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Autore: Sesquiplebe    23/09/2018    2 recensioni
Raccolta di "poesie" e testi vari legati alla distruzione. Ne potrei pubblicare alcune off topic, ma sarà raro.
Alcune poesie/brani sono frutti di miei esperimenti per cui se notate errori di punteggiatura o di logica sono stati fatti appositamente.
Perdonate i peccati di questa falsa scrittrice.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Non c'era una nuvola a chiazzare il cielo oceanico che, empio, si distendeva esausto sopra un letto invisibile. Non c'era l'abituale cinguettare allegro degli uccelli mentre gironzolavano tra i rami degli alberi, solo un pigolio sinistro si udiva da un nido solitario sulle braccia rinsecchite di una quercia morente. Non c'era nemmeno il soleggiare felice del sole, ora in disparte ad osservare in silenzio le pene maligne degli uomini codardi.
Una beata quiete inquietante soffocava l'aria del porto di Aulide torturato dai venti forti di una dea infuriata. Sulle navi approdate, linciate dalle acque torpide del mare, impazienti i divoratori di gloria attendevano l'estremo atto che li avrebbe, finalmente, liberati da quella gabbia tagliente in cui erano stati intrappolati per una colpa ignota del loro comandante.
Ifigenia saltellava felice sulle coste assassine dell'Egeo mentre il padre le rivolgeva un sorriso fittizio. Lei portava addosso uno dei suoi vestiti migliori, bianco, come la purezza della sua bellezza, e in capo un mazzo di gigli carmini colti personalmente da un campo benedetto a Persefone. Impaziente la fanciulla attendeva l'arrivo di Achille a cui fu data con gioia in sposa, ma, una volta volto lo sguardo ridente al genitore, dalla mano di fede del padre -del padre!- sbucò una lama velenosa ancora sul fianco, indugiante. Non mosse un dito, pure quando la figlia se ne accorse, stringendo sofferente il manico dell'arma.
Prese il respiro.
Sollevò lo sguardo.
Pugnalò la figlia,
e chiuse gli occhi.
Notò presto di aver sbagliato mira tra le grida dolorose della primogenita la quale, terrorizzata, fuggì via, inseguita da lui perchè stretto aveva il collo nel cappio di Artemide e non poteva scivolare via dalle sue scelte, spingendola su un picco elevato dove la giovane in trappola si fermò. 
Minacciò di suicidarsi, minacciò di buttarsi, tuttavia fu lui più veloce abbracciandola forte come ultimo saluto disperato.
Trafisse allora il freddo pugnale dritto in petto, e lasciò il cadavere piombare a terra insieme al terribile sacrilegio inferto alla dea.
Guardò irremovibile i fiumi scarlatti farsi strada sul suolo, lungo gli spigoli pungenti della scarpata fino a gocciolare nel mare placato.
Cedettero i suoi ginocchi alla desolazione, troppo deboli affinchè potessero sorreggere il peso aggressivo del tormento amaro che lo avrebbe perseguitato finchè ricordava il terribile gesto disumano. E tra lacrime annegate, chiese:

«Perdono.»

  
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