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Autore: kurojulia_    26/09/2018    0 recensioni
Takeshi era un guerriero. Un distruttore senza patria e senza scrupoli. Quelle sillabe... quel nome le apparve a dimensioni piccole piccole nella sua testa, fra tantissimi altri scritti più grandi, in modo quasi ingombrante.
Eppure, anche se era così minuscolo, era il primo che gli occhi della sua mente leggevano all'istante – fulgido.
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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19.



Per un attimo aveva avuto paura.

 

Quando, all'improvviso, aveva visto una macchia fosca attraversargli la strada, aveva pensato che fosse un enorme gatto nero. Poi però, aveva percepito la presenza riprovevole di un demone impazzito e aveva capito cosa stava succedendo.
Si trovava in veranda quando l'aveva vista arrivare sulla sabbia, lui stava aspettando la sua amica. Poi, alle sue spalle, era apparso quello stupido essere umano e si era gettato addosso al demone come un folle suicida – evidentemente aveva sentito il chiasso che avevano fatto ed era accorso.

Tetsuya aveva sbarrato gli occhi.

Aveva visto Takeshi Katugawa mentre costringeva il demone con la schiena nella sabbia. Questo, almeno, per i primi secondi, poi il demone si era facilmente liberato dalla presa e aveva ribaltato i ruoli.

Subito dopo, era arrivata Yuki, un lampo bianco.

In quel momento avevo provato paura. Quando quella scena si era presentata di fronte ai suoi occhi, perché era fin troppo familiare per lui.

 

 

«Yuki!», subito dopo aver lasciato Takeshi nella hall, il vampiro era corso sulla spiaggia; voleva raggiungere la sua amica, che adesso si trovava vicino alla riva, a più di dieci metri dall'hotel. Tetsuya si piegò leggermente sulle ginocchia e con uno scatto macinò la distanza – fino ad arrivarle accanto.
Col fiatone, l'albina aveva dischiuso le labbra, mostrando un paio di canini aguzzi, cresciuti notevolmente in lunghezza. I pugni stretti, cercava di riconquistare la calma – perché non poteva continuare ad attaccarla come stava facendo o sarebbe rimasta senza energie. Anche Tetsuya lo pensava. Le mise una mano sul braccio, incitandola ad indietreggiare.
«La situazione è irrecuperabile».

 

Dentro di sé, la mezzosangue aveva la consapevolezza che l'amico avesse ragione. Accanto a lei, il vampiro aveva guardato la situazione con occhio critico e mente sgombra. Le era vicino. «Che cosa facciamo, adesso?».
Yuki chiuse gli occhi per un attimo. Quando li riaprì, vide che lui la stava guardando, in attesa, ma che i suoi sensi erano concentrati su Makoto.
«La metterò k.o».

«La metterò k.o?», ripeté il vampiro, storcendo i tratti del viso in un espressione scocciata. «Mi stai dicendo che vuoi combattere da sola?».

L'albina non rispose, guardando quel demone – quel demone che, appena un giorno fa, parlava, rideva e sorrideva. Aveva appena chinato la schiena e stava carezzando la sabbia fine con la punta delle dita. «Tu non– », cominciò l'albina.

«Io non te lo lascerò fare, Yuki. È fuori discussione», la interruppe Tetsuya. Anche lui guardò il demone, stringendo le labbra in una linea ferma. «Ho promesso a quell'umano che non ti avrei lasciata da sola. Che non ti saresti fatta troppo male. Vuoi che infranga quella promessa dieci secondi dopo avergliela assicurata?».

 

Forse, in un'altra occasione, l'albina si sarebbe messa a ridere. In quel momento, però, riuscì solo a penetrare i palmi con le unghie.

«Okay. Sia».

Quei quattro occhi di fuoco erano pronti.

 

 


 

 

***

 

 

 

 

 

C'era qualcosa che lei voleva fare per la sua nuova amica. Dopo che aveva visto i suoi occhi brillare, a teatro, Yuki aveva pensato di di voler fare qualcosa per lei – ma non sapeva cosa. Non sapeva quale potere potesse aiutarla.
Paradossalmente, le era stata offerta una chance, distruggendo la vita di quella che prima era solo un'umana.

«Allora?», esordì la mezzosangue. Un passo alla volta, accorciava sempre di più la distanza abissale che c'era fra di loro. Tetsuya la imitava, più lentamente. «Che intenzioni hai, Makoto? Cosa vuoi fare?».

Makoto sollevò flemmatica gli occhi, le pupille affilate, e li puntò sulla ragazza.

Più la guardava, più appariva come una creatura infernale – non era a quel genere di cose che credeva. Lei credeva in Dio, nella comprensione e nella misericordia, lei credeva nelle cose buone.
Ma, ormai, non poteva fare più niente di buono per gli altri.

 


«Uccidimi».

 

Era come un incubo: se si muore in sogno, si muore anche nella realtà.

Vide il corpo della mezzosangue avere uno scatto, le sue mani muoversi tremanti. Poi, come se non fosse accaduto niente, tornò immobile come una statua.

«Che senso ha vivere, a questo punto, per me? L'unica cosa che mi aiutava a restare in piedi era la consapevolezza che fossi una brava persona. Una brava persona. Capisci?», improvvisamente, sembrava essere tornata lucida. «Ma, alla fine, non ho nemmeno quello. Sono semplicemente sola in questo mondo enorme. Io pensavo di essere un umano, tutto qui».

Yuki macinò qualche metro, avvicinandosi.

«Io non desideravo altro che vivere la mia dannata vita in pace, non volevo altro... no, non è vero, e tu lo sai. Volevo fare l'attrice. Volevo sorprendere tutti, così non sarei più stata la mascotte di questo quartiere. Volevo che qualcuno mi considerasse».

Le sue gambe non si fermavano.

«Quella sera, quando ci siamo conosciute, non stavo nemmeno guardando dove camminavo. Fissavo il vuoto e mi chiedevo quando avrei raggiunto la pace che cercavo. Era tutto così vuoto. Così grigio. Poi ti ho vista, stesa a terra, sei apparsa come un miraggio. Mi hai chiamata idiota, mi hai scambiata per un ragazzo, tu sei stata così vera e io... io... ».

 

 

Makoto sentì gli angoli degli occhi bagnarsi di lacrime, quel sapore di sangue che albergava sulle sue labbra era diventato disgustoso tutto ad un tratto. Stentava a credere di averlo considerato delizioso. «Io non merito più niente, a questo punto».
Poi, proprio mentre stava per rimettersi in piedi, gli occhi pieni di lacrime, quel divario si annullò e un paio di braccia la strinsero a sé – Yuki la strinse così forte da sentirne il battito rassegnato del cuore.

«Sei una stupida bugiarda. Stupida bugiarda. Tu non vuoi morire, non è questo il tuo sogno. Non è a questo che puntavi quindi non raccontarmi balle. Posso ancora aiutarti, posso ancora fare qualcosa per te, ma tu me lo devi permettere, devi lasciar andare questa dannata rabbia e... lascia che io ti aiuti. Voglio conoscerti. Voglio vedere ancora quegli spettacoli, insieme. Non può finire adesso. Ti prego, non può».

 

Ma in realtà era già finita.

 

In uno scatto, Makoto aprì gli occhi, e allontanò la mezzosangue per bloccarla dalle spalle. Il suo braccio al collo dell'albina, con le unghie acuminate che puntavano alla giugulare, e l'altro braccio a bloccare quelle della ragazza.
Immobilizzata da quella presa, Yuki cercò di divincolarsi, agitandosi il più possibile. Makoto emise un basso ringhio, spingendo l'artiglio dell'indice contro il suo collo finché un punto rosso non comparve sulla sua pelle.
Tetsuya, a qualche metro di fronte a loro, si era mosso sin da subito per avvicinarsi ma quando aveva visto la macchia rossa sporcare il collo dell'amica, si era fermato di scatto.

 

«EHY! TU!», urlò Makoto. «Ci tieni alla tua amica? Allora fallo. UCCIDIMI».

Il vampiro impallidì. «Ti ha appena detto che puoi salvarti! Che cosa stai dicendo?!».

«Allora non volete capire. Io non voglio vivere come un demone. Io sono un essere umano, non posso accettare un destino del genere... non posso!», Makoto allontanò l'unghia dalla giugulare della mezzosangue e aprì la mano per stringerla attorno al suo collo, cominciando gradualmente a comprimere la presa, sempre più forte e più decisa. Sotto la sua morsa d'acciaio, l'albina si dimenava digrignando i denti, correndo con le mani a quella che le stava togliendo l'ossigeno.

Makoto sollevò lo sguardo, verso Tetsuya. Un'altra, la sua ultima lacrima, le rigò la guancia.

«Grazie... grazie», sussurrò lei.

 

Un istante dopo, Makoto spinse via Yuki e una fiammata colpì la prima, incendiandola interamente – Tetsuya aveva usato il suo potere del fuoco per salvare la mezzosangue.

 

 

 


 

***

 

 

 

 

In ginocchio, le fiamme del vampiro l'avevano presa. Come una rete, Makoto era stata intrappolata da un calore senza limiti e aveva cominciato velocemente a consumarsi.

L'albina la stava guardando, boccheggiando sconcertata. Era senza voce.
Non riusciva a muovere un muscolo. Davanti a lei, c'era solo un corpo che stava bruciando, che si rimarginava e si bruciava, si rimarginava e si bruciava. Il viso di Makoto, sul punto di carbonizzarsi, aveva un espressione dispiaciuta, un sorriso storto, un pianto senza lacrime.

 

Yuki si buttò verso di lei, prendendola fra le braccia con tutta la forza che le rimaneva.

«Yuki!», Tetsuya urlò il nome della sua amica mentre l'afferrava dalle spalle e cercava di tirarla indietro, ma lei, invece, abbracciò ancora più forte Makoto – al contatto con le fiamme, non si era allontanata di un centimetro.
L'aveva stretta ancora più forte perché, diamine, non voleva che lei andasse via – doveva proprio? Doveva andarsene per forza? Potevano stare ancora un poco insieme e poi l'avrebbe lasciata andare, sarebbe stata libera – lo prometteva.

Lo prometteva.

Il calore diventava più forte. Diventava insostenibile. Camminava sulle braccia nude della mezzosangue, macinando centimetri di quella pelle delicata, scorticandola pezzo per pezzo – la mangiava. Alla fine, Makoto la stava mangiando.

«Devi... », la sua voce le arrivò alle orecchie spezzata, sul procinto di annullarsi – la sentì tremare, col viso color carbone. «Devi andare... va bene?».

«No», e l'altra stava già singhiozzando. «No!». Un urlo strozzato e secco – no. Se l'avesse lasciata, sarebbe scomparsa, sarebbe svanita. Piangeva, piangeva talmente forte che sentiva che non ci sarebbe più riuscita, in un altro momento. Piangeva per lei, per la sua vita che si consumava – per il suo viso che andava a fuoco.
Dopo, divenne tutto nero, proprio come gli occhi di Makoto; proprio come la sua pelle carbonizzata, come i rimasugli dei suoi capelli, come le dita sottili, come la sua voce che non era più allegra.

Era diventato tutto nero.

 

 

 


 

***

 

 

 

 

Sul suo viso, pallido e freddo, c'erano ancora le tracce umide delle lacrime.

Fili quasi invisibili che segnavano profondamente la sua pelle.


Mentre saliva le scale, un passo dopo l'altro, si chiese se a qualcuno importava davvero delle persone; si chiedeva quale essere, là sopra, nei recessi del cielo, potesse fare una cosa del genere.
Perché esistevano cose come demoni e vampiri?
Perché i demoni dovevano morire in quel modo?
Perché l'imperatore l'aveva uccisa?

 

Con i dorsi delle mani, rossi dalle ustioni, cercava di cancellare disperatamente i segni agli occhi, sfregando a più non posso, nascondendo la paura nello sguardo meglio che poteva.
Quando vide Sayumi, sulla cima delle scale, le gambe cedettero. A terra, scossa da tremendi singhiozzi. Piangeva, tremava, sussultava, tenendo la testa incastrata fra delle spalle che non riconosceva – perché non erano mai state così deboli.

Un nodo che stringeva e afferrava la sua gola l'aveva resa muta.

«Va tutto bene», ma non doveva parlare. Non doveva farlo. «È tutto finito».

 

Le braccia di Sayumi l'avvolsero in una stretta amorevole, stringendo quelle spalle che non riconosceva, inquinate da tutti quei tremolii, ustionate e ferite.
Ma sì. Era tutto finito. Adesso, c'era la sua amica a proteggerla e sarebbe andato tutto bene.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Il cielo era terso nelle sue sfumature glauche. Era una mattina dall'aspetto rassicurante, rinfrescante e tutti erano di buon umore, aspettando fuori dall'autobus o seduti all'interno di quest'ultimo, nonostante quella fosse l'ultima mattina per vedere il mare e Kyoto.
La gita scolastica era giunta alla sua conclusione.
Fuori dall'autobus, Yuki sentì la voce del prof. Okamoto mentre si assicurava che fossero tutti presenti. «Ci siete tutti?», lo sentì dire.

L'albina guardava fuori dal finestrino, la guancia piegata contro le nocche di una mano. Non era triste. Stava solo guardando, in pace con se stessa, il mare che si stendeva all'orizzonte come una lunga macchia. Guardò il complesso del ryokan, le macchine parcheggiate l'una accanto all'altra e il piccolo sentiero lussureggiante che portava all'entrata dell'albergo.

«Si torna in paese, eh?», disse una voce maschile, estremamente familiare, che le dava un pizzico di nostalgia. Sentì che si era seduto e lei accennò un sorriso.

Già, giusto, lui avrebbe approfittato del pullman per tornare in paese. «Yumi mi ha detto che doveva parlare con Tetsuya di qualcosa, ma non ho capito cosa, e che anche tu volevi... farmi sapere delle cose, ma... », quando Takeshi si innervosiva, o si imbarazzava, cominciava a parlare come una mitraglietta senza concludere decentemente un periodo.

 

Chiusa nel suo silenzio, la mezzosangue aggrottò la fronte.

«Me l'ha detto e sono venuto qui», continuò. «Pare proprio che alla fine, quando si tratta di te, io non riesca a darmi un contegno. Ti seguo ovunque vai», poi fece una pausa, con un sospiro esasperato. «Questa che era da stalker».

Chiuse le mani e le riaprì, come se stesse torturando una pallina antistress.

Stette in silenzio, aspettando.

 

Le attese non avevano mai avuto un forte impatto su di lui; né quando andava a fare un vaccino, né per entrare in bagno la mattina, né per salire, quando era bambino, sulle giostre: in quel momento invece si stava corrodendo l'anima.

«Stai tranquillo un attimo, con quella mano», disse Yuki – un tono abbastanza gentile per i suoi standard. Poi, piano, spostò la mano dalla gamba per andare a stringere quella di Takeshi.
La tenne nella propria, percependo contro la propria pelle quella calda e liscia, morbida, di lui. Sentì le nocche, un po' contratte, distendersi sotto i polpastrelli della mezzosangue, come sciolti – poi, lei infiltrò le dita tra quelle di lui.
E stettero così, per molto, molto tempo, fin quando la mezzosangue dai capelli argentei non riuscì ad addormentarsi, con la testa sulla spalla di quel ragazzo che tanto odiava.

 

 

 

 

 

 

 

NOTA:
Siamo alla fine. (di nuovo, ma okay)

Vampire Devil, first act, ha raggiunto la sua conclusione e la cosa riesce a crearmi sempre uno stato di semi malinconia mista a soddisfazione. È un finale un po' triste, almeno in parte, ma dall'altra ha un ché di dolce... ma soprattutto, non è davvero la fine, bensì l'inizio di altre avventure.

E di tanto angst, com'è giusto che sia.

So che qualcuno probabilmente avrà qualche domande – per esempio, a proposito del potere di Tetsuya – ma non vi preoccupate, sarà tutto svelato. :>

Beh. Spero proprio che il finale vi sia piaciuto... e che apprezzerete anche la continua!

   
 
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