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Autore: FatSalad    23/09/2018    9 recensioni
Una donna è seduta sulla panchina di un parco immersa nei colori dell'autunno.
Aspetta qualcuno, ma non sa chi è.
[Prima classificata al contest "Brother my brother" indetto da Elettra.C sul forum di EFP]
[Terza classificata al contest "Racconti al profumo di frutta" indetto da Dollarbaby sul forum di Efp]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'autunno era arrivato prematuramente quell'anno, spogliando gli alberi in maniera violenta. Un'esplosione di giallo e arancio colorava le fronde e ricopriva il suolo del parco con impertinenza, nonostante i netturbini spazzassero le foglie con zelo.
In mezzo al giallo, un puntolino marrone tossicchiava su di una panchina. Era la signora Delia che si aggiustava il trench color kaki e si guardava pensierosa una scarpa.
«Accidenti, – borbottò tra sé – avrei dovuto indossare gli stivali vecchi, questi mi stringono alla caviglia.»
Un fruscio di foglie le fece sollevare gli occhi, non più intenti a controllare le caviglie gonfie.
Il suo sguardo incontrò solo un albero spoglio.
«Sarà stata una lucertola.» indovinò.
Era troppo nervosa.
Pensava che fosse... che stesse arrivando... chi? Non sapeva nemmeno che aspetto avesse, quell'uomo.
«Ma poi chi me l'ha fatto fare di fidarmi di uno sconosciuto?!»
Sospirò, sconsolata, ma, sebbene prima di arrivare si fosse ripetuta più volte “Dopo dieci minuti me ne andrò”, non si mosse dalla panchina. Tirò invece fuori dalla borsa una rivista spiegazzata, la sfogliò frettolosamente e arrivò a colpo sicuro alla pagina che le interessava, che scorse con gli occhi alla ricerca di qualche dettaglio fisico. Come se non avesse imparato a memoria l'annuncio:
 
Dario, vedovo 75enne brillante
e un po' meno snello di un tempo,
amante della natura
cerca signora libera in zona Trento
vivace e genuina per passeggiate
e conversazioni in inglese o tedesco,
ma talvolta anche italiano.
Astenersi fumatrici.
 
Nessun accenno a statura, occhi, capelli, solo quel laconico “un po' meno snello di un tempo” che avrebbe potuto voler dire di tutto. Proprio quella frase l'aveva convinta infine a rispondere all'annuncio, l'aveva fatta ridere e le aveva fatto pensare “Almeno è sincero”. Beh, non era stata solo quella frase, a onor del vero, una buona spinta l'aveva ricevuta da Marisa, la sua amica e compagna di merende pomeridiane a base di tè. Marisa, con i suoi tre divorzi e quattro matrimoni alle spalle, era convinta che Delia fosse sola da troppo tempo e l'aveva praticamente costretta a digitare il numero sulla rivista per presentarsi al signor Dario.
«Cancella tutti quelli che dicono “di bella presenza”: di solito sono i più brutti ad essere narcisisti. - le aveva suggerito – Poi togli tutti quelli che usano “dolce vedovo”, “cerca tenera amicizia” e simili.»
«Perché?» aveva chiesto Delia, cercando di nascondere la delusione nella propria voce. Non le sarebbe dispiaciuto un uomo che sapeva usare la tenerezza.
«Sono smidollati che ti si attaccano al primo appuntamento o che, nella migliore delle ipotesi, si arrabbiano come furie perché non sei dolce abbastanza per i loro gusti. Ma chissà che cercano, poi, un bignè?»
Poi Marisa le aveva fatto eliminare i più anziani, (i più giovani no, perché “potevano ancora fare certe cose a letto che... uh!”), i maniaci che cercavano quarantenni, quelli che avevano scritto “astenersi perditempo” perché, secondo lei, era una frase “fuori moda” e quelli che non accettavano divorziate, perché lo prendeva come un insulto alla sua persona.
«Chi rimane?» aveva chiesto a quel punto incuriosita.
Delia le aveva letto gli unici due annunci che non aveva depennato e Marisa le aveva consigliato di chiamare subito Piero, (vivace e curioso 70enne con la passione per le carte e la buona cucina cerca signora allegra e di compagnia per iniziare un'amicizia o qualcosa di più), ma Delia si era opposta fermamente, perché non le sembrava affatto il suo tipo. Marisa aveva tenuto duro per un po', poi aveva desistito, accontentandosi del fatto che Delia avrebbe chiamato l'altro numero, gliel'aveva fatto promettere.
Così, adesso la signora Delia se ne stava seduta in mezzo al giallo del parco designato per un primo incontro, ad aspettare che il brillante vedovo si presentasse. L'uomo aveva già perso qualche punto per non essere arrivato in anticipo come lei, ma, d'altra parte, era tanto tempo che non aveva un incontro più o meno galante con l'altro sesso, forse le convenzioni erano cambiate.
«Certo il mio Luigi era un'altra cosa.» pensò tra sé la signora, perdendosi con lo sguardo tra le nuvole che scorrevano veloci sopra i rami semi-spogli degli alberi.
Luigi, il suo primo e ultimo amore, che era sopravvissuto alla guerra solo per sposarla e che poco dopo era stato stroncato da una brutta malattia. Luigi che era stato per lei marito, amante, confidente, fratello... aveva letto un aforisma interessante riguardo all'essere fratelli, in quella stessa rivista che stava stringendo tra le mani, ma non ricordava bene dove.
Delia si mise a sfogliare le pagine distrattamente alla ricerca della frase che le sfuggiva e sussultò quando un losco figuro le si sedette accanto. Era talmente assorta nei sui pensieri che non l'aveva nemmeno sentito arrivare.
Si scostò automaticamente di qualche centimetro e continuò a sfogliare la rivista.
«Che ci fa una scignora tutta sciola in un parco deserto eh?»
L'individuo che si era buttato senza grazia accanto a lei aveva parlato senza preavviso. Delia si accorse immediatamente che quell'uomo emanava un sentore di alcol, nonostante fosse pieno giorno. Il suo primo istinto fu quello di alzarsi e andarsene in fretta, ma si dominò, ricordando a sé stessa che era una donna forte e indipendente che era sopravvissuta a tanti pericoli e dolori senza aspettarsi altro aiuto se non da se stessa. Dunque, dopo essersi schiarita la gola, rispose:
«Aspetto un... amico.»
Si pentì subito di quell'attimo di esitazione prima della parola “amico”, ma davvero non avrebbe saputo in che altro modo giustificare la sua presenza in quel luogo.
L'uomo rise della sua compostezza, fece una serie di “oh oh” sguaiati e poi commentò:
«Alla tua età... credi di poterti fare un “amico della domenica” come una ragazzina?! Che cosa ridicola! Voglio vedere che cosa riescono a combinare due vecchi shdentati sciotto le lenzuola!»
Delia rimase interdetta dalla sfrontatezza dello sconosciuto.
«Ma come si permette di parlare in questi termini dei miei rapporti di amicizia?!» esclamò stizzita.
«Ah, she credi che un vecchio bavoso possa avere nobili intenti in un'amicizia con una donna... devi aver presho un abbaglio!»
E riprese a ridere in quel modo sguaiato, buttando la testa all'indietro.
Delia serrò le labbra e rivolse uno sguardo severo all'uomo. Notò allora che era vestito in modo trasandato, con una camicia lisa e un paio di pantaloni di velluto macchiati in più punti, e aveva la barba lunga di qualche giorno, bianca e ispida che spuntava sulle guance un po' cadenti.
«La prego di smettere di insultare me e il mio amico!» disse risoluta.
L'uomo la guardò per la prima volta negli occhi, come accorgendosi solo in quel momento di averla accanto. Poi la sua espressione tornò quella stolida di una mente offuscata da vino scadente e disse:
«She non ti piace quello che dico puoi sciempre andartene. Aspetta, non dirmi che non vuoi andartene per paura che il tuo “amichetto” non ti trovi?! Devi esshere proprio una povera verginella shentimentale
Delia non resse più, forse arrossì, conscia del fatto che il disgraziato aveva indovinato più di una cosa su di lei. Infuriata, sistemò la borsa sulla spalla e fece per andarsene, ma quello rise più forte.
«Ma dove vai, cara? Non shei forse tu Delia?» la richiamò l'uomo.
Delia sgranò gli occhi.
«Dario?» chiese confusa, dopo un momento di esitazione.
«In pershona! Che buffonata quella dell'annuncio, nevvero? Io cercavo una bella donna disinibita e mi ritrovo una vecchia puritana tutta incipriata! Ah! Che impiccio!»
Delia non voleva credere alle sue orecchie, non riusciva a riconoscere il signor Dario, con il quale aveva scambiato poche parole di circostanza al telefono, nel villano che si ritrovava davanti. Si sentiva sbeffeggiata, truffata, mortificata... era stato un grosso errore seguire i consigli di Marisa! Cercò di non scoppiare a piangere, ma uno sguardo strafottente dell'uomo le fece quasi perdere le staffe.
«Oh, ma insomma! Non rimarrò un minuto di più a farmi prendere in giro da un barbaro come lei!» esclamò Delia alterata, con voce tremante di pianto.
Si alzò in piedi di scatto, ben intenzionata ad andarsene il più in fretta possibile.
Non fece in tempo a muovere due passi, che Dario la richiamò.
«Aspetti! La prego... aspetti un secondo.»
L'improvviso cambiamento di tono del signore persuase subito Delia, che si voltò per guardarlo da sopra una spalla, interrogativa.
Dario si grattò una guancia ispida fissando lo sguardo a terra per qualche secondo, visibilmente imbarazzato.
«Mi spiace, Delia, non mi sono affatto comportato da gentiluomo, ma, vede, io non volevo tutto questo.» disse infine aprendo le braccia in un gesto esplicativo «Non volevo mettere quell'annuncio assurdo su una rivista per la terza età, sono stati i miei figli a costringermi. Speravo di essere stato abbastanza pretenzioso da scoraggiare chiunque a contattarmi, invece...»
Delia deglutì, avvertendo il nodo di tensione abbandonare il suo stomaco e si voltò completamente verso il suo interlocutore.
«Oh, beh... allora la mia telefonata deve averla delusa.» disse.
«No, si figuri, ne sono rimasto lusingato, mi creda. Il fatto che lei fosse disposta veramente a insegnare ad un ultrasettantenne delle lingue straniere, mi ha veramente colpito, perciò ho deciso di presentarmi. Mi spiace di essermi reso tanto odioso. Ho preparato questa sceneggiata per farla scappare, ma visto quanto è educata e sensibile non mi è sembrato giusto... come dire... non si merita un trattamento del genere, signora.»
Delia fissò per terra per qualche istante, stava pestando una foglia di un giallo abbagliante, allegro come un bimbo sulla spiaggia, così stonato rispetto all'intera situazione.
«Anche io sono stata costretta a rispondere da un'amica, in buona fede, si capisce. La mia amica ritiene che io sia troppo sola.»
Dario, che adesso sedeva composto e teneva lo sguardo basso come Delia, chiese:
«Lei è mai stata sposata?»
Delia si prese del tempo, tornò a sedersi accanto all'uomo e rispose:
«Molto tempo fa, ma non è durato molto. Mio marito morì senza preavviso e vivo sola da allora. Fu così che mi rimboccai le maniche e cercai lavoro, avevo vissuto in Svizzera da piccola, così trovai impiego presso un buon istituto come insegnante di tedesco.»
Guardando rigorosamente davanti a sé, i due iniziarono a conversare. A poco a poco l'atmosfera si rilassò e Dario poté confidare che sua moglie era morta da quasi sette anni, un tempo che a lui sembrava brevissimo, ma che i suoi figli ritenevano giusto per trovare nuova compagnia. Costretti infatti per lavoro e per seguire le rispettive famiglie ad allontanarsi da lui, temevano che lo stare troppo tempo da solo avrebbe provocato in lui depressione, Alzheimer, demenza senile e chissà che altro. Per questo Dario aveva assicurato che non si sarebbe trascurato, che avrebbe messo un annuncio sul giornale e che avrebbe studiato le lingue per tenere il cervello attivo.
Ecco spiegato il motivo dell'annuncio e del perché non aveva potuto dire di no a quel primo incontro.
«Sa, inoltre lei ha il nome di mia sorella.» aggiunse.
Delia, che non conosceva molte omonime, si illuminò.
«Davvero? Che coincidenza! E che tipo è sua sorella? Siete in buoni rapporti?»
«Non siamo in nessun tipo di rapporto, in verità. Non la vedo da molti anni.»
«Oh, mi dispiace.»
Rimasero per qualche minuto in silenzio, ciascuno immerso nei propri pensieri, poi, Dario decise di condividere i suoi.
«Non so nemmeno se mia sorella sia ancora viva e questa è una cosa che mi turba ancora ogni giorno, sebbene siano passati tanti anni.»
«Com'è possibile?» chiese Delia, sorpresa da quella strana confessione.
«Vede, io e mia sorella rimanemmo orfani da piccoli. Io ero solo un ragazzo e anche se lavoravo come un mulo non riuscivo a sfamare entrambi. Così me la portarono via. Una famiglia benestante la adottò, ma nessuno mi ha più fatto avere sue notizie, non so nemmeno se... ma su, via, non si commuova, sa quante volte succedeva a quel tempo?»
Delia deglutì, poi chiese, senza guardarlo negli occhi:
«Lei... ha sempre abitato a Trento?»
«Sì, beh... da piccolo stavo un po' fuori dal centro... ma perché trema?»
La donna scoppiò in un pianto disperato e Dario si trovò molto in imbarazzo, non sapendo come comportarsi. Le diede un colpetto delicato sul braccio, temendo di essere troppo invadente e le ripeté più volte parole di conforto, ignaro del perché dovesse consolarla.
Finalmente, Delia riuscì a parlare, tra un singhiozzo e l'altro.
«Credo... credo che potrei essere io sua sorella.»
Il volto di Dario mutò improvvisamente, da calmo e preoccupato si fece duro e freddo.
Allontanò la mano dal braccio della donna e disse, con il tono di chi non ammette repliche:
«Non è vero... questo non è possibile. Le vostre età non corrispondono.»
Delia non riuscì a trattenere un singulto.
«Una mia amica mi ha convinto a dichiarare un'età diversa dalla mia, dicendo che in questi casi tutti si tolgono qualche anno... In realtà ho già 63 anni.»
«Gesù!»
«Non... non ricordo quasi niente della mia vita prima dell'adozione, ero troppo piccola. Non so neanche come si chiamavano i miei veri genitori. Ricordo solo... un ragazzo che mi lavava il viso con l'acqua gelida di un catino, io che strillavo e mi asciugavo ai suoi pantaloni, lui che mi rincorreva per sgridarmi e mi faceva dondolare a testa in giù tenendomi per le caviglie. Ricordo la chiesetta sulla piazza e io che andavo a giocare sul sagrato insieme ad altri orfanelli e don Gervasio che ci sgridava...»
«Delia!»
I loro occhi si incontrarono, spogli da ogni pregiudizio, lavati da lacrime salate, dipinti di incredula consapevolezza.
Per qualche minuto rimasero in silenzio a stringersi le mani rugose, a cercare di riconoscersi dietro la coperta degli anni.
Poi Dario si alzò in piedi e offrendo il braccio a Delia la invitò a seguirlo. Avevano così tanta vita da raccontarsi che decisero di non cominciare subito.
Ci fu una folata di vento improvvisa, Delia strinse il bavero del trench, il frusciare delle foglie secche le impedì di sentire un rumore più distante: quello della rivista che aveva dimenticato sulla panchina. Le pagine si sollevarono a ruota e poi ricaddero, così, in un angolo in alto, nel mezzo di un articolo sulle vene varicose, si poteva leggere un proverbio indiano su sfondo marroncino. Recitava: “Da lontano ho visto un mostro. Avvicinandomi ho visto un fratello.
Parlandogli ho trovato un fratello”.

 
   
 
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