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Autore: Slytherin_Divergent    28/09/2018    0 recensioni
Non sapeva di preciso quando si fosse mostrata a loro, quella malattia. L'unica cosa che ricordava, era il fatto che se la sarebbe dovuta portar dietro fino alla morte, e che probabilmente sarebbe stata la causa della stessa.
Tratto dal testo:
"Rido, lascio il mouse, guardo Pietro al mio fianco, e rido ancora. Non sento nemmeno la sensazione di fastidio. Mi volto verso il computer e sorrido, tornando a giocare. Non mi accorgo dei commenti, pieni d’avvertimento, fino a quando non li leggo. Un’unica, grande, immensa, massa di parole. Parole tutte uguali. Il naso… che cos’ho al naso? Non riesco a leggere, vanno troppo veloci. Aggrotto le sopracciglia, li osservo, cerco di fermarli.
Il naso… il naso ti… sangue… il naso… sanguina. Mi tiro su, di scatto. Porto una mano al naso, finalmente lo sento. Sanguina."
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Favij
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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Rido. Rido anche se non vorrei farlo. Rido anche se vorrei sotterrarmi vivo. Rido perché è l’unica cosa che, ora, posso fare. Ridere davanti ad una videocamera che trasmette in live davanti ad oltre cinquantamila persone. Rido e gioco, perché so che se smettessi di farlo, di fare entrambe, tutti mi vedrebbero per quello che sono ora. Cosa sono ora, poi, di preciso, non lo so nemmeno io, e non saprei nemmeno definirmi. Umano, alieno, animale?
Sorrido, poi torno a ridere, senza dire nulla, ascoltando i miei amici che parlano.
« Lorenzo! » volto lo sguardo a sinistra, osservo Pietro.
« Dimmi. » faccio, continuando a sorridere. Anche lui sorride, e mi indica lo schermo. Due ore. Sento i miei muscoli fremere per farmi togliere questo dannato sorriso dal volto. Si affievolisce, e sento le labbra tremare. Due ore e tutto finirà. Due ore, ho ancora due ore per svagarmi.
« E’ salvato. » rispondo, per poi voltarmi ancora verso il computer e tornare a giocare.
Non c’è pericolo che qualcuno noti qualcosa, a parte me ed i miei amici. Non posso fare a meno di chiedermi se sarà come le altre volte. Sarà doloroso come sempre? Magari non succederà nulla, magari le nostre previsioni sono errate… vorrei così tanto che lo fossero.
Fuori, in lontananza, si sente un tuono. Volto la testa, osservo la finestra aperta di fronte a me. Il cielo è nero, e si vedono lampi tra le nuvole. Le tende oscillano, sono mosse dal vento. Una folata mi raggiunge e mi fa gelare le ossa. Mi schiarisco la voce, per poi alzarmi dalla sedia.
« Scusate, chiudo un secondo la finestra, oppure allagheranno casa mia invece che la nave. » mi incammino verso la finestra e ne afferro l’anta. Rimango fermo per qualche secondo, osservo i palazzi della mia città. Alti, grigi, tutti ugualmente noiosi. Il vento mi raggiunge, ed io ispiro una boccata d’aria. Espiro. Faccio per riprendere aria, ma questa non arriva. Ho uno scatto avanti, e sento il mio respiro roco. Tossisco, scivolando in ginocchio. Il panico mi assale. No, non può essere… è troppo presto. Tossisco ancora, e finalmente respiro. Prendo una grande boccata d’aria, come fosse la cosa più preziosa che possiedo e la stessi tenendo in mano.
Mi rialzo, barcollo, chiudo la finestra con un botto sordo. Mi dirigo nuovamente verso Pietro ed il computer. Sforzo un sorriso. Lui non sembra essersi accorto di nulla.
« Ecco, fatto. » esclamo, sedendomi nuovamente. Torno a giocare.
Mi chiedo quanto passi, prima che succeda tutto. Un’ora, forse? Nemmeno, troppo tempo.
Rido, lascio il mouse, guardo Pietro al mio fianco, e rido ancora. Non sento nemmeno la sensazione di fastidio. Mi volto verso il computer e sorrido, tornando a giocare. Non mi accorgo dei commenti, pieni d’avvertimento, fino a quando non li leggo. Un’unica, grande, immensa, massa di parole. Parole tutte uguali. Il naso… che cos’ho al naso? Non riesco a leggere, vanno troppo veloci. Aggrotto le sopracciglia, li osservo, cerco di fermarli.
Il naso… il naso ti… sangue… il naso… sanguina. Mi tiro su, di scatto. Porto una mano al naso, finalmente lo sento. Sanguina.
« Pietro… » il mio è poco più di un sussurro, ma anche lui se n’è accorto. Annuisce.
Mi alzo di scatto, borbottando qualche scusa. Lascio la schermata del gioco in pausa, non faccio vedere l’immagine della stanza, non si sente nemmeno l’audio.
Guardo il mio amico, preoccupato, sempre più preoccupato. Lo vedo con chiarezza, sta lentamente sbiancando. Si alza di scatto, proprio mentre un’altra folata di vento ci raggiunge.
« Dimmi che hai quella dannata pastiglia. » esclama, ed io abbasso lo sguardo. No, non le ho. Lui impreca, portando le mani alla testa.
Non capisco se stia girando in tondo o ci sia un terremoto. Il pavimento oscilla, sempre più pericolosamente. Non riesco a sentire le gambe, così mi lascio cadere sulla sedia. Un fischio mi invade le orecchie, il mondo ruota troppo in fretta. Sento lo stomaco che si rivolta, più forte ogni secondo che passa. Mi viene voglia di vomitare.
Non mi rendo conto di star oscillando avanti ed indietro fino a quando Pietro non mi afferra per le spalle e mi costringe a guardarlo. Lo vedo muovere le labbra, ma non sento cosa stia dicendo. Lo osservo e basta, immobile, senza reagire. Mi scuote per le spalle. Voglio aprire la bocca per dirgli di smetterla, ma faccio in tempo a socchiudere le labbra che sono costretto a piegarmi in avanti per non sputargli il sangue in faccia. Ora, assieme il pavimento, si muove anche una chiazza rossa.
Un secondo conato mi scuote, e sputo ancora. Lo sento scorrere nelle vene, sempre con più forza ogni secondo che passa. Sento il cuore che sta per esplodere. Sputo ancora, e sul pavimento cadono alcune gocce rosse. Il fischio si fa più acuto, sempre più acuto, e sento i timpani doloranti. Grido, o almeno credo di starlo facendo. Poi tutto si interrompe, all’improvviso. Sento il liquido rosso lungo le guance, dalle orecchie, dal naso, dalla bocca.
Il respiro si è bloccato e mi ritrovo a boccheggiare, sputando man mano grumi rossi. Tremo e cado a terra, a carponi. Stringo gli occhi, e quando li riapro una goccia di sangue mi scivola lungo la guancia, seguita da tante altre.
Cerco di gridare, ma non riesco a fare nulla. Lentamente scivolo verso il pavimento, mentre un acuto dolore alla testa di invade. Continuo a tremare, sempre con più forza. Ho gli occhi socchiusi, percepisco a malapena Pietro al mio fianco, che cerca disperatamente di fare qualcosa.
Una fitta allo stomaco mi fa sobbalzare, poi una alla testa, infine al cuore. Boccheggio, a corto della mia riserva d’aria nei polmoni. Non riesco nemmeno più a tenere gli occhi aperti. Smetto di muovermi, e mi sembra di esser morto. Sento a malapena il sangue che abbandona il mio corpo, come Pietro che grida qualcosa. Chissà cosa sta gridando. Forse il mio nome. Non lo so, non posso esserne sicuro.
Riprendo a tramare, sempre più velocemente, ed ad un certo punto ho una scossa così violenta che mi fa girare a pancia all’insù. La testa sbatte ripetutamente contro il pavimento, la schiena si inarca con scatti troppo violenti, le braccia tremano, assieme alle gambe. Non riesco a stare fermo, è come se qualcun altro avesse preso il controllo del mio corpo senza il mio permesso.
La parte peggiore, però, sono le fitte. Sono deboli, all’inizio, poi sembra che qualcuno si diverta a perforarmi il corpo con dei coltelli. Ovunque, ed ho quasi paura che mi compaiano dei lividi. Anzi, sono abbastanza sicuro che arriveranno. Sento il sangue pulsare troppo velocemente, le mani gonfie, la testa e le gambe anche.
Non so se il tornare a respirare sia un lato positivo, perché appena riprendo aria inizio ad urlare. Vorrei smettere, ma è la cosa più naturale del mondo e non riesco a farne quasi a meno. Grido, urla continue e forti, che perforano le mie orecchie come aghi affilati. Mi muovo a scatti, come per scacciare una creatura da sopra di me. Sento la pozza di sangue sotto di me muoversi.
Ho gli occhi talmente stretti da far male, come se mi stessi conficcando dentro i bulbi degli artigli. Inarco di colpo la schiena e ripiombo giù di botto. Allungo il collo e do una testata al muro. Alzo una gamba e prendo contro alla scrivania. Muovo il braccio e colpisco il pavimento, e si sente un sonoro splash. Scuoto la testa troppo velocemente da una parte all’altra. Per qualche secondo è troppo leggera, poi mi sembra di averci messo sopra un macigno. Una fitta allo stomaco mi fa piegare in avanti e ripiombare a terra. La mia schiena fa crak. Si sente uno splash più forte, e vari schizzi mi colpiscono.
Poi, finalmente, di botto, tutto finisce, esattamente come è cominciato.
Il grido perforante cessa, il mio corpo smette di muoversi, il sangue smette di uscire, il respiro si regolarizza, come il battito cardiaco, ed io crollo a terra. Ho gli occhi chiusi, e sono esausto. Mi sembra di aver corso una maratona per una settimana.
Il silenzio, finalmente, mi avvolge, ed è così rilassante che ho voglia di addormentarmi. Poi sento un sospiro, probabilmente di sollievo.
« Per fortuna è finito… » è la voce di Pietro. Sento le sue mani sulle mie spalle, e mi rendo conto solo ora che ha posato la mia testa sulle sue gambe. « Lorenzo, mi senti? »
Cerco di mugugnare, ma viene fuori solo un suono mezzo strascicato. Lui sospira comunque, ed immagino stia ringraziando una serie di santi non precisata.
« Ho spento la live. » esclama, dopo poco. « Non ho chiamato l’ambulanza, come avevamo deciso. »
Non rispondo, non ne ho la forza. Se riesco a stare sveglio è un mezzo miracolo.
« Scusa, ti sto disturbando. Starai riposando. E’ stato veramente brutto, questa volta. » vorrei rispondergli che no, non sto riposando e che no, non mi sta disturbando, ma, effettivamente, ho una voglia pazzesca di mettermi a dormire. Ho incredibilmente sonno, e la voglia di dormire per un giorno di fila è alta.
« Ti vado a sistemare il letto. » mi solleva la testa e la posa sul pavimento. Lo sento alzarsi e camminare, sicuramente diretto verso camera mia.
Ci mette un minuto il campanello a trillare, e per un secondo temo che siano i vicini. Invece la voce preoccupata di Stefano e Sascha mi raggiunge e mi fa sospirare mentalmente di sollievo. Non li vedo, non capisco più le loro parole. Sono troppo distanti. Li percepisco a malapena quando mi sollevano, mi portano in camera e mi posano sul letto. Percepisco a malapena il panno bagnato che mi panno sulla pelle.
Lentamente, il mondo si fa sempre più distante, ed io mi addormento.


Nota autrice:
Ciao ragazzi! Come state? Io bene!
E' da un po' di tempo che avevo questo file salvato sui documenti del computer, e sinceramente ero molto indecisa sulla sua utilità. Inizialmente, era stato creato per diventare una storia duratura, con più capitoli e un lietofine, nata direttamente dalla mia mente malata (più di Lorenzo, in questo caso). Tuttavia, non mi convinceva un granché. Quindi mi sono detta: "perché non trasformarla in una One-Short? E così, eccomi qui, ancora una volta!
Come al solito, fatemi sapere se ci sono errori di battitura e se avete apprezzato!
See you soon,
Eevee
   
 
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