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Autore: Itsamess    17/09/2018    1 recensioni
[Crossover con la serie tv Legion]
[background Rogue/Bobby]
«Non muori anche tu dalla voglia di vederli?» domanda Bobby senza nemmeno staccare gli occhi dal giardino.
Dal suo tono di voce impaziente sembra un bambino che non vede l’ora di scartare i regali di Natale. Le sta dando le spalle, ma Rogue non ha bisogno di guardarlo per immaginare la sua espressione: sa che i suoi occhi hanno un particolare modo di accendersi quando è emozionato per qualcosa, e lo sa perché è lo stesso sguardo che di solito riserva a lei.
«Vedere che cosa, scusa?»
«Come che cosa? I nuovi arrivati!» esclama lui voltandosi sorpreso e spalancando le braccia, come se fosse del tutto ovvio «Tempesta ha portato a casa dei randagi!»
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby Drake/Uomo Ghiaccio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Spoiler sulla prima stagione di Legion, e sui primi film degli X-men (ma chi è che ancora non li ha visti nel 2018?)




Contatto

 
 

Chi porta gli occhiali li toglie prima di andare a dormire; chi rischia di uccidere una persona semplicemente toccandola cerca di non sfilarsi i guanti quasi mai.
 
Quasi perché ci sono in realtà notti in cui Rogue chiude a chiave la porta della stanza per essere sicura che non entri nessuno – a parte Kitty Pryde e la sua abilità di passare attraverso i muri, volendo – e si toglie i guanti, lasciandosi sfuggire un lieve gemito di sollievo.
 
La sua carnagione è naturalmente chiara, eppure ogni volta lei resta stupita di quanto possa essere pallida la parte di pelle che va dal polso in giù– la parte di pelle che da anni ormai non espone direttamente alla luce del sole, come uno di quei vampiri dei romanzi. Rogue appoggia i guanti sul comodino con la cautela con cui maneggerebbe un'arma carica, senza riuscire a decidere se ha più paura di non vederli, al proprio risveglio, o al contrario di ritrovarli. Senza più averli addosso, riesce a provare di nuovo la sensazione delle diverse superfici sotto alla punta delle dita. Sensazioni normali, come il freddo del legno o la morbidezza del copriletto trapuntato.
 
E ci sono invece notti come quella che ha appena trascorso, notti in cui c’è Bobby insieme a lei e ogni centimetro di stoffa è il benvenuto se serve a tenerlo in vita.
 
Non capita spesso che lui resti a dormire in camera sua.
La ragione ufficiale è che sia proibito dalle regole della scuola, per cui le rare volte in cui succede stanno bene attenti a non farsi scoprire e parlano a voce bassa, come bambini nascosti in un rifugio segreto. La verità è che Rogue è soltanto felice dell’esistenza di un tale divieto, perché almeno ha una scusa per passare la notte lontana da lui e dal pericolo di sfiorarlo per sbaglio.
 
È una tortura stargli accanto senza essergli davvero vicina.
Le sue labbra si fermano sempre qualche centimetro prima della sua pelle e le sue dita lo accarezzano solo sopra ad uno strato di stoffa. Bobby cerca di non farle pesare il fatto che la loro relazione sia un po’ troppo platonica per i gusti di un normale ragazzo di diciannove anni, ma tanto nessuno dei due è davvero normale.
 
Quella mattina Rogue apre gli occhi di scatto, terrorizzata dall’idea di averlo inavvertitamente abbracciato nel sonno – è già successo, anche se cercano di non parlarne – ma grazie al cielo Bobby è in piedi davanti alla finestra, vivo.
Salvo.
Sta guardando fuori. Le sue dita tengono piegata la veneziana.
 
«Sei sveglio» mormora lei, con la voce ancora assonnata. A giudicare dai rettangoli di luce gialla che filtrano invadenti sulle lenzuola quasi intatte, deve essere quasi mezzogiorno.
 
«Da ore!» risponde Bobby con il suo solito sorriso aperto e buono «Tu hai dormito bene?»
 
Rogue non ha dormito bene – non ha dormito affatto – perché la presenza di un’altra persona nella sua stessa stanza la tiene in uno stato di allerta perenne che rende impossibile riposare serenamente. Ha passato metà del tempo a guardare Bobby dormire e l’altra metà a decidere quale fosse la giusta distanza di sicurezza per cui lui non corresse il pericolo di morire e lei non corresse quello di cadere dal letto.
(Ovviamente una tale distanza non esiste, perché il letto è singolo e loro sono in due, ma questo Rogue lo ha capito troppo tardi.)
 
La ragazza finge di stiracchiarsi tranquillamente e mente: «Sì… e tu?»
 
«Come un sasso!»
Bobby torna a sbirciare fuori dalla finestra, senza nemmeno più ostentare indifferenza. È chiaro che in giardino stia succedendo qualcosa degno di nota, come una levitazione spontanea o anche semplicemente un altro albero dato alle fiamme da Pyro solo per farsi vedere, è un tale esibizionista…
 
Rogue sta per domandare a Bobby di cosa si tratti, ma lui la precede.
«Non muori anche tu dalla voglia di vederli?» domanda senza nemmeno staccare gli occhi dal giardino.
 
Dal suo tono di voce impaziente sembra un bambino che non vede l’ora di scartare i regali di Natale. Le sta dando le spalle, ma Rogue non ha bisogno di guardarlo per immaginare la sua espressione: sa che i suoi occhi hanno un particolare modo di accendersi quando è emozionato per qualcosa, e lo sa perché è lo stesso sguardo che di solito riserva a lei.
«Vedere che cosa, scusa?»
 
«Come che cosa? I nuovi  arrivati!» esclama lui voltandosi sorpreso e spalancando le braccia, come se fosse del tutto ovvio «Tempesta ha portato a casa dei randagi!»
 
 
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Rogue ha appena il tempo di infilarsi le scarpe che Bobby la trascina di corsa in cortile, facendosi a malapena largo fra la folla di studenti curiosi.
Sono tutti assiepati intorno al jet, in cerchio come durante una delle lezioni che il professor Xavier tiene in giardino quando il cielo è semplicemente troppo limpido perché se ne restino chiusi dentro alle mura dell’istituto.
A giudicare dal brusio sommesso, nessuno ha ancora spiegato loro chi siano i nuovi arrivati, o cosa vogliano.
 
Rogue si alza in punta di piedi per vederli meglio: dietro a Tempesta e a Scott ci sono un uomo ed una donna. Lei ha i capelli biondi e degli occhi molto grandi e molto tristi. Lui ha lo sguardo un po’ folle, ma forse è solo un’impressione data dal suo continuo lanciare occhiate a destra e a manca alla ricerca di chissà chi. Rogue si chiede cosa ci facciano lí – se la loro scuola sia stata bruciata o scoperta - ma la politica del professor Xavier è che chiunque chieda asilo lo ottenga senza condizioni, soprattutto ora che l’esistenza del gene mutante è divenuta di dominio pubblico.
 
Anche se, a guardarli meglio, i due sembrano un po’ troppo grandi per essere studenti. Saranno sulla trentina.
 
«Chissà cosa sanno fare…» mormora Bobby «Sembrano piuttosto… ordinari, non trovi?»
 
«Perché, noi cosa sembriamo?» ribatte Rogue in tono scherzoso, ma la sua voce tradisce un’ombra di nervosismo. Sa che ci sono mutanti che manifestano chiaramente il proprio potere con qualche caratteristica fisica – pelle di colori particolari, occhi laser, ali d’angelo – e altri che sono più discreti, e che riescono quindi a passare inosservati. Ha sempre pensato di appartenere alla seconda categoria.
 
«Sai cosa intendo» replica Bobby, senza staccare gli occhi di dosso dalla ragazza.  «Comunque anche se non ci volessero dire direttamente cosa sanno fare lo scopriremo presto...  il loro potere si manifesterà prima o poi. Come quella volta che Gabriel, a tavola, ha spostato la saliera con il pensiero prima ancora di chiedere se gliela passavano, te lo ricordi?»
 
Rogue smette per un attimo di tormentarsi l’orlo del guanto sinistro e scoppia a ridere.
«Sì... O quando Kitty è corsa attraverso la porta a vetri del giardino perché troppo emozionata di vedere la prima nevicata di dicembre!»
 
«Magari questi hanno un potere figo.»
 
«Più figo che creare ghiaccio dalla punta delle dita?» domanda con finta nonchalance Rogue, stringendosi dolcemente a lui.
 
Bobby scuote la testa.
«Nah, impossible. Però sempre qualcosa di figo.»
 
 
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Dopo una settimana, tutto quello che sono riusciti a capire è che la donna si chiama Sydney e l’uomo David. Per il resto, nessuno sa niente di loro.
Le voci di corridoio li vorrebbero spie governative, parenti del professor Xavier o nuovi supplenti, ma nessun insegnante ha voluto affrontare la questione, né in classe, né in privato.
 
Dal canto loro, i nuovi arrivati non sembrano particolarmente inclini a fare amicizia – non che questo sia una novità. In effetti, David e Sydney  non sembrano molto diversi dagli altri mutanti che negli anni sono stati ospitati dalla scuola: hanno lo stesso sguardo diffidente negli occhi, la stessa ritrosia nel parlare di sé. Non rispondono alle domande dirette, non mangiano molto.
 
Stanno scappando da qualcosa - pensa Rogue - o forse verso qualcosa. Di certo non si fermeranno. Si aggirano per i corridoi senza toccare nulla, a passo leggero e silenzioso, come fantasmi. Quando Bobby li ha incrociati nei corridoi ha provato a fare gli onori di casa e a stringere loro la mano, ma se David gliela ha stretta, Sydney si è tenuta a distanza di sicurezza.
 
Non è che sia scontrosa.
Logan è scontroso; Sydney evita il contatto fisico con un'attenzione maniacale che a Rogue non può fare a meno di sembrare familiare. Si ritrae dalle persone come se loro fossero fiamme vive e lei fosse completamente coperta di benzina.
 
È strano vederla camminare rasente i muri, con le braccia strette al corpo. Il suo sguardo è perennemente fisso sugli altri, a destra e a sinistra.
 
A Rogue basta uno sguardo per capire che lei e David sono innamorati. Lo capisce dal tono con cui lui pronuncia il suo nome, lo vede nei loro occhi quando intercetta un loro sguardo. Sydney peró non gli prende neanche la mano, guanti o non guanti. A volte attorciglia intorno alla mano un pezzo di stoffa – una benda sottratta dall’infermeria, sospetta Rogue – e ne porge l’altra estremità a David perché faccia lo stesso. In questo modo riescono a camminare vicini senza esserlo davvero, legati da un nastro di stoffa come le bandierine colorate sulle code di aquiloni.
È dolce.
È patetico.
(Anche lei e Bobby devono dare questa impressione, dall’esterno. Il ragazzo dagli occhi azzurri e la ragazza che uccide chiunque la tocchi.  La coppia perfetta.)
 
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Quella settimana, Bobby dorme nuovamente nella sua stanza, con la scusa che tutta la scuola è distratta dai nuovi arrivati e tanto di controlli non ne fanno mai comunque.
 
Si sdraia su un fianco, il petto premuto contro la schiena di Rogue. «Va bene così?» sussurra direttamente al suo orecchio, ma il suo tono di voce è scherzoso, come se non prendesse sul serio il rischio che corre a starle così vicino. O forse lo diverte l’idea di abbracciare qualcosa che in teoria potrebbe ucciderlo. O forse è innamorato di lei e non gli importa.
Qualunque sia la ragione, Rogue sa che deve stare attenta per entrambi, e così annuisce, ma intanto si tira più giù le maniche del maglione, e più su l’orlo dei guanti.
 
Durante la notte, Bobby le si stringe contro, e il suo corpo è caldo e rigido e oh così reale contro il suo. Rogue sa che è normale, per i ragazzi, sviluppare uno stato di eccitazione durante il sonno, ma le piace anche pensare che quello stato di eccitazione sia dovuto a lei, e che non sarebbe lo stesso con un’altra ragazza.
 
Vorrebbe potersi girare verso Bobby e svegliarlo con un bacio sulle labbra e una mano nei suoi jeans e l’altra tra i suoi capelli. Lui non se lo aspetterebbe, ma non si tirerebbe indietro. Lo desidera tanto quanto lei, e quell’erezione premuta contro la sua schiena ne è la prova. Rogue si morde con forza il labbro inferiore e cerca di non pensare a quanto sarebbe facile, volendo, fare tutto questo senza curarsi delle conseguenze. Voltarsi e toccarlo e farlo venire ancora mezzo vestito, dicendogli di fare piano per non svegliare gli altri, ma sperando segretamente che lo faccia.  
 
Con i denti si sfila un guanto e la mano le scivola sotto le coperte, sotto lo strato dei jeans e quello degli slip. Toccarsi è nello stesso istante sollievo e sconfitta, perché avrebbe pensato di essere un po’ più forte di così. Un po’ meno squallida di così. Si fermerebbe se solo sapesse come.
 
Con le dita inizia a compiere piccoli movimenti circolari, mentre immagina il volto di Bobby contrarsi di piacere, il suo respiro farsi più corto. Rogue ha guardato abbastanza film da sapere a linee generali cosa dovrebbe succedere, e non è così difficile rimpiazzare le sue fantasie con i ricordi – reali – di Bobby. Lo conosce abbastanza bene da sapere cosa farebbe in quella circostanza: Chiuderebbe gli occhi, ma abbasserebbe comunque la tapparella se lei glielo chiedesse. Probabilmente la farebbe salire a cavalcioni sopra di lui, e scherzerebbe sulla difficoltà di sfilarle tutti quegli strati di vestiti, sostenendo di avere bisogno di speciali poteri telecinetici per farlo. Sì, Bobby la farebbe ridere, perchè sdrammatizzare e raffreddare le birre sono le due cose che gli riescono meglio.
 
Bobby lo renderebbe facile, e non doloroso o imbarazzante o goffo come si era immaginata la sua prima volta, da ragazzina. Probabilmente avrebbe le mani fredde come al solito, ma sempre gentili. Cercherebbe di non farle male anche una volta scivolato dentro di lei, le mani ferme sui suoi fianchi per tenerla ferma. Si muoverebbe con cautela, e sarebbe lei a dirgli di andare più veloce e più forte e più in fondo e oh mio Dio Bobby fallo di nuovo.
 
L’orgasmo la travolge come un pugno in pieno viso, ma più che piacere Rogue prova solo senso di colpa.
A pochi centimetri da lei, Bobby continua a dormire profondamente, con un braccio stretto intorno a lei. Non sembra si sia accorto di nulla. Rogue si chiede come possa bastagli la loro farsa di relazione, quando non basta nemmeno a lei. Si meriterebbe di stare con una ragazza in grado di amarlo in ogni modo possibile. Una ragazza come Kitty - una con un potere figo, e non potenzialmente letale. 
 
Riprendere sonno a quel punto è fuori discussione, quindi tanto vale smettere di provarci. Rogue prova di lavare via con una doccia quel senso di vergogna e gelosia e frustrazione che le si è appiccicato addosso, ma neanche questo riesce a farla sentire meglio. Si sente ancora sporca. Ancora colpevole.
 
Esce dal bagno con addosso solo un asciugamano e il suo immancabile paio di guanti, perché anche se è quasi mattino e non c’è in giro nessuno la prudenza non è mai troppa. Ma si sbaglia a pensare di essere l’unica persona sveglia: la luce della cucina è accesa e filtra curiosa dalla porta semiaperta. Non sono molte le persone disposte ad infrangere il coprifuoco tanto apertamente da lasciare perfino accesa la luce, solo Pyro potrebbe osare tanto.
E Logan, se soltanto tornasse a farsi vedere da quelle parti.
 
Rogue cerca di scacciare il pensiero di Logan dalla sua mente - perché l’ultima cosa di cui ha bisogno in questo momento è pensare ad un altro uomo che non la toccherà mai – e con un sospiro si dirige verso la cucina.  Alla fine preferisce scambiare due chiacchiere con un altro insonne che tornare in camera.
 
Peccato che in cucina trovi Sydney, che da quando è arrivata a scuola avrà pronunciato sì e no una dozzina di parole e nessuna rivolta a Rogue in particolare. Indossa una lunga vestaglia di raso azzurro, e ha i capelli legati in una coda disordinata. È ancora più bella sia quando Rogue ricordasse.
 
«Anche tu non riesci a dormire?» prova a dire Rogue, nel tentativo di avviare una conversazione.
 
Sydney alza la testa di soprassalto, colta di sorpresa. Non sembra perennemente spaventata come quel suo amico, David, ma è chiaro che non si aspettasse di essere disturbata.
 
«Volevo solo prendere un bicchiere di latte, me ne vado subito» dice in fretta Rogue, dirigendosi verso al frigorifero.
 
«No, puoi restare, se vuoi.»
 
«Ok.» risponde Rogue, abbozzando un sorriso. Prende il cartone di latte dal frigo e se ne versa un po’. Non ha veramente sete, è solo parte del suo alibi per non dover tornare da Bobby, ma prova comunque a chiedere: «Tu ne vuoi un po’?»
 
«Sì, grazie.»
 
Rogue le porge direttamente il proprio bicchiere in un tentativo di mostrarsi gentile, ma negli occhi di Sydney scorge un lampo di terrore.
Ah già, si era dimenticata che lei non dava confidenza agli estranei.
 
«Oh, non devi avere paura che ti tocchi.» le dice subito, facendo un passo indietro come per dimostrare la propria sincerità «Sai, neanche sono una fan del contatto fisico.»
 
«Si, L’ho notato» commenta allora Sydney a bassa voce, e Rogue non può fare a meno di provare una punta di delusione alle sue parole. Possibile che anche un’estranea, anche una arrivata a scuola da meno di una settimana, lo abbia capito? È davvero così evidente la maledizione che porta addosso? Da fuori deve assomigliare ad uno di quei funghi velenosi che si coprono di macchie colorate pur avvertire il mondo si stare loro lontani, se perfino quella Sydney si è accorta che c’è qualcosa di profondamente sbagliato in lei.
 
Ma in quel momento Rogue alza un attimo gli occhi e nota che lo sguardo di Sydney si è addolcito.
La donna dolcemente le sfiora il dorso della mano, guantata.
«Qui dentro non fa così freddo,» le spiega con un mezzo sorriso «e devo dire che non vedevo qualcuno portare dei guanti lunghi dai tempi di Audrey Hepburn.»
 
Rogue ricambia il sorriso. Si era preoccupata per niente, a pensare che Sydney l’avesse potuta comprendere semplicemente con uno sguardo.
Com’è che ripeteva sempre Bobby?
Il mondo non gira intorno alla tua paranoia.
È che ogni volta che Rogue entra in una stanza non può fare a meno di sentire gli occhi degli altri su di sé, sguardi incuriositi che si soffermano sul suo ciuffo bianco, o sui suoi guanti neri, o chissà su quale altro dettaglio che attira la loro attenzione.
 
«Devo metterli per forza, il mio potere… il mio potere rischierebbe di fare del male agli altri. Già ne ha fatto, e vorrei evitare altri incidenti.» mormora come giustificazione, anche se non sa nemmeno perché sta raccontando tutto questo ad una che nemmeno conosce. «Sono in grado di assorbire i ricordi ed eventualmente i poteri di chiunque io tocchi. Il che sarebbe anche forte, se solo non risucchiassi anche la loro energia vitale. Un potere grandioso, insomma.»
 
Sydney non risponde nulla, ma avvicina il bicchiere di latte alla labbra e ne prende un sorso. Non sembra che la storia di Rogue l’abbia particolarmente impressionata. È come se ci fosse abituata, o come se conoscesse quella stessa sensazione di isolamento da non avere bisogno di aggiungere altro, così come due malati ricoverati nello stesso reparto non hanno bisogno di parlare per conoscere il dolore dell’altro.
 
C’è solo un modo per averne la certezza.
«Devo chiedertelo.» dice Rogue nel tono di voce più fermo che riesce a trovare, raccogliendo il coraggio a quattro mani « Tu sei... sì, insomma, sei come me?»
 
Inaspettatamente, Sydney scoppia a ridere, ma di una risata triste, e Rogue per un attimo pensa a quanto sia ingiusto che una ragazza bella come lei possa avere una risata tanto carica di malinconia.
«Se sono come te?» ripete con la voce colma di esasperazione «Oh, cara. Solo se ti toccassi.»
 
Rogue non è certa di aver capito.
«Cosa-»
 
«Il contatto fisico mi fa scambiare il corpo con quello dell'altra persona.» le spiega Sydney «Lei diventa me, io divento lei. Hai presente Freaky Friday
 
«Oh, quindi sei una mutaforma! Conoscevo una ragazza, una volta-»
 
«I mutaforma possono scegliere» la corregge Sydney, il tono di voce di nuovo freddo.
 
Rogue non sa cosa dire. Ripensa a quando Mistica si è offerta di aiutare lei e le altre ragazze a prepararsi per la cena di natale della scuola. Era stata gentile, e le aveva arricciato i capelli per darle un look un po’ diverso, ma prima di uscire aveva sbattuto le palpebre un paio di volte e aveva cambiato colore degli occhi, solo perché le andava. Deve essere bello avere un potere che si possa controllare, e non solo subire. Deve assomigliare più ad un dono, e meno ad una maledizione.
 
Rogue alza di nuovo gli occhi su Sydney e finalmente comprende che avranno anche poteri differenti, ma le loro solitudini si assomigliano, perché non sono scelte, ma imposte.
 
Allunga la mano lungo il tavolo, e Sydney non si ritrae.
Le sue dita sono coperte dalla stoffa, per cui, quando le accarezza il dorso della mano Sydney non muore e Rogue non cambia aspetto.
«Ho un paio di guanti in più, in camera» prova a dire «Te li presto, se vuoi.»

 
 




 
Angolo dell'autrice

Un ringraziamento a chiunque sia arrivato fin qui. 
Rogue è sempre stata il mio personaggio preferito della saga (mi sono decolorata i capelli per due anni nel tentativo di assomigliarle ahahahah) e quando ho visto il personaggio di Sydney in Legion non ho potuto fare a meno di trovare delle similitudini fra di loro.
Ma la vera ragione di questa storia è che sono in un periodo della mia vita in cui scrivo solo crossover di cui nessuno sente l'esigenza, quindi lasciatemi nel mio brodo.

Ps: qui Rogue sta con Bobby, ma nel mio cuore apparterrà sempre a Logan. 

Un abbraccio 

Itsamess


 
 
  
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