Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Siranne    22/09/2018    3 recensioni
La luna filtrava attraverso le sottili foglie dei pini e velava di un tenue bianco il sentiero che Annie stava percorrendo. [...] Il silenzio. Solo i grilli che calmi accompagnavano le suole che calpestavano il terreno.
I grilli, le foglie secche sbriciolate, lo scalpiccio delle scarpe... e un urlo.
(Spoiler dai capitoli del manga)
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Annie Leonhardt, Armin Arlart
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Una notte nel bosco


 

La luna filtrava attraverso le sottili foglie dei pini e velava di un tenue bianco il sentiero che Annie stava percorrendo.
L'isola dei diavoli. L'inferno che si aspettava di vedere in quel posto, era in tutto e per tutto identico alle foreste che si trovavano a Marley. Simili, anche troppo, al luogo in cui era cresciuta.
Isolarsi da quel posto, da tutti quei ragazzi, rappresentava l'unico modo per trovare un po' di pace.
Se l'era svignata, come spesso faceva, dal dormitorio delle ragazze. Cercava di farlo con più discrezione possibile, non perché avesse paura di essere beccata dall'istruttore Shadis, ma perché non voleva finire troppo al centro dell'attenzione.
Il silenzio. Solo i grilli che calmi accompagnavano le suole che calpestavano il terreno.
I grilli, le foglie secche sbriciolate, lo scalpiccio delle scarpe... e un urlo.
Annie dovette ammettere che quell'urlo furioso nel silenzio cupo della notte l'aveva spaventata.
Era un urlo che aveva un misto di rabbia e disperazione. Per qualche istante si chiese se non fosse lei ad urlare. Ma no. La sua bocca era chiusa e quella di sicuro non era la sua voce.
Una voce stridula, ma comunque maschile.
Decise di andare a dare un'occhiata.
Con quella poca luce era difficile riuscire a vedere bene chi fosse, ma quella voce, quelle spalle strette che si alzavano e abbassavano seguendo il ritmo dei suoi profondi respiri e quei capelli le fecero intuire, con una certa sorpresa, che il ragazzo era il biondino che stava sempre intorno ad Eren.
"Ti senti male?" gli chiese.
Lui si trovava in una piccola radura, circondata da alberi. Probabilmente non l'aveva sentita.
"Ehi, stai male?" disse a voce più alta e avvicinandosi.
Armin si girò all'improvviso, cacciando un altro piccolo urletto per lo spavento.
"A-Annie?"
La squadrò, piegando la testa da un lato, "No, io ecco..."
"Urli nel bosco di notte. Tranquillo, ho visto di peggio."
"Scusami, non volevo spaventarti", Armin sembrava imbarazzato. Forse avrebbe voluto che rimanesse un segreto.
"Funziona?" chiese Annie.
"Eh?"
"Urlare, dico."
Quello era uno dei ragazzini che vivevano a Shiganshina.
A volte Annie si svegliava la notte, esausta, con le gambe appesantite come se avesse di nuovo fatto quella lunga corsa verso le Mura.
Pensava di morire, quel giorno, mentre correva. Di accasciarsi al suolo e di venire divorata dai giganti lì attorno. Forse sarebbe stato un bene.
"Non mi fa diventare più forte, ma mi aiuta a scaricare la tensione."
"La tensione?"
Lei avrebbe dovuto urlare per il resto della sua vita e nemmeno sarebbe bastato.
“Forse può aiutare anche te."
Annie aggrottò le sopracciglia, "Ti sembro tesa?"
"No, ma...", balbettò, a volte alcuni suoi atteggiamenti le ricordavano Berthold, "Cioè... sembri una sul punto di dare un calcio a tutto e a tutti, a scappare via il più lontano possibile."
"Mi piacerebbe andare via."
"Dove?" chiese incuriosito.
"Da mio padre", le sfuggì, con una leggerezza che la sorprendeva.
Lui sgranò impercettibilmente gli occhi, sorrise, come se avesse appena detto la cosa migliore del mondo. Era ovvio. Annie non aveva mai fatto accenno a nulla che riguardasse la vita di un tempo, quella a Marley.
"Oh, sì ti capisco. Anch'io vorrei andare via."
Armin si avvicinò e adesso poteva vedere con chiarezza il suo volto. I suoi occhi brillavano.
"C'è una cosa, l'ho letto in un libro, che si chiama oceano. È una distesa-"
"Di acqua salata", disse Annie.
Quindi il loro re non era riuscito a nascondere tutta la verità riguardo il mondo esterno.
"Eh?" esclamò eccitato, "Lo sai?"
"Vengo da lì."
Annie sentì una piccola risata. L'aveva presa per una battuta, "Vorrei raggiungere anch'io l'oceano", disse lei.
"Possiamo andarci insieme, Annie!"
"Mi piacerebbe."
Andarci insieme. Che utopia. Andarci insieme avrebbe voluto dire che Marley e Paradis non erano più in guerra, che non ci sarebbe più stato bisogno del gigante femmina, né di altri guerrieri.
Sarebbe potuta tornare a casa e passare il resto dei suoi anni con papà.
"Ma se resti così debole sarà impossibile arrivarci."
"Lo so", disse, "Ma non mi arrenderò. Mi allenerò duramente e un giorno... un giorno so che ce la farò. Ce la faremo insieme."
"Avvisami" rispose Annie, spostandosi una ciocca di capelli, "Quando quel giorno sarà arrivato. Nel frattempo però, forse posso insegnarti qualcosa."
"Uhm?"
 
Calci e pugni che facevano meno male di una carezza.
Annie si sentiva una stupida a perdere tempo con i suoi nemici.
Pensava che Reiner fosse ancora più stupido. Faceva la sua parte, il suo lavoro da "fratello maggiore", come avrebbe fatto Marcel.
Era brillante e sembrava davvero in grado di passare da perfetto soldato a nemico dell'umanità con una facilità agghiacciante.
Le sembrava uno sforzo assurdo e inutile.
Nonostante tutte le sue parole di odio verso i diavoli, Annie sapeva che lui si stava affezionando a loro e che la sua rigida ideologia stava scricchiolando.
I diavoli non erano una massa uniforme di creature malvage, come gli avevano insegnato a Marley. Erano persone, tutte diverse tra loro, con i loro difetti e i loro pregi. Con i loro sogni, i loro obiettivi, le loro passioni. Vite pulsanti, come lo erano quelle degli Eldiani che abitavano oltre l'oceano, come lo erano quelle dei Marleyani, degli asiatici e di tutti gli altri. Erano tutti uguali e tutti diversi. Umani.
A Reiner restava solo da capire una volta per tutte che Marley, Paradis e quant'altro erano solo cazzate e che la loro breve vita da onorevoli guerrieri era solo una farsa.
 
Anche Berthold, sempre così defilato, provava affetto per i diavoli.
Stava più in disparte, forse aveva più rispetto per se stesso ed evitava di inscenare una commedia come Reiner.
Ma se qualcuno chiedeva aiuto, se uno dei diavoli era in difficoltà, lui arrivava e faceva il massimo per aiutarli.
 
Quanto a lei, preferiva non averci a che fare.
Non era così sicura di sé da credere che la sua mente avrebbe retto usando i giochetti di Reiner.
Come Berthold se ne stava in disparte, al contrario di lui, non sorrideva e non si sforzava poi granché per aiutarli se le chiedevano aiuto.
Passare per un'asociale era molto più semplice che prendere tutti per i fondelli. Lei non era come Reiner e Berthold. Non sapeva mentire.
 
Ma aveva un punto debole, una crepa nella sua maschera di impassibilità.
Tirare calci e pugni le strappava di dosso quell'apatia e insofferenza che rivolgeva verso tutto.
Vedere un ragazzo così idealista, fatto solo di sogni, che rotolava per terra e testardo si rialzava, che nemmeno stava riuscendo a toccarla, tanto era debole, le faceva chiedere se anche lei in un qualche momento della sua vita abbia avuto dei sogni.
Perché occhi così accesi e puri non li aveva mai visti in se stessa. Nemmeno in Berthold o in Reiner. Nemmeno in Marcel, che era il più puro tra tutti loro, non in Pieck che sembrava sempre stanca. Nemmeno in Porco, ma almeno lui era mosso dall'ambizione, e Zeke. In Zeke ci potevi vedere il tutto e il niente.
Chissà come stavano tutti loro.
 
"Direi che può bastare."
Armin sollevò la faccia da terra. Aveva le nocche insanguinate e qualche strappo ai pantaloni.
"Come? No, Annie... un altro po'."
"Devo tornare a dormire, dovresti farlo anche tu, Armin."
Annie si voltò e rientrò tra gli alberi. Voleva ritrovare il sentiero che aveva percorso prima e tornarsene nel dormitorio.
 
Sentì la sua voce però. Urlava di nuovo. Stavolta non suoni incoerenti, ma parole chiare e forti.
"Io l'ho visto l'oceano!"

Non riusciva a capire perché Berthold fosse così esaltato dall'aver visto l'oceano. Lo avevano visto milioni di volte loro.
"Non è ora di dormire, Annie, tuo padre ti aspetta. Svegliati e realizza anche tu il tuo sogno!"
Il mio sogno?




Note dell'autrice: doveva essere un semplice flashback e lo è, ma alla fine ho deciso di considerarlo come un ricordo di Annie mentre è chiusa nel cristallo. È stato interessante mettermi nei panni di Annie e vedere le cose del suo punto di vista, mi sono divertita come una bambina ad avere avuto finalmente l'opportunità di scrivere un po' dei personaggi di Marley e quindi di parlare un po' dell'altro grosso punto di vista di questo manga oltre a Paradis.
Nell'ultima parte è Armin a parlare, ma mi piace pensare che Annie in un qualche modo abbia intuito quello che è successo e cioè che Armin è il Gigante Colossale, per questo pensa che la frase l'abbia pronunciata Berthold e non Armin.
Alla fin fine, come disse il buon Kenny, tutti hanno un sogno che li spinge ad andare avanti e che allo stesso tempo li tiene schiavi. E non è necessario sognare cose eccezionali: a volte i sogni sono cose semplici come il voler tornare dal padre.
Spero che vi sia piaciuta,
alla prossima :)
P.S.: Oh, la faccenda di Armin urla nei boschi non è frutto della mia mente malata, l'ha detto Isayama quindi prendetevela con lui XD

 

   
 
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