non era stato possibile, il suocero di Neville aveva deciso di invitare per tutte le vacanze i figli e, naturalmente, le loro famiglie in un vecchio maniero di famiglia. Harry e Ginny non se l’erano sentita di affrontare la questione via gufo e, quindi, avevano tentato di affrontare il figlio da soli. In più Albus si era rifiutato di dare una qualunque spiegazione o di rispondere alle loro accorate domande, e non aveva neanche protestato quando la madre, decisamente seccata, l’aveva messo in castigo per tutte le vacanze di Natale.
 Harry decise di alzarsi e andare a farsi la doccia, tanto non avrebbero più dormito.
«Vado a preparare la colazione» disse Ginny, alzandosi a sua volta.
«Va bene, grazie. Devo essere al Ministero per le nove» replicò Harry prima di aprire l’acqua della doccia. Spesso e volentieri era un ottimo modo per rilassarsi, ma quel giorno aveva troppi pensieri per la testa. Si preparò con calma, dopotutto si erano svegliati fin troppo presto. Quando finalmente scese in cucina, l’odore dei pancake al cioccolato la faceva da padrone. Sorrise istintivamente, ma il viso contrariato e assonnato del suo secondogenito lo incupì subito dopo. Si avvicinò e lo baciò sulla testa.
«Buongiorno! Dormito bene?» gli chiese tentando di apparire più ottimista di quanto fosse realmente in quel momento. Nel frattempo la moglie gli porse un piatto e si sedette accanto a lui.
«Sì, tu?» rispose Albus, senza alzare gli occhi dalla colazione che stava torturando come se gli avesse fatto chissà quale grave torto. Solitamente adorava i pancake al cioccolato.
«Abbastanza bene, grazie» replicò Harry, felice di sentirlo parlare sebbene a monosillabi. Che avesse qualche problema, era evidente. E, visto che prima di partire per Hogwarts era stato sempre il solito Al, doveva essere accaduto qualcosa a Scuola. «Hai visto il fumetto che ho portato ieri a Jamie?».
«No».
Risposta secca e netta, ma Harry non si diede per vinto. «Se mi dici un romanzo che ti piacerebbe avere, te lo compro pomeriggio appena finisco il turno».
Questa proposta prese il ragazzino di sorpresa, tanto che smise di tagliuzzare ossessivamente i suoi pancake e sollevò gli occhi su di lui.
«Davvero?» domandò. «Insomma, non sono in punizione?».
A essere pienamente sinceri, a Harry importava ben poco e probabilmente anche a Ginny. Entrambi erano stufi di vederlo girare per casa imbronciato e triste. La moglie gli lanciò un’occhiata d’avvertimento: ah, sì la famosa legge della coerenza. Se dici una cosa la devi mantenere nel bene e nel male. Quella regola era un’arma a doppio taglio.
«Sì, lo sei» rispose infine. «In questi giorni, però, ti sei comportato bene. Se non sbaglio hai finito tutti i compiti delle vacanze, no?».
Albus annuì timidamente e si riempì la bocca di pancake, forse per prendere tempo e riflettere sulle parole migliori da pronunciare – il vecchio Albus pensava sempre prima di parlare – o in attesa che Harry stesso aggiungesse qualcosa.
«Allora, vuoi che ti prenda un nuovo romanzo o no? O forse preferisci un fumetto come James?». Harry non aveva nessuna intenzione di desistere proprio a quel punto.
Albus si mordicchiò il labbro nervosamente e continuò a mangiare.
«C’è qualcosa che vuoi chiederci?» intervenne Ginny.
Il ragazzino si morse nuovamente il labbro e annuì lentamente. Harry allungò una mano e gli scompigliò affettuosamente i capelli. «E fallo, no? Ti abbiamo sempre ascoltato, lo sai». Poi colto da un’illuminazione improvvisa aggiunse: «Puoi confidarti con noi come prima di Hogwarts, stai tranquillo non sarai mai troppo grande». Non aveva problemi a immaginarsi il figlio maggiore a raccontare simili scemenze al fratellino.
Albus stranamente s’incupì di più, ma nervosamente chiese: «Posso andare al Ghirigoro? Oggi Jeremy Edwards presenterà il suo nuovo romanzo e firmerà le copie acquistate».
Per poco Harry non scoppiò a ridere e non lo abbracciò: quello era il suo Albus! Niente scherzi potenzialmente pericolosi, niente atti di ribellione inspiegabili, niente di quell’Albus che Neville aveva descritto nella sua scheda! Solo il suo bambino, a cui brillavano gli occhi all’idea d’incontrare uno dei suoi scrittori preferiti tanto quanto sarebbero brillati a James alla vista del Cercatore della nazionale inglese di Quidditch!
«Ti va di spiegarci che cos’è accaduto a Scuola?» chiese a bruciapelo Ginny.
L’espressione di Al mutò rapidamente e, prima che abbassasse la testa sul piatto di nuovo e scuotesse la testa in risposta, Harry colse un luccichio nei suoi occhi verde smeraldo.
«Mi dispiace, Albus, ma se non ci dai una spiegazione accettabile, non andrai da nessuna parte oggi» sentenziò Ginny. E che l’avesse detto a malincuore, Harry glielo leggeva negli occhi. «E non ti muovere da qui finché non hai finito» sbottò subito dopo, fermando la sua fuga al piano di sopra. Il ragazzino obbediente tornò a sedersi e a torturare la sua colazione, ma a Harry non sfuggirono i primi lacrimoni che gli scivolarono sulle guance.
Odiava vedere i suoi figli piangere e ancor di più esserne la causa, ma si era anche ripromesso di non viziarli mai. L’immagine di Dudley che lanciava la sua Mega Multilation dalla finestra, era certamente indelebile nella memoria. Non avrebbe mai tollerato che i suoi figli divenissero in quel modo!
Harry avrebbe voluto parlare con Ginny e trovare la soluzione migliore a quella situazione, perché era evidente che non stessero andando da nessuna parte in quel modo. I loro occhi si incrociarono e comprese che ella la pensava allo stesso modo, ma prima che potesse chiederle di andare di sopra o di tentare ancora di parlare con Albus, la porta sul retro si aprì e due ragazzini irruppero nella piccola cucina.
«Ciao zia, ciao zio» trillò il più piccolo.
«Ciao, Hugo» rispose Harry accarezzandogli la testa.
«Ciao, tesoro. Vuoi un pancake o del succo di zucca?» chiese, invece, Ginny.
«Solo un po’ di succo di zucca, grazie. Abbiamo già fatto colazione» rispose Hugo educatamente.
«Io prendo volentieri qualche pancake» disse, invece, la ragazzina più grande, riempiendosi un piatto vuoto.
«Buongiorno a tutti!» disse una donna poco più che trentenne, seguita a ruota da un uomo dai capelli pel di carota quasi identici a quelli dei figli.
«Ciao, ragazzi» salutò Harry. «Qual buon vento vi porta qui di mattina presto?».
«Ron, non ti ho offerto nulla!» sbottò, invece, Ginny assottigliando lo sguardo e fissandolo mentre si riempiva il piatto proprio come aveva fatto la figlia.
«Ma sorellina, i tuoi pancake sono buonissimi!» ribatté Ron.
«Sei un lecchino» sibilò Ginny in risposta.
«Ron, smettila di comportarti come un bambino e di dare il cattivo esempio ai tuoi figli!» lo rimproverò la moglie.
«Su, Hermione, lascia stare» intervenne Harry, che non desiderava assistere a una loro lite di prima mattina.
«Oggi andremo a Hyde Park, poi al Ghirigoro per incontrare Edwards, poi a pattinare e infine a prendere la pizza» annunciò allegro Hugo, porgendo il bicchiere vuoto alla zia perché lo riponesse nel lavandino. «Lily, Al e Jamie possono venire con noi?».
«Ci divertiremo un po’ alla babbana» spiegò Ron dopo aver ingoiato un grosso boccone. «Devo ammettere di essere un po’ preoccupato. Sai, non usare la magia per tutto il giorno» soggiunse rivolto specialmente a Harry.
«Oh, Ron, sopravvivrai per un giorno» sbottò Hermione alzando gli occhi al cielo.
«Allora, zio, zia, possono venire?» trillò Hugo.
«Perché non vai a svegliare Lily e le chiedi se le va?» replicò Harry.
«Posso usare l’acqua del bagno?» chiese il piccolo.
«Certo, ma non buttarne sul pavimento. Potreste scivolare» replicò con noncuranza Harry, precedendo Hermione che probabilmente avrebbe rimproverato il figlio, e, mentre quest’ultimo trotterellava al piano di sopra, si rivolse a lei: «Suvvia, non sono neanche le nove del mattino, se non fa così, Lily non si sveglierà mai».
«Non vedo l’ora di uscire» commentò Rose felice e soddisfatta, dopo aver finito i pancake insieme al padre.
«Ne preparo altri per Jamie e Lily» borbottò Ginny contrariata e lanciò un’occhiataccia a Ron.
«Al, muoviti e vai a vestirti!» strillò Rose, provando a tirargli un calcio da sotto il tavolo. Fortunatamente era troppo distante.
«Rose, ne abbiamo parlato…» iniziò Hermione, ma Ginny la interruppe.
«Albus, non va da nessuna parte».
«Ma zia Ginny! Sei più esagerata di zio Percy! Non puoi non farlo venire, Edwards è il suo scrittore preferito» si lamentò Rose.
«Te l’ho detto un sacco di volte Rose, a Scuola bisogna sempre fare il proprio dovere» sentenziò Hermione.
Questo fu evidentemente troppo per Albus, che si alzò e, ignorando persino i richiami della madre, si diresse fuori dalla cucina senza una parola. Nessuno fece in tempo a dire nulla o a fermarlo, perché nello stesso momento Hugo arrivò correndo e urlando:
«Zio, ti prego, salvami!».
Hugo corse da Harry e si nascose dietro le sue spalle.
«Io ti ammazzo!» urlò una bambina dai lunghi e disordinati capelli rossi, entrando in cucina con occhi di fuoco.
Harry aprì le braccia e la bambina, esitando un attimo a cambiare obiettivo, si lanciò tra le sue braccia. «Papà, mi ha lanciato l’acqua in faccia!» si lagnò, tentando di tirare un calcio all’altro ragazzino. Hugo si allontanò prudentemente dalla sedia e cercò rifugiò vicino alla zia Ginny, che preparava la colazione.
«Lily, smettila di urlare e siediti a fare colazione, se vuoi andare a passeggio con gli zii oggi» intervenne Ginny con praticità.
«Dove andiamo?» chiese la bambina ora tutta contenta rivolta agli zii.
«Hyde Park, Ghirigoro, pista di pattinaggio e pizzeria» riassunse Hugo, beccandosi però un’occhiataccia. Evidentemente non l’aveva ancora perdonato.
In quel momento il primogenito della famiglia fece il suo ingresso nell’affollata cucina.
«Ma che è tutto questo chiasso?» domandò stropicciandosi gli occhi.
«Hugo, mi ha svegliato buttandomi l’acqua in faccia!» gli raccontò immediatamente Lily.
«Perché c’è un altro modo per svegliarti?» sbadigliò il ragazzo.
Lily gli lanciò in faccia un tovagliolo, beccandosi un’occhiataccia e un rimprovero dalla madre.
Harry sospirò e, con la scusa di dover recuperare dei documenti nel suo studio, salì al piano di sopra alla ricerca di Albus.
Come aveva immaginato, lo trovò in camera sua in lacrime e intento a prendere a pugni il suo cuscino. Albus percepì la sua presenza e gli lanciò una breve occhiata. Da dove veniva tutta quella rabbia e quella tristezza?
«Finisco alle cinque oggi. Se vuoi per cena, possiamo ordinare la pizza» tentò gentilmente.
Albus aveva smesso di torturare il cuscino e, sicuramente, l’aveva sentito. Per un attimo a Harry sembrò che gli stesse per dire qualcosa, ma poi, evidentemente, cambiò idea e si limitò ad annuire leggermente.
Si avvicinò e lo baciò sulla testa. «Ci vediamo più tardi».
Sulle scale, Harry incontrò la moglie.
«Gli hai parlato?» gli domandò per prima cosa.
«Gli ho detto che stasera ordiniamo la pizza».
«Ok, almeno non devo cucinare io» sospirò Ginny.
«Non puoi portarcelo in libreria?» le chiese Harry.
«Non possiamo cambiare idea solo perché fa i capricci» tentò allora Ginny, ma non ci credeva neanche lei.
«Si tratta di un libro, dopotutto. Non lo mandiamo mica a divertirsi con Ron e Hermione».
«Va bene, se fa il bravo, lo porterò» acconsentì allora la moglie.
Harry sorrise, contento che la pensasse come lui e la baciò.
Era padre da dodici anni, ma ancora con i figli si sentiva proprio come quando l’infermiera del San Mungo gli aveva portato James e lui non sapeva da che parte prenderlo con il sacrosanto terrore di romperlo.
 

 
   
 
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