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Autore: Meiko    29/04/2005    0 recensioni
"E ora di raccontare agl'uomini la verità...di come Lucifero sia veramente morto...e di come non esista l'inferno...e nemmeno il Paradiso...ora" il progetto Apocalisse è in atto...
Genere: Dark, Drammatico, Mistero, Romantico, Sovrannaturale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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*

Samantha fin da piccola aveva avuto un’educazione fondata sulla religione e sulla fede verso il suo Dio.
La madre l’aveva fatta battezzare, e la portava ogni Domenica in chiesa.
Spesso la puniva, affermando che Dio l’avrebbe mandata all’inferno se continuava a fare la bambina cattiva.
Samantha spesso chiedeva com’era fatto questo Inferno.
E la madre le rispondeva tutte le volte.
“L’inferno è la dimora del demonio! E’ un luogo dove ci sono fiamme! Dove c’è sangue e dove piove fuoco, dove i diavoli ti pungono con i loro tridenti e dove soffri in eterno”
Samantha ogni volta che la madre diceva così scuoteva la testa.
“Io non ci credo”
E la madre la picchiava
“Come puoi dire che è stupido ciò che vuole Dio?”
“Perché il Dio che ci ama dovrebbe mandarci all’inferno?”
“Perché siamo stati cattivi e meritiamo una punizione”
Samantha a quel punto stava zitta, non sapendo cosa rispondere, ma dentro di se aveva sempre la sensazione che questa dell’Inferno forse una grossa scemenza.
Oppure era Dio che in realtà era cattivo.
Pian piano la bambina diventò una ragazza.
E cominciò ad affermare questa sua convinzione, con conseguente furia e orrore della madre, che scioccata aveva cominciato a pensare che la sua bimba fosse indemoniata.
E chiamò un’esorcista.
Ancora adesso lo chiama.
In questo momento lo sta chiamando.
-Pronto? Padre?...si, sono la signora Morie. Si, è per Samantha. Dice ancora quelle cose orribili.
Temo che anzi sia peggiorata, la prego venga…ok, grazie infinite padre-
La donna abbassò la cornetta del telefono, facendo tintinnare i bracciali che si era messa per uscire.
Teme che perderà l’appuntamento dal parrucchiere.
Per colpa di quella blasfema.
E dire che da piccola era si stata un po’ strana come bambina, ma si era sempre comportata bene.
Aveva fatto anche la comunione e la cresima!
Eppure in quegl’ultimi anni era peggiorata in un modo così violento.
Colpa del diavolo!
Si, doveva essersi impossessato di lei!
…ma ora ci avrebbe pensato ancora Padre Gregor.
Si, avrebbe curato la sua bambina ancora una volta.
E sarebbe tornato tutto normale.
La donna camminava in modo lento e ponderato, lei che era sempre stata donna fedele e di chiesa, educata in modo esemplare a rispettare il suo Dio.
Eppure quella miserabile di sua figlia le stava completamente rovinando il futuro sereno e felice che aveva sognato per lei.
Una ragazza dolce, gentile, obbediente e religiosa.
La sua Samantha doveva essere così.
Non poteva accettare che quelle bestemmie potessero uscire dalla bocca della sua piccola. La donna in quel momento lasciava dietro di se la scia di profumo che si era messa, e produceva un ritmo lento prodotto dai tacchi sul marmo.
Dopo il parrucchiere sarebbe passata in chiesa a confessarsi.
Quel giorno avrebbe messo la parola fine a quel grave peccato che aveva commesso.
Non doveva mai più rivedere quell’uomo, era stato solo un grave errore.
Farsi travolgere dall’impeto della lussuria, quale vergogna per una donna come lei, sposata felicemente.
Quell’uomo che continuava a farle i complimenti, a d’incontrarla e a parlarci.
Assolutamente basta!
Questo peccato impuro doveva essere pulito e scacciato!
No, era stato il diavolo a portarla a quello, ma lei stessa con la sua fede lo avrebbe scacciato dalla sua vita.
Sia dalla sua che da quella di Samantha.
Padre Gregor sarebbe arrivato tra poco, nel frattempo avrebbe preparato Samantha all’arrivo del parroco.
La donna bussò alla porta che si trovava alla fine del corridoio dell’appartamento, la luce del lampadario sopra di lei faceva brillare il pesante anello d’oro che portava al dito.
-Samantha, sono la mamma. Sto entrando-
abbassò la maniglia, e per un’istante ebbe una strana sensazione, come di un brivido, mentre lasciava cigolare leggermente la porta, la stanza sembrava tutta in ordine, le finestre aperte lasciavano entrare la luce di quella giornata.
La donna si sporse, alcuni ciuffetti di capelli si spostarono dall’acconciatura che si era messa, mentre i suoi occhi guardarono immediatamente verso il letto.
Samantha alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo, in quel momento stava mordendo una mela, seduta sul letto in mezzo alle nuvole della coperta.
La ragazza masticò il boccone di mela, ingoiandolo, mentre attendeva che la madre si sbloccasse da quella posizione.
-Che c’è mamma?-
-Volevo dirti che Padre Gregor sta arrivando, è il caso che ti cambi-
-Non ho nessuna intenzione di vedere Padre Gregor-
-Io invece credo che tu ne abbia bisogno-
-Non credo proprio che sia IO quella che abbia bisogno di essere curata-
la donna fece una smorfia arrabbiata di fronte alla maleducazione della figlia, che continuò a leggere e a mangiare la mela.
Alla donna stava aumentando il battito cardiaco e gli veniva un leggero capogiro.
-Samantha, non ti devi permettere di parlare così, Padre Gregor ti sta solo curando.
E poi, quante volte ti ho detto di non mangiare sul letto?
E tieni su la schiena, che ti viene la gobba!
Ancora quei libracci ti leggi? Dov’è la Bibbia che ti ho regalato tesoro?-
Samantha alzò lo sguardo dalla lettura, sospirando rumorosamente, mentre la donna continuava.
-E non sospirare con me.
Adesso alzati, che ti devi cambiare-
-Ho appena detto che non voglio vedere quel prete-
-E io dico invece che lo devi vedere, perciò alzati-
-No-
-Samantha! Alzati!-
-Mamma, adesso esageri-
-Cosa?! Come ti permetti?!-
ecco…sarebbe arrivato, lei lo sapeva quando stava per arrivare quel maledetto.
Afferrò tra le dita della mani il crocifisso in oro che aveva al collo, il rosario disgraziatamente lo aveva lasciato in camera da letto.
La donna cominciò a ricordarsi mentalmente le varie preghiere, mentre la ragazza sospirava passandosi una mano tra i capelli, chiudendo il libro e alzandosi.
-Mamma, devi smetterla di renderti ridicola agl’occhi degl’altri! Ormai non capisci che sei impazzita del tutto?
Io affermo solamente che Dio non c’è-
…eccolo…era qui, era arrivato…
-Maledetto, ancora tu!-
-Mamma, smettila-
le dita con le unghie laccate di rosso si stringevano con forza a quel crocifisso come fosse un’ancora di salvezza, mentre Samantha si avvicinava tranquilla alla madre.
La donna arretrò dentro quella stanza, uscendo di nuovo dalla porta.
-Non ti avvicinare maledetto! Dimmi dov’é…dov’è mia figlia??!!-
-Mamma, sono qui. Dai, adesso smettila con questa farsa-
-Sta zitto maledetto, io rivoglio la mia piccola Samantha-
-Mamma, piantala di dire scemenze, io sono qui-
La donna arretrò ancora, strusciando contro la porta laterale del piccolo corridoio, per poi toccare con la schiena il tavolino dov’era il telefono ed una statuina della madonna.
La sua bambina…quel maledetto demonio l’aveva di nuovo presa con se.
Gliela stava portando via, via da Dio!
Doveva salvare la sua bambina, farla tornare da lei!
Padre Gregor affermava che era guarita.
Mentiva.
Quell’essere era ancora li, faceva dire cose assurde alla piccola, cose impure.
Doveva liberarsene gia da tempo, ma aveva preferito un professionista.
Ormai era convinta che Padre Gregor fosse un ciarlatano.
La sua bambina ormai era perduta.
Non andava più in chiesa, ne a confessarsi.
Anche se era una brava ragazza, era perduta.
Eccola, le sembrava di vedere…
Quel demonio….quell’orrendo demonio con le sembianze di sua figlia…
E rideva di lei…
Di quanto fosse stata stupida a lasciarsi ingannare da lui e da padre Gregor.
E rideva ancora
“Stupida donna, ormai tua figlia la porto via con me!”
-Maledetto demonio, esci dal corpo di mia figlia!!-
-Mamma, ma sei impazzita?-
“Non ne ho nessuna intenzione. La sua anima ormai è mia, così come il suo corpo”
la ragazza avanzò ancora, allungando una mano verso la madre.
E quel volto demoniaco che rideva divertito.
Avrebbe presto preso anche lei!
No!
La donna allungò un braccio indietro, mostrando ancora quel crocifisso, adesso aveva anche cominciato a balbettare.
-N-No….Lontano…s-sta lontano!!-
-Mamma…-
“Idiota, pensi che quello stupido crocifisso possa fermarmi?
Ora sei impura!”

La donna spalancò gli occhi, mentre la mano che si era mossa dietro stava tastando il tavolo alla ricerca di qualcosa, mentre il “demone” e Samantha parlavano in contemporanea, confondendola.
-Mamma, adesso calmati, non è successo niente-
“Si…io lo so che ti incontri spesso con quell’uomo…
…amici…non credo che voi siate amici…io lo so cosa pensi…
…presto…la lussuria vi porterà verso le sponde del piacere…
Vedrai…sarà fantastico l’amore con lui…molto meglio che con tuo marito…
Anche perché ormai…non credo che lui ti ami più…per lui sei troppo vecchia…
E tu hai bisogno…di nuovi stimoli…”

Il cuore adesso era accelerato in modo violento, il respiro si faceva affannoso, e gli occhi erano quasi fuori dalle orbite, sembrava totalmente impazzita, mentre Samantha si avvicinava per prenderla, abbracciarla, fermarla da quel suo strano comportamento.
Aveva fatto spesso così.
La ragazza temeva che stesse per impazzire.
Non voleva chiamare lo psicologo.
Era certa che si sarebbe ripresa.
Però adesso.
-Mamma, ascoltami-
la donna la guardò angosciata, mentre Samantha sorrideva tranquilla, amichevole.
-Ora sta calma, va bene, incontrerò Padre Gregor, ma ora mettiamoci sedute-
“Si…mettiamoci comode…rilassati…
Tanto Padre Gregor non potrà ridarti tua figlia.
Lei ora è mia.
Mi appartiene.
E tu non potrai riaverla indietro.
E presto avrò anche te.
Si…vi avrò…
E verrete tutte e due con me…”

La donna spalancò gli occhi, mentre la mano afferrò qualcosa di freddo e duro, mentre il sussurro della sua mente sembrava corrispondere al labbiale della figlia.
-Mamma-
“All’inferno”
-NOOO!! MALDETTTO!!-
la donna alzò di scatto la mano, aveva afferrato la madonnina in marmo, e con tutte e due le mani colpì violentemente la figlia, continuando ad urlare.
-MALEDETTO, VATTENE, VATTENE! ESCI DA MIA FIGLIA, RIDAMMI MIA FIGLIA! ESCI, ESCI DA QUESTO CORPO! VA VIA!!-
continuò a colpire con violenza la figlia che era crollata a terra gia dopo il primo colpo, mentre la madonnina aveva la testa che si stava sporcando di sangue.
Quando la donna poi si calmò, cominciò a ridere istericamente, alzando vittoriosa la statuetta.
-DIO! Guarda! La tua figlia ha scacciato via il diavolo! Ha salvato una delle tue pecorelle!-
a terra c’era il cadavere di Samantha, gli occhi chiusi e la testa che lasciava defluire via il sangue.
La signora Morie venne arrestata per omicidio volontario, ma chiusa in manicomio per problemi mentali.
Padre Gregor lesse la notizia sul giornale quella mattina, ricordando come la donna aveva gli occhi lucidi e brillanti di follia e gioia, mentre gli apriva e lo informava che non aveva più bisogno del suo aiuto.
“Ho sconfitto il diavolo! Da sola!”
gli aveva mostrato il cadavere della figlia così com’era.
…Samantha e lui sapevano che la madre prima o poi sarebbe impazzita.
Sospirò, mentre piegava il giornale e lo poneva sulla scrivania elegante dell’ufficio, mentre Jodie, la segretaria, guardava il prete dalla barba un po’ incolta di sottecchi continuando a battere le dita sulla tastiera del computer.
L’uomo si passò una mano prima in faccia e poi sulla barba rossa accarezzandosela, mentre la donna si fermava un attimo, voltandosi verso il suo superiore.
-E’ inutile rimuginarci su padre, lei ha fatto tutto il possibile per quella donna, ma a quanto pare non è servito. Pensi invece che la figlia adesso è in un posto migliore-
Jodie era sempre stata una giovane donna con un carattere forte e una fede piuttosto resistente e non esagerata come la signora Morie che era scoppiata come un petardo.
Samantha era sempre stata una ragazza intelligente, e aveva notato di come la madre cominciasse in certe occasioni a dimostrare uno strano comportamento legato soprattutto alla sua fede inflessibile, e quando la figlia aveva iniziato a staccarsi da lei questa aveva accentuato quelli che erano i sintomi di schizofrenia.
Non grave, ma comunque che andava controllata.
Per questo Samantha aveva accettato di farsi “esorcizzare” da Padre Gregor, il quale con la ragazza aveva capito lo stato delle cose.
Peccato che non era stato sufficiente, a giudicare da quell’articolo.
Samantha…
Samantha è in un posto migliore.
-…forse ha ragione Jodi-
la ventiduenne sorrise, continuando il suo lavoro, mentre Padre Gregor si alzava dalla sedia dove si era accomodato, uscendo dall’ufficio senza dire nulla, le grandi vetrate che lo circondavano gli davano una vista sul palazzo li affianco e sulla città davvero spettacolare, ma in quel momento stava ignorando tutto, tenendo le mani dietro la schiena, affiancando nel suo andare lento e ponderato vari preti come lui, suddivisi in curatori, esorcizzanti, sacerdoti e altri.
Ormai erano tutti riuniti in quel grosso palazzo di loro proprietà, una struttura alta le cui decorazioni erano marmi, vetri, statue, dipinti antichi e altro.
In quel momento Padre Gregor forse poteva stonare un po’ in quell’ambiente tipicamente classico, con quella lunga giacca nera e il completo nero con solo il colletto bianco a distinguerlo da qualsiasi altra persona.
Quel piano, ma come tutti gli altri piani, era provvisto di una piccola cappella, dove ad accoglierlo era il soffocante silenzio della moquette blu-viola, l’atmosfera morbida per le tende chiuse dalla vista delle vetrate dietro ad un altare decorato con dei candelabri, uno di questi illuminava un quadro di una madonna con il bambino, dall’altro lato un crocifisso.
L’uomo dalla barba rossa incolta notò la presenza di un secondo uomo, e chiuse gli occhi prendendo un profondo respiro, per poi avviarsi verso le piccole panche li presenti, l’uomo sembrò ignorarlo, troppo assorto nella sua preghiera, mentre l’altro si metteva seduto sul legno liscio della panca li vicino, accolto dal religioso silenzio.
L’uomo dalla barba rossa come i capelli lanciò un’occhiata all’uomo li vicino, gli occhi chiusi, portava una lunga giacca con delle cinghie e tra le mani stringeva un pupazzo.
Un’orsacchiotto giallo di un color giallo limone con un fiocco rosso, bottoni neri per occhi e naso.
-…-
avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma forse per il luogo religioso, e forse per la bocca che diventava secca ogni volta che ricordava quelle parole di quell’articolo, ma restò in silenzio.
“Ragazza uccisa con violenza dalla madre. –La mia piccola è indemoniata- strillava la donna”
“la ragazza si chiamava Samantha… “
Gregor strinse le mani che teneva sulle gambe, per poi piegarsi leggermente in avanti.
L’altro uomo invece aveva aperto gli occhi, lo sguardo fisso su quell’immagine sacra della madonna con il bambino che guardava di fronte a se i due ospiti di quella che doveva rappresentare la casa di suo figlio.
Aveva in braccio quel bambino, che le teneva la mano con una delle sue, mentre l’altra era alzata.
Le iridi azzurre dell’uomo biondo si fissarono sullo sguardo spento della donna, mentre le mani tenevano una la zampa l’altra la schiena di quell’orsachiotto giallo.
-…l’hai ammazzata?-
-Dovevo…era solo un’altra creatura diabolica-
-Capisco…ed ora cosa pensi di fare Johan?-
l’uomo biondo non rispose subito, alzandosi in piedi e facendo un’inchino all’altare, tenendo sempre in mano quell’orsacchiotto, per poi voltarsi rivelando il viso ben fatto e i lineamenti eleganti, mentre Gregor l’osservava dall’alto della sua anzianità e di quell’orgoglio che in quel caso appariva inutile e sinceramente ridicolo.
Johan sorrise, porgendo l’orsacchiotto giallo limone con il fiocco rosso al Padre, mettendoglielo sulle gambe.
-Io devo portare a compito la mia missione.
Ora la domanda te la ritorco contro.
Cosa pensi di fare, Gregor?-
L’uomo rosso guardò con i suoi occhi scuri il più giovane prete, che uscì dalla cappella, l’orsacchiotto a quel punto fu soggetto all’attenzione del prete.

“Una ragazza di nome Samantha…”

“Mi aiuti, padre”

“…Gregor…”

“…”

L’orsacchiotto fu colpito da una goccia d’acqua che gli cadde sulla pelliccia giallo limone, mentre le mani del prete non riuscirono a muoversi dalla loro posizione, strette in pugno accanto le gambe, mentre il viso dell’uomo era portato verso il basso, il corpo in generale tremava, trattenendo i singhiozzi di rabbia e dolore, mentre nella sua mente si formava l’orrenda immagine della persona che amava ricoperta di sangue a causa di una pazza isterica.
La sua piccola Samantha…la sua vergine…battezzata con del sangue…

Nel frattempo Johan era uscito, e si stava sistemando gli occhiali da sole anche se la giornata era costellata di nuvolosi neri, guardandosi intorno con aria svogliata, ripartendo poi verso la fiumana di gente che invadeva Merjusalem, con in testa solo due occhi rossi dalle sfumature scure che andavano verso la pupilla.

Juses non sopportava la confusione, aveva sempre l’impressione che prima o poi si sarebbe perso in quella fiumana di gente e non sarebbe più riuscita a trovare Joe.
Però a lui divertiva tanto quel posto, anche perché poteva farsi tranquillamente le canne senza essere beccati dalla polizia.
Mentre invece Juses soffocava.
La musica era alta, troppo per i suoi gusti, gli facevano male le orecchie e tutto il corpo tremava a quel ritmo incessante che sembrava scatenare le folli passioni di quella giungla di persone.
Ragazzine troppo truccate, ragazzi grandi a caccia di uno stimolo notturno, ci si ubriacava per gioia, chi per dolore.
Alcool, fumo, pasticche che circolavano con la stessa frequenza dei soldi in quel locale grande eppure troppo piccolo per Juses, che era riuscito a salire verso la terrazza che dava verso lo spiazzo sotto dove un’orda di quelli che adesso apparivano dei selvaggi ballavano con furia.
Il ragazzo si limitò a mettersi comodo sulla terrazza, con le gambe verso il vuoto sotto di lui, una caduta di due metri circa.
La luce multicolore che andava e veniva mostrava a Juses una serie di fotogrammi di tanti corpi che si muovevano a ritmo in quella che sembrava una danza primordiale fatta da giovani futuristici.
L’aria era soffocante, c’era un forte odore di fumo, sudore e alcool mischiati insieme, li vicino qualcuno stava fumando una sigaretta con una bottiglia di whisky, davvero da far vomitare.
Poi il caldo sembrava volerlo spogliare, in modo da rivelare le sue sembianze femminili nascoste da quella giaccia in jeans che scivolava di qualche centimetro dalle spalle.
Yubaba aveva pregato ai due ragazzi di non andare in quel luogo che per Juses non era sicuro, magari avrebbe potuto rincontrare il tizio che gli aveva sparato.

“A proposito, come va la ferita?”

Se faceva strani movimenti faceva male, ma in generale era a posto.
Juses batteva il ritmo di quella musica, che però non la entusiasmava affatto, mentre gli occhi e la sua figura venivano a tratti illuminati da quelle luci.
...
Si voltò verso la scalinata, niente, Joe si stava fermando molto dai suoi amici, evidentemente stavano preparando altre bombe da poi passarsi.
Lui invece continuava a guardare la folla davanti a se, con lo sguardo si soffermava su alcuni fotogrammi, incuriosito.
Il ritmo della musica iniziò ad accelerare, così i fotogrammi diventavano più veloci, Juses si guardò un attimo le mani, aprendole e chiudendole, gli veniva una strana sensazione vedere quell’effetto della luce su di se.
Aveva come l’impressione che tutto quello che gli stava accadendo non era vero...
Non era vero...
Juses si spostò dalla sua direzione, adesso l’aria stava diventando decisamente irrespirabile, doveva uscire da quel posto!
Si fece largo tra la folla, senza interessarsi di Joe che comunque doveva essere in un mondo tutto suo con i suoi amici e le sue canne.
Aumentò il passo, avvertendo i polmoni urlare di avere bisogno di ossigeno.
Quando uscì dal locale, affiancando il buttafuori che gli lanciò un’occhiata stranita, notò che i nuvolosi neri adesso stavano rilasciando la pioggia, in un temporale moderato che però sembrava tappare ancora le orecchie di Juses, che si sistemò meglio la giacca in jeans, guardandosi intorno, il buttafuori e lui erano le uniche persone presenti in quel violetto.
Buttafuori...un ragazzo di colore alto il doppio di Juses e grasso, abbastanza da non permettere a nessuno di avvicinarsi a quell’edficio le cui porta erano insonorizzate con materassi.
Juses si mise a sedere li vicino, osservando il cadere delle gocce di pioggia sulla strada, sulle pozzanghere, su tutte le superfici presenti in quel vicolo, dall’immondizia all’asfalto ad un tombino li vicino.
L’aria lo stava leggermente pungendo neo polmoni, ma al tempo stesso lo liberava da quel fumo, da quella sensazione di soffocamento che lo aveva attanagliato.
Prese ancora qualche respiro, socchiudendo gli occhi e guardando verso l’alto, mentre l’altro tizio li affianco si accendeva una sigaretta, attaccando bottone.
-Sensazione di soffocamento?-
-...si...-
-Anch’io soffoco in quel buco, c’è troppa roba che sporca il sangue li dentro-
roba sporca...
Alcool, fumo...droga...
Sporcavano il sangue, ti entravano nel cervello...ti rincoglionivano...ti distruggevano...
...
Juses annuì con la testa, mentre l’uomo di colore guardava la pioggia sopra quel misero tettuccio sotto cui i due erano riparati.
-Lasciati dare un consiglio: non tornare in questo posto-
Juses si voltò verso di lui, guardandolo tranquillo, mentre quello di colore rivelava un braccio da sotto la manica lunga della felpa che portava, rivelando una serie di buchi e lividi violacei che decoravano come tatuaggi quella pelle scura.
-Comunque e in ogni caso finiresti per entrare nel giro...e non è un luogo sicuro-
Juses guardò ancora il braccio di quell’uomo, per poi osservare la pioggia sopra di loro e l’uscita da quel vicolo, che era illuminata come una specie via della salvezza.
Lo osservò in silenzio, sopra di loro il cielo oscuro rendeva quel posto ancora più lugubre.
-Non tornare...e dove potrei andare?-
-Questi sono problemi tuoi, l’importante è che tu non torni qui-
-Perché mi stai cacciando da questo posto?-
l’uomo sorrise, mostrando che parte dei suoi denti erano ingialliti dal tabacco, altri invece erano ancora bianchi e apparivano preziosi in quella bocca rovinata.
-Diciamo che devo colmare il mio senso di colpa in qualche modo-
-Quindi mi stai cacciando solo per un tuo problema personale-
-Si-
Juses si alzò in piedi, spolverandosi i pantaloni dalla polvere e lo sporco che di solito era sopra quello scalino di metallo, e scese sulla strada, voltandosi poi verso l’uomo.
-Sei uno stronzo egoista-
questo rise, annuendo con il capo, mentre Juses si stava bagnando sotto la pioggia.
-Posso sapere il tuo nome?-
quello di colore lo guardò
-Blaze-
-Ci si vede, Blaze-
Juses si mise le mani in tasca, allontanandosi da quel violetto, per Joe non c’erano problemi, se la sarebbe cavata da solo.
Il ragazzo si guardò intorno, mentre si stava bagnando i vestiti e le ossa, la fascia che andava ad inumidirsi cominciava a stringere in modo tale da fargli male, la pelle di sicuro presto avrebbe cominciato ad arrossarsi.
La gente era drasticamente diminuita, la maggior parte andava in giro con ombrelli di vario tipo, ignorando quel ragazzo bagnato che assomigliava esternamente a tutte quelle persone che armate d’impermeabile giravano per la città affianco la massa di persone con l’ombrello.
Anche sotto la pioggia si poteva dire che Merjaselum era una città viva, forse anche troppo.
Anche troppo...
Juses si avviò per l’ennesima volta per i vicoli deserti della città, perdendosi in quei luoghi, spesso incontrando strade senza uscita e vedendo intorno a lui posti mai visti, arrivando ad incroci dove prendeva una decisione a caso.
Era zuppo, i vestiti bagnati fradici così come i capelli, la fascia che gli stringeva in corpo si era fatta come una cinghia di cuoio che gli faceva male sulla pelle.
Quando uscì dall’ennesimo vicolo si ritrovò su uno spiazzo verso i quartieri poveri, li dove di solito i bambini si riunivano per giocare a basket, i canestri rotti e arrugginiti e dove la rete di questi era stata presa e portata via, o perché era utile o perché era troppo malconcia.
A terra non c’erano i segni della campana delle bambine, la strada era stata pulita via da quella pioggia che insistente continuava a cadere.
Juses si era fermato li, sedendosi su una di quelle panchine vecchie con il verde che era diventato color ruggine, ad osservare la desolazione intorno a lui.
Era tutto così tranquillo, non c’era nessuno...nessuno...
...
-Ehi, se continui a stare così ti prenderai un malanno-
il ragazzo si voltò verso la voce dietro di lui, una figura gli si stava avvicinando, sorridendo gentile, addosso aveva un’impermeabile di cuoio marrone ed in testa un filo di metallo con un pendente sulla fronte, accanto a quella che era una donna un uomo gli reggeva un’ombrello per coprire la figura dalla pioggia.
Juses la osservò mentre questa gli si presentava davanti.
Aveva ai piedi scarpe con il tacco chiuse, con pantaloni eleganti da completo, l’impermeabile marrone e quella cascata di capelli castani chiari legati in una morbida treccia scivolavano su una spalla ad abbellire il viso di donna gentile.
Occhi color castano...
E sull’impermeabile era cucito un giglio
La donna gli si avvicinò, sorridendogli gentilmente, sporgendosi verso il viso del ragazzo, mentre l’uomo li vicino s’innervosiva a quel gesto.
-Di un po’, non pensi sia ora di mostrarti alla gente, piccolina?-
la ragazza non abbassò nemmeno per un’istante gli occhi, in modo che la donna li davanti a lei potesse ammirare quella intensa colorazione rosso sangue.
...e dire che lui impazzirebbe se vedesse che quegl’occhi in quel volto...
La donna le allungò una mano, coperta da un guanto, accarezzandole con un sorriso la guancia.
-Yestind-
-Avete deciso di uccidermi?-
la donna si fermò in quel gesto, fissando la ragazza che si alzò in piedi, non riuscendo a contrastare la figura femminile davanti a se in altezza ma nello sguardo della ragazza vi era il gelo dei ghiacci eterni, mentre questa continuava a parlare, lasciandosi bagnare dalla pioggia.
-Finalmente avete deciso di realizzare il vostro progetto...suppongo che per permettere che ciò avvenga dobbiate prima uccidere quelli che vi mettono i bastoni tra le ruote...come il mio amico Joe-
l’uomo che reggeva l’ombrello iniziava leggermente a d’innervosirsi, aveva i capelli neri tirati all’indietro e legati in una codina.
-E come Yubaba...ma soprattutto io...giusto?-
-Quindi sai chi sono?-
-Ho una vaga idea, ma sappi che anche se ucciderete me...non potrete fermare gli altri...siamo milioni...-
-Anche noi siamo milioni...anzi...siamo molti di più. Ma io non ti voglio uccidere...in fondo mi sei molto cara...-
-Falsa-
l’aggettivo fece avanzare di un passo l’uomo, fermato solo da un’occhiata della donna li vicino, che continuò a parlare.
-E’ la verità-
-Falsa. Bugiarda...-
-Allora non vuoi vivere?-
-Non voglio perdere me stessa-
la ragazza alzò lo sguardo verso la donna, che indietreggiò di un paso, avvertendo una scarica di brividi bloccarle i muscoli.
Quelle parole...le aveva gia sentite...come quello sguardo sulla pelle...
...quel volto...
La donna non cercò di parlare, ma fissò a lungo la ragazza davanti a se.
-Tu non hai ricevuto ne il battesimo, ne qualunque altro sacramento.
Eppure a me sei molto cara, per ovvie ragioni.
Sono qui per dirti che ti renderanno la vita un’inferno, e ti offro il mio aiuto per scampare a questo-

-Lasciati dare un consiglio: non tornare in questo posto-

-...e dove potrei andare?-
-Lontano da qui, al sicuro!-
Juses alzò lo sguardo verso la donna, i capelli neri appiccicati in parte al volto.
-Mi stai proteggendo solo per il tuo senso di colpa, vero?-
la donna indietreggiò di nuovo ,avvertendo il cuore tremarle con forza nel ricordo di quel rumore, e poi quel silenzio che le rimbombava le orecchie.
la ragazza fissava la donna con intensità, mentre questa iniziava ad evitare quello sguardo.
-Sei una stronza egoista. Sei uguale a tutti gli altri.
I vostri sono solo...capricci personali...-
Si udì un rumore nell’aria, come un pugno, mentre un’ombrello volava via, e la donna iniziava a venir bagnata dalla pioggia, l’altro uomo spazientito si era mosso, sferrando un sonoro cazzotto a Juses, che cadde a terra per il colpo.
Il ragazzo si rialzò subito, iniziando a schivare i colpi del suo avversario, che urlava nella pioggia.
-MALEDETTA BASTARDA! MADAMA GABRIELLE RISCHIA LA SUA VITA IN QUESTO MOMENTO E TU LA TRATTI COSI?! NON MERITI DI VIVERE!-
-Fermati Alfred!-
Gabrielle cercò di fermare il suo subordinato, ma questo non ci vedeva più dalla rabbia, mentre Juses evitava i vari colpi, subendone però qualcuno al ventre e ancora alla faccia.
Il ragazzo ripartì all’attacco, chinandosi a terra per evitare l’ennesimo pugno per poi rialzarsi e velocemente dare una ginocchiata nel ventre del suo avversario.
Approfittando della gamba ancora in aria fece una rotazione su se stesso e scaraventò il suo avversario via con un calcio.
Questo rotolò via, per poi rialzare, ansimando e constatando di avere un labbro spaccato e il ventre che gli faceva male, infuriandosi.
Gabrielle avanzò di un passo, cercando di fermare il suo insubordinato.
-Alfred, fermati, lascia che mi sbrighi da sola con Yestind-
-E’ inutile parlare con quell’essere mia signora! Potrebbe ucciderci in qualsiasi momento, anche adesso!
E’ un mostro, non possiamo permetterci di avere pietà di lei-
-ALFRED!-
-GYAAAH!-
l’uomo tornò alla carica di Juses, che evitò un altro pugno, afferrando quella mano e avvicinandosi a lui da toccarlo con il corpo, scaraventarlo a terra e tenendo ferma la testa di lui sull’alsfalto portando quasi tutto il corpo a bloccare quello del suo avversario.
Gabrielle si avvicinò a Juses, con fare supplicante.
-Non lo uccidere!-
la ragazza alzò lo sguardo verso la donna li vicino a lei, squadrandola con il suo sguardo.
...
L’uomo ne approfittò, e dalla mano libera si generarono una serie di scariche elettriche, mentre Gabrielle notava quello che stava avvenendo.
-NO ALFRED!-
l’uomo con un colpo di reni si portò verso la spalla di Juses, agganciandola, lanciandogli così una serie di scariche elettriche che cominciarono a dare effetti negativi anche sull’uomo, la cui pelle della mano iniziava come a sciogliersi.
Il ragazzo urlò dal dolore, facendo poi partire un calcio che lo separò dall’uomo, la spalla mostrava segni evidenti di bruciature, mentre Gabrielle si avvicinava ad Alfred, che strillava dal dolore.
Juses osservò la scena, Gabrielle si avvicinò al suo subordinato che guardò con sguardo terrorizzato la mano che in parte era sciolta divenendo qualcosa di appiccicoso che cadeva a terra.
La donna alzò lo sguardo verso Juses, che rimase impassibile.
Gabrielle strinse i pugni, alzandosi in piedi.
-Yestind, se vieni via con me non succederanno cose come questa! Saranno in molti a darti la caccia-
la caccia...

-…perché ti cercavo…perché ti devo uccidere-

...
-Invece se vieni con me molte vite saranno risparmiate, o sei davvero intenzionata ad ammazzare degl’innocenti?-
il lamento di Alfred sembrò caricare ancora di più la domanda che Gabrielle aveva fatto a Juses, che alzò lo sguardo verso la donna, osservò prima il giglio sull’impermeabile, poi a fissò gli occhi e il volto della donna.
-...gia una volta hai tentato d’impossessarti di qualcosa che non ti appartiene...
...la mia vita...-
Gabrielle spalancò gli occhi, scioccata da quella risposta, mentre Juses abbassava lo sguardo verso la strada come avesse visto qualcosa d’interessante.
Poi il ragazzo tornò a fissare la donna, tranquilla, come se nulla fino a quel momento fosse successo.
-Sei solo una povera illusa se credi che tutto quello che dici sia oro colato per tutti...
...io non ascolterò i tuoi sensi di colpa...
La mia vita è solo MIA...e se qualcuno farà del male a Yubaba o Joe...
...lo ucciderò con le mie stesse mani...-
Gabrielle spalancò gli occhi di fronte al ragazzo che aveva davanti, per poi voltarsi insieme all’altra udendo un’applauso fatto da una sola persona seduta su quella panchina dove prima stava seduto Juses.
...il suo cacciatore...
-Che discorso toccante, mi hai commosso...per essere una bestia...-
l’uomo caricò la pistola, puntandola contro Juses, che all’ultimo secondo evitò il colpo, mentre l’uomo si alzava in piedi, osservando come la sua preda questa volta optasse per una ritirata strategica.
Poi l’uomo dai capelli biondi osservò Gabrielle avvicinarsi al suo subordinato, ancora in lacrime per il dolore alla mano.
...dunque portava a questo la tecnologia degl’arcangeli...
...
L’uomo biondo si offrì nel sollevare l’uomo ferito.
-Signorina, non so cosa vi ha spinto a parlare con quella creatura, ma vi consiglio di rifarlo un’altra volta, quell’essere potrebbe uccidervi-
Gabrielle ascoltò l’uomo, per poi sorridere triste, afferrando l’ombrello e riparando la figura di Alfred.
-Anche se Yestind ci uccidesse, non potrei che darle ragione.
Tra noi e lei...siamo noi i mostri...-
Johan si voltò verso la donna che aveva accanto, che continuò a camminare li affianco a lui, preoccupandosi per lo stato di Alfred.
Proseguirono in silenzio, sotto la pioggia e sotto lo sguardo di Juses, che poi si voltò per tornare da Yubaba e Joe, di sicuro rientrato dal...dal suo giro...


Ringraziamenti:

Cami: ma grazie mille ^=^ sei davvero gentilissima, spero che continui a leggere la mia storia

L_Fy: si, ho il brutto vizio di confondere le idee alle persone, ^^;

Melanto: ecco qua Melanto, spero di non averci messo troppo tempo! Si, anche i nomi dei ragazzi che ho descritto nell’altro capitolo sono anagrammati, piacciono molto anche a me! ^^
Per le domande mi dispiace, se ti rispondo ti rovino il gusto di leggere ^^

Noesis: C’è Yaoi, non temere, è solo che in questo momento mi sembra un po’ presto per aggiungerlo.
Grazie dei tuoi consigli mia maestra, io molto commossa T_T

UN BACIO A TUTTI!!
Meiko
  
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