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Autore: shira21    20/09/2018    1 recensioni
Anna Rubliov, non è solo una pittrice russa dalla grande belleza, è soprattutto una donna che sa cosa vuole nella vita ed disposta a tutto per ottenerlo. Anche quando sa che le conseguenze potrebberò essere drammatiche lei va avanti, sia che si tratti di ritrovare la sua libertà che di tenere al sicuro la persona più importante della sua vita.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mattina seguente Anna scese le scale. Fece colazione con calma e poi andò dai vicini chiedendogli se avessero visto John. Dopo i mesi trascorsi a recitare la parte della moglie sconvolta e infelice, era divenuta per lei una seconda natura. Il suo vicino le chiese se avesse controllato bene in tutta la casa. Magari si era sentito male e lei non se n’era accorta. A quelle parole spalancò gli occhioni e gridò: – La cantina!

Lì trovarono John con la testa spaccata e accanto a lui lo skateboard. Nel giro di un’ora la casa si riempì di poliziotti. Anna non smetteva di piangere, ancora scioccata dall’immagine del marito morto, e forse una parte di quelle lacrime versate potevano essere sincere. Un poliziotto la interrogò a lungo, scoprendo che la sera prima Anna e il consorte avevano avuto ospiti a cena e che quando se ne erano tutti andati, lei era salita in camera da letto; la lunga serata l’aveva provata. Tra un singhiozzo e l’altro Anna spiegò che aveva lasciato John a guardare la tivù mentre finiva il vino. Quando il poliziotto le chiese se non avesse sentito rumori, lei ricominciò a piangere.
– Se non avessi preso le gocce per dormire forse adesso mio marito sarebbe vivo! Mi sarei accorta che non tornava o forse avrei sentito quando è caduto! Avrei potuto fare qualcosa... ed è tutta colpa mia!
Gli agenti tentarono subito di calmarla, ignari di aver appena ricevuto una confessione dalla colpevole. Le dissero che si era trattato di uno sfortunato incidente e che non si poteva incolpare nessuno per quanto successo. In breve la polizia completò la ricostruzione dei fatti: John aveva finito il vino ma era così ubriaco che si era dimenticato di averne un'altra bottiglia, quindi si era diretto in cantina dove era scivolato e morto. Solo la presenza di quello skateboard destava qualche perplessità, ma in fondo chi li capiva questi ricchi?
Anna ringraziò gli agenti e li salutò.
Passarono tre mesi e le sue amiche continuavano a ripeterle che doveva farsi una nuova vita e che John non avrebbe voluto vederla infelice. Inoltre lei aveva ereditato sia il patrimonio sia la casa, diventando un partito molto appetibile per numerosi lupi famelici. Ma Anna continuava a fingersi la ricca vedova in lutto. Questo finché, in estate, Fabrizio fu trasferito nella clinica della stessa città dove abitava lei. Far credere a tutti che l’aveva incontrato per la prima volta fu molto facile. Chi le era stato vicino durante quei finti periodi bui era contento che avesse ripreso a sorridere e a uscire. Da lì al matrimonio il passo fu breve.

Con il suo nuovo marito Anna era felice. Fabrizio la portava in giro, facendole visitare città straniere e partecipando insieme a ricevimenti e congressi. In quello stesso periodo Anna aprì una galleria dove espose i suoi quadri.
Anna e Fabrizio erano fra le coppie più in vista dell’alta borghesia. Erano spesso invitati a cene a casa di amici. In breve tempo John finì nel dimenticatoio come tutte le cose scomode e nessuno pensò mai male di Anna. Lei era l’unica che a volte, in quelle sere dove rimaneva a casa da sola, lo pensava. Non che provasse rimorsi o sensi di colpa, ma lo ricordava come un uomo che l’aveva adorata e che nel suo profondo, e forse anche egoistico, amore non aveva voluto accorgersi di nulla.
Passarono così due magnifici anni prima che qualcosa spezzasse quella tranquilla e perfetta felicità idilliaca. Anna, fasciata nel suo vestito color ghiaccio, era elettrizzata alla notizia che doveva dare al marito e per questo non riusciva a restare ferma. Stava aspettando che quel ricevimento finisse e intanto volteggiava da un cavaliere all’altro affascinata dalla musica. Dopo alcune ore la stanchezza si fece sentire, e scusandosi si diresse a prendere un po’ d’aria in terrazza. Si appoggiò al cornicione e guardò giù. Ringraziò di non soffrire di vertigini perché la vista della scogliera in basso era da togliere il fiato. Senti dei passi dietro di lei e dal profumo riconobbe il marito. Voleva che lui fosse il primo a ricevere la bella notizia, ma quando si girò per annunciargli di essere incinta, Fabrizio la fissava con freddezza. Per la prima volta Anna sentì il gelido tocco della paura in presenza del suo secondo marito.
– Allora, hai finito di fare la sgualdrina con tutti gli uomini presenti in sala? – sibilò questi, e in un moto d’ira la sollevò da terra afferrandola per il collo. Un movimento di pochi centimetri e lei sarebbe volata giù. Terrorizzata, Anna scalciò sentendo l’aria e le forze venirle meno. Riuscì a mollargli un calcio all’altezza dello stomaco e caddero entrambi sul freddo pavimento. Ansimando pesantemente, si guardarono capendo nello stesso istante quello che lui stava per fare. Fabrizio si rialzò per primo e sconvolto dal suo stesso gesto, fece per aiutarla. Anna lo guardo con uno sguardo misto tra la paura e il disprezzo, e mentre si rialzava da sola, gli sibilo a denti stretti: – Toccami un'altra volta e sarò vedova di due mariti.
Si fissarono con occhi carichi d’odio. Nessun altro si era accorto di quello che stava succedendo né quando rientrarono, capirono che tra i coniugi Dufert era guerra aperta. Entrambi divennero attori superbi davanti agli altri ma bastava che la porta di casa si chiudesse dietro di loro per vedere i loro volti trasformarsi in maschere di disprezzo.

Con il passare dei giorni la casa assunse un silenzio mortale. Durante i pasti che erano costretti a fare allo stesso tavolo per mantenere le apparenze, aspettavano che l’altro assaggiasse per primo il cibo. La notte difficilmente uno voleva addormentarsi prima dell’altro. Nelle scale che portavano alla cantina venne riparata la luce. Questo continuo guardarsi le spalle era dovuto al fatto che entrambi progettavano di uccidere il coniuge. Un fatto che si stava dimostrando molto arduo.
Avvantaggiato, inconsapevolmente, dal fatto che Anna dovesse anche cercare di tenere segreta la gravidanza, Fabrizio fu il primo a trovare una trappola mortale per la moglie. Era solo in casa e, avendo deciso di mangiare carne, scese in cantina. Qui infatti non si trovavano solo i vini migliori della casa ma anche la ghiacciaia dove erano conservate verdure e soprattutto carne. Questa stanza aveva varie particolarità adatte allo scopo che Fabrizio aveva in mente: era insonorizzata anche grazie allo spesso strato di ghiaccio che ricopriva le pareti, la temperatura interna era di molti gradi sotto lo zero e la porta non si apriva dall’interno, per questo doveva essere fermata con un gancio. Non era una cosa impossibile far saltare quel vecchio gancio arrugginito magari con l’ausilio di qualche filo.
Con il passare dei giorni mise appunto la trappola che stava diventando una perfetta arma del delitto. In compenso Anna era molto preoccupata per il figlio e sapeva di dover agire in fretta, prima che lui lo scoprisse.
Un pomeriggio piuttosto soleggiato Anna si addormentò sul divanetto nella serra, l’unico posto dove riusciva a dormire tranquilla essendo l’unica a possedere la sola chiave di accesso. Fabrizio, rientrando dal lavoro all’ospedale, vide dalla finestra sulla serra che la moglie dormiva tranquilla e decise di provare per l’ultima volta il tranello ai danni della consorte. Inserì il filo nel gancio e lo fisso a un pezzo di carne dall’altra parte della stanza. Contando sul fatto che era consapevole di quello che stava facendo e che era molto veloce, fece scattare la trappola. Ma ingenuamente non aveva tenuto conto né del freddo né della sua stanchezza, e mentre stava per uscire, con suo orrore la porta gli si chiuse davanti, imprigionandolo. Fabrizio iniziò a urlare a pieni polmoni, battendo le mani sul vetro mentre una vocina maligna dentro la sua testa lo derideva per l’inutilità di quel gesto.

Anna si svegliò dal suo pisolino, e inconsapevole di quello che stava succedendo a pochi metri sotto di lei, continuò con la sua vita di sempre. Non considerò strano che il marito non tornasse per cena perché era successo già altre volte. Iniziò a insospettirsi solo il mattino seguente quando, chiamando l’ospedale dove lavorava, le dissero che quel giorno il dottor Dufert non si era presentato a lavoro. Piano piano Anna iniziò a ispezionare la casa non trovando segni della presenza di Fabrizio. Poteva trattarsi di un inganno architettato per prenderla di sorpresa e per questo si muoveva con circospezione. Arrivata alle scale della cantina accese la luce, e solo dopo essersi assicurata che erano ben libere, scese. Non trovò il marito da nessuna parte finché un leggero movimento nella ghiacciaia attirò la sua attenzione. Simile a una scena da incubo, il volto del marito sbucò all’improvviso dalla piccola finestrella. Era congelato, e quando la vide iniziò a picchiare i pugni sul vetro come un ossesso. Lei lo guardò e scoppiò a ridere. Si era intrappolato da solo, senza che lei facesse nessuno sforzo. Se pensava che l’avrebbe liberato si sbagliava, e di grosso anche. Ancora con il sorriso sulle labbra tornò di sopra e spense la luce.
Passò una settimana e Anna aveva avvisato l’ospedale che il marito stava male. Ogni giorno di quella settimana l’aveva vissuto con un’angoscia segreta ma non ci voleva un genio per capire che nei piani di Fabrizio avrebbe dovuto esserci lei lì dentro. Dopo quei sette giorni Anna arrivò alla conclusione che doveva essere bello che morto ormai. Scese le scale e guardò nella ghiacciaia. Fabrizio era steso sul pavimento, immobile, girato di schiena. Era morto, vero?
Lentamente aprì la porta ed entrò, senza notare la mancanza del gancio sulla porta presa com’era dal timore. Si avvicino al marito e prendendo dei profondi respiri per calmarsi, allungò tramante il braccio. Alle sue spalle risuonò un tonfo che la fece gridare e ritrarre di scatto, e voltandosi vide la porta ormai chiusa. Prima che potesse capire cosa era successo, trasecolò e quasi svenne dal terrore quando una mano le afferrò la caviglia, e quella mano poteva solo appartenere a…
– Ci siamo dentro tutti e due adesso, mogliettina cara.
Lei si scrollò con un calcio la mano di dosso e si fece velocemente indietro mentre lui le parlava in un sussurro appena percettibile. – Moriremo entrambi in questa catacomba ghiacciata, lo sai, vero? Avresti dovuto liberarmi. Ho aspettato pazientemente di vederti entrare e adesso almeno morirò soddisfatto pensando che mi raggiungerai presto.
Anna stava scuotendo il capo con una luce divertita negli occhi grigi, cosa che fece fermare Fabrizio nel suo momento di trionfo.
– Ho capito subito che non eri a conoscenza del segreto di questo posto quando mi hai supplicato di aprirti. Vedi, mio caro, io non morirò qui dentro, al contrario tuo!
Anna si diresse al fondo della stanza e iniziò a grattare il ghiaccio sotto lo sguardo morente del marito. Pochi minuti dopo un oggetto metallico cadde a terra: la chiave della porta. Anna sorpassò quel corpo che fra poco sarebbe stato abbandonato anche dall’ultima scintilla di vita, e aprì la porta per richiudersela dietro le spalle.
– Hai perso, Fabrizio.
Anna salì le scale lentamente, ancora frastornata dalla ghiacciaia, e ringraziò mentalmente il suo primo marito John per aver nascosto una chiave nel ghiaccio per i casi d’emergenza. Aveva avuto paura che lei si dimenticasse il gancio e rimanesse chiusa dentro.
In quel momento il telefono suonò. Era la sua migliore amica e quando le chiese se voleva partire con lei, Anna accettò immediatamente. Tre mesi o più lontani da casa sarebbero stati un alibi perfetto.

Passò un intero anno a viaggiare e quando atterò in città fu subito convocata al commissariato. – Buon giorno signorina! Abbiamo cercata di contattarla spesso in questo periodo ma senza successo.
Anna lo guardò con la sua espressione più innocente.
– Dice davvero, commissario? Mi deve scusare, non lo potevo sapere. Nell’ultimo anno ho fatto volontariato presso i villaggi poveri. Ma cos’è successo? Come può vedere dalle valigie non sono ancora tornata a casa e non vedo l’ora di riabbracciare mio marito dopo tutto questo tempo che siamo stai separati.
Lo sguardo del poliziotto si fece triste mentre le annunciava: – Signora, sia forte e mi ascolti con molta attenzione, perché purtroppo devo riferirle una cattiva notizia: presumiamo che durante il suo periodo d’assenza suo marito si sia tolto la vita. Sì, lo so, è una tragedia per lei. Per favore signora, si calmi. Prenda questo fazzoletto.
Anna era scoppiata in lacrime alla notizia e a stento riuscì a chiedergli com’era potuto succedere una tale disgrazia.
– Si è chiuso nella ghiacciaia. Per via del freddo il corpo era ancora intatto quando l’abbiamo trovato ed è impossibile risalire al giorno esatto del decesso. Mi dispiace, signora.
Anna continuò a piangere anche quando fu informata che era l’unica erede dei beni materiali del marito. Alla fine uscì dal commissariato e andò a riprendere la piccola Alexandra dalla casa dell’amica. Mentre fermava la macchina davanti al grande edificio che non vedeva da un anno, sorrise a quell’angioletto per cui aveva rischiato tutto e che avrebbe difeso per sempre. Con un bacio le sussurrò: – Benvenuta a casa, tesoro mio!
FINE


~Ho scritto questo racconto molti anni fa ripensando a un testo che avevo letto sul mio libro di antologia alle medie. Quindi vorrei specificare che l'idea di base non è mia. Frutto della mia fantasia, invece, sono Anna, John e Fabrizio così come il flash back della crociera o il fatto che Anna fosse incinta.
Spero vi sia piaciuto leggerlo quanto a me scriverlo.
Se volete spendere pochi minuti del vosto tempo per lasciarmi una recensione, buona o brutta che sia, ve ne sarei grata.
Grazie e buone vacanze estive~

   
 
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