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Autore: syila    28/09/2018    7 recensioni
"... Se vorrai rivedermi dipenderà da te; posso fare molto di più che darti qualche consiglio via E-mail, togliere di torno la concorrenza o rapirti da un corteggiatore molesto. Posso darti lezioni di canto, di portamento e di dizione, posso fare di questa ballerina di fila una etoile di prima grandezza; posso farti innamorare di nuovo di questo mestiere, perché io vedo la passione che hai dentro e che invece tu pensi di avere perso"
Questa storia ha partecipato alla challenge di Halloween (Ripopoliamo i Fandom!) indetta dal gruppo facebook
Il Giardino di Efp e prende spunto da "Il Fantasma dell'Opera"
Genere: Angst, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Christophe Giacometti, Phichit Chulanont, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Possente  amor  mi  chiama,
Volar  io  deggio  a lei;
Il  serto  mio  darei
Per  consolar  quel  cor.
Ah!  Sappia  alfin  chi l'ama,
Conosca  appien  chi sono,
Apprenda  ch'anco in  trono
Ha degli  schiavi  Amor

Rigoletto – Giuseppe Verdi

Possente  amor  mi  chiama

Lo scintillio delle luminarie natalizie di una Parigi parata a festa riusciva almeno in parte a mitigare il freddo decembrino, che attanagliava la città in un abbraccio cristallizzato di pioggia gelata.
Gli spettatori entravano alla spicciolata nel sontuoso foyer del teatro, anche le celebrites si concedevano ai flash e ai cellulari dei curiosi solo il minimo indispensabile a mostrare un sorriso o il luccicare prezioso dell'abito da sera.
La stagione dell'Opera, annunciata in pompa magna e con largo anticipo, si apriva con un evento d'eccezione: il ritorno sulle scene del celebre tenore russo Victor Nikiforov a due anni di distanza dalla sua ultima apparizione e dal grave incidente che lo aveva costretto ad un ritiro prematuro.
L'attesa, sapientemente alimentata da indiscrezioni, pettegolezzi, foto rubate e postate in rete, era enorme, non solo da parte del grosso pubblico, morbosamente attirato dal clamore nato attorno al “Caso Nikiforov” nelle ultime settimane, ma anche dagli addetti al settore, famosi per i loro giudizi severi e la mancanza di empatia nei confronti delle disgrazie altrui.
Uno dei più noti era già seduto in platea; la sua poltroncina si trovava all'incrocio dei corridoi centrali; una posizione ottimale da cui vedere il palco e soprattutto ascoltare le performance dei cantanti.
“Sa che si esibirà anche Yuuri Katsuki durante il concerto? Hanno in programma un duetto...”
Seung Gil Lee spostò lentamente lo sguardo dal sipario ancora calato al suo vicino di posto, incontrando un paio di occhi neri ardenti e vivaci sotto una zazzera corvina lisciata e tirata all'indietro per lasciare scoperta la fronte “Lui è il mio migliore amico e anche ex inquilino... Ex perché adesso vive con Victor... Cioè volevo dire col Maestro Nikiforov”
Phichit sgranò un sorriso che andava da un orecchio all'altro e il coreano si senti obbligato a ricambiare con un sobrio cenno del capo.
Il giovane trovarobe lo interpretò come un segnale d'incoraggiamento e aggiunse “Forse lei non lo ricorda, ma aveva scritto una recensione molto lusinghiera su di lui in occasione della sua sostituzione in Tosca lo scorso anno...”
“Ricordo esattamente ogni riga che scrivo, in quel caso era un trafiletto di un paio di frasi in cui suggerivo di tenerlo d'occhio” rispose l'altro, deciso a troncare la vivace parlantina del ragazzo dalla pelle ambrata. L'ultima cosa che voleva era guastarsi la serata con un ammiratore petulante.
Ma non aveva fatto i conti con l'entusiasmo e la determinazione di Phichit.
“Quindi... È qui per sentirlo cantare?”
“Magari... Se ne avessi la possibilità... Si”
“Oh, m-ma certo” il thailandese afferrò il concetto, aggiustò il papillon e schiarì la voce con un colpo di tosse.

Stava suonando il campanello che invitava il pubblico a prendere posto e avevano abbassato le luci; l'orchestra era pronta e il suono degli strumenti accordati si confondeva col brusio di fondo della platea e dei palchetti.
Per Seung Gil era un momento di raccoglimento in cui il suo Io interiore, la sua parte spirituale si preparava ad accogliere la bellezza (o a volte la bruttezza) dello spettacolo che era chiamato a recensire.
Nei suoi articoli era solito dire che il suo lavoro era una sorta di missione; lui era un guardiano, il Custode della tradizione lirica, il Sacerdote del Bel Canto e questo lo portava ad essere spietato nei suoi giudizi, a non concedere nulla che non fosse ampiamente meritato.
“Di solito a quest'ora sono con Yuuri dietro le quinte... I cinque minuti prima di entrare in scena sono i più tragici. Ha mai visto una persona in preda ad una crisi di panico?”
Il Difensore del Melodramma socchiuse le palpebre ed emise un leggerissimo sospiro.
“No e presumo che me ne darà una descrizione dettagliata” rispose l'interpellato, ormai rassegnato a reggere la conversazione fino all'inizio del concerto.
“È superfluo! Ormai Yuuri ha superato le sue paure, grazie al maestro Nikiforov; certo l'ansia e l'aspettativa quelle restano sempre, ma è naturale, no? Voglio dire: fanno parte del pacchetto! Un artista ha bisogno di un riscontro, di sapere se il frutto del suo lavoro, delle sue fatiche sarà apprezzato o è destinato a cadere nel dimenticatoio”
“Immagino di si”
“Lei ci pensa mai?”
Il coreano inarcò un sopracciglio.
“Voglio dire... Quando scrive le sue sferzanti recensioni, pensa mai al fatto che c'è una persona in carne e ossa a riceverle? Si è mai messo nei panni di quella persona? Di quanto peserà nella sua vita un elogio, un suggerimento o una feroce stroncatura?”
Le sopracciglia inarcate divennero due; Seung Gil cominciava a intuire dove volesse andare a parare il linguacciuto moccioso che gli era capitato in sorte come vicino di posto.
“Le mie recensioni non sono... Sferzanti” puntualizzò in un bisbiglio asciutto stirando le labbra in una smorfia di disappunto “Sono eque. Perché alla fine ciò che conta è il risultato. Possono esserci dietro ore di lavoro, di lacrime e sofferenza, ma se l'esecuzione non è pulita e all'altezza delle aspettative sono stati tutti sforzi inutili”
“E l'emozione?”
Il critico musicale alzò gli occhi al cielo, ecco l'ennesimo dilettante digiuno di competenze che pretendeva di fargli la morale.
“Scommetto che adesso tirerà fuori un discorso su quelle esibizioni in grado di arrivare o meno all'anima dello spettatore; le do un'informazione signor...”
“Chulanont, Phichit Chulanont, ma mi chiami pure Phichit, signor Lee”
Il sorriso smagliante del ragazzo lo distrasse per una frazione di secondo dal ragionamento, ma fu abbastanza per insinuare nella sua testa l'ombra del sospetto che le sue considerazioni in fondo meritavano di essere recepite.
“Bene... Phichit. Le svelerò una cosa: la musica, il canto, si ascoltano con le orecchie e si elaborano col cervello, non faccia anche lei l'errore di tanti: ascoltare con la pancia ed elaborare col cuore; sono due organi preposti ad altre funzioni”

“Mi sta dicendo che nei suoi giudizi non c'è spazio per nient'altro oltre alle qualità tecniche?”
“Evito di farmi influenzare dalle emozioni e scindo l'aspetto tecnico da quella che può essere la mia simpatia o... Antipatia nei confronti dell'artista e delle sue vicende umane” annuì il suo interlocutore che a sottolineare la sua soddisfazione per quel pensiero congiunse i polpastrelli flettendo le lunghe dita in un movimento elastico.
“Quindi se il mio amico e il maestro Nikiforov canteranno male sarà solo perché... La loro preparazione non era all'altezza delle aspettative”
“Proprio così”
“E nel caso cantassero bene?”
“La risposta è piuttosto ovvia...” concluse Seung Gil con un sorrisetto accomodante.
“Affatto!”esclamò con forza sorprendendo l'uomo al suo fianco, che sussultò “Non è affatto ovvio... O Scontato! Se canteranno bene, cosa di cui sono convinto, sarà perché l'esperienza che li ha fatti incontrare e li ha uniti li ha resi due persone molto diverse! La tecnica non può insegnare la passione, la sofferenza, la paura o la speranza, bisogna viverle per riuscire a trasmetterle agli altri”
“Oh e io lo capirò durante il concerto di stasera? Percepirò questo... Cambiamento?”
“Sono pronto a scommetterci”
Phichit tese la mano verso di lui, non si aspettava davvero che il famoso esperto accettasse la sfida; in realtà si sarebbe accontentato di una risposta possibilista, perciò, quando il coreano strinse la mano nella sua rimase interdetto a fissarla.
“Andata. Cosa vuole scommettere Phichit?”
Il giovane thailandese era in difficoltà e si trovò a formulare una richiesta che a mente fredda non avrebbe mai fatto.
“S-se vinco mi offrirà la cena nel ristorante del Teatro, mentre se vince lei...”
“Toccherà a lei offrirmi la cena”
Phichit compose un sorriso raggiante in risposta a quello del suo vicino.
Il diavolo non era poi così brutto come lo dipingevano.
E forse i critici musicali non erano tutti dei giudici crudeli, senz'anima.



“Victor Nikiforov tieni a posto quelle mani o giuro che te le taglio!”
La frase pronunciata ad alto volume oltrepassò la soglia di uno dei camerini e fece voltare qualche macchinista di passaggio nei corridoi, che subito dopo proseguì con la serena consapevolezza di chi ha visto accadere di tutto dietro le quinte, per restare turbato da una dichiarazione del genere.
“Non posso lyubov moy! Mi prude il naso!”
Yuuri sospirò sconfitto e lasciò che il cantante grattasse la sensibile appendice, poi riprese la sua paziente opera di stesura del trucco.
“Yuuri...”
“No! Sta! Fermo!” minacciò.
“Mi si è intorpidito il sedere a forza di stare seduto su questo sgabello...”
Il giovane giapponese abbassò le palpebre in uno sguardo minaccioso e Victor si rassegnò a sopportare stoicamente la scomoda seduta.
Il russo aveva un bel da reclamare, ma si trattava di un lavoro di precisione che richiedeva pazienza e se lui continuava ad agitarsi come un bambino iperattivo sarebbe andato in scena col viso a macchie, come un panda.
Il camouflage non era semplice cerone, ma un vero e proprio trattamento farmacologico che serviva a levigare e uniformare la pelle, proteggendola allo stesso tempo dal calore intenso dei riflettori.
Di solito era Victor il vanitoso della situazione, tuttavia, quando il giovane era venuto a conoscenza di quei ritrovati cosmetici glieli aveva praticamente imposti.
Yuuri conosceva e temeva l'impietoso giudizio della folla e almeno per quella sera, la sera del suo grande ritorno, il pubblico doveva concentrarsi solo sulla sua voce, non sul viso.
In quel momento la porta si aprì portando all'interno dell'angusto bugigattolo una ventata di applausi e acclamazioni.
“Yura che te ne pare?” chiese il truccatore mostrando la sua opera alla persona che era entrata senza bussare e che era all'origine della reazione euforica degli spettatori.
La scimmietta bionda aggrottò la fronte e arricciò le labbra prendendosi qualche istante per valutare il suo operato.
“Un bel lavoro direi. Sembra perfino più giovane!”
“Ehi! Io sono giovane!” lo rintuzzò l'altro russo.
“Ah si? E come mai non mostri a nessuno il tuo passaporto? Hai paura che leggano la data di nascita... Vecchio?”
“Sempre meglio che viaggiare con la riduzione speciale per i bambini, poppante!”
“Basta! Smettetela!” Yuuri era impegnato a tenerli lontani quando il maestro Feltsman entrò per annunciare che toccava di nuovo al più piccolo dei suoi allievi esibirsi.
“C'è l'aria della Regina della Notte in scaletta, vedi di non strafare coi virtuosismi e non spingere troppo sugli acuti, piuttosto pensa...”
“... Alla coloritura drammatica del personaggio” completò a memoria il biondino alzando gli occhi al soffitto con aria annoiata “Lo so. Lo so”
“Li stregherai...”
“So anche questo”
“Buona Fortuna Yura!”
Il biondino si girò verso Yuuri inviperito “Hah! Tanti anni in teatro e ancora non sai fare un augurio come si deve? Si dice Merda Katsuki! Merda!” “Ahm... Va bene lo stesso Merde? Il francese è più fine...” rispose il tenore con un sorrisino imbarazzato.
Yuri Plisetsky se ne andò sacramentando come uno scaricatore di porto; il che era in totale contrasto con l'immagine eterea e raffinata del suo essere sopranista.
Un dono raro nel panorama lirico moderno, che il maestro Feltsman coltivava con la feroce dedizione di una chioccia. Interpretare parti femminili richiedeva un registro vocale unico, che in passato era stato appannaggio dei “Castrati”, di cui l'esponente più noto era senza dubbio Farinelli.
Il piccoletto aveva chiarito fin da subito che lui gli attributi li aveva e funzionavano bene, quindi niente battute di dubbio gusto sulla sua arte, chi ci aveva provato stava ancora raccogliendo i cocci dei suoi gioielli di famiglia.



“Dovresti controllare la respirazione... Per i-il diaframma sai”
“Yuuri”
“Hai scaldato a sufficienza le corde vocali? Abbiamo ancora qualche minuto...”
“Yuuri”
“L'attacco. Ricordati di non perdere l'attacco, quella canaglia del nostro Direttore d'orchestra ha l'abitudine di partire a testa bassa e tutti devono corrergli dietro!”
“Yuuri!”
“Respira Victor... Respira!”
“Yuuri sei tu che hai smesso di respirare! Guardami!”
Il russo gli prese il viso tra le mani e risolutamente lo baciò costringendolo a tornare sulla terra.
“Va meglio?” chiese con un leggero sorriso staccandosi appena da lui.
Il giovane incamerò un sorso d'aria e poi espirò.
“Meglio si...”

“Andrà bene e sai perché? Perché ci sei tu al mio fianco”
“Non ti toglierò gli occhi di dosso quando sarai su quel palco”
“Guai a te se lo fai...”


E Yuuri era lì, appena nascosto dai cortinaggi del sipario, vicino al suo omonimo e a Yakov, che si ostinava a trattenere il pianto, perché diamine, lui era un russo tutto d'un pezzo e non un sentimentale rincitrullito con la lacrima pronta in tasca!
“Hah! Fortuna che ho portato i fazzoletti...” brontolò il biondino passandogli il pacchetto.
“Non servono!”
“Certo che ti servono! Perché io il naso non te lo soffio sia chiaro!”
“Pensi ancora tutto il male possibile di me mon trésor?”
Il giovane giapponese concentrato sullo spettacolo, sussultò e spiccò un balzo in avanti, rischiando di finire in scena prima del tempo. Una mano gli aveva palpato il fondoschiena e voltandosi incontrò il ghigno sornione di Christophe Giacometti.
“Il lupo perde il pelo ma non il vizio!”
“Che vuoi farci, la colpa è del tuo irresistibile derrière...” rispose lo svizzero atteggiando le labbra ad un adorabile broncio “Allora? cosa te ne pare della serata? Il nostro Chocho san non ha perso il suo smalto” con un cenno del capo alluse agli applausi che piovevano copiosi dai palchetti e della platea e che, riversandosi sul palcoscenico come un'onda arrivavano a lambire anche lui, gratificando la sua anima di artista.
Era anche merito suo se Victor era tornato sotto i riflettori e il pubblico gli tributava quegli omaggi entusiasti; un po' gli appartenevano e lo riempivano d'orgoglio.
Gli sarebbe bastato questo per essere felice; il russo aveva appena concluso una memorabile interpretazione dell'aria Possente Amor mi chiama del Duca di Mantova tratta dal Rigoletto, che aveva scatenato il teatro e sciolto definitivamente in lacrime l'immusonito maestro Feltsman; nemmeno lui si capacitava che la sua voce non solo avesse mantenuto l'eccezionale limpidezza ed estensione che aveva all'apice della sua carriera, ma si fosse arricchita di nuove sfumature e avesse guadagnato in agilità.
Il vecchio mentore non avrebbe osato sperare tanto, perciò, quando fu il turno di Yuuri di salire sul palco glielo spintonò a forza e alle sue rimostranze brontolò scontroso “Poche storie! Vai e fammi vedere quanto vali! Non voglio sentire niente dalle tue labbra che non sia perfetto! E bada alla dizione o ti prendo a calci nel sedere fino a Tokyo!”
Era il suo modo di augurargli buona fortuna e di accompagnarlo verso un desiderio che finalmente si realizzava.
Cantare con Victor Nikoforov sullo stesso palcoscenico era stato un bel sogno, di quelli che si fanno da adolescenti; sogni fatti in grande, senza badare a spese.
Tanto perfetti quanto irrealizzabili, come aveva capito crescendo e scontrandosi coi primi fallimenti e le disillusioni.
La sua vita era entrata in tunnel fatto di routine e rassicurante monotonia e si era quasi rassegnato a vederla scorrere davanti ai suoi occhi, ad avere il ruolo del passeggero seduto a lato del finestrino, del figurante chiamato a fare numero, del corista che fa da cassa di risonanza al successo altrui.
Non aveva capito quanto gli andassero stretti quei costumi da comparsa finché non era salita alla ribalta della sua grigia esistenza l'imprevedibile ed eccessiva geisha mascherata.

“Yuuri vieni...” Victor gli era andato incontro e lo aveva preso per mano, perché il suo giapponese esitava a raggiungerlo e se ne stava lì intimidito, quasi avesse paura di rompere il magico rapporto empatico che si era riannodato tra il cantante e gli spettatori.
Yuuri compose sulle labbra un sorriso incerto, che si paralizzò quando si accorse che gli applausi anziché scemare col suo ingresso in scena crescevano d'intensità.
Non capiva.
Ma il pubblico, quella mostruosa creatura senza volto, che sapeva essere terribile quanto generosa nel dimostrare odio e amore, si.
Aveva colto nella premurosa sollecitudine del russo il legame speciale che lo univa al collega più giovane, un quasi "perfetto sconosciuto", tuttavia così indispensabile da volerlo sul palco con lui a chiudere trionfalmente il concerto.
Sprofondato nella comoda poltroncina di velluto Phichit assaporava l'attimo: se Yuuri era uscito dall'anonimato era anche frutto del suo lavoro sui social, delle notti insonni spese a rastrellare like, a rispondere a domande di curiosi e ammiratori, a neutralizzare i (pochi) haters e i leoni da tastiera.
Per scoprire una stella non bastava la fortuna, si doveva puntare il telescopio nella giusta direzione!



"Non rimane ad ascoltare l'ultimo brano signor Lee?" chiese stupito vedendo il suo vicino alzarsi.
"No, è inutile. Ho sentito abbastanza da avere un'idea di quello che scriverò domani"
"Oh..." il tono serio del coreano non lasciava presagire niente di buono.
"Quindi vado ad informarmi sull'orario di chiusura del ristorante e se accettano ancora delle prenotazioni. Le piace lo champagne Phichit?"
A quelle parole il volto del giovane s'illuminò "Adoro lo champagne!"
"È adeguato alle circostanze" concluse sorridendo Seung Gil, poi si allontanò mentre l'orchestra attaccava le prime note del celeberrimo Brindisi della Traviata.

Fine


† La voce della coscienza †

Siamo arrivate alla fine anche di questa avventura cominciata circa un anno fa con una challenge legata al tema di Halloween; come al solito mi sono fatta prendere la mano e quelli che dovevano essere tre capitoletti sono diventati sedici!
Qualcuna di voi ha detto che le mie storie tendono a lievita come il pane e in effetti sembra proprio così, ma vicende e personaggi prendono spazio con prepotenza a suon di calci e spintoni, capitemi, non potevo lasciar fuori il Tigrotto! O non dare al provolone svizzero l'occasione di riscattarsi! Nè potevo evitare di regalare una gioia al nostro signore dei criceti, che si porta a casa una bella cena col serioso critico d'arte coreano ( e da cosa nasce cosa... Huh-huh-huuu).
Soprattutto non potevo tenere separati i due amorini canterini, che nello stare insieme finalmente hanno trovato un loro equilibrio e una loro centratura.
Il loro futuro è tutto da scrivere e lascio a voi il compito di immaginare quali saranno le possibili (dis)avventure della coppia; convoleranno a nozze come desidera Phichit? Adotteranno il felide biondo? Faranno un tour mondiale? Siamo nell'Happy End Zone! Tutto è possibile! *o*

Infine un po' di doverosi ringraziamenti a chi ha seguito il mappazzone operistico come recensore assiduo o occasionale, a chi ha preferito-ricordato-seguito il delirio tenorile e ai lettori silenziosi che hanno visto lo spettacolo dietro le quinte!^.^
Un grazie quindi a Old Fashioned, che ha sopportato gli scleri della geisha mascherata e mi ha dato tantissimi spunti, consigli e suggerimenti anche lirici nel corso della stesura!
A Riiko fedelissima che ha seguito passo passo gli sviluppi della vicenda, se potessi consegnarle il premio assiduità le regalerei Goliah, il coniglio bianco che è stata la mascotte di questa storia!
A Dragonfly la mia sorella in scrittura che mi ha supportato con entusiasmo calandosi nello stravagante mondo della geisha russa e del tenorino nipponico con intrepido coraggio; a te regalo una fetta di provolone svizzero, scegli tu quale! :D
A Berry Tart che nei suoi commenti mi fa sempre capire quanto la storia riesca ad appassionarla e a coinvolgerla e... devo dirlo: sono troppo divertenti da leggere! *-*
A 1234OK che nella sintesi riesce a cogliere sempre il cuore dei vari capitoli, ragazza dove sei? Batti un colpo!
Alla Vampy... Ehi dove sei finita? Non vorrai perderti proprio il finale? Vero? °-°
A Stilly, Isilme e Nanami chan fatemi sapere che ci siete e non vi ho perso per strada! :D

Questo è il brano che da il titolo al capitolo:
https://www.youtube.com/watch?v=ACmH2Jyp6Rk
Il tenore è Alfredo Kraus, meno famoso si altri celebri maestri e a torto, perché ha una voce meravigliosa.
Se penso a Victor che canta quest'aria, penso alla voce di ALfredo Kraus :3
E poi c'è il Brindisi della Traviata a concludere trionfalmente il concerto, il duetto è di Alfredo e Violetta, quindi un tenore e un soprano, ma in questo caso saranno due tenori a cantare e chi lo trova strano... Provi ad ascoltarne tre ^^
https://www.youtube.com/watch?v=yRhdA1QLtQM



   
 
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