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Autore: Pendragon_97    20/09/2018    0 recensioni
Nulla più della battaglia di Angmar ebbe il potere di segnare la storia del Reame Boscoso. Tutti ne conosciamo l'esito, tutti abbiamo la facoltà di immaginarla nella sua più vivida crudezza.
Ma cosa cambierebbe se le stesse vicende fossero presentate in prima persona secondo i punti di vista di Legolas e Thranduil?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Thranduil
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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THRANDUIL

Dopo aver ucciso l'orco si rese conto di essersi lasciato prendere la mano, forse troppo per gli innocenti occhi del figlio.
Lo strinse a sé, quasi tentando di fargli dimenticare, di calmarlo, ma invano.
Quel ricordo probabilmente sarebbe rimasto dentro di lui, o sarebbe stato cancellato con l'avanzare dell'età: infondo era solo un bambino.
Con una mano spostò il peso del bambino da una parte, pur tenendolo in braccio, per estrarre delle foglie di Asëa aranion, conosciuta anche con il nome di Athelas o Foglia del Re. L'aroma rinfrescante della pianta inondava di pace e di calma i sensi di chiunque, tranne quelli del cupo elfo.
«Legolas... mangiane un po', ti sentirai meglio» disse, porgendogliene una. L'erba infatti curava anche le ferite, donando immediato sollievo. Gli tese le foglie, e decise che lui non ne avrebbe usufruito.
Il dolore alla gamba lo distraeva dal dolore al cuore, all'anima, anche se di poco.
Per ogni passo che compiva, sentiva come una pugnalata assieme al pulsare della ferita, era piuttosto profonda.
Quando sentì il bambino parlare della madre, gli si strinse il cuore, una grossa fitta, come se quello trafitto da un pugnale fosse stato lui.
Ricordò il viso di lei, luminoso: sembrava assopita. Ma il suo sonno era eterno, non si sarebbe più svegliata.
Fece per dire qualcosa, ma le parole gli morirono in gola, non aveva la forza di parlare, non di lei.
Così non gli rispose. Non ci riuscì.
Il dolore della perdita aveva sconvolto lui a tal punto che non avrebbe potuto immaginare che effetto avrebbe fatto al figlio, e lui comunque non sarebbe riuscito a fare nulla per tirarlo su di morale in seguito, non ci riusciva nemmeno con sé stesso.

"Nana non si arrabbierà, non questa volta" quel poco di voce che aveva non uscì dalla gola, e anche questa frase restò lì, incastrata nella sua mente, dolorante quanto una lancia conficcata nel cuore.
In silenzio marciava, passo dopo passo, con la calma di un ferito che nonostante tutto voleva tornare a casa. Già, casa.
Si guardò intorno, ciò che vide era lo stesso spettacolo di prima: cadaveri ammassati di orchi e di elfi. Inorridì ancora, l'orrore che provava era lo stesso che aveva provato quando era morto sua padre Oropher: durante la sanguinosa battaglia di Dagorlad, ucciso dagli orchi - maledetti loro - mentre Thranduil era riuscito a sopravvivere, tornando con metà dell'esercito con cui erano partiti. Da allora il Re degli Elfi aveva deciso di rinforzare le armature elfiche, cercando di non appesantirle, poiché in quella battaglia erano state troppo leggere ed inadatte per la protezione contro le armi pesanti di Mordor.
Dopo una lunga camminata, finalmente arrivò nel punto in cui - prima della battaglia - aveva deciso di riunire i soldati rimasti alla fine, erano un numero sostenuto, ma in quel momento l'elfo non si sentì così fortunato, perché nel suo egoismo avrebbe preferito che ce ne fossero molti di meno e che tra di essi ci fosse lei.
Scacciò quel pensiero dalla testa, sospirando.



LEGOLAS

Come un cucciolo spaventato dall'infuriare della tempesta, Legolas rimase fermamente stretto al collo del padre sebbene l'armatura ch'egli indossava non fosse troppo comoda. Fredda, bagnata e maleodorante ma pur sempre appartenente al suo papà, al suo salvatore.
Nulla in quella distesa desolata, attraversata unicamente dal rombo del vento, gli donava sicurezza. Non il silenzio che pareva non conoscere limiti, che pareva affogare chiunque vi si addentrasse. Non la vegetazione – assente - che conferiva alla terra dura e spoglia un aspetto sinistro e decisamente poco invitante.
In quel teatro di morte, soltanto il suo papà aveva la forza d'ergersi in piedi e di continuare a combattere per il proprio primogenito; soltanto il suo papà aveva avuto la forza di rialzarsi dal polveroso manto orribilmente imbrattato, selvaggio cacciatore d'anime erranti.

«Nana dice che sono troppo piccolo… e che l'Athelas è un rimedio per i grandi. Tu ne hai più bisogno, ada... sei stanco e ferito... e dobbiamo tornare a casa.»


Ricordava fin troppo bene gli ammonimenti della madre che raramente con lui si arrabbiava ma quando lo faceva, era sempre per una giusta causa. Alzando appena il capo, sporgendosi nella sua direzione, Legolas gli lasciò un timido bacio sulla guancia, sporca esattamente come le proprie. Non sarebbe stato facile dimostrare al genitore la gioia ch'aveva provato nel vederlo sano e salvo... e nel vederlo battersi con tanta foga e determinazione unicamente per lui.
Un bacio era quanto di più spontaneo ed innocente un bambino potesse donare e, per il momento, forse era l'unica "medicina" che avesse qualche possibilità di alleviare le ferite di un cuore infranto.

«Dov'è la mamma, ada? Perché non era con te?»

Gli domandò con una nota di preoccupazione nella voce. Che fosse rimasta ferita o... che, assieme a tanti altri soldati, ornasse il lugubre terreno di quella landa senza futuro? Di lacrime i suoi occhi si colmarono nel vedere come il padre evitasse il suo sguardo, come sfuggisse alla verità. Cosa significava? O meglio, quale atrocità spaventava a tal punto il cuore del grande sovrano?
Passando distrattamente la manica della propria tunica laddove il sangue che decorava il suo volto aveva sporcato l'armatura del genitore, Legolas scrutò gli sguardi dei sopravvissuti che - con un motto di tristezza e tacita malinconia - a sua volta lo fissavano. Perché quegli sguardi? Perché quel silenzio?! Cos'era accaduto di tanto grave che nessuno aveva il coraggio di confessare?
Deglutendo rumorosamente, poggiando una mano sulla spalla del genitore, Legolas tentò di incrociare il suo sguardo. Invano.
Thranduil mai si sarebbe mostrato per l'uomo ch'era veramente... giacché la sola ch'aveva avuto il suo cuore, che l'aveva amato ed apprezzato per colui che veramente era, aveva portato con sé - nel suo ultimo viaggio - il proprio segreto.

«Ada, noi... non possiamo tornare a casa senza la mamma!»

Gridò disperato, come se già conoscesse l'ingiusta verità che quegli occhi color del ghiaccio a lui non potevano nascondere.
   
 
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