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Autore: RaidenCold    24/09/2018    0 recensioni
Atto conclusivo della storia L-Iconoclast:
In seguito alla guerra con Ares, Atena ed i suoi cavalieri attendono la mossa degli dei dell'Olimpo, ormai quasi interamente schierati contro di lei.
Dopo essersi recato ad Asgard in soccorso di sua madre e degli altri guerrieri divini, Leonidas si unisce ai suoi compagni nella guerra contro le divinità, e sul suo cammino incontrerà una figura misteriosa che influenzerà il suo destino e quello dell'amata Lambda...
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Apollo, Cygnus Hyoga, Nuovo Personaggio, Phoenix Ikki
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti
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Leonidas, Aster, Ikki, e Hyoga attaccavano senza sosta il signore dei cieli da quattro differenti punti sempre in movimento, ed Atena li sosteneva coprendoli, mentre Niche passava subito al contrattacco: non potevano concedere un istante di tregua al loro avversario.

Hana e Civetta osservavano in disparte, consce che i loro limiti sarebbero stati soltanto un freno per i compagni, pregando che trovassero la forza necessaria a vincere la battaglia decisiva per le sorti dell’umanità.

D’un tratto Zeus accelerò e scattò un istante prima di Niche, facendo per colpirla, ma il suo pugno finì infrangendosi su una parete invisibile, che andò immediatamente in frantumi, ma permise alla dea alata di rimettersi in guardia.

Zeus si fermò, osservando il nuovo cavaliere appena giunto nelle sue stanze:
“Oh… ma tu sei…”

Lambda osservava confusa il signore degli dei: era la prima volta che si trovava dinnanzi a lui, eppure aveva un’aria estremamente familiare.

Non lasciandosi scappare quel momento di titubanza da parte del loro avversario, Atena ed i cavalieri lo attaccarono contemporaneamente, ma questo adirato fece esplodere la propria aura fulminante, travolgendo tutti i presenti.

Tutti erano ancora in piedi, ma quell’esplosione aveva inferto loro pesanti danni, e persino Atena appariva in difficoltà; l’unica che sembrava non aver subito alcuna conseguenza sembrava essere Lambda.

“Complimenti, siete riusciti a farmi sfoderare il mio vero potere; il tempo dei giochetti è finito.”

 

“Quel tempo è finito molti anni fa.”

 

Una voce profonda risuonò per tutto il salone.

Tutti si voltarono, e videro spuntare dall’oscurità del corridoio, una nera figura alata vestita di un’armatura dalle fattezze mostruose, con una vistosa crepatura all’altezza del cuore.

 

Da quando poteva avere ricordo, Atena aveva visto solo una volta suo padre sussultare per la preoccupazione: era stato ai tempi del mito, ad opera dello stesso essere che aveva di fronte in quel momento.

 

“No, tu dovresti essere morto, sepolto dalla lava nelle viscere della madre terra…!”

 

Tifone avanzò verso Zeus:
“Per tutto questo tempo il desiderio di vendicarmi su te e gli altri dei mi ha tenuto vivo, anche mentre mi veniva strappato il cuore dal petto.”

 

Zeus si rivolse ad Atena:
“Figlia mia, devi aiutarmi, questo abominio deve morire!”

“Mi spiace padre…”

La dea si fece indietro, seguita dai suoi cavalieri, eccetto Leonidas, che era andato in contro a Tifone.

 

“Questo non cambierà le cose.” - disse Leonidas.

“Non lo faccio certo per dimostrarti qualcosa.”

In quello stesso momento giunsero nel salone i vincitori della battaglia contro Era, e Kara subito corse verso i due; nonostante il suo aspetto austero e imperturbabile, Leonidas vide con enorme sorpresa un lieve sussulto in Tifone alla vista di sua madre.

“Tifone…” - lo salutò Kara.

“Ciao, Echidna.”

“Non devi farlo…”

“Sono nato per questo preciso momento.”

Kara sorrise con gli occhi lucidi:
“Lo so, non c’è mai stato verso di fermarti.”

Tifone le carezzò con delicatezza il viso:
“Addio, mia amata Echidna.” - e si voltò verso il figlio - “Anche se mi odi, prenditi cura di lei.”

“Sì, questo posso farlo.”

Tifone lanciò un’occhiata a Dioniso, ed i due si scambiarono un tacito cenno di reciproca approvazione, dopodiché si portò dinnanzi al signore dell’Olimpo, pronto ad affrontare la sfida per cui era venuto al mondo: far cadere l’Olimpo.

Con un turbinio Tifone si portò contro Zeus, e l’impatto spazzò via il trono e la parete dietro a quest’ultimo; con pochi attacchi il palazzo del signore dei cieli sarebbe caduto in rovina.

 

Lambda e Leonidas si avvicinarono colpiti a Efesto, che reggeva in mano quella ragazza dalla chioma argentea che aveva dato loro battaglia diverse volte ormai.

“Era come dicevi, ha il tuo stesso volto…”

“Perché io e lei siamo la stessa persona.”

“Come?”

Efesto si fece avanti:
“A questo posso rispondere io: vedete, vent’anni or sono, Zeus concupì, nel Jamir, una splendida donna di nome Alaya, e con lei generò una figlia di nome Lambda.”

Leonidas guardò colpito la ragazza:
“Dunque sei figlia di Zeus…”

“Sì, in un certo senso.”

“Era passato molto tempo dall’ultima volta che Zeus aveva concepito un figlio con una mortale, e subito io capii che Era non avrebbe permesso né ad Alaya né alla piccola di sopravvivere. Così mi rivolsi ad un mortale che avevo istruito con la mia arte metallurgica alcuni anni prima, Mhesa dell’Ariete, il marito di Alaya, chiedendogli di portarmi la bambina, in modo da poter creare una sorta di camuffamento per garantirle la sopravvivenza: ci riuscì, dividendone anima e corpo in sei frammenti, più uno che tenni nascosto e che consegnai a Mhesa.
“Quel frammento ero io.” - commentò Lambda, lasciando tutti i presenti di stucco.

“Sapevo che sarei stato scoperto, e cinque anni dopo i crestati si presentarono nella mia fucina, guidati da Era stessa, che pretendeva le consegnassi i sei frammenti, e quel che fece loro è un’altra delle terribili atrocità per cui ha pagato poc’anzi.”

La terra iniziò a tremare, e diverse macerie crollarono da tutto il palazzo.

“Due le uccise subito, spezzando loro il collo, per le altre invece architettò un gioco macabro e perverso: promise loro che una di loro si sarebbe salvata, a patto però che avesse ucciso le altre. Vedendole titubanti, ne eliminò subito un’altra, e le tre rimaste iniziarono a darsi battaglia; la numero cinque riuscì ad eliminare la numero quattro, dopodiché scelse di farsi uccidere spontaneamente da sei, ritenendola l’unica in grado di poter sopravvivere alla crudeltà della regina degli dei: fu allora che, coperta di lacrime, e del suo stesso sangue, Lambda 6 strangolò un’altra versione di sé stessa, rimanendo apparentemente l’ultima.”

Lambda, sconvolta, si avvicinò alla sua controparte inerme e le carezzò i capelli:
“Ecco perché voleva uccidermi: la sua testa le diceva che era l’unico modo per sopravvivere…”

“Non biasimarla, dopo quell’esperienza Era la incatenò in una prigione, costringendola ogni giorno a sopportare innumerevoli sevizie: diversi carnefici le aprivano le carni per vedere come fosse fatta dentro, la infilzavano lasciandola sanguinante, prendendo nota di quanto tempo impiegasse prima di svenire, le conficcavano dei ganci sotto il costato e la lasciavano appesa per giorni interi, e altre atrocità la cui sola idea farebbe impazzire le menti di un mortale.”

“E io sarei potuta essere al suo posto…”

A quel punto Dioniso si rivolse a Efesto:
“Ti conosco da molto fratello, e so che non avresti fatto tutto questo solo per generosità e so che c’era un preciso intento nelle tue azioni; correggimi se sono in errore.”

Efesto sorrise senza allegria e scosse il capo sbuffando:

“Avevo bisogno che Lambda rimanesse in vita per questo preciso giorno, poiché questa ragazza presenta una caratteristica unica, che nessun altro figlio di Zeus possiede: non ha ereditato la divina folgore, ma in qualche modo l’ha assimilata. Le sue cellule rispecchiano la struttura del cosmo di Zeus, e posseggono l’abilità di allinearsi al medesimo modo, se necessario.”

“Ma per quale motivo…?” - domandò Kara, voltandosi poi verso Dioniso scoprendo un’espressione sconvolta dipinta sul suo volto.

“Tu sapevi del grande fulmine…”

“Zeus lo stava programmando da tempo, ma era ancora indeciso se attuarlo o meno: aspettava solo un pretesto, e le azioni commesse da Atena a dai suoi cavalieri negli ultimi anni, capitavano a proposito. In particolare la morte di Ares ha reso tutti concordi sull’utilizzo di tale arma; io ho dato la mia approvazione, ma sinceramente l’idea di perdere millenni di studi nella mia fucina non mi alletta per niente.”

“Ma se Tifone sconfiggesse Zeus la folgore verrebbe fermata!” - disse Leonidas.

“Purtroppo no” - intervenne Atena - “è un’arma che da un certo punto in poi agisce di propria volontà e qualunque sia l’esito del duello, uscirà da quella cupola e si abbatterà sul suo bersaglio, cioè la Terra.”

“C’è soltanto un modo per fermarla” - aggiunse Efesto, rivolgendo il proprio sguardo a Lambda - “ma il prezzo da pagare sarà molto caro.”

 

Leonidas a quel punto guardò sconcertato Lambda:

“No…”

“Mi dispiace tanto Leo…”

“No, che assurdità sono mai queste?”

“E’ l’unico modo.”

“Non può esserlo!”

“Ma è così.”

“Mi rifiuto di prenderlo in considerazione!!!”

“Qui non si tratta solo di me, o di te, ma di tutti quanti… devo farlo Leo, sono l’unica che può salvare l’umanità.”

A quel punto Leonidas portò silenzioso il proprio sguardo sulla figura inerme di 6.

“Non sarebbe giusto nei suoi confronti.” - gli disse Lambda stringendogli il braccio.

“Non lo sarebbe neanche nei tuoi!”

“Per tutta la vita ha conosciuto soltanto morte e dolore, ha già sofferto abbastanza… e poi non posso lasciare che muoia così, perché… lei è me.”

 

La terra tremò nuovamente, e questa volta il soffitto del tempio si spaccò, lasciando entrare la luce purpurea del cielo olimpico.

 

Efesto poggiò 6 al suolo:
“Lei non è più affar mio, fatene ciò che volete; non intendo perire per la vostra indecisione.”

E detto ciò il dio del fuoco sparì tra la polvere e l’oscurità del tempio capitolante.

 

“Lo scontro tra Zeus e Tifone raderà al suolo ogni cosa” - constatò Niche - “Atena, dobbiamo andarcene.”

La dea strinse lo scettro e si rivolse ai presenti:
“Sì, è ora di andare, ma non tornerò sulla Terra: mio padre aveva ragione, a questo punto della storia, l’umanità non può trarre alcun beneficio dall’intervento divino.”

“E dove andrete?” - chiese Hyoga perplesso.

“Da qualche parte, dove costruiremo un nuovo Olimpo, magari con l’aiuto degli altri dei che sono sopravvissuti a questo giorno.”

“In tal caso io verrò con voi.” - disse Civetta.

“E naturalmente anch’io.” - aggiunse Niche.

La dea si rivolse poi con lo sguardo ad Aster:
“Vorresti essere al mio fianco?”

“Io ti seguirei ovunque, mia amata dea.” - rispose il cavaliere di Pegasus sorridendo dolcemente.

Heracles si fece avanti:
“E’ tempo che anch’io mi assuma le mie responsabilità divine: troppo a lungo le ho evitate.” - dopodiché guardò Hana - “Mio fratello ormai non c’è più, e tu sei il mio solo legame con questo mondo: vorresti venire con me, verso un nuovo mondo splendente?”

Hana si avvicinò al marito e lo abbracciò:

“Mostrami dunque questo nuovo mondo.”

 

Ikki e Hyoga si chinarono verso Atena, la dea che avevano servito per moltissimi anni, dandole un doloroso ma composto addio: era come se fino al giorno prima fossero stati al fianco di Seiya, Shiryu, Shun, e Saori, ed ora tutto stava per finire.

“Andate ora” - disse Atena ai due - “riportate i cavalieri alla nave della speranza.”

Salutarono un’ultima volta la dea, ed infine anche loro abbandonarono il palazzo.

Atena a quel punto si rivolse a Dioniso, ma questo scosse il capo in senso di dissenso:
“Mi spiace, ma penso che per un po’ continuerò a girovagare per il mondo, magari con una buona compagnia…” - disse sorridendo a Kara.

 

In quel momento la cupola iniziò a sgretolarsi, e spaventose saette celesti presero a solcare tutto ciò che rimaneva del palazzo divino.

Lambda si avvicinò a Leonidas, gli scambiò un dolce ed intenso bacio, dopodiché iniziò ad incamminarsi verso il suo destino.

 

 

La furia dello scontro aveva aperto la terra fin nel profondo, e Tifone e Zeus precipitavano rapidi, senza tuttavia smettere di colpirsi nemmeno un istante: ogni cosa al loro passaggio crollava a pezzi, e tale distruzione stava pian piano raggiungendo ogni singolo angolo dell’Olimpo.

“Maledetto mostro, non lascerò che tu viva!”

“Perché fratello mi hai sempre odiato?” - gridò Tifone.

“Non chiamarmi fratello, tu sei solo una terribile aberrazione!” - rispose scagliando un immenso fulmine.

“Io sono tuo fratello, come te sono un figlio di Crono, perché non puoi accettarlo?!” - contrattaccò con una raffica di cosmo ventoso.

“Perché tu sei il male, sei tutto ciò che di sbagliato ci possa essere nel mondo: la tua sola esistenza è una sfida alle leggi del cosmo!”

“Non ho chiesto io di nascere in questo modo!”

A quel punto entrambi sfoderarono il proprio cosmo facendolo esplodere, e fin le fondamenta del monte sacro iniziarono a vacillare.

“Se non riusciremo ad essere fratelli in vita, allora lo saremo per sempre nella morte, Zeus, insieme, sepolti sotto le macerie di questa montagna!”

“Folle, io ho creato l’Olimpo, se muoio tutto questo sparirà e non ci sarà neanche una tomba!”

“Così sia allora.”

 

 

Keith, vestito della divina armatura di Tauros, si avvicinò a Kypros:
“Il nemico si ritira… Atena ce l’ha fatta?”

“Credo di sì…”

“E ora che ne sarà di noi?”

Kypros guardò i cavalieri sopravvissuti: era giunto per loro il momento di tornare a casa.

 

 

Loki, esausta nel corpo e nell’animo, osservava a terra in ginocchio il cielo che iniziava a brillare; forse il mondo stava finendo, ma a lei non importava più ormai.

“Che dici, ce ne andiamo da qui?”

La ragazza sussultò nell’udire quella voce, e subito si voltò entusiasta, trovandosi dietro quella figura dorata dai capelli biondi che ormai considerava persa per sempre.

 

 

L’Olimpo stava iniziando a collassare, ma la grande folgore sarebbe riuscita a liberarsi primo delle fine totale.

Sotto gli occhi attoniti di coloro che erano rimasti, Lambda, aveva poggiato la mano sulla cupola ormai in procinto di infrangersi:
“Leo…” - si voltò verso il ragazzo, completamente avvolta dalla luce cerulea della folgore divina.

“Non farlo ti prego!” - la supplicò nuovamente.

“La prima volta che ci siamo incontrati, ho subito capito che avevi qualcosa di speciale: fino a quel momento avevo vissuto solo giorni vuoti, privi sia di gioie che di dolori. Poi sei entrato nella mia vita, e ho amato, ho sofferto, ho riso, ho pianto. Avrei voluto che quei giorni con te non finissero mai, ma sono felice di aver trascorso tanti momenti meravigliosi. Hai reso la mia vita qualcosa di bello… qualcosa che meritava di essere vissuto, e per questo ti amerò sempre. ”

Leonidas fece per avvicinarsi, ma le saette lo paralizzarono:
“Lambda… ti amo, non lasciarmi…”

Col viso rigato dalle lacrime, Lambda lo guardò e sorrise dolcemente:
“Grazie di tutto, Leo.”

 

 

 

 

Il suolo iniziò a disgregarsi, il cielo parve scomparire, e tutto venne avvolto da una luce sconfinata.

 

 

 

6 aprì lentamente gli occhi: non aveva mai visto un cielo simile.

Il sole scivolava tre le nuvole scure, spegnendosi all’orizzonte tra le montagne.

Si levò dal suolo polveroso, e vide il cavaliere del Leone incamminarsi ramingo verso il tramonto.






Grazie a tutti coloro che hanno letto questa storia, con cui ho trascorso anni indimenticabili.
- Raiden Cold

   
 
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