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Autore: Fabio Brusa    21/09/2018    0 recensioni
Un giovane xenobiologo va alla ricerca dei segreti nascosti nelle profondità lunari.
Genere: Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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All'interno del wormant, dopo l'incidente, si innescò una reazione terrificante e spettacolare, alla quale nessun esobiologo avrebbe mai sperato di assistere, neppure nei sogni più presuntuosi. La piccola creatura senza nome non era sola. Un intero branco, o sciame, si dipanò all'esterno della ferita del vermetalpa come uno stuolo di formiche voraci. Avevano iniziato il loro processo di sciacallaggio già dall'interno ed ora procedevano insaziabili sull'immane corpo della bestia morta, divorando a vista d'occhio porzioni intere del cadavere. A centinaia sgambettavano frenetiche, sempre salde anche ad inclinazioni impossibili, saziandosi della loro preda inerme. Edwin rimase pietrificato dalla visione, incapace di controllare il proprio corpo. Temette di subire la stessa sorte del vermetalpa, ma le creature, per le quali nessun nome sembrava più appropriato che bìoliti – pietre vive –, erano disinteressate a lui. Nell'arco di un tempo indecifrabile, minuti o poco più, del wormant non rimase altro che una chiazza mucillaginosa sul terreno.

Con poca luce, senza punti di riferimento stabili, era incredibilmente semplice perdere il senso del tempo mentre ci si trovava in esplorazione nei campi aperti della Luna. Altre volte Edwin si era trovato in difficoltà, con solo la sua prontezza di riflessi e la sua lucidità a guidarlo verso Minoi, al sicuro. Questa volta però il pericolo non proveniva dall'esterno, ma da una sua stessa decisione. Il biolite, ancora agganciato alla mano, era sì molto doloroso ma anche marginale. Se fosse tornato in tempo in città un medico lo avrebbe curato e nel giro di un paio di settimane sarebbe stato come nuovo. Era semplice: doveva saltare in sella al rover, guidare oltre il confine del lato oscuro e lanciare una richiesta di soccorso. E lasciare il luogo del ritrovamento, con la caverna scavata dal wormant e lo sciame di bioliti alle prese con il terraformer. Il segnalatore era implacabile nel ricordare la presenza del macchinario a meno di cinque chilometri di distanza. Oltre i crateri limitrofi, perfino ad occhi nudo Edwin riusciva a scorgere le cime metalliche delle torri di controllo, con le nubi di detriti a sollevarsi alte nel cielo e disperdersi nello spazio siderale.
A disposizione restavano oramai solo una manciata di minuti. Corse all'imboccatura del tunnel, gettando lo sguardo dove poco prima giaceva immobile il corpo dell'immenso vermetalpa. Una voragine mostruosa, nella quale l'occhio umano era impotente a svelarne i misteri e le pareti si perdevano nell'oscurità profonda. Solo nei metri tesi alla superficie Edwin riusciva a distinguere le forme, scoprendo uno sciame di bioliti brulicanti esteso quanto un gigantesco formicaio. Erano talmente numerosi e tanto voraci da essere stati la possibile causa della morte del wormant, oltre che della sua sparizione. Pur camminando vicino ai loro corpi litoformi, veniva ignorato dalle creature, che lentamente tornavano nel profondo del tunnel.
Un fischio elettronico del rover direttamente nelle cuffie segnalava ad Edwin l'ultima possibilità di andarsene. Il terraformer scagliava inevitabilmente attorno a sé detriti e turbini di venti pericolosi per chiunque, ed entro la linea del chilometro Edwin avrebbe potuto restare coinvolto, probabilmente ucciso, dalla sua attività.
Guardò ancora una volta nella galleria. Desiderava con tutta la propria stessa anima gettarsi a capofitto nelle viscere della Luna, seguire le bestiole fino ai loro pascoli, i loro nidi. Si era imbattuto in ben due forme di vita complesse dove si credeva che non ci fosse altro che minerali polverizzati e vuoto. Stava realizzando lo scopo di una vita, assistito da una fortuna che altre centinaia di uomini come lui non avrebbero potuto sperare in mille esistenze. Il profondo baratro di gallerie nel quale fissava i suoi sogni non era minimamente paragonabile all'enormità del suo dilemma. Si sentì protagonista di una storia tragica, di un viaggio al centro della Luna mai iniziato, un abbozzo d'inchiostro su una pagina incompiuta. Il segnalatore aumentò il suo canto straziato e in un istante Edwin gettò nel tunnel il suo intero bagaglio di emozioni. E scelse la vita.
Con la velocità massima possibile caricò i campionari sul rover, vi saltò in sella ed accese i motori. Poteva muoversi ad una velocità ben maggiore di quella del terraformer, e allungando la strada del ritorno di alcuni chilometri avrebbe potuto schivarlo senza problemi. Nonostante la trepidazione l'unico rumore era il segnalatore elettronico, mentre fuori dal casco l'intero paesaggio era silenzioso.
Fino a che l'ultimo dei bioliti non scomparve nella voragine Edwin rimase immobile. Osservò la massa animale scomparire oltre la vista, tornando nei segreti antri dove per nuove decine di anni si sarebbe nascosta e moltiplicata. Un sogno che lentamente si dileguò, timido, così come era arrivato.
L'unico a rimanere fu il biolite ancorato alla sua mano, che per fortuna di Edwin non pareva intenzionato a staccarsi. Con gli uncini piantati con forza nella carne se ne stava chiuso in sé stesso, apparentemente in uno stato di sonno o attesa. Il dolore si era leggermente attenuato e, seppur con difficoltà, Edwin era in grado di guidare il rover fino a casa. Lanciò un ultimo sguardo là dove fino a poco prima giaceva il gigantesco corpo del vermetalpa. In una giornata così, si disse, ci si imbatte una volta nella vita.

Partì quando il terraformer era talmente vicino da far tremare il terreno. Questa volta era proprio il macchinario a dare le scosse, mentre riformava il paesaggio preparandolo per le opere di colonizzazione. Edwin non si voltò più, convinto ad evitare ulteriori ferite al suo animo. Il luogo del ritrovamento, dell'occasione della sua vita, stava venendo distrutto proprio mentre in lontananza compariva l'orizzonte del lato oscuro, dove la solitudine sarebbe terminata.
A Minoi lo aspettava un compito gravoso. Avrebbe analizzato i filmati, i campioni raccolti, testimoniato l'attività zoologica lunare, perfino riportato una forma di vita nuova. Nel proprio laboratorio si sarebbe rinchiuso notte e giorno fino a trarre dai risultati il più completo, ed unico, trattato di xenobiologia mai scritto.
Avrebbe voluto sapere, infilandosi nei tunnel verso un mondo mai esplorato da un essere umano. Era nato per quel momento, ma lo aveva scartato all'atto di decidere. Eppure, in sella al rover, con la mano dolorante, sorrise nel rivedere la sagoma distante della città. Ancora vivo, stava per entrare nella storia. Forse non come aveva sognato, ma si sa che spesso la via per la felicità porta verso luoghi dove il pensiero difficilmente aveva immaginato meraviglia.

Vi aspetto sulla pagina facebook Fabio Brusa - Writer, date un'occhiata anche agli altri miei lavori.
A breve uscirà il nuovo romanzo "Qui ci sono i leoni"!
   
 
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