Gli inganni del dolore
Accettiamo l'amore che pensiamo di meritare1
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I passi pesanti t’accompagnano come un macigno. Intorno a te, calato dentro te, solo un inspiegabile gelo estivo che s’appiccica alle vesti consunte e pizzica la cute. Il capo chino ciondola a ogni falcata, mentre il sudore impiastriccia i capelli ingrigiti. Il vociare che si sussegue lungo il cammino, neanche lo senti – le strade di Londra raggiungono ovattate il tuo udito.
Non ti sei mai sentito tanto vecchio.
C’è odore di pioggia nell’aria contaminata dal dolore, ma a te non importa. Che piova pure, sopra e sotto di te, che ti anneghi – quelli come te non muoiono mai.
Con i tuoi trentasei anni d’esperienza sei certo d’averlo capito ormai, che i mostri travestiti da persone normali sopravvivono a tutti, è la loro punizione per aver intessuto legami di cui erano immeritevoli.
Non ti sei mai sentito tanto solo.
Il corpo di Sirius risucchiato dal nulla annebbia persino i sensi del lupo, la lapide bianca di James annerisce ogni altra cosa, e tu scalpiti per cancellare l’uno e l’altra.
Indolenzito, sollevi il capo e ti sorprendi a sostare dinanzi all’ingresso della familiare Grimmauld Place, dove l’inconscio traditore ti ha guidato. Fissi ostile il numero dodici e vorresti urlare e piegarti in due e battere i pugni contro il marciapiede – come hai fatto anni addietro, davanti alle rovine di una casa di Godric's Hollow –, ma l’età t’impone contegno, autocontrollo, dignità.
Non ti sei mai sentito tanto ingabbiato.
Chini di nuovo il capo, nella vana speranza di rimescolare i ricordi.
Ricacci le mani gelide nelle tasche e tremi scosso dai singhiozzi che ingoi assieme alle lacrime e serri i pugni incattivito dalla consapevolezza che la tua vita ha calamitato sempre e solo dolore – per te, per le persone che hai amato, per le persone che potresti amare – e di nuovo vorresti urlare tutto e a chiunque.
Non ti sei mai sentito tanto impotente.
D’un tratto, un rumore di passi e una flebile voce femminile che chiama il tuo nome s’infrangono contro le tue moleste riflessioni. Gli occhi scuri individuano all’istante l’immagine di Tonks e ne seguono allarmati i movimenti sino a quando non s’arresta dinanzi a te.
Ha il viso stanco e smagrito, lo sguardo apprensivo, i capelli ispidi e scuriti e le mani tremanti – sembra malata.
Non ti sei mai sentito tanto contagioso.
Le sue labbra schiuse suggeriscono che stia raccattando parole adatte, che non ti turbino, che non ti mettano in fuga, che ti ancorino lì con lei. Inorridito, indietreggi per frapporre quanta più distanza possibile tra voi, incassando l’espressione addolorata che subito s’impadronisce del suo giovane volto.
Ma non vi badi. Sei convinto che lei sia troppo incontaminata per capire che non hai scelta, che sei costretto a scuotere il capo con vigore e a congedarti con una bugiarda occhiata di disprezzo, senza concederle quel tempo utile ad articolare parola – tutto perché ti odi e dimentichi, tutto perché tu smetta di accettare l’amore che non pensi di meritare.
Non ti sei mai sbagliato tanto, e ancora non lo sai.
1citazione tratta dal film del 2012 Noi siamo infinito, diretto da Stephen Chbosky.
Ringrazio chiunque abbia letto, spero che il breve racconto abbia meritato il vostro tempo. Alla prossima!