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Autore: ArrowVI    25/09/2018    0 recensioni
L'Arcadia, un luogo idilliaco dove chiunque vive in tranquillità ed armonia, la nazione con meno criminalità e la qualità di vita migliore fra tutte...
Fino a quando rimani all'interno delle mura della sua capitale.
Dietro la facciata di "Nazione perfetta", si cela un lugubre teatro dove chi non è considerato utile alla nazione viene rapidamente allontanato, un mondo dove coloro che sviluppano abilità speciali sono considerati demoni e prontamente eliminati.
Si dice che la luce della speranza possa nascere anche nei luoghi più bui... Sarà veramente così?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 4-5: Evans

 


Quando Serilda aprì la porta di quella stanza, la prima cosa che notai fu Jeanne, seduta davanti a una scrivania, in compagnia di Mist.

<< Che significa questo?! Perché è fuori dalla cella, Sera?! >>
Esclamò Mist, non appena ci vide arrivare, assumendo rapidamente una espressione, credo, mista a rabbia e preoccupazione.

In quell'istante Jeanne si voltò verso di noi.
Per qualche secondo mi guardò con occhi spalancati, sorpresa probabilmente dal fatto che fossi li, poi mi mostrò ancora una volta quel suo sorriso.

Non appena la vidi sorridere mi sentii molto più calmo e sollevato.
Le mie paure scomparirono in una frazione di secondo, tutte insieme.

Inconsciamente, ricambiai il sorriso.


<< Non prendertela, Mist! Ho tuuuutto sotto controllo, giuro! >>
Rispose Serilda, ridacchiando, al suo compagno.

<< Credevo ne avessimo già parlato, Sera! Cosa credi sarebbe successo se ti avesse attaccato?! >>
Esclamò Mist, con tono furioso, posando il suo sguardo minaccioso su di me.

<< Sono molto più razionale di quanto tu possa pensare. >>
Gli dissi, ricambiando il suo sguardo cupo.
Rimasi a fissarlo in silenzio senza muovere neanche un muscolo, ricambiando quel suo sguardo con uno altrettanto intenso.

<< Ho seri dubbi a riguardo. Conosco quello sguardo. >>
Mi disse, dopo qualche secondo di silenzio.

<< Lo conosco meglio di chiunque altro. >>
Continuò, avvicinandosi minacciosamente a me.

<< Di cosa diavolo stai parlando? >>
Gli domandai, confuso ma, allo stesso tempo, incuriosito dalle sue parole.
Non mi rispose.


<< Andiamo, Mist... >>
Disse Serilda, correndo rapidamente tra noi due, cercando poi di far calmare il suo compagno.

<< Non c'è niente di cui preoccuparsi, avevo tutto sotto controllo... >>
Continuò, cercando di convincere il suo compagno.

Mist la guardò con la coda dell'occhio per un istante, prima di posare di nuovo il suo sguardo su di me.

Dopo aver fatto un verso infastidito si allontanò, tornando nei pressi della scrivania al centro della stanza.


In quell'istante Jeanne corse verso di me, afferrandomi una mano e stringendola forte tra le sue.


<< Non serve litigare con loro, stai tranquillo! >>
Mi disse, sorridendo.

<< Ho parlato con tutti e tre, non sembrano persone cattive! >>
Continuò.


< Tutti... E tre? >
Pensai, in quell'istante, sorpreso dalle sue parole.

In quel momento notai che ci fosse qualcun altro in quella stanza, ma non lo avevo ancora visto in volto.

Era seduto su una sedia dall'altro capo della stanza, ma non riuscii a vederlo in faccia: ci stava dando le spalle.


<< Se siano, o meno, persone di cui diffidare è un qualcosa ancora da vedere. >>
Le risposi, avvicinandomi lentamente verso la terza persona.


Per qualche motivo, sentii una strana sensazione mentre mi avvicinai a lui.


<< Non è molto cordiale dare le spalle ai propri ospiti, non credi? >>
Domandai all'uomo, con tono innervosito.

<< Oh, perdonami. >>
Mi rispose l'uomo, chiudendo rapidamente il libro che stava leggendo.


< Q-Questa voce...! E' la stessa che ho sentito prima... Quella con cui stava parlando Mist! >
Pensai, riconoscendo quella voce.

Però... 
C'era ancora qualcosa che mi preoccupava.

Solamente sentire quella voce mi fece passare un brivido nella schiena.

< Eppure... Perché mi è così familiare? >
Pensai subito dopo, mentre l'uomo si alzò.



Quella scena mi colse del tutto impreparato.



<< Permettimi di presentarmi... >>
Disse, voltandosi finalmente verso di me.

Impallidii al solo vedere il suo volto.


Quei capelli azzurri, esattamente come i suoi occhi...
Quegli occhiali...
Quel sorriso...


In quel preciso istante sentii la rabbia ribollirmi dentro.
Fissai quell'uomo con uno sguardo furioso, stringendo forte i pugni.

<< LEVYATHAN!! >>
Esclamai, riconoscendo quella persona, ruggendo come un animale mentre gli scagliai contro una decina di nastri viola tutti insieme, sotto gli occhi spaventati e sorpresi dei presenti.

Rimasi completamente di stucco quando, però, vidi che il mio attacco non fosse andato a segno.
Sotto il mio sguardo misto tra rabbia confusione, rimasi in silenzio a fissare i miei nastri sospesi in aria, immobili, quasi come se fossero stati congelati nel tempo.

Poi, improvvisamente, qualcuno mi arrivò alle spalle, scagliandomi al suolo e bloccando ogni mio movimento.
Provai a dimenarmi in un disperato tentativo di liberarmi da quella presa, ma quella persona era molto più forte, fisicamente, di me.


<< Lasciami andare! >>
Urlai a quella persona.

<< Cosa diavolo ti è saltato in mente?! Sei impazzito, per caso?! >>
Mi domandò Mist, continuando a fare pressione sul mio corpo per bloccare ogni mio movimento.

<< E' Levyathan! Come puoi chiedermi "cosa ti è saltato in mente"?! >>
Gli risposi, incredulo e confuso da quel suo comportamento.

<< Non è Levyathan, razza di idiota! >>
Disse Mist, con tono inferocito.


Quelle sue parole mi lasciarono completamente di stucco.
Sollevai, quindi, lo sguardo, posandolo di nuovo su quell'uomo.

< Mi sono... Confuso? >
Pensai.


No.
Erano uguali.

L'uomo che avevo davanti era Levyathan Melvillei, non c'era alcun dubbio a riguardo.
Stessa espressione, stessi occhi, stessi capelli e stessa postura.

Non poteva essere nessun altro.


Quindi mi dimenai di nuovo, cercando di liberarmi dalla presa di Mist.

<< Yuu! >>
Sentii esclamare da Jeanne.

Mi voltai rapidamente verso di lei, notando che si stesse muovendo rapidamente nella mia direzione.

Jeanne si inginocchiò davanti a me, guardandomi con una espressione preoccupata, senza, però, perdere quel suo sorriso.

<< Non è Levyathan... Ero sorpresa anche io la prima volta che l'ho visto, ma lui è Evans. >>
Mi disse.


Non appena Jeanne pronunciò quelle parole, mi bloccai improvvisamente.
Non riuscivo ancora a crederci: dopotutto, erano due gocce d'acqua.

Posai il mio sguardo incredulo su quell'uomo, cercando di capire di cosa stessero parlando.


<< Mist, lascialo pure andare. >>
Disse l'uomo, facendo un cenno a chi mi stava bloccando.

<< Ne sei sicuro, Evans? >>
Gli rispose Mist, con un tono confuso.

L'uomo gli rispose con un cenno positivo del capo.


In quell'istante Mist lasciò la presa, permettendomi finalmente di muovermi.
Mi rialzai rapidamente, senza mai perdere di vista l'uomo davanti a me, incredulo e confuso da quella scena.


<< Ti... Dispiacerebbe sbarazzartene? >>
Mi domandò, indicando i nastri viola sospesi in aria davanti a lui.

Nonostante fossi confuso e ancora diffidente, decisi di ritirare il mio attacco, facendo scomparire i nastri con cui, pochi istanti prima, avevo provato ad attaccarlo.


L'uomo mi sorrise.


<< Jeanne mi aveva detto fossi una testa calda, ma non mi aspettavo questo genere di reazione. >>
Mi disse, portandosi una mano davanti alla bocca.

Non gli risposi.
Continuai a fissarlo in silenzio, infastidito dalla sua voce e aspetto.

<< Suppongo di averti colto di sorpresa. >>
Continuò, muovendosi lentamente nella mia direzione.



Magari dovresti ascoltare cosa ha da dire... Non credi? ~
Sentii dire da quella voce.

< Sta zitto, non è il momento! >
Pensai, innervosito.


<< Il mio nome è Evans Melvillei. Da quanto mi è stato riferito dalla tua amica, so abbiate già potuto incontrare mio fratello gemello... E, da quanto ho potuto constatare... Non sembrerebbe sia stato un buon primo incontro. >>
Disse l'uomo, presentandosi.

<< Fratello... Gemello? Credi davvero io mi beva questa bugia?! >>
Gli risposi, infastidito e ancora diffidente.

<< Non è una bugia. Se non fossi io, ma Levyathan, mi spiegheresti come sarei arrivato qui, dalla capitale, senza farmi notare? >>
Mi domandò, sorridendomi.

<< Può averti trasportato Mist. Dopotutto lo ha fatto con me. >>
Gli risposi rapidamente, con un tono cupo.

L'uomo fece un verso sorpreso.

<< Astuto... Purtroppo no, però, non è così. Credi davvero Mist, un ex-membro della fazione azzurra, avrebbe accettato di lavorare insieme a uno dei comandanti dell'Impero? >>
Mi domandò subito dopo.

<< Ad essere onesti, non so nulla di voi. Quindi si, per me ogni opzione è probabile, al momento. E di certo non mi bevo la storiella del "fratello gemello". >>
Gli risposi, senza indietreggiare neanche di un centimetro.

L'uomo mi fissò in silenzio per qualche istante con uno sguardo sorpreso, reggendosi il mento con una mano.

<< Non hai torto... Sarebbe strano se tu non fossi cauto, in questo genere di situazione, dopotutto. >>
Disse, poco dopo, con tono pensieroso.

<< Se sei davvero il gemello di Levyathan, dammi qualche prova. >>
Gli dissi.

<< La mia abilità non è una prova sufficiente? >>
Mi domandò, come risposta.


< Abilità? >
Pensai, sorpreso dalla sua risposta.

In quell'istante capii a cosa si stesse riferendo.


<< Parli di come hai bloccato i miei nastri, vero? >>
Gli domandai, chiedendo conferma.

L'uomo sorrise.

<< Magnetismo. La mia abilità mi permette di creare dei campi magnetici più o meno intensi intorno a me, impedendo a ogni genere di metallo di arrivare troppo vicino a me. >>
Mi spiegò.

<< Non è una spiegazione soddisfacente. Potresti, semplicemente, aver deciso di non usare la tua abilità all'interno delle mura. >>
Continuai, non fidandomi delle sue parole.

<< Sei piuttosto cocciuto, eh? >>
Disse, mostrandomi una espressione confusa e sorpresa.

<< Se fossi veramente Levyathan, che senso avrebbe avuto creare una intera fazione di ribelli il cui unico scopo è eliminare i leader dell'impero, incluso "me stesso"? >>
Mi domandò subito dopo.


Abbassai lo sguardo, cercando una risposta che, però, non riuscii a trovare.
Quando lo sollevai di nuovo, il mio sguardo cadde inconsciamente sulla sua cinta.


~ Non sta indossando la spada che aveva alla capitale... Come si chiamava? Gioiosa? ~
Disse quella voce.

< Potrebbe semplicemente averla lasciata li... >
Pensai, cercando una possibile soluzione.

~ O, magari, non sta mentendo. Magari è davvero Evans Melvillei, e non Levyathan. ~

Disse, di nuovo, quella voce.

Stavolta non gli risposi: strinsi forte i pugni, infastidito.


<< Se hai qualunque domanda, fammela pure. Ti risponderò come meglio posso, per convincerti. I qui presenti Mist e Serilda potranno confermare ogni risposta che ti darò. >>
Mi disse poco dopo, l'uomo.

Sollevai lo sguardo, fissandolo con uno sguardo cupo, senza proferire parola.

<< Molti anni fa scappai di casa. >>
Disse, senza aspettare nessuna mia domanda.

<< Quella notte, circa trentaquattro anni fa, la mia famiglia venne a conoscenza della mia abilità. La mattina seguente decisero, quindi, di "liberarsi del mostro": mi legarono e portarono davanti a una ghigliottina. In un modo o in un altro, Evans Melvillei è morto quel giorno. 

Riuscii salvarmi, bloccando la lama prima che potesse decapitarmi, poi corsi via in direzione della foresta, riuscendo, infine, a uscire dalla capitale.
Il nome di "Evans", però, è scomparso del tutto dagli annali e dall'albero genealogico della famiglia Melvillei, quindi sono ufficialmente un morto che cammina.

Ufficialmente, sono morto.
In pratica, però, sono ancora qui. >>
Non appena finì di parlare, sentii un brivido passarmi nella schiena.

Non ero ancora sicuro se credergli o meno, mi servivano più prove.

<< Quindi hai deciso di creare i ribelli per vendicarti? >>
Gli domandai.

L'uomo mi rispose con un cenno negativo del capo.



<< La fazione dell'Uroboro è nata perché non accettavo i comportamenti della fazione Azzurra. Ero, e sono, tutt'ora convinto che i Ribelli e l'Impero possano trovare dei punti in comune per lavorare insieme. Ovviamente, sono più che sicuro che morirò prima di vedere quel giorno diventare realtà. Richiederà molto tempo e, probabilmente, anche molti sacrifici.  >>
Mi disse, dandomi poi le spalle, cominciando a muoversi senza meta all'interno di quella stanza.

<< La fazione dell'Uroboro non mira a eliminare l'impero e a sostituirsi a esso, cosa che invece vuole la fazione Azzurra: noi eliminiamo i corrotti, chi abusa del proprio potere, chi fa male a persone innocenti fisicamente o mentalmente. Lavoriamo per aiutare chi vive fuori dalle mura, offrendo loro la possibilità di un futuro più luminoso, un posto dove possano vivere senza troppe preoccupazioni e minacce, un motivo per lottare. >>
Continuò, voltandosi verso di me.


Il suo sguardo mi sembrò molto differente da quello di Levyathan.
Ero ancora confuso, non sapevo cosa pensare...


<< Ma questo non vi impedisce di uccidere le persone, giusto? >>
Gli domandai, con tono cupo.

<< No. Non lo ha mai fatto. >>
Mi rispose, senza esitare neanche per un istante.


Quella sua risposta mi fece infastidire.


<< E allora quale sarebbe la differenza tra voi e gli altri? >>
Chiedi all'uomo, con tono frustrato.

Non mi rispose subito.
Chiuse le palpebre, sospirando, dandomi poi ancora una volta le spalle.

<< Non ce n'è. >>
Mi rispose, lasciami di stucco.

<< Non è vero, Evans! >>
Sentii esclamare da Serilda, con tono triste.

<< No, Sera. Non siamo gli eroi nella storia dell'Arcadia... E non mi sono mai visto come tale. >>
Rispose alla ragazza, mentre si voltò verso di noi.

<< Assassini, ladri. Ci chiamano criminali, ed effettivamente lo siamo. Fino a ora abbiamo ucciso una trentina di figure importanti dell'Arcadia, a quanto pare inutilmente. Abbiamo rubato loro parecchio denaro, armi e armature. Perfino carovane intere, insieme ai cavalli e carri. Abbiamo attaccato i loro avamposti più volte, riducendone alcuni in cenere. 

Non siamo di certo i buoni, in questa storia.
E, onestamente, non credo lo saremo mai.

Ma ciò non significa che ci fermeremo: continueremo ad andare avanti in ogni caso, fino a quando non tornerà qualcuno al potere che avrà ideali quantomeno simili a quelli del vecchio imperatore Roland.

Ci chiamano criminali e lo siamo... Ma se dovessi dare un nome alla fazione a cui ho dato vita, la chiamerei "famiglia".

Abbiamo aiutato persone che vivevano fuori e dentro le mura, dando loro un posto che potevano chiamare "casa", un motivo per vivere e lottare.
Molte persone che hanno accettato di seguirmi non avevano nulla, altre erano alla mercé della fazione Azzurra, di alcuni banditi o dei militari corrotti.

Non obbligo nessuno a seguire i miei ideali: le persone che sono qui hanno deciso di seguirmi di loro spontanea volontà. Abbiamo dato loro speranza, motivi per combattere, come ho già detto, a persone che, altrimenti, si sarebbero arrese... In un modo o in un altro.

Quindi... A chiunque dovesse chiedermi che differenza c'è tra la mia e la fazione Azzurra, risponderei questo.
Se dovessero chiedermi se mi sento nel giusto, risponderei di no... Ma ciò non significa che non continuerò a fare ciò che sto facendo. 

Le opzioni sono poche, per chi vive fuori dalle mura:

Cadere vittima della fazione Azzurra, o banditi.
Unirsi alla fazione Azzurra per non diventare un bersaglio e avere protezione.
Vivere fuori dalle mura, morendo, un giorno, di fame o ucciso da qualcuno che voleva derubarti.
Cercare modi per entrare all'interno delle mura, e quindi vivere una vita tranquilla.
O, ultima possibilità, avere fortuna e trovare un posto in cui potrai vivere una vita tranquilla.


La tua amica mi ha detto voi foste in quest'ultima categoria. Siete fortunati. Più o meno una persona su cinque ha questa fortuna.
Io ho semplicemente deciso di dare alle persone una possibilità che non risultasse nella loro morte o venire obbligati a fare qualcosa che non vogliono fare solamente per vivere.

Qui siamo riusciti a radunare persone di ogni tipo:

Ex membri della fazione Azzurra che sono scappati per cercare tranquillità.
Persone che cercavano un posto in cui vivere, senza dover rischiare ogni giorno di venire derubati o uccisi solamente per un pezzo di pane.
Le persone qui dentro non sono obbligate a combattere: chiunque esce fuori per partecipare alle nostre missioni è un volontario. Sanno a cosa stanno andando incontro, e sanno perfettamente cosa potrebbe accadere.

Qui non c'è nessuno che prende le decisioni per gli altri: sono il leader, ma solo formalmente. 
Quando siete arrivati qui, Mist era propenso all'uccidervi. Abbiamo votato, noi tre. 

Due voti contro uno, quindi vi abbiamo tenuto sotto custodia.
E' sempre così: nessuno prende decisioni per tutti, noi tre decidiamo insieme cosa fare.
Alcune volte funziona, altre no. Però andiamo ugualmente avanti, impariamo dai nostri errori.

Lo abbiamo fatto in passato, capendo a nostro malgrado che né la fazione Azzurra né i militari avrebbero accettato compromessi...
Perdendo compagni, parenti, amici come risultato.

Siamo riusciti a creare qualcosa che speriamo sia, un giorno, in grado di risollevare questa situazione.
Non vogliamo salire al potere.
Non è quello il nostro obbiettivo. >>
Non appena finì di parlare, Evans mi porse una mano.

Rimasi sorpreso dalla sua azione: fissai in silenzio quella mano, senza neanche muovere un muscolo.

<< E, come sempre, ho intenzione di chiederlo. >>
Disse.

<< Rimarrai con noi, Yuushi Hikari? >>
Chiese subito dopo.



____________________________________________________________________________________________________________

Fine del capitolo 4-5, alla prossima e grazie di avermi seguito!

PS: Invito, chi non lo fa, a seguire anche la mia seconda storia "Shadows of Gaia"! Potrebbe, prima o poi, avere qualcosa a che fare con questo racconto.

   
 
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