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Autore: writethevibes    19/09/2018    1 recensioni
Matilde ha poco più di vent'anni. Da sempre altruista e gentile, a volte un po' sbandata, si ritrova catapultata dentro un incubo quando la sua migliore amica, Chiara, perde la vita.
Andrea è amico di Matilde e di Chiara. L'amicizia che lo lega a Matilde è molto bella, insieme sanno di poter essere ognuno un punto di riferimento per l'altro. Così, si ritrovano a dover affrontare la prematura scomparsa di Chiara e i classici problemi di ragazzi poco più che ventenni in un contesto sociale come quello dell'Italia odierna, cercando di dare un senso alla loro vita, nonostante le drammaticità che essa riserva ad ogni essere umano. E se un'amicizia diventa qualcosa di più, saremo sempre condannati a farci sopraffare dalla razionalità, laddove la vita, oltre ai drammi, a volte ci regala anche delle significative e positive emozioni?
Questo è un inno alla vita, un inno al lasciarsi andare, un inno a seguire le coincidenze, per aiutarci a capire che nulla, ma proprio nulla, accade per caso.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli occhi verdi brillavano attraverso la carta lucida. Un ciuffo castano le pendeva lungo la tempia, il sorriso contagioso regalava al volto una luce che Matilde non avrebbe più rivisto.
Si girò alla sua destra. Quel vestito colorato le aveva sempre donato, così etnico, così particolare. Sul volto di Matilde comparve un leggero sorriso malinconico. Lo avevano comprato assieme alla bancarella di Antoine, "la boutique", come la chiamava lei. Quel giorno risero come matte, avevano rubato due mele dal fruttivendolo accanto e le avevano mangiate al parchetto dopo aver fumato un po' di erba.

Avevano parlato dei loro sogni. "Voglio viaggiare tutta la vita" diceva Chiara, mentre gli occhi da cerbiatto le diventavano sempre più piccoli e rossi.
"Anche io, ma vorrei anche fare qualcosa per gli altri, non sentirmi totalmente inutile" aveva risposto Matilde, con gli occhi nocciola che cominciavano ad assomigliare a quelli dell'amica.
"Come sei altruista tesoro, allora che ne dici se fai qualcosa per me e mi riempi la borraccia alla fontana?".
"Sei una pigrona!" la prese in giro Matilde, abbracciandola, prima di alzarsi per esaudire il desiderio della sua migliore amica.
"Sei un tesoro, ti adoro!" le urlò dietro Chiara, con un sorriso un po' beffardo, ma sincero, esattamente come lei.

Una delle milioni di lacrime che aveva lasciato andare negli ultimi due giorni le rigò il viso struccato, attraversando la guancia sinistra e andandosi a posare sul mento umido. 
Mai un incubo era durato così tanto, sperava di svegliarsi il più presto possibile, ma la sveglia non suonava e la consapevolezza che non sarebbe mai suonata si poggiava pesante sul cuore, che mai era stato così affaticato.
"Perché mi hai fatto questo..." pensò, mentre la sua amica giaceva accanto a lei.
Si girò verso Chiara, adagiata sulla bara bianca, il rosario intrecciato intorno alle mani, la carnagione che si faceva inevitabilmente sempre più pallida. 
Intorno a lei c'erano molte persone, parenti, amici di famiglia, compagni di scuola e compagni di avventura. Ogni tanto qualcuno si avvicinava a Matilde, come per volerle dare un po' di conforto, ma per lei era come se non esistesse nessuno in quel momento. La stanza era in realtà vuota, c'erano solo lei e Chiara, come lo erano state per anni.  
Sentì che i suoi occhi si stavano gonfiando di nuovo, probabilmente il corpo umano ne aveva una riserva infinita; decise che era giunto il momento di prendere un po' d'aria.
"Torno subito" sussurrò alla bara, accarezzando i capelli castani del corpo inanimato, sperando che in qualche modo potesse ancora sentirla.
Uscì fuori dal salotto di casa di Chiara. Quante risate avevano animato quel luogo, era incredibile come un luogo di cui portava bellissimi ricordi impressi nella mente si possa essere trasformato in così poco tempo nel custode di così tanto dolore.
Quella mattina c'era il sole, dovevano esserci almeno venticinque gradi. Matilde si infilò gli occhiali da sole, neri come i suoi capelli, il suo vestito e la sua anima in quel momento. Estrasse dallo zaino un pacchetto di Marlboro touch, da cui mancavano più della metà delle sigarette, ne sfilò una delle restanti, prese un accendino ed accese la sigaretta, inspirando profondamente. Pensò che erano due mesi che non fumava sigarette, era così orgogliosa di aver smesso, ma ormai tutto ciò non aveva più importanza, anzi, più si avvicinava alla morte, più sarebbe passato meno tempo dal rivedere Chiara.
Più tirava, più le lacrime facevano fatica a scendere. La ragazza si sedette su uno scalino, senza forze. Due giorni prima tutto era cambiato, non sarebbe mai stata più la stessa, la sua vita sarebbe cambiata per sempre. Si sentì un po' egoista a fare questi pensieri, ma d'altronde altro non erano che la verità. Chiara era morta, e una parte di Matilde era morta con lei. 
Stava respirando profondamente, per cercare di calmare il cuore che batteva prepontemente con irregolarità, quando le squillò il telefono; lo estrasse dallo zaino, era Andrea. 
Era indecisa sul da farsi, non voleva sentire assolutamente nessuno, ma il suo dito a quanto pare non era della stessa opinione, così strisciò il pollice sullo schermo e rispose.
"Ehi".
"Ehi. Volevo sapere come stavi".
"Una merda".
A quella cruda affermazione, seguirono cinque secondi di silenzio.
"Già, ho fatto una domanda cretina".
"Già". 
La voce di Andrea era cupa, molto diversa dal solito. Del resto, anche lui voleva bene a Chiara.
Pensare alla sua amica al passato le fece tornare quel groppo in gola che mai l'aveva abbandonata nelle ultime ventiquattro ore; cominciò pacatamente a singhiozzare, e ciò non sfuggì al suo interlocutore.
"Mati, se vuoi tra poco vengo, vorrei fare qualcosa per te" disse il ragazzo, sinceramente dispiaciuto.
"No, voglio stare da sola" rispose secca lei, ma senza troppa convinzione.
"Come vuoi, ti capisco, però sappi che io ci sono".
"Ok, grazie Andre".
"E di che, ti voglio bene".
"Io pure, tanto".
Riattaccò il telefono. La sigaretta era intanto finita, il filtro ormai consumato.
Matilde adocchiò il posacenere lasciato lì da qualcuno e ci buttò la cicca. Non era pronta per rientrare, ma doveva farlo, se non lo faceva ora, non l'avrebbe vista mai più; così, abbandonò il soleggiato giardino per immergersi di nuovo nel salotto in penombra. 
Durante quella piccola pausa nulla era cambiato, ma il contrasto con la luce del sole rendeva tutto così cupo, tutto così irrespirabile, come se quella stanza da un momento all'altro potesse richiudersi su di loro, inghiottendoli in una spirale di dolore senza fine; Matilde si sentì mancare il pavimento da sotto i piedi, il suo cuore batteva all'impazzata e la gola le si stringeva, tanto da non farla quasi respirare. "Mi dispiace" sussurrò con la voce spezzata, rivolgendosi alla fotografia sorridente di Chiara, come se potesse ascoltarla, come se stesse parlando realmente con lei.
Uscì fuori dalla stanza con passo svelto, alla ricerca di un po' di ossigeno. Il caldo e soleggiato giardino le regalò subito un piccolo sollievo e le vie respiratorie pian piano si liberarono.
Matilde prese il telefono dallo zaino.
'Puoi venire? Sono a casa sua' digitò con mano esperta.
Un minuto dopo il telefono fece un trillo.
'Arrivo'.
Matilde si sedette sullo scalino. "Chiara, come farò adesso senza di te?" pensò, mentre il dolore le attravesava tutto il corpo.
Alcuni uccellini cinguettarono. Nella mente di Matilde i pensieri vagavano disordinati, a tratti confusi, dalle indignate sfumature, perché quando perdi qualcuno di molto importante non ti capaciti del fatto che il tempo intorno a te continui a scorrere, non trovi un senso alla posizione del sole, al cinguettare dei passeri, allo scrosciare dell'acqua del ruscello. 
Quando perdi qualcuno che ami, la vita si blocca, ed è irrispettoso che il tempo continui a scorrere di fronte ad un dolore così grande.
Perché era successo? Perché?
Non era mai stata una fervente credente, ma in quel momento sperava davvero che esistesse qualcosa dopo la morte, perché l'anima di Chiara non poteva semplicemente dissolversi, l'anima di Chiara era bella, l'anima di Chiara era sincera, era pura, è pura.
Matilde fece l'ennesimo sospiro. Doveva esserci qualcosa dopo la morte.
Una ventata leggera le accarezzò i capelli, rinfrescandoli dalla potente luce solare.
"Stammi vicino" sussurrò Matilde al vento, sperando che l'anima di Chiara si celasse in quella brezza. 



Buonasera cari lettori,
sono writethevibes, nuova ma non proprio perché nel lontano 2012 avevo già un profilo qui su EFP, che dovrebbe essere ancora attivo tra l'altro.
Ho smesso di scrivere per circa sei anni e oggi, superati abbondantemente i vent'anni, ho ricominciato. 
Questa storia nasce dalla mia esigenza di scrivere le mie sensazioni, di svuotarmi un po' di tutte le mie questioni interiori, ce l'avevo in mente da un po' e la scrivo con un po' di malinconia addosso. Comunque spero che l'idea di condividere con voi questo racconto non sia malvagia e spero che lasciate una recensione, soprattutto se costruttiva; dal mio canto io m'impegnerò a pubblicare costantemente i capitoli successivi.


Vorrei, infine, dedicare questa storia a C., un'anima bellissima che ora danza con il vento, a cui dedico questi versi di 'Canzone per un'amica' di Francesco Guccini:

"Voglio però ricordarti com'eri,
pensare che ancora vivi.
Voglio pensare che ancora mi ascolti 
e che come allora sorridi, e che come allora sorridi...".



Un abbraccio, writethevibes
 
   
 
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