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Autore: AdhoMu    18/09/2018    6 recensioni
[Morag McDougall/Carbry Bell(OC)]
Nonostante gli enormi passi avanti dati dalla Comunità Magica nel campo della Magimedicina si direbbe che ancor oggi, per certi malanni, l'unica cura efficace sia una e una sola: quella di cui parla sempre Albus Silente.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Morag MacDougal, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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4. La cura universale.
 
Nei giorni precedenti la partenza Morag sparì dalla circolazione, tutta presa com'era dai preparativi.
Fu quindi così che Carbry ebbe modo di chiarire con lei alcuni dubbi che gli ronzavano per la testa solo quando già si trovavano in fila al Terminal Passaporte Intercontinentali, in attesa di decollare alla volta degli States.
- Ma tu, come hai fatto ad intuirlo?
- Per dire il vero non lo immaginavo proprio - rispose lei, tormentandosi una ciocca di capelli dorati. - Sono stati i miei a farmi sorgere il sospetto.
E gli raccontò che una sera di qualche mese prima, poco dopo che loro due si erano riincontrati al San Mungo, si era recata alle Shetland in visita ai genitori e quelli l'avevano trovata molto abbattuta. Gliene avevano chiesto il motivo e lei aveva ribattuto tristemente che il giovane di cui era innamorata non la voleva.
- E chi è questo giovane? - le aveva domandato sua madre.
- Carbry Bell, come sempre - aveva risposto lei, mesta.
Al che Kendra Buchanan aveva rivolto al marito un'occhiata molto seria e gli aveva detto:
- Credo sia giunto il momento di fare due chiacchere con tua figlia, caro.
Lì per lì, Ambros McDougall si era rifiutato di proferire parola; poi però, a forza di insistere, Morag era riuscita a strappargli la verità.
- Non ti dico lo shock, Carbry.
- A chi lo dici.
- In un certo senso, però, ho provato anche sollievo. Perché finalmente ho capito come mai ti comportavi così.
- Fatto sta, però, che l'inghippo rimane.
- Già - convenne lei, prendendolo a braccetto mentre la fila avanzava pian piano. - Proprio per questo, ho deciso di parlare con il mio amico ed ex compagno di Casa, Terence Boot.
- Il tizio vestito di turchese.
- Proprio lui. Il suo cognome non ti dice niente?
- Ma certo - Carbry le rivolse un'occhiata intrigata. - È lo stesso dei figli adottivi della fondatrice di Ilvermorny. L'ho studiato in Storia della Magia.
Morag annuì.
- Bravo. E lui mi ha procurato un colloquio con l'attuale Direttore della Scuola il quale, guarda caso, è amico intimo di suo padre. Ho alcune domande da rivolgergli.
- Che tipo di domande?
- Preferirei non anticiparti nulla. Ma, se le teorie mie e di Terry sono giuste (e che Priscilla voglia che sia così!), credo proprio che arriveremo al nocciolo della questione - rispose lei, con aria di mistero.


Ad attenderli al Terminal di Chicago c'era Austin Bell con la moglie Millie. 
Era sempre stato così, fin dal primo viaggio di Carbry in America: suo padre insisteva per andarlo a prendere e non voleva sentire ragioni. Lo riteneva un doveroso gesto d'affetto nei confronti del figlio, cui era molto legato.
Quando Carbry fece la sua comparsa in compagnia di Morag, babbo Bell li squadrò sospettoso.
Daad. Questa è...
- La signorina McDougall, lo so chi è - disse il signor Bell, stringendo appena gli occhi. Evidentemente, qualcosa sapeva. 
Poi, però, parve ricordare che la ragazza non aveva alcuna colpa e l'accolse con tutto l'affetto che fu in grado di tirare fuori.
L'appuntamento col Direttore di Ilvermorny era stato fissato da Terence per il giorno successivo.
Carbry approfittò del pomeriggio libero per fare da cicerone a Mog e la trascinò in giro per Chicago, ridendo piano alla vista dei suoi occhi sgranati. Morag conosceva Londra e aveva già visto palazzi di grandi dimensioni; non era preparata, però, agli imponenti grattacieli di acciaio e di vetro che modellavano lo skyline della città, irti e luccicanti come una foresta di specchi.
Vagarono in lungo e in largo sulle linee ferroviarie elevate, andarono a sbirciare il quartiere dei gangsters e, sul far della sera, andarono a mangiare un hot-dog da Gramo's ("il migliore di tutti gli States, Mog"). Mentre passeggiavano sul lungolago, ammirando i riflessi dei grattacieli che si specchiavano nelle placide acque del lago Michigan, Carbry tirò fuori due biglietti biancorossi dalla tasca del kilt.
- Domani sera, succeda ciò che deve succedere, ti porto a vedere i Bells.
Morag inghiottì il culetto del suo hot-dog e strinse affettuosamente il braccio del ragazzo.
- Domani sera - gli disse, guardandolo seria - accada ciò che accada, io e te saremo insieme. 
- Come sempre.
- Sì.
 
Il signor Fawcett, Direttore di Ilvermorny, era un mago alto dall'aria austera.
Li ricevette nel suo studio, un locale sobrio interamente rivestito di legno scuro dal gusto vittoriano. Dalle pareti, ritratti di maghi e streghe con parrucche incipriate e cuffie inamidate allo stile puritano li guardavano accigliati.
- Signor Bell, signorina McDougall. Accomodatevi, prego.
Su un tavolino coperto da una lunga tovaglia che ne celava le zampe, un set da té d'argento massiccio si era già messo all'opera autonomamente, pronto a servirli. Appesa al soffitto c'era una bellissima collezione di variopinti Acchiappasogni, i cui pezzi erano stati donati nel corso dei secoli dagli sciamani delle tribù indiane ai Direttori della Scuola. Su un robusto trespolo posizionato accanto alla finestra, una superba aquila con la testa bianca sonnecchiava tranquilla.
- Ho letto nel suo fascicolo che lei ha studiato qui.
- Sì. Nel Wampus. Ai miei tempi la direttrice era Madama Chumani.
- E mi è stato anche riferito che lei è laureato in Magimedicina, disciplina grazie alla quale ha avuto modo di distinguersi durante la Seconda Guerra Magica inglese.
Carbry tossicchiò, imbarazzato.
- Sono un medimago, sì.
- Mi stupisce che lei non sia appartenuto alla Casa del Magicospino che è, per eccellenza, la Casa dei guaritori - osservò il signor Fawcett.
- Mia madre, in Inghilterra, apparteneva alla casa del Grifondoro. Anche mia sorella è stata smistata là - spiegò Carbry, che aveva pensato tante volte a quella strana circostanza. - Grifondoro e Wampus hanno caratteristiche simili, quindi credo di essere finito nel Wampus per influenza materna.
- Ottima osservazione - commentò il signor Fawcett. - Ma tornando a noi: in cosa posso esservi utile?
Morag prese la palla al balzo.
- Avremmo bisogno di sapere, signor Preside - incominciò, in un sussurro - secondo quali criteri uno studente è ammesso ad Ilvermorny.
- Perché questa domanda?
- La sorella di Carbry è stata convocata ad Hogwarts. Lui no. Eppure, teoricamente, dovrebbero essere entrambi figli delle stesse persone.
Il signor Fawcett congiunse le punte delle lunghe dita, mentre un delizioso aroma di tè nero cominciava a spandersi per la stanza.
- Non sappiamo in base a quali criteri una magiscuola convoca a sé un determinato studente. I casi di fratelli separati sono più numerosi di quanto non sembri. A volte, gemelli omozigoti vengono smistati in Case diverse e questo, credo, dipende da questioni caratteriali.
- È vero: la gemella di una delle mie più care amiche apparteneva ad un'altra Casa - disse Morag, alludendo al caso di Padma Patil.
- Quello che però sappiamo per certo - continuò il signor Fawcett, rimestando nella sua tazza di tè - è che gli studenti di una scuola di magia devono avere con essa un qualche tipo di legame per entrare a farne parte; sia esso un legame territoriale, o di sangue.
- Potrebbe... potrebbe essere più chiaro, per favore? - lo incalzò Carbry, che cominciava a capire dove Mog volesse andare a parare.
- Ma certo. Statistiche recenti realizzate dai magiricercatori dell'Ipswich College lo dimostrano ampiamente: ad Ilvermorny, così come in qualsiasi altra scuola di magia, ci si studia se e solo se si dispone di un legame con gli Stati Uniti, o sulla base dello ius soli (e cioè, se si è nati sul territorio), o su quella dello ius sanguinis, ossia per via ereditaria. Lei dove è nato, signor Bell?
Morag dovette rispondere per lui, perché Carbry non riusciva a parlare.
- Ad Edimburgo.
- Qualche parente americano?
- Mio... mio padre.
Il signor Fawcett gli rivolse un sorriso severo.
- Quindi, nel suo caso, il suo soggiorno qui è stato propiziato dal diritto di sangue.
Il ragazzo chiuse gli occhi. Aveva un disperato bisogno di fumare per metabolizzare la cosa.
- Quindi - disse infine, a voce bassissima - questo significa che...
- Che sei un Bell al cento per cento, Carbry! - urlò Morag scoppiando in un pianto dirotto, che svegliò di soprassalto l'aquila testabianca e le procurò un'occhiata di riprovazione da parte del compìto signor Direttore.
Carbry non sapeva cosa dire.
La soluzione del problema era così maledettamente banale da lasciarlo basito; lui, con tutta la sua scienza, non ci sarebbe mai arrivato. Ci voleva la sottile e sensibile intelligenza di una Corvonero per sciogliere il nodo.
 
Quella sera i Bells stravinsero, rivoltando come dei calzini vecchi e puzzolenti gli odiati Washington Wizards.
Ad ogni esplosione della Quod, Morag faceva tanto d'occhi e chiedeva a Carbry:
- Ma non si ustionano, quei pazzi?
E lui, ridendo e agitando a dovere il suo bel campanaccio da mucca, rispondeva:
- È per questo che non ci ho mai giocato.
Era strano, molto strano, trovarsi lì insieme e, finalmente, sapere che un abbraccio, una carezza, un bacio sarebbero stati tutt'altro che fuori luogo. Per anni, avevano desiderato poterlo fare; ora che avrebbero potuto, però, questa possibilità pareva loro quasi irreale.
Fu Carbry ad abbracciarla per primo, con la scusa dell'euforia data dalla schiacciante vittoria dei Bells, la cui tifoseria esultava sulle gradinate della tribuna dipinta di bianco e di rosso.
E Morag si godette il contatto, un po'commossa, facendosi piccina fra le braccia di Carbry; poi, dopo qualche minuto, gli chiese:
- Lo senti, il mio cuore?
- Eccome. Anche senza stetoscopio.
Mog rise di gusto e sollevò il mento per guardarlo negli occhi.
- Posso azzardare una diagnosi?
- Mi dica, signorina.
- Tachicardia da contatto. Credo di avere bisogno di una visita approfondita, dottore.
- Un bel check-up completo, dice? 
- Eh sì.
Carbry non disse niente. 
Con uno schiocco di dita fece sparire la sigaretta; dopodiché, accostatosi a Mog, le tirò indietro i capelli con una carezza affettuosa e, con una risata sonora (non ce la faceva proprio a rimanere serio, da tanto il suo cuore traboccava di allegria) la baciò, rompendo lo stallo.
Molti degli spettatori che si trovavano allo stadio quella sera batterono le mani quando la kiss-cam proiettò sul telone l'immagine dei due ragazzi che si baciavano sugli spalti, e attribuirono cotanto entusiasmo alla sfolgorante vittoria dei Bells.
E in un certo senso era anche vero, se non che - e questa cosa la sapevano solo Carbry e Mog - la loro felicità era dettata anche da un'altra vittoria: quella dei geni dei Bell che scorrevano, ormai senza ombra di dubbio, nelle vene del giovane medimago scarmigliato.
 
Al San Mungo e al suo caos non ci tornarono mai più.
Non erano fatti per le grandi istituzioni, quei due.
Durente i primi due mesi, Carbry e Morag percorsero gli Stati Uniti in lungo e in largo, spostandosi dalle sequoie giganti dei parchi orientali ai canyons rossastri delle montagne rocciose, dai ponti di legno dell'Iowa alle case coloniali di New Orleans, dalle praterie del Midwest (Morag, abituata all'orizzonte ristretto delle Islands scozzesi, non si capacitava di cotanto spazio sterminato) alle foreste del Nord. A Las Vegas si giocarono Miles la Milza, la persero e la rivinsero; rastrellarono il tavolo di black jack grazie ad un trucchetto di Mog che Carbry evitò sempre di approfondire; poi giocarono di nuovo e persero tutto. In California trascorsero pomeriggi indimenticabili in attesa che il sole si tuffasse nel Pacifico, seduti uno accanto all'altra, drink alla mano. Nel Tennessee si unirono per qualche giorno agli sciamani locali e fumarono il calumet della pace, che li fece tossire come dei matti e provocò loro visioni oniriche di Serpecorni Danzanti. In Arizona si appostarono per giorni fra le rocce magiche per sorprendere qualche solitario Wampus di passaggio.
Ovunque andarono, raccolsero informazioni preziose sulla medicina locale e ne fecero tesoro per gli anni a venire.
Prima di tutto, però, fecero un salto a Baltimora, all'Ufficio Sposalizi Magici, per farsi sostituire il falso certificato di matrimonio, che ancora risiedeva tutto logoro e spiegazzato nelle tasche di Carbry, con un attestato vero, autentico e incontestabile, che finalmente sanciva a tutti gli effetti il legame antico e mai sopito fra Carbry Bell e Morag McDougall.
Quando fossero venuti a conoscenza di quel matrimonio segreto, amici e parenti avrebbero sicuramente protestato; i due ragazzi, però, decisero di comune accordo che, per una volta, meritavano di pensare solo ed unicamente a se stessi.
 
*
 
Il Terminal Passaporte Intercontinentali era, come sempre, gremito di gente diretta verso le destinazioni più svariate.
Bandiere e striscioni e squadre al gran completo ricordarono loro che, l'indomani, sarebbe cominciato il Torneo di Quidditch del Commonwealth; le delegazioni avevano appena cominciato ad arrivare.
L'attenzione di Carbry e Morag venne richiamata dal passaggio di un gruppo particolarmente rumoroso e giallovestito, con le divise contrassegnate dagli inconfondibili canguri saltellanti della Nazionale Australiana.
Mentre guardavano incuriositi la piccola folla vociante, una voce bassa e graffiante risuonò alle loro spalle.
- Che Salazar mi fulmini se questi non sono i coniugi Knightley.
Carbry ridacchiò ancor prima di girarsi.
- Come butta, MacCool?
Un mago elegantissimo, in piedi dietro di loro, li osservava con una smorfia divertita. Attaccato ad una gamba dei suoi pantaloni neri perfettamente stirati c'era un bimbetto biondissimo di circa due anni, con gli occhi molto chiari, anch'esso vestito come un principino. Appuntato al cardigan del piccolo c'era una spilla gialla con letterine colorate che ruotavano componendo la scritta "5! Spinnet Furry-Cane!".
Nonostante l'espressione serissima, quando vide Morag, il bambino tese le manine verso di lei.
- Oh, per il Diadema di Priscilla! - cinguettò la ragazza, deliziata. - Ma tu guarda quanto sei cresciuto, Lenny!... - e lo prese in braccio, stringendolo con affetto.
- Ritorno in Nazionale? - volle sapere Carbry, interessatissimo.
- Ebbene sì - Bastian Macnair annuì con un cenno del capo. - La partita contro Malta segnerà il Grande Ritorno dell'Uragano-Spinnet sui campi da gioco...
- E Alicia, è in forma?
- Ah, come sempre. Non la ferma nessuno, quella; si salvi chi può.
Carbry annuì e diede una rassettata alle pieghe del kilt. Erano anni che non fumava più, eppure gli capitava ancora di cercare il materiale fumogeno in tutte le tasche che aveva a tiro.
- E Maya dov'è?
- L'abbiamo lasciata coi nonni; troppo piccola per tutta questa baraonda - rispose Bastian, vagamente schifato. Carbry rise di gusto; per un tipo puntiglioso e antisociale come lui, frequentare gli stadi doveva essere una vera e propria tortura. - Così, fra un'intervista e l'altra, io e Leonard possiamo fare un po'di acquisti in posti decenti. Vero Lenny? Le sartorie d'Oceania, mi duole dirlo, sono terribilmente rozze - chiosò, alzando al cielo le iridi chiare.
Rimasero a chiaccherare per una decina di minuti; poi, l'altoparlante annunciò l'apertura degli imbarchi per l'Africa.
- Noi andiamo, Mac - disse allora Carbry, appellando prontamente armi e bagagli.
- Viene anche Frida?
- E come no. È nella piscina delle palline.
- E dove andate, di bello?
- In Uganda - rispose Morag con l'aria più naturale del mondo, posando delicatamente a terra il piccolo Lenny. 
- Uganda?! Ma non siete appena tornati dalla Bolivia?
- Sì, - disse lei con un sorriso - ma Medimaghi Senza Frontiere ci ha proposto di trasferirci alla clinica-modello appena allestita dal dottor Garrigan.
Bastian li guardò con fare serio; sembrò lì lì per dire qualcosa sui pericoli costituiti da polvere, fango e germi, ma poi si limitò a salutarli con un invito.
- Capodanno in Australia, non dimenticatelo. Viene giù tutta la cricca.
- Ma certo - lo tranquillizzò Carbry. - Ci vediamo là. Tu prepara una fornitura speciale di Ausscottie, capo.
- Sarà fatto.
Morag, nel frattempo, si era allontanata fra la folla; mentre sistemava gli ultimi bagagli sul rullo del drop-off, Carbry la vide tornare reggendo fra le braccia una bambina dall'aria assonnata.
Incarnato chiaro come quello di Inness Comgaill, capelli paglierini ereditati da Ambros McDougall, l’espressione quieta e intelligente di Mog.
E occhi castani; profondi, liquidi e affettuosi... tali e quali a quelli di Austin Bell.
Da quel giorno ormai lontano in cui si erano recati insieme ad Ilvermorny, Carbry avvertiva un benessere che difficilmente avrebbe potuto spiegare a parole. E mentre in compagnia di Mog e di Frida si apprestava ad afferrare la Passaporta che li avrebbe catapultati in una nuova avventura, si sorprese a pensare che, nonostante gli enormi passi avanti dati dalla Comunità Magica nel campo della Magimedicina, si direbbe che ancor oggi, per i malanni del cuore, l'unica cura efficace sia una e una sola. 
Quella di sempre - e se, in vita sua, avesse avuto la fortuna di conoscere il professor Silente, questi avrebbe saputo rivelarglielo ad occhi chiusi: l'amore.
 
Note:
1) Leggendo Angus, Thongs e Perfect Snogging di Ems (blackwhite_swan) ho appreso che il cognome originale di Terry Steeval è Boot; il medesimo, per l'appunto, dei figli adottivi della fondatrice di Ilvermorny.
2) Chumani è un nome femminile Siuox che significa "goccia di rugiada".
3) Come tutti sapranno, ma non mi costa nulla dirlo, il Quodpot è la variante nordamericana del Quidditch. Ci si gioca in undici per squadra, lanciandosi una Pluffa esplosiva chiamata Quod, la cui deflagrazione comporta l'eliminazione (fisica, mi vien da dire?!) del giocatore che ne era in possesso. I Washington Wizards sono una squadra dell'NBA.
 4) Ok; mi rendo conto di essere molto Bastiandipendente. Ma avevo deciso di inserire in questa storia alcune informazioni sparse su di lui, e così è stato. Ovviamente il riferimento ad un certo dottor Garrigan che lavora in Uganda non è per nulla casuale e forse qualcuno sarà in grado di cogliere l'allusione... (altri 100 topazi in palio, ladies and gentlemen). A tutti coloro che invece si dovessero domandare chi cavolo è 'sto (Se)Bastian Macnair e fossero interessati a saperne di più, suggerisco la lettura de L'Assistente di Pozioni.
5) E anche questa breve storia è giunta al termine. Ora che quasi tutti i tasselli sono al loro posto, posso finalmente dedicarmi ai capitoli finali dell'Armadio Svanitore, che ormai reclama (a pieno diritto) la sua degna conclusione.
Come sempre ringrazio tutti coloro che si sono presi la briga di leggere queste pagine dalle poche pretese, sperando di avervi coinvolti e divertiti o, per lo meno, di avervi fatto un po' di compagnia. A presto!
Adho(Mu).
   
 
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