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Autore: Alexa_02    28/09/2018    1 recensioni
Julianne ha tutto ciò che potrebbe mai desiderare, quando guarda la sua vita non c’è una virgola che cambierebbe. È così sicura che ogni cosa andrà nel giusto ordine ed esattamente come se lo aspetta, che quando si sveglia e trova la lettera di addio di sua madre non riesce a capacitarsene.
Qualcosa tra i suoi genitori si è incrinato irrimediabilmente e April ha deciso di scompare dalla vita dei figli e del marito senza lasciare traccia o la benché minima spiegazione.
Abbandonata, sola e ferita Julianne si rifugia in sé stessa, perdendosi. Una spirale scura e pericolosa la inghiotte e niente è più lo stesso. Julianne non è più la stessa.
Quando sua madre si rifà viva, è per stravolgere di nuovo la sua vita e trascinare lei e suo fratello nell'Utah, ad Orem, dalla sua nuova famiglia.Abbandonata la sua casa, suo padre e la sua migliore amica, Julianne è costretta a condividere il tetto con cinque estranei, tra cui l'irriverente e affascinante Aaron. Tra i due, da subito, detona qualcosa di intenso e di forte, che non gli da scampo.
Può l’amore soverchiare ogni cosa?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Aaron

 

Fisso l'intonaco scheggiato del soffitto con intensità. Conto le pecore, le capre e pure le mucche ma il sonno ignora i miei tentativi disperati di raggiungerlo. Henry russa come sempre e il ronzio regolare del suo naso mi da ai nervi. Non capisco come faccia a dormire così serenamente in qualsiasi situazione. L'idea di tirargli una pantofola mi sfiora l'anticamera del cervello così tante volte, che arrivo ad allungare la mano verso il pavimento per raccogliere la mia arma. Questa situazione è solo colpa di Julianne. Mi ha viziato, mi ha abituato al suo corpo caldo e io ne sono diventato dipendente. Senza il suo odore intorno non riesco a prendere sonno, è come se mi mancasse un cuscino o come se ci fosse un fagiolo sotto il materasso.
Ecco, mi ha trasformato nel principe sul pisello dei poveri.
Ottimo.
Sono così perso nei miei vaneggiamenti, che quando qualcosa mi sfiora la gamba per poco non urlo come una donzella in pericolo. Una manina liscia mi tappa la bocca e la risata silenziosa della donna più bella del mondo mi solletica l'orecchio. Il suo odore mi avvolge e il mio corpo si rilassa. Una valanga di capelli mi solletica il naso e la sento che si infila sotto il copriletto, abbarbicandosi al mio corpo.
“Si può sapere perché sobbalzi come una vecchietta che cammina di notte?” ridacchia appoggiandomi la testa contro il pettorale.
Le stringo le braccia intorno alla vita. “Tu mi afferri nella notte, come posso sapere che non hai cattive intenzioni?”.
La sua mano mi scorre lungo gli addominali. “Dovrai correre questo rischio”.
Oh, eccome se voglio.

 


Sbatto le palpebre lentamente, socchiudendole per la troppa luce. Mugugno e mi ritiro tra le lenzuola. Stringendomi le braccia al petto, mi rendo conto di un dettaglio enorme: Julianne non è più qui. Tiro fuori la testa dal mio sarcofago e mi guardo intorno. Henry fissa il libro di chimica mordicchiando la gomma della matita. È vestito, pettinato e sembra fresco come una rosa.
“Buongiorno” esala “Anche se non è quasi più mattino”.
Mi schiarisco la gola con un colpo di tosse. “Che ore sono?”.

Lancia un'occhiata all'orologio. “Mezzogiorno meno un quarto”.
Ho dormito tutta la mattina. “Perchè non mi hai svegliato?”.
Scribacchia su un lato del foglio. “Non è stata una mia decisione, Jules mi ha chiesto di lasciarti dormire” mi guarda “Le sembravi esausto”.
Lo ero. “Ti ha detto qualcos'altro?”.

Inclina la testa e si acciglia “Ho l'aria di una segretaria?”.

Wow. Qualcuno è di cattivo umore. Scalcio le coperte e mi alzo. “Va tutto bene?”.
Henry sospira e si passa le mani sul viso. Quello esausto sembra lui. “Ho molte cose per la testa, scusa i miei modi scortesi”.
“Ti va di parlarne?”.
“No” accenna un sorriso “Ma grazie per l'interesse, lo apprezzo molto”.
“Figurati” mi alzo “Penso che farò una doccia”.

 

 


Dopo una rinfrescata tonificante, mi metto alla ricerca di Julianne. Della musica soffusa fluisce dolcemente dalla sua camera. Mi affaccio e il cuore mi si fonde come una candela in mezzo ad un incendio. Liv e Jay sono davanti a due cavalletti di legno con in mano i pennelli ed entrambe stanno dipingendo su delle tele di cotone. La mia sorellina la osserva e prende spunto da ciò che fa. Ridacchia ad ogni pennellata, le tira la manica e le fa osservare il lavoro. Julianne le sorride nello stesso modo in cui sorride a me. Con amore e dolcezza. Non capisco come facciano le persone intorno a noi a non notarlo mai.
“È meraviglioso, Livvie” commenta “Tra qualche mese sarai più brava di me. Dovrei essere invidiosa?”.
Liv ride e si sporca di pittura il mento. “Ma tu sei la più bravissima del mondo!”.
Julianne le accarezza i capelli “Allora sarai la più bravissimissima del mondo. Ora firmalo, così il mondo saprà quanto talento hai”.
Liv scribacchia sul fondo della tela il suo nome e poi lo afferra “Vorrei regalarlo a papino, posso?”.
“Certo”.

Faccio un passo avanti, entrando nella stanza. “E per me nessuno dipinge un quadro?”.
Livvie strilla e con ancora il quadro tra le mani macchiate, mi salta addosso. “Ron-Ron! Guarda!”.

Mi mostra il suo capolavoro. “Cosa ne dici?”.
La serie di macchie confuse e multicolore assomiglia vagamente ad un ippopotamo con sei piedi. “È un vera opera d'arte. Ne avrò mai uno per me?”.
La rimetto a terra. “Se farai il bravo” sentenzia. Poi corre fuori dalla stanza agitando il suo lavoro e chiamando papà.
“Lavati le mani” le urla dietro Julianne, poi si gira verso di me e fa di nuovo quello sguardo dolce. “Hai dormito bene?”.
Mi posiziono alle sue spalle osservandola colorare la tela. Il suo soggetto è una piccola Livvie che dipinge un quadro tutta concentrata. Ci sono spruzzi di colore che la fanno sembrare al centro di una galassia. “Avrei preferito svegliarmi con te” le passo le dita sulla pancia, sopra la maglietta. Si lascia leggermente andare all'indietro e si appoggia a me. Il suo corpo si rilassa seguendo il mio tocco.
“Sembravi bisognoso di riposo, ho preferito che non avessi distrazioni” mormora roca.
Le bacio la testa. “Come mai non mi ritrai mai nei tuoi quadri?”.
“Chi ti dice che non l'ho fatto?”.

La faccio girare verso di me e posare il pennello. “Voglio vederlo”.
Ridacchia. “Okay, aspetta”. Si piega tra le pile di tele dipinte e fruga. Quando ha trovato quello che cerca, lo nasconde dietro la schiena. “Prometti di essere clemente” esige.
“I tuoi quadri sono meravigliosi e il soggetto sono io, quindi ovviamente sarà una bomba” cerco di afferrarlo “Fammi vedere”.
“Va bene. Come siamo impazienti” me lo porge e resto senza parole. Non è solo una bomba, è la cosa più spettacolare che abbia mai visto. Sono io su un palco mentre suono la chitarra. Ha usato solo il nero, il bianco e il rosso ma sembrano mille colori diversi. È come se avesse racchiuso la musica in quadro.
“È la sera che siamo andati alla festa di Giselle, mentre suonavi sul gazebo...è stupido non dovevo fartelo vedere”. Prova a riprenderlo ma glielo allontano. La afferro per la vita con un braccio e mi fiondo sulle sue labbra. Non è sorpresa, ormai si è abituata ai miei assalti lampo. Mi passa le dita tra i capelli e cancella la distanza fra noi. È tutto perfetto finché una vocina da infondo alla testa mi ricorda che non ho chiuso la porta. Mi allontano il meno rudemente possibile e faccio un passo di lato. Vederla arrossata che mi guarda con desiderio non aiuta.
“È la cosa più bella che abbia mai visto” mormoro “Anzi è la seconda”.
Sorride. “Puoi tenerlo, ne ho fatti altri”.
“Vediamoli” affermo.
“No”. Scuote la testa con vigore. “Li vedrai quando saranno finiti”.
“Uffa” brontolo “Stai usando la tecnica del bastone e della carota?”.
Sorride scaltra “Perchè? Sta funzionando?”.
“Puoi giurarci”.

 

 

Dopo pranzo aspetto i ragazzi in garage, mentre Julianne finisce un compito di storia. Accordo la chitarra e sistemo gli spartiti. La porta di metallo si apre prima del dovuto e Matt appare con in mano il suo basso. Ha l'aria distrutta e la faccia di chi ha vomitato tutta la notte.
“Stai bene?” domando alzandomi.
Sospira e appoggia lo strumento sul tavolo da ping-pong “No. Sono uno straccio” si butta su una sedia da giardino “Non mi ricordo l'ultima volta che ho bevuto tanto, ma questa sarà decisamente l'ultima”.
“Perchè hai esagerato tanto? Di solito sei sempre morigerato” commento sedendomi vicino a lui.
Si stropiccia il viso e sbuffa. “Dovevo fare una cosa stupida che ora rimpiango”.
“Sarebbe a dire?”.
“Mi prenderai per un cretino” mugugna.
Gli do un colpetto sulla spalla. “Probabilmente, ma tu dimmelo lo stesso”.
Prende aria e poi sgancia la bomba “Ieri sera ho baciato Julie”. Lo stomaco mi tocca terra e poi rimbalza contro gli altri organi come un flipper. Non ho idea di quali siano i sintomi di un infarto, ma sono sicuro di avere uno in corso. “Le ho detto che la amo ancora e che non ho mai smesso” lui continua a strapparmi le budella. Se vomito sospetterà qualcosa? Non mi sono mai sentito così. Come faccio a farlo smettere? “E poi l'ho baciata” sbuffa “Non ho mai fatto una cavolata simile, cosa dirà Nicole? E di sicuro Julie non vorrà più parlarmi”.
Ho la gola secca e arida come il deserto. “Perchè?” domando roco. È un domanda generale, voglio la spiegazione a tutto.
“Le sono saltato addosso come un maniaco” chiude gli occhi “Sono proprio uno stronzo”.
La sensazione si intensifica, è come se qualcuno mi stesse risucchiando la felicità dal naso con un aspiratore gigante.
Mi guarda con tristezza “Cosa mi consigli di fare?”.
Non può chiedere a me una cosa simile, in questo momento vorrei spaccargli il naso perché ha toccato la mia ragazza, non sono in vena di suggerimenti. “Non lo so” borbotto.
“Forse dovrei parlare con Julie, magari possiamo capire cosa succede” afferma.
Stringo i braccioli della sedia per non mettergli le mani addosso. “Cosa pensi che succeda?”.
Alza le spalle e si mette in piedi “Non ne ho idea, ma tra noi c'è qualcosa. Lo sento”.
Già, tra di loro ci sono io. “Forse te lo stai immaginando”.

Sbuffa dal naso. “Sai come si è sviluppata la storia tra di noi, quel tipo di relazione non ti lascia mai”.
Mi alzo e cerco di mettere più distanza possibile tra di noi. “Non credo che sia una buona idea”.
Aggrotta la fronte e mi guarda con fastidio. “Perchè no? Lei non ti è mai piaciuta, ammettilo”.
Io la amo pezzo di cretino. Vorrei urlarlo ma non faccio in tempo. La porta si apre e Jay entra nella stanza sorridente e ignara della voragine che si sta formando. Nota Matt e il modo in cui stringo i pugni lungo i fianchi e finalmente trovo la risposta nel suo sguardo. Ha capito cosa sta succedendo perché quello che dice Matt è vero, l'ha baciata e lei non mi ha detto nulla. L'ha tenuto per sé, di nuovo, dietro uno dei suoi muri.
“Le prove sono annullate” borbotto avviandomi verso casa.
“Ma Aaron...” inizia Matt ma io non lo sento. Trotto come un treno fino alla mia camera e mi ci barrico dentro. Passano due minuti e Julianne si infila nella mia camera come un cucciolo con la coda tra le gambe. Resta ferma contro la porta e mi guarda. Ha paura, lo vedo, ma non quanta ne ho io.
“Aaron...” comincia.

“Lo hai rifatto” mormoro seduto sul letto. “Mi hai chiuso fuori”.
“Te lo volevo dire, davvero, ma non era nulla e non volevo che te la prendessi con lui” deglutisce “Era completamente ubriaco”.
Scatto in piedi “Ora non lo è, ma ti vuole comunque! Non lo capisci? Ti ama e la cosa mi fa andare fuori di testa”.
Fa un passo in avanti e alza le mani per farmi abbassare la voce. “Non mi interessa cosa prova”.
Raddoppio i toni, non mi frega se ci sentirà tutta la casa. “A me sì! È il mio migliore amico”.
“Ti ho detto che non mi importa!”.
Mi stringo la testa tra le mani. “Non è comunque questo il punto, non me lo hai detto. Abbiamo parlato a lungo di questa cosa, pensavo che fosse superata e invece continui a farmi stare nella tua vita solo a metà”.
“Sei completamente dentro alla mia vita, come fai a non vederlo?” guaisce.
La porta si spalanca e April irrompe nella stanza. “Cosa sta succedendo? Perché urlate?”.
Ci mancava solo lei ad impicciarsi. “Nulla” ribatto con astio “Non succede proprio nulla”. Supero entrambe e scendo di sotto. Esco di casa e salgo in macchina. Mi allontano. Guido senza meta, con l'unico scopo di mettere distanza tra me e l'oceano di sensazioni che mi sta trascinando in profondità.

 

 

 

Siedo sul cofano della mia macchina ormai da un'ora buona. Ho guidato con il pilota automatico fino al mio parco e ho parcheggiato. Ho fissato il cielo così a lungo che le nuvole mi sembrano dei coniglietti alieni a caccia di pecore spaziali.
Mi stringo le braccia al petto rabbrividendo. Ho ringraziato il cielo di avere una felpa nel bagagliaio, l'autunno è ormai arrivato.
Il rumore di una macchina che si avvicina mi strappa ai miei vaneggiamenti sulle nuvole spaziali. Non mi giro a guardare, ne sono già passate tre che non avevano il conducente che agognavo e la delusione è stata troppo forte. La macchina si ferma, il motore si spegne e una portiera si apre e si chiude. Dei passi leggeri calpestano l'erba e il vento trasporta una nube al cocco nella mia direzione. Grazie.
Mi tiro su e un paio di stupendi occhi indefiniti mi scrutano dispiaciuti. Scendo dal cofano e la stringo a me più forte che posso. Sembra più piccola di quanto mi ricordassi. Affondo il naso nei suoi capelli e ogni sensazione sgradevole si disintegra.
“Mi dispiace” sussurra allacciandomi le braccia intorno al collo.
“Anche a me” mormoro. “Non sai quanto”.

Ci sediamo sull'erba. “Sono andato fuori di testa, ho fatto una scenata per una sciocchezza”.
Mi accarezza la guancia con dolcezza. “Avevi tutto il diritto di arrabbiarti, ma vorrei raccontarti il mio punto di vista di quello che è successo ieri sera”.
La lascio parlare, lascio che mi spieghi ogni cosa e alla fine mi sento anche più stupido di quanto non mi sentissi già. “Gli hai dato una ginocchiata nei paesi bassi?” chiedo cercando di celare un sorriso sotto i bassi.
Ridacchia. “Non so cosa ti ha detto lui, ma sono stata molto franca su i miei sentimenti. Ora gli ho parlato e ha capito che non c'è spazio per lui nel mio cuore”.
Mi vibra lo stomaco. “A no?”.
Scuote la testa “No, mi dispiace, ma tu occupi tutto lo spazio disponibile”.
“Jay...”.
“Non sono brava a esprimere le mie emozioni e alcune volte, quando sono troppo forti, non riesco a gestirle. Per comunicare uso l'arte” fruga nella borsa e ne estrae un blocco “Aprilo”.
Faccio come dice e resto senza fiato. Su ogni pagina ci sono io. Profili, dettagli, attimi di me che lei ha congelato sulla carta. Intorno ad ogni immagine ci sono delle frasi, delle parole, tutti i sentimenti che si tiene dentro. “Ora hai capito? Non sei chiuso fuori dai muri, sei dentro al castello di ghiaccio con me e mi stai facendo sciogliere”.
Infrango le mia labbra contro le sue, come onde sulla sabbia. Non riesco a governare tutte le sensazioni che sento. Sono travolgenti, indomabili, proprio come lei. Non mi sono mai sentito così prima. È spaventoso e inebriante.
Mi accarezza i capelli con le dita e mi stringe contro il suo corpo. Ogni parte di me risponde in modo automatico.
Si allontana per prendere fiato e appoggia la fronte alla mia. “Jay...” dico il suo nome come una preghiera. “Non volevo dare di matto, ma lui mi ha fatto perdere il controllo”.
Mi sfiora il naso “Perchè?”.
“Ho sempre saputo che provava qualcosa per te, sei stata il suo tutto per un sacco di tempo e ho avuto paura che per te fosse lo stesso”.
Cerca il mio sguardo e si assicura che la stia ascoltando attentamente. “Lui è stato importante e questo non posso cambiarlo, ma ora sei tu il mio tutto e non vorrei che fosse diversamente, per nulla al mondo” mi scocca un leggero bacio e poi si allontana.
“Jay?” la chiamo.
Si alza in piedi e mi guarda. “Si?”.
“Ti amo”.
Resta congelata con gli occhi sbarrati e la bocca socchiusa. Non è spaventata, sembra solo sorpresa. “Cosa?”.
Stringo il coraggio tra le dita e respiro a fondo. “Ti amo, non posso più nasconderlo” mi alzo e le prendo le mani tra le mie “Non voglio che tu mi risponda o altro, voglio solo che tu lo sappia”.
“Mi ami?” balbetta incredula.
“Ti amo” sorrido “Quante volte dovrai farmelo ripetere prima di crederci?”.
Non risponde, mi salta addosso e cadiamo a terra. Rotoliamo tra i fili d'erba e baci appassionati, non ho bisogno che mi dica che ricambia, lo so. Il modo in cui mi guarda spiega ogni cosa. Vorrei solo avere la certezza che la decisione di amarci non porti a guai molto più grandi di noi.

   
 
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