Anime & Manga > Uta no Prince-sama
Ricorda la storia  |      
Autore: Starishadow    27/09/2018    2 recensioni
Per la prima volta dopo anni, Ringo e Ryuuya si trovano separati da una grande distanza fisica, e nessuno dei due è entusiasta della situazione.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ringo Tsukimiya, Ryuuya Hyuuga
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 - One of us is lonely... -
RyuuyaxRingo


 
  Da quando avevano cominciato a lavorare come insegnanti alla Saotome Academy, né a Ryuuya né a Ringo erano più capitate occasioni di doversi recare oltreoceano per lavoro, al contrario di quanto accadeva agli inizi delle loro carriere, in cui fra una tournée, un film, o dei provini, avevano passato più tempo in volo e all’estero che a casa.
A dire il vero, la stabilità derivata dal loro nuovo incarico di “coltivare giovani talenti” era stata più che benaccetta: Ringo non aveva mai amato prendere l’aereo - di linea o privato che fosse -, e per quanto adorasse città come Parigi, Milano o Barcellona, non riusciva ancora a convincersi del tutto che vederle valesse la pena di affrontare una simile tortura; Ryuuya, invece, non aveva alcun problema a viaggiare in aereo - se si escludeva il trascurabile dettaglio di Ringo che, le volte in cui si trovava a bordo con lui, tendeva ad affondare le sue unghie sempre fresche di manicure nella carne del suo povero braccio – ma non si trovava pienamente a suo agio in paesi di cui non conosceva la lingua, o di cui faticava a comprendere la cultura, e dipendere costantemente da una guida o un interprete non faceva che infastidirlo.
  Per questo motivo, quando Shining li convocò per annunciare che aveva bisogno che uno dei due trascorresse una settimana a New York in sua vece, per contrattare con una casa discografica che si era mostrata interessata a una collaborazione fra una delle loro punte di diamante e alcuni dei loro idol, nessuno dei due pareva troppo entusiasta. Ma naturalmente, nessuno poteva rifiutare una richiesta da Shining Saotome in persona.
«Naturalmente tutte le spese saranno coperte e chi andrà avrà a disposizione il mio jet privato», assicurò il Presidente, intrecciando le dita delle mani davanti al mento, con le nocche degli indici che gli sfioravano la punta del naso, e l’immancabile baluginio nei suoi occhiali accompagnò il suo sguardo mentre scivolava addosso ognuno dei suoi due collaboratori più stretti. «Dovrò comunicare domani chi di voi sarà a presenziare, quindi non dovete darmi subito una risposta, parlatene pure fra di voi prima», aggiunse prima di congedarli.
C’era qualcosa nel suo modo di osservarli quando erano insieme, e nelle parole che usava nel rivolgersi a loro, che dava sempre l’impressione a Ringo che l’uomo sapesse il loro piccolo segreto, che fosse consapevole che proprio loro, i due idol che aveva scelto per guidare i potenziali nuovi talenti dell’agenzia, coloro che avrebbero dovuto essere d’esempio e ispirazione, in realtà fossero i primi ad aver infranto la prima e la più importante delle regole: vietato innamorarsi.
Con un piccolo brivido che gli correva lungo la schiena, Ringo strinse a sé la pila di compiti da correggere che si era portato dietro appena Shining l’aveva mandato a chiamare, e solo quando furono abbastanza lontani dal suo ufficio si lasciò andare a un piccolo sospiro scontento:
«Io dico che lo sa perfettamente», mormorò scuotendo la testa e chiudendo gli occhi per qualche istante. Per qualche motivo, la prospettiva di Shining che invece di punirli per il loro infrangere le regole li lasciava fare, fingendo di non vedere, era qualcosa che lo disturbava profondamente: il Presidente non faceva mai nulla senza motivo, e se gli stava concedendo di vivere la loro relazione - seppure in maniera clandestina – probabilmente era perché aveva intravisto una qualche possibile utilità nella situazione… E l’idea che i suoi sentimenti per Ryuuya, e quelli di Ryuuya per lui, potessero venire usati per gli scopi di qualcun altro gli faceva formicolare in maniera sgradevole ogni centimetro di pelle, quasi come se il suo corpo fosse attraversato da una corrente elettrica.
«Cerca di non fissarti troppo con questa storia, ne abbiamo già parlato», la voce ferma e rassicurante di Ryuuya parve entrargli dentro, andando a sostituire quel formicolio fastidioso con una sensazione di piacevole calore, riportandolo rapidamente al presente e con i piedi ben ancorati a terra come poche altre cose - e nessun’altra persona - erano capaci di fare. «Piuttosto, per questo viaggio, non preoccuparti, andrò io».
L’idol dai capelli rosa alzò di scatto il viso, corrucciandosi ed emettendo un acuto lamento contrariato.
«Ma tu odi andare all’estero!» Protestò arricciando le labbra in un’espressione di puro scontento.
L’altro uomo si concesse un sorrisino affettuoso davanti a quella reazione ai limiti dell’infantile, e resistette all’impulso di afferrare le guance dell’altro e affondarvi le dita, come mille altre volte aveva fatto sin da quando si erano conosciuti.
«E tu odi volare», replicò tranquillamente, ricalcando l’intonazione che aveva usato l’altro, ottenendo un’espressione se possibile anche più imbronciata e corrucciata di prima. «Hai già avuto abbastanza stress per questo periodo, fra gli alunni e il lavoro, non mi va che ci aggiunga pure un volo fino agli Stati Uniti e una contrattazione che potrebbe durare ore se non giorni», spiegò, incrociando le braccia e assumendo un’espressione decisa, di quelle che chiunque lo conoscesse sapeva bene che accompagnavano scelte definitive che escludevano ogni discussione; se Ryuuya aveva quell’espressione, niente gli avrebbe fatto cambiare idea.
Essendo la persona che più lo conosceva, Ringo capì subito di aver appena perso una battaglia senza nemmeno avere avuto il tempo di controbattere.
«Se dovesse esserci una prossima volta, però, vado io, sia chiaro», borbottò cupamente, assicurandosi di fulminare il compagno con un’occhiataccia capace di gelare sul posto chiunque avesse avuto la sfortuna di guadagnarsela. Aveva accidentalmente origliato alcuni alunni dire di aver sentito il proprio sangue fermarglisi nelle vene dopo aver ricevuto un simile sguardo, e doveva ammettere che la cosa gli faceva più piacere di quanto forse avrebbe dovuto.
Ma naturalmente, Ryuuya non era un povero allievo sprovveduto incappato nelle ire del proprio professore: era il suo migliore amico, prima di ogni altra cosa, il suo compagno di vita, e a quell’espressione si limitò a rispondere con un sorrisetto in grado di sciogliere un ghiacciaio e un colpetto sulla fronte dell’altro, per nulla scalfito dal suo malcontento.
«Meglio sbrigarti con quelli, o ti toccherà stare in piedi a correggere anche stanotte…», disse indicando i compiti ancora stretti fra le braccia dell’idol, abbassando il viso su di lui in modo da sussurrargli con voce roca all’orecchio «e stamattina mi sembrava di aver capito avessi altri program—ouhf!», una risatina abbandonò le sue labbra mentre si raddrizzava e si massaggiava l’addome dove Ringo l’aveva prontamente colpito con un gomito per zittirlo. Avrebbe preferito vederlo avvampare furiosamente e strozzarsi con balbettii confusi e pezzi di frasi sconnesse come avrebbe fatto anni prima davanti a un’insinuazione del genere, ma doveva ammettere che anche quell’espressione fintamente scandalizzata, che non riusciva del tutto a nascondere un sorrisetto malizioso e vagamente eccitato, stava decisamente bene sul volto di Ringo. 
   Ryuuya era consapevole di quanto l’altro fosse ancora insicuro e impacciato in certi momenti, ma al tempo stesso l’aveva visto crescere al suo fianco in tutti quegli anni, affrontando e superando momenti di dubbio e crisi senza un lamento - o almeno, senza un reale lamento… una certa tendenza alla drammaticità l’aveva sempre caratterizzato, dopotutto -, imparando a resistere e rialzarsi spinto dalla sua caparbietà e una buona dose di orgoglio, qualità che avevano cominciato ad affiorare sempre di più e ad affermarsi man mano nel suo carattere, il tutto sotto gli occhi stupiti dei molti che non avevano fatto che aspettare il momento in cui si sarebbe arreso, ma soprattutto sotto gli sguardi orgogliosi di Ryuuya e Haruki, che al contrario non avevano fatto che credere in lui, sostenendolo come meglio potevano, anche scontrandosi con lui quando ciò si rivelava necessario alla sua crescita, e naturalmente Ringo aveva sempre fatto lo stesso per loro due, continuamente e senza risparmiarsi… Ryuuya sapeva bene di aver contribuito a tirar fuori da Ringo l’uomo che era ora tanto quanto Ringo stesso aveva collaborato a formare lui. Si erano formati ed evoluti insieme, come idols, sì, ma soprattutto come persone.
   «Ti ho colpito così forte da mandarti in tilt?».
Il viso di Ringo occupò il suo campo visivo; aveva le sopracciglia aggrottate e le labbra arricciate in un’espressione fra il curioso e il preoccupato, come sempre succedeva quando Ryuuya finiva col perdersi nei suoi pensieri. 
Il maggiore dei due si riprese rapidamente dalle sue elucubrazioni e si affrettò a rivolgergli un sorrisetto sghembo, premendogli delicatamente due dita al centro del petto per farlo barcollare appena e scendere dalla punta dei piedi:
«Ti piacerebbe. Su, muoviti, hai dei compiti da correggere e io delle registrazioni da valutare!», lo prese per le spalle e lo fece voltare verso il corridoio che portava al suo ufficio, per poi dargli una spintarella delicata e resistendo all’impulso di tirargli una pacca sul sedere - che pure sembrava provocarlo da dentro i leggings neri che fasciavano le gambe dell’altro - semplicemente perché era ben al corrente della quantità spropositata di telecamere sparse in giro per l’Accademia, e per quanto si sforzasse di non cedere alla paranoia come aveva ormai fatto Ringo, preferiva non giocare col fuoco.
Non si poteva mai sapere cosa avesse intenzione di tirar fuori dal cilindro il loro stravagante Presidente.
Per questo si limitò ad aspettare che Ringo si voltasse nuovamente verso di lui per congedarsi con un piccolo cenno del capo e un’occhiata che trasmetteva tutte le cose che le regole del mondo dello spettacolo gli impedivano di dire e tutti i sentimenti che decisamente non avrebbe dovuto provare, ma che erano lì, e reclamavano di essere sentiti e condivisi.
«Certamente! Ci vediamo a casa, allora», replicò Ringo, stavolta con un tono più calmo e sorridendo con un’espressione molto più dolce di quella che di solito caratterizzava il suo personaggio, più intima, più tranquilla. Non aveva bisogno di fingere con Ryuuya, non doveva sforzarsi di essere energico, affascinante o femminile quando erano solo loro due, poteva far tornare quella natura tendenzialmente timida, a volte insicura, ma soprattutto estremamente sdolcinata che l’aveva caratterizzato sin dal loro primo incontro e che non falliva mai di far cadere Ryuuya ai suoi piedi, ancora e ancora, come se fosse sempre la prima volta.
Non che Ringo fosse mai riuscito a spiegarsi veramente come uno come Ryuuya avesse potuto finire con l’innamorarsi dell’impiastro ambulante che lui stesso sapeva benissimo di essere stato… E di essere tuttora, di tanto in tanto.

   La contrattazione era andata bene, Shining era talmente soddisfatto da praticamente rimbalzare da una parete all’altra del suo studio mentre ascoltava il resoconto di Ryuuya via videochiamata.
Anche Ringo aveva ascoltato con interesse, mentre stava seduto su uno dei divanetti gialli che il Presidente aveva personalmente scelto per il proprio ufficio, e anche lui sorrideva raggiante, anche se forse - e si sentì quasi in colpa a pensarlo - i suoi motivi di gioia erano un tantino più egoistici di quanto ci si aspettasse da lui. Certo, era ben felice che le cose fossero andate bene e che la Shining Agency guadagnasse prestigio e potere tramite nuove collaborazioni, ma era ancora più felice che dopo tre giorni, Ryuuya potesse finalmente tornare a casa.
«Ah, ci sarebbe un’altra cosa», la voce di Ryuuya, resa leggermente metallica dagli altoparlanti del tablet posato sulla scrivania, raggiunse Shining e Ringo con qualche momento di ritardo, dovuto soprattuto al fatto che il Presidente non aveva ancora finito di festeggiare.
«Mi dica pure, Mr. Hyuga».
Eccolo, di nuovo quel brivido di disagio che attraversava la schiena di Ringo sentendo l’altro esitare qualche istante prima di rispondere.
«Mi è stato offerto di trattenermi qui ancora per un po’ e partecipare a un provino la settimana prossima, hanno detto che ho le caratteristiche che stanno cercando».
Naturalmente Shining dette subito la sua approvazione e provvide personalmente ad allungare la prenotazione dell’hotel e a ogni altra questione burocratica e organizzativa - non da ultimo convocare il supplente incaricato di occuparsi della S Class e chiedergli di continuare col suo lavoro ancora per un po’ -, ma quando l’uomo tentò di attirare l’attenzione di Ringo per chiedere la sua collaborazione, fu costretto a chiamare più volte il suo nome prima che quello alzasse il viso e gli prestasse ascolto.
 
   “Se ti prendessero dopo il provino, dovresti restare là?”.
Con uno sbuffo, Ringo cancellò per l’ennesima volta il messaggio e cominciò a riscriverlo.
 
  “Un provino in America, eh? Decisamente roba in grande!”.
Cancellò nuovamente.
 
  “Non innamorarti troppo di New York, eh!”.
Con uno sbuffo stizzito, Ringo bloccò il cellulare e lo lasciò cadere dall’altra parte del letto matrimoniale, più lontano possibile da lui, e si voltò sul fianco sinistro, dandogli le spalle con un sospiro rassegnato.
Sentiva la mancanza di Ryuuya.
   Certo, era successo altre volte che l’altro dovesse passare qualche periodo fuori e non tornasse a dormire a casa, e Ringo se la sapeva cavare benissimo: di giorno era occupato col lavoro, e le brevi pause che aveva servivano per respirare più che per rimuginare sulla mancanza della persona amata, di notte aveva il cuscino di Ryuuya da stringere a sé, e le prime volte i vecchi CD del compagno gli avevano consentito di addormentarsi cullato dalla voce dell’altro, ma dopo essersi trovato una sera a dover fermare la traccia e spegnere lo stereo, sentendo gli occhi bruciare e il petto iniziare a gonfiarsi di dolore, aveva capito di dover trovare un’altra strategia per sentirlo vicino.
Non sentiva solo la mancanza di Ryuuya, riascoltando quelle canzoni.
I DVD di Prince of Fighting erano decisamente un’alternativa migliore, se si ricordava di tenere basso il volume, pena il risveglio in preda alla tachicardia dopo un grido o un’esplosione nel film. 
  Ma quella volta era diverso: Ryuuya non era a qualche chilometro di distanza, a portata di taxi, o magari di treno… Era praticamente dall’altra parte del mondo, non avevano nemmeno lo stesso fusorario!
Si girò di nuovo sulla schiena, portandosi un braccio dietro la nuca e voltando il capo verso destra, verso il lato del letto normalmente occupato dal corpo caldo e scolpito di Ryuuya, quasi aspettando di trovarlo lì, sdraiato su un fianco e puntellandosi su un gomito per osservarlo in silenzio; Ringo aveva perso il conto delle volte in cui si era svegliato trovandolo così, o in cui lui stesso aveva avuto quella stessa posizione, speculare, per fare altrettanto… Ma stavolta, a incontrare il suo sguardo c’era il suo cellulare, nessuna lucina arancione che lampeggiava in un angolo sopra lo schermo nero a segnalare un messaggio dalla persona che gli interessava in quel momento, nessuna chiamata a interrompere il silenzio nella stanza.  Allungò il braccio libero verso il telefono e vi posò sopra la mano, come se questo bastasse a diminuire la distanza fra lui e Ryuuya, mentre teneva gli occhi fissi sul soffitto bianco. Rimase così finchè non si vide danzare e baluginare davanti agli occhi delle macchioline e dei piccoli sprazzi dorati, che gli ricordarono di dover battere le palpebre e smettere di fissare una superficie così candida. Non avrebbe certo trovato lì la soluzione ai suoi problemi, dopotutto.
Riprese il cellulare e se lo portò davanti al viso, senza fare troppo caso al colore della lucina che ora vi stava effettivamente lampeggiando; sbloccandolo svogliatamente sussultò di sorpresa nel trovare un messaggio proprio da Ryuuya.
“Che ore sono per lui?” si chiese, guardando l’orologio e facendo un breve calcolo. “Che accidenti ci fa sveglio alle 4 di mattina quell’idiota?!”.
 
“Non riesco a dormire, Shining avrà pure scelto uno dei migliori hotel disponibili, ma a quanto pare qui non hanno il concetto di comodità”.
 
Una risatina affettuosa abbandonò le labbra dell’idol nel leggere quelle parole: a quanto sembrava, non era l’unico a soffrire di nostalgia in quel momento, solo che naturalmente Ryuuya non poteva semplicemente ammettere che l’altro gli mancava.
Nonostante enormi miglioramenti nella sua capacità di esprimere i propri sentimenti a parole, l’uomo aveva ancora delle difficoltà nel farlo, ma non era un problema: Ringo sapeva leggere fra le righe, ed era perfettamente in grado di comunicare abbastanza per tutti e due.
 
        “O forse sei semplicemente scomodo perché non hai me da abbracciare? ;P”.
 
Nei minuti che passarono fra il suo messaggio e la risposta dell’altro, Ringo cominciò a chiedersi se Ryuuya non si fosse finalmente addormentato, quasi sperandoci in realtà, dal momento che non gli piaceva l’idea che lui non si riposasse abbastanza, ma la vibrazione del suo cellulare fugò ogni dubbio.
 
“In tal caso avrei avuto problemi a dormire anche le altre notti, non credi?”.
 
Ringo scosse la testa con un sorrisino:
«Che cattivo, Ryuuya…», protestò a mezza voce, digitando rapidamente sul tastierino, sbuffando d’irritazione nel vedere le parole formarsi lentamente, i tasti bloccarsi e pezzi di una parola intrecciarsi in maniera che sfidava ogni logica a quelli di un’altra. Proprio in quel momento la sua tastiera doveva decidere di impallarsi?
Sapendo di non avere molte altre alternative, cancellò quel pasticcio che era diventato il suo messaggio e attivò la tastiera vocale, alzando gli occhi al cielo mentre controllava pazientemente che il telefono avesse registrato e trascritto correttamente le sue parole.
 
       “Magari è l’idea di dover stare ancora una settimana lontano da me a tenerti sveglio…”.
 
Stavolta la risposta non si fece attendere:
 
“Potrebbe.”
Un piccolo sorrisino, più cupo di quanto ci si sarebbe potuti aspettare, si fece strada sulle labbra ancora leggermente tinte di lucidalabbra di Ringo. 
“Potevi anche rifiutare, allora, e a quest’ora saresti già in viaggio per tornare”.
Tentò di cacciare quel pensiero dalla propria mente scuotendo la testa, ma sapeva che era già troppo tardi. Aveva aperto il vaso di Pandora, e ora l’amarezza contenuta in quelle parole che gli si erano piantate in mente si stava rapidamente espandendo in tutto il corpo: nello stomaco, che si strinse in una morsa dolorosa, nella punta delle dita, che si fece d’un tratto gelida e prese a formicolare, nella gola, dove sentiva già formarsi un nodo difficile da deglutire, e nella bocca, dove gli parve di sentire il sapore di bile.
Odiava momenti come quello, in cui lasciava che la rabbia prendesse il controllo dei suoi pensieri: non voleva davvero arrabbiarsi con Ryuuya per aver fatto quello che era semplicemente il suo lavoro. Sarebbe stato da sciocchi rifiutare un’opportunità simile, e Ringo lo sapeva bene… O almeno, lo sapeva bene la sua parte razionale e ormai abituata al loro genere di lavoro.
La parte che aveva iniziato a fare il conto alla rovescia per il ritorno del suo partner sin da quando Ryuuya aveva attraversato i controlli dell’aeroporto, invece, era di tutt’altro avviso: si sentiva irritata, abbandonata, tradita perché l’altro non era tornato “subito appena finita questa scocciatura” come aveva promesso, ma aveva scelto di trattenersi ulteriormente.
Ringo non era del tutto sicuro di poter dire “Io avrei fatto lo stesso”, dopotutto.
Scrollando nuovamente il capo, tentò di schiarirsi i pensieri e si prese la lingua fra i denti, come se in qualche modo questo potesse tenere a freno la vocina maliziosa che aveva iniziato a farsi sentire nel fondo della sua mente.
Le dita che tremavano non aiutarono particolarmente a digitare un messaggio abbastanza comprensibile, e la tastiera ancora malfunzionante collaborò ancora meno. Con un mezzo ringhio irritato, l’uomo si arrese e mise nuovamente via il telefono, tirandosi a sedere.
Aveva il pomeriggio libero, ma d’un tratto sentiva il bisogno di non restare da solo a rimuginare su quell’irritazione totalmente irrazionale.
Come sempre, però, a quanto sembrava il “radar” che Ryuuya sembrava avere per lui doveva essersi attivato, funzionando anche da tutta quella distanza, e una chiamata lampeggiò sul telefono così brutalmente abbandonato.
E se anche Ringo era ben consapevole dei costi che una chiamata del genere potevano avere, non gli interessava minimamente, aveva bisogno di sentire la voce di Ryuuya, aveva bisogno che le stesse cose che si era detto da solo venissero confermate da lui…
«Hey, pensavo ti fossi addormentato ormai, scusa se non ho risposto prima», mormorò appena rispose, prendendo un respiro profondo e mantenendo il controllo della propria voce.
«Scusa per non essere ancora tornato», fu tutto quello che disse l’altro, senza dargli nemmeno il tempo di finire di parlare. E senza dargli nemmeno quello di rispondere, aggiunse: «Non avevo alcuna intenzione di accettare quel provino, a dire il vero, ma il dirigente della casa discografica me l’ha praticamente chiesto come “favore personale” dato che il regista è un suo parente, o qualcosa del genere».
Ringo poté praticamente sentire l’altro stringersi nelle spalle alla fine dell’affermazione, e si lasciò sfuggire una risatina intenerita, i suoi pensieri già molto più calmi e leggeri di prima.
Soprattutto, la leggera striatura di tensione che aveva sentito nella voce dell’altro gli ricordò che anche Ryuuya in quel momento non se la stava passando in maniera proprio idilliaca.
Anzi, Ringo almeno era a casa, nella sua città, aveva degli amici con cui parlare e su cui contare, all’occorrenza, mentre Ryuuya era solo, in un paese straniero e quasi diametralmente opposto al loro, costretto ad affidarsi a un interprete per capire cosa gli altri dicevano e farsi capire a sua volta…
Un forte istinto di protezione si fece prepotentemente vivo nel petto dell’idol, cacciando via ogni altra egoistica sensazione.
«Come te la stai cavando là?», chiese con voce seria, aggrottando le sopracciglia e tirandosi le ginocchia al petto per poggiarvi sopra il mento, giocherellando con la punta di un piede con la mano che non reggeva il telefono.
«Più o meno come sempre quando sono all’estero. Devo trovarmi qualcosa da fare durante la settimana da qui fino al giorno del provino».
Praticamente sette giorni liberi, in una città sconosciuta. Se qualcuno avrebbe potuto trovare elettrizzante la situazione, Ringo sapeva che quel qualcuno non era Ryuuya.
Sebbene decisamente più avventuroso e coraggioso di lui in mille altre situazioni, trovarsi in un contesto urbano dove praticamente l’unico modo per cavarsela era interagire con le persone locali non era proprio il suo forte. Di norma era un compito che spettava a Ringo, quando erano insieme… Era Ringo quello a cui piaceva parlare con le persone, sperimentare e mettere alla prova la propria conoscenza di una lingua straniera, o anche semplicemente la sua capacità di improvvisare una conversazione, noncurante dell’impressione che poteva dare.
«Posso fare qualche ricerca su qualche posto che potrebbe piacerti e organizzarti un paio di gite da qui», si offrì sorridendo, anche se l’altro non poteva vederlo. «Sei a New York dopotutto, qualcosa che merita di essere visto c’è!».
Una sorta di grugnito poco entusiasta fu la risposta, e come sempre, Ringo si trovò a ridacchiare dolcemente, cercando un modo per rassicurare l'amato.
«Prometto che farò in modo che non ti annoierai! Appena riattacco qui, mi metto all’opera, tanto non devo lavorare oggi… Tu, invece, dovresti proprio metterti a dormire, signorino».
«So cavarmela da solo, non serve che tu mi faccia da balia a distanza», protestò Ryuuya, per l’ilarità di Ringo. «E piantala di ridere, disgraziato!», nonostante il tono minaccioso, anche la sua voce alla fine venne incrinata dall’accenno di una risatina, che come al solito andò dritta dritta a sciogliere il cuore di Ringo.
Sentir ridere Ryuuya in quel modo, innocente e come se venisse colto lui stesso di sorpresa, era un evento raro, e la consapevolezza di essere una delle pochissime persone che riuscivano ad assistervi lo faceva sentire un privilegiato.
«Non è colpa mia se sei cocciuto come un bambino e buffo», si difese il rosa, prendendo un tono di sufficienza.
«Non sono nessuna delle due cose, quello infantile qui sei tu».
«Gne gne, basta lamentele e a nanna, su!»
«“Gne gne”, davvero, Ringo?», domandò Ryuuya, con voce a metà fra l’esasperato e il divertito. «Hai un modo veramente infallibile di dimostrare la tua maturità… E io ci andrei pure “a nanna”, ma…» a quel punto si bloccò, esitando in un modo che per il compagno era ormai familiare, e Ryuuya in quel momento fu ben felice che l’altro non potesse vedere la sua faccia.
«Ma in effetti senti davvero la mia mancanza, mh?», suggerì dolcemente Ringo, abbassando la voce, e in qualche modo quel tono riportò alla mente di Ryuuya le mille altre volte in cui l’aveva sentito così. Era il tono che accompagnava carezze gentili sul viso, baci sulla fronte, abbracci in cui nascondersi per potersi rigenerare quando il mondo iniziava a sfiancarlo. Era il tono che gli ricordava che Ringo poteva sostenerlo e proteggerlo tanto quanto faceva lui, in modo diverso, forse, ma non meno efficace.
Era soprattutto il tono che gli ricordava di essere a casa, ovunque si trovasse fisicamente.
Avrebbe anche potuto mentire e negare, a quel punto, ma non aveva alcun motivo per farlo: Ringo non lo stava più punzecchiando, non l’avrebbe preso in giro, se ora si fosse concesso quell’attimo di vulnerabilità.
«Sì…», sospirò infine, chinando il capo verso sinistra e spostando il viso verso la metà vuota del letto, alla sua sinistra; le lenzuola erano perfettamente tirate sopra al cuscino, al contrario della metà di Ryuuya - ridotta a un groviglio di coperte insolito per lui - e per un attimo si concentrò per immaginare Ringo sdraiato lì accanto a lui, su un fianco, l’espressione calda e rassicurante che sempre accompagnava quel tono di voce, con un sorrisino delicato sulle labbra… Quando provò ad allungare una mano per sfiorare quel sorriso, l’illusione scomparve, lasciandolo solo e al freddo in una buia stanza d’albergo, a stento illuminata dai raggi del sole che si facevano tenacemente strada fra un grattacielo e l’altro.
«Anche tu mi manchi», ammise Ringo, e la sua voce fu sufficiente a rischiarare la stanza più di quanto il sole stesso avrebbe mai potuto fare. «Però ora devi davvero metterti a dormire, anche se domani hai il giorno libero, è importante che abitui il tuo corpo a seguire i ritmi dell’orario americano e non giapponese…». 
«Oh… In effetti non avevo pensato al jet lag, forse sono stato così preso da non accorgermi che non mi ero adattato totalmente ai nuovi ritmi…».
«Molto probabile. E immagino che tu non ti sia nemmeno accorto che ti avevo messo in valigia almeno tre tipi diversi di medicine per contrastare gli effetti», il tono di Ringo era leggero mentre lo diceva, ma Ryuuya riuscì a distinguere perfettamente una sfumatura di biasimo nelle sue parole e si trovò ad abbassare gli occhi quasi timidamente.
«Potrei non averle notate, in effetti… ho preso solo i vestiti che mi servivano senza disfare completamente la valigia», ammise sospirando.
   Naturalmente Ringo si era preoccupato per lui ancora prima che partisse, avrebbe dovuto aspettarselo. Lo sentì ridacchiare, e per l’ennesima volta capì che Ringo si era aspettato anche quello, e non era minimamente sorpreso dalla sua risposta. Certe volte era quasi inquietante come entrambi fossero in grado di anticipare le mosse e i pensieri dell'altro, ma dopotutto non avrebbe potuto essere altrimenti: avevano praticamente vissuto quasi costantemente insieme per almeno dieci anni, anche prima di iniziare a frequentarsi. Avevano coltivato e realizzato insieme i loro sogni, insieme avevano visto il mondo brillare dei colori più belli e vivaci, e sempre insieme l'avevano visto spegnersi e crollare all'improvviso; restando l'uno accanto all'altro avevano cominciato a raccogliere i pezzetti che ne erano rimasti, incitandosi ad andare avanti, facendo del loro meglio per costruire nuovamente un mondo che se anche non poteva più essere bello come prima, almeno non fosse più così vuoto e spaventoso… Erano diventati l'uno il centro dell’altro, rispettivamente si ancoravano a terra e si davano ali per volare, e alla fine, sebbene ci fossero cicatrici che il tempo non avrebbe potuto guarire, avevano trovato un loro equilibrio che aveva restituito loro la pace.
   «Ryuuya», lo richiamò all’ordine Ringo, nuovamente accarezzandogli l'orecchio con voce gentile, «va tutto bene, mettiti a dormire adesso. Non sono lì, ma rimarrò in linea tutto il tempo che serve finché non ti addormenti. Metti il cellulare in vivavoce e tienilo sul comodino».
Per una volta, Ryuuya non ebbe alcuna intenzione di rifiutare, nonostante la consapevolezza che addormentarsi ora avrebbe significato dormire fino a oltre la mezza giornata successiva.
«Va bene», mormorò con la voce resa roca dalla stanchezza, e tornò a sdraiarsi sul letto, voltandosi verso la parte vuota e posando il cellulare sul cuscino. «Ringo?».
«Mh? Sei pronto a dormire?».
«Sai che questa telefonata ci sta costando un capitale?». In realtà non era quella la cosa che avrebbe voluto dire, ma lo sbuffo divertito che ottenne fu più che sufficiente per farlo sorridere a sua volta.
«Convinceremo Shiny ad aggiungerla alle spese di viaggio~ ora chiudi gli occhi e ascolta la mia voce, okay?».
Certe volte Ringo era in grado di farlo sentire vulnerabile come un bambino.
«Prima che mi addormenti… Grazie, per oggi ma anche… per tutto il resto. Credo di non averti mai ringraziato a dovere». 
Le sue parole fecero sorridere l’altro, poté praticamente sentirlo dalla sua voce quando rispose:
«Il sonno ti rende adorabile, lo sai? Non hai motivo di ringraziarmi, Ryuuya. Starti accanto non è un obbligo o un favore che ti faccio, è qualcosa che voglio fare e che faccio semplicemente perché ti amo, niente di più, niente di meno».
   Da uno come Ringo, ci si sarebbe aspettati che dichiarasse “ti amo” in continuazione, invece le due parole abbandonavano le sue labbra solo in determinati momenti: quando Ryuuya aveva bisogno di sentirlo, in primis, ma anche quando si separavano. Inconsciamente, entrambi avevano paura a lasciar andare l’altro senza avergli ricordato dei propri sentimenti. Forse poteva sembrare morboso, ma entrambi avevano imparato fin troppo presto che non sai mai quando parli con qualcuno per l'ultima volta, e quello era parte del loro modo di non soccombere alla paura che una cosa simile potesse succedergli di nuovo.
«Ti amo anch’io», bofonchió Ryuuya tenendo gli occhi chiusi e il volto affondato nel cuscino. Registrò Ringo cominciare a cantare una melodia calma e rilassante, che entrambi conoscevano bene, con la sua vera voce, non quella acuta e femminile riservata al pubblico, e lentamente scivolò nel sonno mentre altre sue spalle, fuori dalla finestra, New York si svegliava in tutta la sua frenetica bellezza.
 
   Ringo rimase al telefono finché non fu certo che l'altro si fosse addormentato, e anche allora attese un po’prima di riattaccare. Aveva capito qual era stato il maggiore problema per Ryuuya: le prime notti era stato così occupato col lavoro da non essersi preso il tempo di realizzarlo, ma ora aveva registrato il fatto di trovarsi solo in una camera, e il fatto di non esserci più abituato, e per giunta in un paese straniero e lontano dai suoi cari, aveva risvegliato in lui il ricordo delle prime notti dopo la morte di Haruki.
Aveva confidato a Ringo che in quel periodo spesso si era svegliato di notte a causa degli incubi, e di aver cercato l'amico con lo sguardo, pronto a chiamarlo come aveva fatto altre volte in passato, solo per poi sentirsi morire la voce in gola mentre realizzava che non importava quante volte urlasse il suo nome, Haruki non sarebbe più potuto correre al suo fianco.
C’erano voluti mesi per convincerlo a chiamare Ringo invece, e alla fine avevano iniziato a dormire nella stessa stanza così spesso da farne un'abitudine.
   In generale, tutti consideravano Ryuuya come forte, serio e maturo, mentre Ringo appariva più ingenuo, frivolo e vivace; tutti si lasciavano ingannare dalle apparenze e anzi, spesso parevano dimenticare che dietro il valoroso “Principe dei combattimenti” e “Ringo-chan” si nascondevano due uomini diversi fra loro ma soprattutto diversi dalle loro personalità sceniche.
Ryuuya in particolare si sentiva ben lontano dal suo eroico personaggio. Il Principe dei combattimenti sarebbe riuscito a tenere al sicuro le persone che amava, non le avrebbe mai spedite a recuperargli un portafortuna, non avrebbe nemmeno avuto bisogno di un maledetto portafortuna. E se anche non fosse riuscito a proteggerle, avrebbe almeno potuto salvarle, avrebbe potuto fare qualcosa oltre allo stare seduto vicino a un lettino di ospedale, a guardare la vita scivolare via dal corpo del suo migliore amico per colpa sua.
Il suo personaggio avrebbe potuto salvare Haruki, Ryuuya non era nemmeno riuscito a dirgli addio.
   Poche persone sapevano perché Ryuuya avesse smesso di cantare, poche persone conoscevano tutta quella storia, ma solo una l'aveva vissuta e affrontata giorno dopo giorno accanto a lui.
Quella stessa persona che ora, ad anni di distanza da quei giorni di lacrime e quelle notti di incubi, era seduta nella metà destra di un letto matrimoniale, e con un computer acceso sulle gambe cercava il primo volo disponibile per New York.

   Il Principe dei combattimenti era un eroe impavido e valoroso, Ringo-chan una principessina frivola e luminosa, ma Hyuga Ryuuya era un essere umano con i suoi pensieri e le sue paure e Ringo Tsukimiya avrebbe sempre volentieri superato le proprie pur di potergli stare accanto.



 
--------------------------------------------------------------
NdA: innanzitutto vorrei dire a chi magari ha sentito "puzza" di ABBA sotto questa storia, sì. La colpa è loro e di "One of Us" che mi mette strane cose in mente.
Avevo tutt'altra idea per questa storia, ma verso la metà ha preso una via completamente diversa da quella che mi aspettavo, e visto che prima non stavo andando da nessuna parte, ho deciso di seguirla. E devo ammettere che sono piuttosto felice di averlo fatto, mi ha permesso di analizzare questa coppia anche più a fondo di quanto pensassi! Non sono ancora convinta al 100% del risultato, motivo per cui ho messo l'avvertimento OOC, ma nel complesso spero che possa piacervi!
Rimango qui nel mio angolino a sperare in qualche commento anche solo per sapere se è stata o meno di vostro gradimento! Vi auguro una buona giornata/nottata e alla prossima!
Baci,
Starishadow
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Uta no Prince-sama / Vai alla pagina dell'autore: Starishadow