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Autore: Anmo    25/09/2018    0 recensioni
Stephanie e Francois, due amici cresciuti insieme fin da neonati, passano gran parte della loro infanzia e adolescenza rinchiusi tra le mura domestiche e lontano dal mondo dopo esser stati vittima di un'aggressione all'età di 4 anni. Furono salvati da una signora misteriosa scomparsa subito dopo, da allora sognano di ritrovarla per poterla ringraziare. I due bambini non trovano altra soluzione che tornare indietro nel tempo.
Genere: Avventura, Mistero, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno dopo l’evento, il sole aveva preso il posto della bufera e l’isola di Sarettima fu presa d’assalto dal più grande spiegamento di forze di polizia che avesse mai visto. L’assalitore fu subito consegnato alle autorità, era ricercato da diverso tempo e le vittime accertate erano una ventina, tutte bambine dai 3 ai 9 anni. Dopo aver finito il proprio “lavoro” le sfregiava incidendo col coltellino le sue iniziali, a volte sui glutei, altre volte al linguine. Dopo regolare processo fu condannato con diversi ergastoli da scontare prima in isolamento, solo negli ultimi anni gli furono concessi i domiciliari.
L’isola era invasa da cani della cinofila e agenti della scientifica. Furono raccolti vari campioni di sangue per conservare il DNA. I cani seguirono le tracce fino all’ulivo secolare dove perdevano completamente le tracce. I sommozzatori scrutarono in lungo e in largo le coste senza trovare alcun corpo o indizio. Cercarono pure sugli alberi ma le ricerche terminarono presto, l’isola non era così grande e la donna misteriosa sembrava scomparsa nel nulla, come se avesse avuto le ali e avesse spiccato il volo.
Come in accordo, la famiglia Cossentino e Maria in Cola, la madre di Stephanie, si ritrovarono tutti alla stazione di polizia per rispondere alle ultime domande e decidere su come far affrontare la vicenda ai bambini. Una psicologa era lì ad attenderli, accogliendo calorosamente i bambini.
                -Piacere piccoli, voi dovreste essere Francois e Stephanie giusto? Io mi chiamo dottoressa Lo Conte, staremo un po’ qui insieme per giocare, disegnare e parlare. Che ne dite?
                -Siiii!- ripose entusiasta Stephanie. La psicologa rimase stupita dall’atteggiamento della bambina, era entusiasta e contenta, cosa rara per una bambina così piccola a solo un giorno dal trauma.
Come fossero a scuola, gli assegnò diversi compiti divertenti da fare tra cui disegnare alberi, case, persone care ed infine cercare di rappresentare ciò che era successo al parco.
                -Oh, che bei disegni Francois! Questa qui chi è? La mamma? Fai veramente dei bei disegni… anche tu Stephanie…
Studiò attentamente i disegni, osservò ogni tratto, ogni colore, ogni disposizione. Non so cosa avesse notato esattamente, solo quei pazzi strizzacervelli riescono a vedere cose assurde da quei pochi tratti di matita, un po’ come facevano le megere che intravedevano il futuro nel fondo di una tazza da caffè. Ma al contrario delle megere, quei strani dottori ci azzeccavano sempre se sapevano fare bene il proprio lavoro.
                -Dimmi Stephanie, vuoi bene alla mamma?
                -Si.- disse senza  tanta convinzione.
                -C’è qualcosa che non ti piace della tua mamma?
                -Si… spesso urla, piange e puzza di alcol. Lo fa perché è triste perché papà se n’è andato. Ma lui mi ha promesso che torna, io gli credo ma la mamma no.
                -Mmh, capisco. Parliamo di ieri invece, avete avuto paura?
Il dialogo proseguì a lungo, entrambi i bambini avevano un’enorme voglia di parlare, cosa tipica a quell’età. La dottoressa non riuscì a sapere nulla di nuovo che già i bambini avessero potuto raccontare ai due agenti. Si trovavano nel luogo sbagliato al momento sbagliato, mentre la donna misteriosa si era trovata nel momento giusto per poterli salvare. Una donna riccioluta dai capelli castani, forse aveva comperato dei foulard al negozio del paese, ma l’altro bambino diceva fossero due persone diverse. Nessuno quel giorno aveva cavato un ragno dal buco.
I genitori invece si ritrovarono tutti nell’ala opposta della struttura, gli vennero poste diverse domande, se si fossero sentiti minacciati o sorvegliati, se avevano mai visto quell’uomo oppure la donna scomparsa, ma loro ne sapevano ancor meno dei figli.
Maria aveva i postumi della sbornia, dettaglio che non sfuggì né agli agenti e né all’assistente sociale che era con loro.
Il caso fu chiuso durante l’ultimo giorno delle ricerche ma la presenza degli assistenti sociali non  si fece mancare. Quasi ogni giorno la dottoressa Lo Conte faceva visita alla casa di Stephanie ma più che per la bambina, veniva per controllare le condizioni della madre. Era impossibile non notare le numerose lattine di birra o le bottiglie di alcol riversate sul pavimento, sul tavolo e persino in bagno. Per di più da dopo l’incidente, Maria aveva deciso di non far uscire più Stephanie da sola, nemmeno per farla incontrare con l’amichetto o mandarla all’asilo. La bambina si ritrovò d’un tratto da sola, chiusa in casa, in completa solitudine. Le richieste degli assistenti sociali cominciarono ad essere sempre più insistenti: se Maria non avesse cominciato una terapia psicologica e di disintossicazione, avrebbe perso l’affido della figlia. Quella minaccia così pericolosa ed imminente, riuscì a persuadere la donna che cominciò immediatamente la cura. Ma per quanti sforzi si cercarono di fare, Stephanie non fu più mandata sola da nessuna parte e quando trascorreva le sue ore all’asilo, Maria la aspettava lì davanti al cancello per tutto il tempo. Anche Francois non se la passò meglio dato che anche sua madre diventò molto protettiva con lui. Spesso dopo l’asilo trascorrevano alcune ore uno a casa dell’altro. Certo, potevano disegnare, mangiare biscotti, guardare un film, ma nulla poteva eguagliare la corsa sui prati del parco, la caccia alle rane o leccare il gelato seduti sul muretto in pietra. Ma la cosa che mancò più di tutti a Stephanie era osservare i clienti che entravano e uscivano dal negozio di foulard. Continuava ad indossarli anche dentro casa, anche in estate con 35°C all’ombra. Se avesse mantenuto la promessa fatta a suo padre allora anche lui avrebbe mantenuto la sua, sarebbe tornato.
Francois aveva un’enorme videoteca in casa, scaffali stracolmi di VHS e dei primi DVD che erano appena entrati in commercio. I suoi genitori erano entrambi degli appassionati di cinema e avevano diviso la videoteca in due sezioni: quella a cui Francois poteva accedere e quella a cui non poteva. Per non rischiare, i film gialli, thriller, splatter, drammatici, erano stati tutti chiusi a chiave in un’enorme credenza. La sezione a cui poteva accedere era stracolma di film Disney, fantasy, fantascienza, commedie. Per decidere che film guardare quel giorno una volta all’uno chiudevano gli occhi e puntavano un punto a caso, scegliendo così la VHS.
                -Oggi un film nuovo! Ri…tonno al fu…tu…ro.
Nonostante andassero ancora all’asilo, conoscevano l’intero alfabeto  e da poco avevano cominciato a leggere le frasi più corte e semplici, tutto questo grazie alla nonna di Francois, una docente di lettere ormai in pensione da tempo.
                -Siii! Io l’ho già visto “Ritorno al futuro”! È bellissimissimo!
                -Io non l’ho ancora visto! Guardiamolo!
Il mangianastri ingurgitò velocemente la VHS e, come per magia, il film fu riprodotto sullo schermo. Si sedettero a sul pavimento sopra dei grossi cuscini a forma di biscotto, seguirono le vicende con occhi sbarrati, increduli nel vedere un’auto così figa e potente correre nello spazio tempo. Appena Stephanie capì che il film non era veramente finito ma c’era un seguito, cominciò a saltare di gioia, cominciando a cercare la seconda parte della storia nella videoteca.
                -Stephanie preparati! Tra poco arriva la mamma!
Il tempo era finito, avrebbero dovuto vedere il film un altro giorno.
                -Voglio anche io una macchina del tempo!
                -Si! Così vedo tutti i dinosauri come quelli di Jurassic Park!
                -Oppure vedere papà e mamma quando erano bambini!
                -Io voglio vedere come sono nato! La mamma ha detto che mi ha trovato sotto un carciofo ed è per questo che ho i capelli arruffati, ma io non le credo…
                -Fai bene, ti ha detto una bugia! Lo sanno tutti che ci porta la cicogna!
                -Abbiamo bisogno di quella macchina! Adesso voglio sapere come sono nato veramente! Non mi piace dire che sono nato sotto un carciofo…
                -Potremmo usarla anche in altri modi…
                -Cioè?
                -Dobbiamo dire grazie a quella signora, o te lo sei scordato? Torniamo indietro nel tempo, aspettiamo che ci salva e poi andiamo da lei e le diciamo “grazie”!
                -È vero! Sei troppo intelligente! Dobbiamo comprare quella macchina, tanto tu hai tanti soldi.
                -Non la voglio comprare, la voglio costruire!
                -E come si fa Stephanie? Io non la so fare…
                -La mamma mi ha sempre detto che per fare qualcosa bisogna studiare! Perciò da oggi studieremo!
 
   
 
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