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Autore: Mikarchangel74    30/09/2018    1 recensioni
A causa di un brutto colpo alla testa il nephilim Jack riporterà una conseguente perdita di memoria, si teletrasporterà senza controllo finendo prima in mano ad una coppia di persone senza scrupoli, ma completamente fuori di testa e successivamente nel luogo più inospitale della terra, rischiando di perdere la vita assiderato. Un casuale e fortunato incontro con una strana creatura gli salverà la vita e chissà se Castiel sarà in grado di aiutarlo con il recupero della sua memoria.
N.b. La ricomparsa di Kael qui, come personaggio secondario e utile per il ritrovamento di Jack, è un sequel di 'Belongingness'
Genere: Angst, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nuove avventure per Sam, Dean e Jack'
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~~Era stato un gioco pericoloso quello di Kael, il giovane tritone che ormai girovagava in solitaria spostandosi di zona in zona. Per quanto fosse bravo nella caccia, era capitato in un tratto di mare dove tutto scarseggiava, non c’era niente da metter nello stomaco e lui aveva fame.
Era un tratto di mare molto battuto dagli esseri umani, arrivavano coi loro barconi e gettavano quelle reti chilometriche rastrellando fondali e razziando ogni metro cubo d’acqua.
Aveva cercato di tenersi alla larga, ma aveva così tanta fame che una notte decise di arrampicarsi sopra uno di quei pescherecci per prendersi almeno qualche mollusco o un pesce. Ma una volta a bordo si era spaventato di un rumore e pensando di esser stato scoperto si era rituffato immediatamente in mare nuotando il più veloce possibile senza stare attento e senza accorgersi della rete proprio di fronte a lui finendoci precisamente contro. Le sue spine caudali, s’incastrarono subito nelle maglie della rete, dopotutto era fatta apposta per questo. Preso ormai dal panico, si agitò come un forsennato legandosi sempre di più.
Si fermò solo tempo dopo, quando finì le forze e si rese conto di essere veramente in un bel guaio, completamente avvolto. Si ricordava ancora di quando, appena scappato da casa sua era finito in una rete di pescatori come quella; Pescato, imprigionato e poi venduto e tenuto come fenomeno da baraccone in un circo Russo. Non voleva fare un’altra volta una fine orribile come quella e poi era dotato di polmoni ed aveva bisogno di ossigeno anche se di rado, lì incastrato rischiava di morire. Cercò di guardare dove la rete era attorcigliata e con calma iniziò a districarla.
Rabbrividì per una corrente d’acqua fredda che lo investì. In quella zona le acque erano molto più fredde, si era spinto parecchio a sud stavolta, allontanandosi dalle coste americane, ma forse troppo a sud, lui adorava più le acque calde e lì era già troppo freddo per lui.
Armeggiò con la rete per una mezz’ora prima di ricordarsi del suo pugnale di madreperla, Lo prese dalla cintura di alghe intrecciate che aveva attorno alla vita ed iniziò a tagliare le grosse maglie di corda.
Dopo circa un’ora e mezzo aveva quasi finito quando una vasta ombra passò sopra di lui. Preoccupato che fosse uno squalo, alzò di colpo la testa, ma notò un’animale di cui ne aveva solo sentito parlare tra la sua gente quand’era piccolo. Un animale che solitamente si trovava nelle acque fredde e che avevano visto alcuni cacciatori che si erano spinti nelle terre dei ghiacci e avevano anche portato una strana carne grassa e saporita chiamata Foca.
Lo stomaco di Kael brontolò al pensiero della carne. Sperò che quel grosso cetaceo non avesse fame, perché a detta dei racconti, sembrava che quel grosso mammifero fosse altrettanto pericoloso come lo squalo, e forse peggio, perché i cacciatori avevano perso uno di loro a causa di un incontro con un’orca e sembrava che lei ci avesse ‘giocato’ prima di ucciderlo e mangiarlo, colpendo il sirenide con la grossa coda, tramortendolo e lanciandolo fuori dall’acqua a destra e sinistra come fosse stato una palla.
Kael aveva già incontrato i grossi cetacei degli oceani, I capodogli e le balene, ma erano creature pacifiche, meravigliose e molto riservate, alle volte rimaneva ore in loro compagnia, ascoltando quel canto dolce e malinconico, ma che aveva il potere di rilassarlo. Aveva imparato ad evitare gli squali che invece non erano affatto amichevoli, ma era la prima volta che incontrava un’orca.
Si riconcentrò sul suo lavoro, cercando di tagliare le ultime due maglie che lo bloccavano.
Il cetaceo continuava a girare sopra ed intorno a lui, già una volta si era avvicinata per osservarlo meglio, poi d’un tratto era sparita. Kael si guardò intorno preoccupato, e quando poi la vide ricomparire e puntare dritta contro di lui, si spaventò e preso dal panico tirò e strattonò la rete nell’intento di romperla, ma invano, l’animale mancò di poco Kael prendendo in pieno la rete col muso, Kael si sentì portare via e schiacciare contro il fianco nero del cetaceo che appena si accorse della rete attorno al muso, scattò in avanti scuotendo la testa, strappando la rete dai suoi ancoraggi sul fondale
L’animale superava in lunghezza Kael di 4 metri buoni, poteva sentirne l’incredibile forza. Cercò ancora di liberarsi ma la rete ormai attorcigliata al corpo del grosso mammifero, teneva il sirenide intrappolato, schiacciandogli il corpo e bloccandogli le braccia: una schiacciata sul suo petto con il coltello ancora stretto in mano, l’altra era stesa di lato. Sentiva le corde ruvide sfregare e stringere crudeli sulla sua pelle ad ogni movimento dell’orca. Sembrava proprio una macchia chiara e iridescente su una tela nera, che adesso nuotava alla velocità della luce, cercando di liberarsi della rete e di quella creatura aggrappata poco sopra la pinna laterale.
Kael sentì l’acqua farsi via via sempre più fredda. L’orca probabilmente stava tornando nel suo ambiente, ma il sirenide mica aveva la pelle ed il fisico per poter sopravvivere nelle gelide temperature del mare artico.
Gemette e rabbrividì, con la consapevolezza di essere finito dalla padella nella brace. Non solo prigioniero di una rete di pescatori, adesso anche di un’animale che avrebbe voluto mangiarselo e che lo stava portando dove lui sarebbe assiderato.
Fece la prima cosa che gli saltò in mente. Urlò. Forse avrebbe richiamato l’attenzione del cetaceo, ma anziché rallentarlo, l’animale si spaventò e sbatté ancora più forte la coda schizzando avanti. Non sapeva veramente più che fare, la temperatura calava vertiginosamente e lui iniziò a battere i denti non riuscendo a smettere di tremare. Doveva liberarsi era una situazione disperata.

***

Jack spalancò gli occhi investito d’improvviso da un gelo incredibile, quasi scottante. D’istinto aprì anche la bocca aspirando ma anziché entrare aria, acqua gelida si riversò nella sua bocca. Preso dal panico annaspò. Per fortuna era vicino alla superfice e riuscì a tirare subito fuori la testa. Tossì sputando l’acqua e ansimò guardandosi intorno terrorizzato. Era finito in acqua, dov’erano i boschi? Dov’erano i lupi e la casa dei suoi zii? Cosa diavolo era successo??!!
Ma prima di mettersi a domandarsi perché e per come doveva uscire di lì prima di congelare e questa fase sarebbe stata molto rapida, anzi era già iniziata.
In poco tempo già sentiva gli arti intirizziti. Il suo corpo veniva scosso da incontrollabile tremore. I pochi vestiti che aveva ancora addosso lo portavano a fondo. C’erano grossi pezzi di ghiaccio galleggiante intorno a lui e tutto era bianco, cercò di concentrarsi e si sforzò di scalciare e muovere le braccia, raggiunse uno di quei blocchi di ghiaccio galleggianti, tentò di arrampicarvisi sopra, ma toccare il ghiaccio era praticamente impossibile. Le sue mani che fino a un secondo prima erano cadaveriche adesso stavano diventando rosse e le dita dolevano ogni volta che le strusciava sulla dura e scivolosa superficie.
L’istinto di sopravvivenza lo spingeva a provare e riprovare disperatamente, dicendogli che non aveva molto tempo. Infine tirandosi la manica della maglia sulle mani e facendo pressione con tutto l’avambraccio riuscì finalmente a issare il busto. Si sentiva maledettamente sfinito anche se non si era sforzato così tanto. Con difficoltà riuscì a tirare tutto il corpo fuori dall’acqua, gli sembrava di respirare spilli anziché ossigeno e quegli spilli finivano dritti dentro di lui. Rimase sdraiato su quella superficie marmata e si arricciò su se stesso, tenendo le mani a pugno con le braccia contro il petto e le ginocchia a chiudere il tutto. Persino la ferita alla gamba era passata nel dimenticatoio. Non aveva la più pallida idea di cosa poteva esser accaduto e del perché d’improvviso fosse finito lì, non riusciva a smettere di tremare. Adesso tutto quello che riusciva a fare era rimanere in quella posizione e tremare. Il suo corpo già stava reagendo cercando di contrastare il gelo, ma era un corpo umano e quindi nonostante le autodifese già innescate purtroppo a quelle glaciali temperature e con i vestiti bagnati addosso sarebbe diventato presto un blocco di ghiaccio. Jack non sentiva già più le estremità, le mani gli dolevano e bruciavano come se fossero avvolte dalle fiamme, aveva persino paura a muovere un dito, che secondo lui, si sarebbe spezzato. Piagnucolò sentendosi perso, solo e finito. L’unica lacrima che ebbe il coraggio di uscire dall’angolo del suo occhio si congelò in termine di poco.    “A-Aiu…Aiuto..” Gemette battendo i denti.

Kael aveva tentato di liberarsi in ogni modo, ma la rete era talmente intrecciata al grosso cetaceo da tenere lui imprigionato senza poter muovere nemmeno un dito.
Alla fine gli venne in mente un sistema, ma non l’aveva mai provato, ne aveva solo sentito parlare. In teoria solo alcuni sirenidi erano capaci di farlo e ci voleva pratica, ma lui adesso non aveva tempo, doveva tentare e riuscire o sarebbe morto lì soffocato se l’orca non fosse risalita un po’ in superficie.
Chiuse gli occhi e tentò di concentrarsi. Sembrava che fosse possibile riuscire a connettersi telepaticamente con le creature del mare e riuscire a soggiogarle in qualche modo. Da piccolo ci aveva provato, ma aveva sempre fallito. Adesso era la sua unica via di salvezza quindi doveva farcela.
Tentò con il suo canto, ma il cetaceo sembrò infastidirsi maggiormente, così si concentrò e cercò di connettersi con lei, ma niente. Colpì la testa contro il fianco del cetaceo e sospirò Pensò
Così ricominciò a cantare il più forte possibile. Per i sonar terrestri il canto sarebbe risultato come un orribile fischio acuto, ma ovviamente per il grosso mammifero era tutt’altro tipo di suono e non lo gradiva affatto. Sapeva benissimo da dove proveniva, perché aveva visto e percepiva la presenza di quella creatura contro la sua pelle, avrebbe preferito mangiarsela, ma era rimasta incollata lì addosso, forse era una specie di parassita ed ora emetteva dei suoni raccapriccianti. Doveva trovare il modo di toglierlo.
L’orca tentò varie manovre in acqua, sembrava una specie di danza, con piroette ed avvitamenti. Ma niente, la piccola creatura rimaneva lì. Quindi decise di strusciarsi al fondale per togliersela.
Quando Kael capì le sue intenzioni si agitò, era molto profondo in quel punto, il suo corpo non era fatto per superare certe profondità, ma non aveva altra scelta ormai, e via via che l’orca scendeva lui sentiva il suo corpo sempre più schiacciato dalla pressione, ma la testa iniziò ad essere stranamente leggera, si sentiva come quando da bambini bevevano di nascosto l’infuso di Holothuroidea che preparava suo nonno.
Purtroppo però questa volta l’effetto non lo dava una specie di bevanda alcolica, ma era una causa della pressione e della discesa troppo rapida.
La narcosi da azoto non era da sottovalutare, rischiava di non esser più lucido e non sapere cosa stesse facendo ed infatti iniziò a sentirsi stranamente felice, smise di cantare ed iniziò a ridere senza motivo. Per fortuna l’orca non cambiò idea e quando finalmente raggiunse il fondale, iniziò a strusciarsi sul fondale. Rischiò di schiacciare il sirenide che intanto continuava a dare i numeri come se fosse sotto allucinogeni, ma finalmente la rete cedette e si staccò dal grosso predatore, che decise di andarsene, perdendo interesse anche nel possibile pasto.
Kael rimase stordito, steso sul fondale di schiena, guardando i riflessi che i raggi del sole producevano attraversando la superficie molti metri più su. Era infreddolito e stanco, ma era ammaliato dalla danza di quei tenui fasci di luce, erano così ipnotizzanti e decise di schiacciare un pisolino e stava per lasciarsi andare quando alcune forme scure velocissime gli schizzarono intorno, così si costrinse a rimanere sveglio, voleva capire cosa fossero, finché un muso con due occhi tondi e vispi gli si parò davanti. Kael sussultò leggermente nel suo stordimento “Hey tu…” Poi si sentì afferrare e portar via. Due foche lo condussero di nuovo verso la superficie e mentre risaliva iniziò di nuovo a sentirsi meglio e riprendere lucidità. Guardò i simpatici animali che lo stavano aiutando e gli fu’ infinitamente grato. Gli avevano salvato la vita. … O almeno gli avevano evitato di morire lì sul fondo, ma adesso c’era un altro problema, l’ipotermia, la parte superiore del suo corpo aveva già preso una colorazione bluastra. Doveva trovare un riparo al più presto. Cercò di staccarsi dal branco di pinnipedi, ma loro non lo lasciarono andare. Lo stavano spingendo in una direzione ben precisa “Cosa c’è? Se resto in questa zona morirò” Gli parlò spiegando, anche se sapeva che gli animaletti non capivano.
Poco dopo capì cosa volevano. L’avevano portato in superfice - Dio che distesa di ghiaccio - aveva pensato guardando tutte quelle lastre di ghiaccio ed iceberg che lo circondavano, poi lo vide. Una macchia scura sopra una di quelle lastre. Rabbrividì per il vento che gli schiaffeggiò il volto, nuotò più vicino alla macchia scura per capire di cosa si trattasse e ipotizzò che potesse trattarsi di un essere umano, non riusciva ancora a vederlo bene per la sua forma appallottolata. Chissà se era vivo. Si issò sul lastrone di ghiaccio e toccò quella palla gelata di abiti ormai irrigiditi dal ghiaccio “Oh per le rovine di Atlantide! Hey! Svegliati!!” Gridò toccandolo e scuotendolo. Poi si guardò intorno in cerca di un qualche riparo. Non potevano rimanere lì, sarebbero morti entrambi. Le mani e la coda iniziarono a fargli male. Si ributtò in acqua e con tutta la forza che aveva iniziò a spingere la lastra di ghiaccio. Sprecò moltissime energie e non riusciva nemmeno a tenere le mani appoggiate al ghiaccio per molto tempo, ma non mollò.
Spinse e spinse, cambiando posizione. Iniziarono a formarsi dei tagli sulle sue mani, ma lui continuò anche perché ormai il dolore era talmente forte ovunque da non sentirne molto sulle mani, il gelo ormai gli intorpidiva gli arti e la mente e tutto iniziava a diventare insensibile.
Ma portare quell’essere umano in salvo lo teneva concentrato quel tanto da dargli una speranza, la speranza di restare in vita e uscire da quella situazione. Era come una missione. Salvarsi entrambi, quello doveva fare. E così metro dopo metro andava avanti, finché non si allontanò un po’ da quella terra di ghiaccio.
Ormai era stremato, non ce la faceva veramente più, dovevano trovare un riparo, l’acqua lì era ancora troppo gelida e c’erano ancora formazioni di ghiaccio galleggiante tutt’intorno. Non riusciva più nemmeno a vedere bene, la vista aveva iniziato ad appannarsi.
Decise di fare affidamento ad un altro senso; Il vento gli portò un forte e acuto odore di marcio, di carne morta, forse c’era qualche animale morto lì intorno, non era il massimo, ma li avrebbe tenuti in vita e un po’ riparati da tutto quel gelo. Usò le sue ultime forze per cercare e raggiungere l’origine di quel tanfo che altro non era che una carcassa di un orso polare morto.
Prese il suo coltello di madreperla, squarciò il ventre dell’orso, rabbrividendo per l’odore rivoltante, poi spinse il corpo dell’essere umano all’interno “Hey.. mi.. mi senti? Ti prego.. non m-morire.. Se m-muori tu, m-m-morirò anch’io” Gemette battendo i denti stremato. Abbracciò quel corpo gelato e cercò di spingersi nella carcassa tra le viscere sanguinolente e in via di putrefazione anche lui, purtroppo dovette lasciare fuori la coda che poche ore dopo era diventata un pezzo di ghiaggio.
In teoria avrebbe voluto solo riposarsi un po’ e recuperare le forze, ma finì per addormentarsi.

***

“Eccolo!” Gridò finalmente la strega, facendo spaventare tutti, mentre il pendolo puntava dritto su una zona bianca del mappamondo.
Dalla piantina della citta, erano passati a quella della regione, poi dello stato ed infine avevano preso il mappamondo per cercare il nephilim.
Tutti i presenti si accalcarono attorno a Roweena che sorrideva soddisfatta
“Come diavolo c’è finito in Antartide?!” Chiese Castiel e sparì teletrasportandosi là.
Senza indugiare oltre gli altri presero dei piumini pesanti, si catapultarono nell’impala, ovviamente Roweena scomparve subito magicamente.
Si recarono all’aeroporto dove pagarono molto salatamente un pilota di un charter per farsi accompagnare in Antartide, lì, sborsarono di nuovo un bel po’ di contanti per avere un passaggio su una rompighiaccio e raggiungere il punto che Roweena gli aveva indicato.
Non fu’ affatto facile trovare il nephilim, ma per fortuna intravidero la figura statica di Castiel e lì vicino c’era qualcosa che non riuscirono ad identificare finché non furono vicino a quell’ammasso semi congelato, pieno di sangue da dove addirittura spuntava una coda di un delfino.
“Ma che cazzo è?!” Disse Dean.
Quando infine estrassero i due corpi insanguinati e privi di conoscenza, Sam e Dean si guardarono sbalorditi e accigliati.
“Ma questo non è…” Iniziò Dean incredulo indicando tritone disteso a terra e Sam terminò “Kael..”
“E che diavolo ci fa anche lui qui?!! Se c’entra qualcosa con la sparizione di Jack, ti giuro che stavolta lo uccido!!” Minacciò il cacciatore più grande serio.

I due corpi furono issati sulla spacca ghiaccio. Il medico notò subito le condizioni critiche in cui versavano. Li misero in una camera apposta per scaldarli lentamente perché non potevano farli passare dal gelo al caldo, sarebbe stata una sofferenza inaudita ed i loro corpi sarebbero peggiorati riportando ferite ben peggiori, rischiavano embolie ed ischemie per l’improvviso afflusso del sangue che adesso era invece molto basso. Avevano le estremità di un colore blu-nerastro e il medico ipotizzò una possibile amputazione, ma doveva prima visitarli approfonditamente.
Anzi il medico si stupì di come poteva esser sopravvissuto l’essere umano, (ovviamente ignorava la parte angelica del giovane).
A Jack vennero tagliati via tutti i vestiti gelati ed entrambi furono rinvoltati in coperte isotermiche, infine medicati e chiusi sotto una specie di camera iperbarica apposita, che avrebbe regolato la temperatura automaticamente facendola alzare di un grado per volta.
Gli vennero messi tubi per la respirazione artificiale e aghi ovunque per reintegrare vitamine, sali e soluzioni analettiche per ripristinare il calore all’interno del corpo.
Jack e Kael rimasero praticamente immobili e incoscienti almeno finché la temperatura non fu’ tornata abbastanza nella normalità ed il loro corpo che aveva abbassato quasi tutte le sue funzioni, riprese il suo ritmo normale, svegliandosi e pompando di nuovo il sangue ovunque, ma questo provocò ad entrambi molto dolore, iniziando a gemere e contorcersi.
Sam e Dean che li stavano sorvegliando corsero a chiamare il medico.
“Purtroppo è inevitabile… E’ la riattivazione del flusso sanguigno, i loro vasi sanguigni erano praticamente diventati sottili come spilli e ora si stanno riaprendo è normale che provino dolore, ma passerà presto.” Cercò di tranquillizzarli anche se non ci riuscì.

Jack aveva fasciature ovunque: alla testa, alle mani, dal polpaccio in giù compresi entrambi i piedi, i medici si stupirono di trovargli un’incredibile quantità di testosterone nel suo sangue, ma questo spiegava il perché il suo pene fosse l’unica cosa non congelata, o almeno così pensarono, ma non era comunque normale, aveva l’organo rosso e gonfio, doveva esser successo qualcosa, ma avrebbero dovuto analizzarlo meglio. Kael aveva solo le mani fasciate, visto che i medici non sapevano come comportarsi con una coda da delfino. Erano medici, non veterinari.

Il sirenide fu’ il primo a svegliarsi il giorno dopo
Aprì gli occhi e gemette per uno strano formicolio doloroso in tutto il suo corpo ma poi sussultò spaventato trovandosi chiuso sotto una cupola trasparente con aghi infilati nel braccio.
Sam lo notò e si avvicinò subito al vetro della camera iperbarica entrando nel suo campo visivo, era sicuro che se lo avesse riconosciuto forse, si sarebbe calmato ed infatti Kael lo fissò incredulo, con difficoltà per via delle fasciature, si spostò la mascherina d’ossigeno dalla bocca “S-Sam?!”
Poco dopo notò anche Dean che aveva seguito il fratello e gli stava un passo dietro fissandolo minaccioso “Dean..? Che ci fate qui? Dove sono?!”
“Cosa ci facevi tu con Jack?!! Maledetto ibrido, per me saresti già stato morto se non era per mio fratello, dice che è meglio darti la possibilità di spiegare, ma secondo me non c’è niente da spiegare!” Ringhiò Dean aggredendolo mentre il tritone lo guardava stanco, confuso e senza capire.
Si toccò la coda e si accorse di non poterla muovere e gemette
“Ti fa male?” Domandò Sam guardandolo oltre il vetro
Kael strofinò la mano fasciata sul fianco squamoso “Non riesco a muoverla.. Non sento niente.. Non riesco a trasformarmi.” Disse spaventato
“Calmati.. Magari è solo temporaneo. Sai dirmi cos’è successo?” Gli chiese cercando di distrarlo
Kael smise per un secondo di affannarsi sulla sua coda e guardò il cacciatore “Non lo so… Le foche mi hanno condotto dal quell’umano che non sapevo nemmeno che si chiamasse Jack prima che lo nominaste.
L’ho trovato semi congelato, privo di sensi. Io ho solo improvvisato un riparo per tenerci in vita. Non so come ci sia finito lì.” Spiegò il tritone prima di ricominciare a toccare la coda per sentire se in alcuni punti poteva esser più sensibile.
Sam guardò suo fratello che fece spallucce.
“Cerca di riposarti un po’, purtroppo dovrai stare ancora un po’ lì dentro, comunque sei al sicuro qui, vi stanno curando.”
E prima che Sam se ne andasse Kael lo richiamò “E.. lui come stà?”
“Non si è ancora svegliato ma è vivo. .. Grazie per quello che hai fatto”
Dean non disse niente e si limitò a seguire Sam.

Passarono altri due giorni, Kael sembrava reagire bene alle cure e la sua ripresa era piuttosto rapida, poté iniziare ad uscire da quella cupola di vetro, anche se non riusciva ancora a prendere sembianze umane. Per aiutarlo a mantenersi idratato ogni tanto lo calavano in una vasca di acqua di mare che avevano preparato per lui.
Ma lui era preoccupato e silenzioso, se non avesse potuto riprendere ad usare la coda, sarebbe morto in termine di poco. Era felice di aver ritrovato Sam anche se non riusciva mai a trovarsi da solo con lui perché suo fratello li sorvegliava a vista e per fargli capire che non si sarebbero lasciati ingannare dal lui un giorno gli mostrò dei tappi per le orecchie con un sorrisino sardonico stampato sulle labbra.
Kael non poteva certo biasimarlo, dopo quel che era successo anni prima.

Finalmente anche Jack riuscì a riprendere conoscenza. Emise dei versi strozzati sentendo il tubicino che dal naso scendeva nella gola fino ai polmoni per ossigenarli. Aveva sete era disorientato e confuso. Castiel era già lì, in effetti da quando erano stati ritrovati, non si era mosso dalla piccola camera iperbarica di Jack, ed ogni tanto gli aveva anche parlato, prendendosi una delle battutine un po’ sarcastiche di Dean. Si avvicinò al ragazzo toccandogli la fronte e prendendogli una mano “Hey .. Sono qui, va tutto bene, vedrai che ti rimetterai presto.” Jack lo guardò senza ricordarsi di lui.
“Ho … Ho .. ethe” Disse in un bisbiglio. Il medico disse che gli stavano già dando liquidi via endovenosa, ma jack mugolò, indicò il tubo che gli usciva dalle narici “..ia .. ia..” Disse più agitato e Castiel cercò di calmarlo “Vuoi toglierlo? Sei sicuro?” E Jack annuì. Il medico brontolò un po’, ma poi si arrese e gli tolse i tubo. Jack tossì un po’, Castiel lo aiutò a sollevarsi leggermente e lui afferrò tra le mani fasciate il bicchier d’acqua che il medico gli aveva preparato e lo trangugiò rovesciandosene un po’ addosso per la foga, poco dopo si piegò in due per il dolore ansimando. Il medico pensò subito che lo stomaco avesse reagito male all’improvviso arrivo del liquido, ma poi capì. Jack teneva le mani a coppa sulla sua zona inguinale, aveva le lacrime agli occhi e doveva provare un dolore assurdo.
“Cos’hai jack?!” Chiese allarmato Castiel, ma Jack dal dolore non riusciva nemmeno a parlare e boccheggiava come un pesce.
Nel frattempo arrivarono anche i due cacciatori. Si preoccuparono nel vedere Jack in quello stato.
Il nephilim rotolava da una parte all’altra gemendo con le mani premute sull’inguine e le gambe piegate verso l’alto.
 I medici fecero allontanare tutti, spingendoli fuori per visitare il ragazzo. Occorsero sei persone, quattro delle quali dovettero tenerlo fermo.
Si resero conto del perché di tutto quel dolore, il pene era gonfio e paonazzo, la ripresa del flusso circolatorio era stato troppo in quelle condizioni e sembrava voler esplodere da un momento all’altro.
Dovevano operarlo d’urgenza o ci sarebbero state tremende conseguenze per lui.
L’operazione durò circa un’ora, ma riuscirono a stabilizzare le funzioni erettili. E Jack si ritrovò una fasciatura anche al bacino ed un tubicino che drenava e toglieva sangue e liquido essudato provocato dall’infezione in atto.
Quando gli amici poterono riavvicinarsi a Jack, stava riposando e sembrava molto provato. Aveva di nuovo una mascherina d’ossigeno sul volto.

Tutti volevano risposte. I medici per un verso, i cacciatori e l’angelo per un altro, ma dovevano portar pazienza per adesso. Per fortuna la presenza del tritone a bordo distraeva soprattutto l’equipaggio dal far domande ai cacciatori e per loro era un bene.
Kael non si sentiva affatto a suo agio. E quando finalmente riacquistò la sensibilità nella parte inferiore del corpo e riuscì a muovere di nuovo la coda e trasformarsi prendendo un aspetto meno bizzarro, non vide l’ora di allontanarsi da tutti loro. Aveva imparato che era meglio tenersi a distanza dagli esseri umani o .. avvicinarsi soltanto quando era lui ad averne il controllo cioè soggiogati dal suo incantesimo.
E una notte, quando ormai sentì di potersela cavare di nuovo da solo chiamò Sam e Dean
“La nave presto giungerà in porto. .. Io vorrei tornare libero, in mare aperto.” Gli disse quasi incerto per la paura che la loro risposta fosse negativa.
“Sicuro di sentirti bene?” Gli chiese Sam con dolcezza
Kael annuì sorridendo leggermente. Dopo tutti quegli anni trovava ancora estremamente affascinante quell’uomo ed arrossì lievemente, prendendosi una schiarita di gola allusiva con annessa occhiataccia da Dean e facendo scappare subito dopo una risatina a Sam.
“Allora va bene, sei libero, torna pure a casa.”
“E non combinare guai.” Aggiunse veloce Dean “Piuttosto, come c’eri finito anche tu laggiù tra i ghiacci?”
Kael alzò le spalle “Storia lunga e non molto piacevole, magari un giorno ci ritroveremo e ve la racconterò.”
I due cacciatori accompagnarono Kael all’esterno sul ponte di una delle fiancate della nave. Kael si sfasciò le mani che ormai sembravano guarite alla chiara luce lunare.
“Allora addio di nuovo” Disse il tritone
“E chi sa se lo sarà” Dean roteò gli occhi con finta insofferenza. Poco dopo Kael saltò dalla nave e scomparve nell’oscurità del mare.
Sam rimase a fissare il mare e poco dopo si accorse che Dean lo stava scrutando con una strana espressione ed un sopracciglio sollevato.
“Che c’è?!” Fece Sam e senza aspettare la risposta si avviò all’interno della nave seguito da una risatina del fratello. Lo odiava quando faceva così!

***


“Basta va bene?! Non mi ricordo di voi! Io non mi chiamo Jack e voglio esser lasciato in pace!” Gridò il ragazzo stressato ed agitato all’ennesimo tentativo di fargli tornare la memoria.
Era ormai passato circa un mese da quando Jack era stato salvato e riportato al Bunker. Sam, Dean e Castiel avevano cercato di lasciarlo tranquillo finché non si era ristabilito; Finalmente era stato liberato da tutti quegli aghi e tubi inseriti in ogni dove nel suo corpo, e senza tutte quelle iniezioni di Caverjet il livello di testosterone nel suo sangue era tornato nella norma ed anche l’inguine ed il suo pene erano guariti, ricominciando a svolgere le sue funzioni regolari, senza imbarazzanti e soprattutto dolorose erezioni fuori controllo, o quella voglia di avere orgasmi in ogni momento del giorno e della notte che aveva messo a disagio anche Dean che era quello che si scomponeva meno di tutti in fatto di sesso.
Aveva raccontato tutto quello che era successo da quando aveva memoria ovviamente, che era convinto di chiamarsi Timothy e che era scappato dalla presunta casa degli zii perché non ne poteva più dei loro soprusi.
I tre erano rimasti allibiti ed inorriditi dal racconto ed avevano cercato di spiegargli la verità, ma lui adesso sentendo una versione completamente diversa di chi fosse era andato in crisi, chi mentiva e chi diceva la verità? Anche loro avrebbero potuto mentire benissimo! Lui dopotutto non poteva saperlo.
Così se ne stava tutto il giorno rinchiuso dentro la sua presunta camera, finché loro non venivano a disturbarlo, e questo succedeva molto spesso, con una qualsiasi scusa solo per tormentarlo con domande o test per vedere se gli stimolavano la memoria. Soprattutto quel Castiel.
Non erano affatto cattivi con lui, anzi, facevano di tutto per metterlo a suo agio, ma lui non riusciva proprio più a fidarsi di nessuno e quel suo vuoto, il non saper niente del suo passato lo rendeva sempre triste o di cattivo umore.

In una bella giornata di sole Castiel andò a bussare alla porta della sua stanza
“Jack? Hey c’è un bel sole fuori, ti prego esci, andiamo a fare un giro, ti prendo un bel gelato. Una squisita invenzione umana! Oppure ti compro le caramelle che ti piacciono tanto! Ti prego esci.”
Dopo qualche minuto di silenzio Castiel udì la sua voce “No!”
L’angelo sospirò e bussò di nuovo.
“Jack per favore. Ti devo parlare.”
Sentì rumori di qualcosa che sbatteva e il nephilim che borbottava, poi finalmente aprì la porta e apparve il viso imbronciato del ragazzo. Castiel notò come fosse cambiato da quando soffriva di quest’amnesia. Ed era pericoloso, era pur sempre un nephilim dotato di poteri molto grandi e se li avesse usati inconsciamente per uno scatto d’ira o altro? Per ora a detta di lui, si era solo teletrasportato senza saperlo e senza averne il controllo, ma poteva accadere di nuovo o di peggio.
“Hey…”
“Che c’è?!” Gli disse subito secco guardandolo serio.
“Dobbiamo parlare di te e..”
Jack lo interruppe di nuovo “Ancora?! Non ne ho voglia!” Fece per richiudere la porta, ma Castiel glielo impedì inserendo il piede.
Jack fece un verso esasperato
“Lasciami in pace!”
“Non posso! Tu devi ricordarti chi sei! Sei pericoloso!”
“Ah io sarei pericoloso? Chi mi ha costretto ad avere rapporti sessuali e mi picchiava se non riuscivo a svolgere bene un lavoro allora.. loro erano angeli!!” Disse ironico e si buttò sul letto a pancia in giù. Castiel entrò nella stanza.
“Non sto’ dicendo questo. Ciò che ti è stato fatto è orribile. Ma l’angelo sei tu. Tu sei come me.”
Jack si coprì la testa col cuscino e mugolò “Ancora con questa storia!”
“Ti ho lasciato tranquillo, ho aspettato sperando che ti tornasse la memoria, ma adesso ti aiuterò a recuperarla” l’angelo si avvicinò deciso al suo letto e quando Jack tolse il cuscino e si voltò chiedendo “Come?!”
Castiel con un rapido gesto gli appoggiò il palmo della mano alla fronte ed usò il suo potere per cercare di sbloccargli i ricordi.
“Così” Disse ed un lampo di luce chiara ed azzurrina si sprigionò dal palmo della mano. Jack gridò ma non riuscì a sottrarsi. Rimase semi seduto, con la bocca dischiusa, gli occhi vacui, le braccia lungo il busto, sorretto dall’energia di Castiel.
Sam e Dean sentendo gridare accorsero preoccupati, e si schermarono gli occhi alla luce che adesso si sprigionava dalla mano dell’angelo, ma non intervennero, sapevano che qualsiasi cosa stesse facendo l’angelo, non era niente di pericoloso o letale per Jack.
Non fu una cosa piacevole per Jack che si sentiva la mente sconvolta, iniziò a veder passare alcune immagini: una donna col pancione, un video di lei dove gli diceva di essere sua madre e le dispiaceva di non poterlo veder crescere, immagini dei due cacciatori, immagini di se stesso che faceva cose assurde, come sollevare oggetti e scaraventare persone in aria con la sola forza del pensiero e di cose fatte insieme a quei tre.
Dopo pochi minuti la luce diminuì e Castiel lo lasciò, Jack ricadde sdraiato sul letto ansimando ad occhi chiusi, il suo petto si sollevava e si abbassava tremando leggermente
“Questo sei tu. Adesso hai visto. Sei come me… anzi più potente, per quello ti sei teletrasportato, forse il teletrasporto è avvenuto per un forte shock o per paura, inconsciamente, ma immagina se avessi fatto di peggio… Scusami se non è stato piacevole, non era mia intenzione farti del male, ma dovevi sapere.”
Jack aprì gli occhi guardando Castiel e poi guardando i due cacciatori, Sam si sedette sul letto prendendogli una mano tra le sue
“Tutto bene?”
Jack rimase ancora a fissarli un po’ imbronciato, poi assottigliò lo sguardo qualcosa sembrava riaffiorare nella sua mente, un combattimento. Lui stava proteggendo Sam e Dean contro un individuo dagli occhi rossi, una creatura potente, che usava il suo potere per fargli del male.
Si concentrò per vedere meglio piano piano che il ricordo riaffiorava
“Io …”
I tre rimasero in silenzio aspettando pazientemente
“Chi era …? … C’è stato uno scontro .. Io vi stavo cercando di proteggere..”
Sam annuì “Esatto. Tu ci hai salvato, hai tenuto impegnato Lucifero affinché riuscissimo a scappare”
“Lucifero..” Ripeté Jack ancora impegnato nel cercare di recuperare più ricordi possibili.
“Lui è… è parte di me.. è mio padre” Guardò preoccupato Castiel
“Lo è.”
“Ma perché ho la sensazione che sia malvagio..?”
“E’ il diavolo” S’intromise Dean ma Castiel lo ammonì con un gesto
“Jack adesso dovrà continuare da solo a recuperare la memoria e capire chi è. Lasciamolo tranquillo.”
Castiel si voltò per uscire. Sam si alzò dal letto, gli batté dolcemente la mano sulla spalla e con Dean uscirono tutti dalla stanza lasciando il ragazzo solo con i suoi dubbi, ed i ricordi che molto lentamente tornavano a riempire la sua mente.

A ora di pranzo Jack uscì dalla stanza e lì raggiunse in cucina.
Loro lo guardarono un po’ perplessi
“Ciao… Sam, Dean e Cass” Disse spostando lo sguardo dall’uno all’altro facendogli capire che si ricordava di loro. E loro gli sorrisero
“Bentornato ragazzo” Disse Dean, prendendo un piatto, mettendoci dentro un sandwich e mettendolo a tavola.
Jack si leccò le labbra “Ho una fame!” Disse sedendosi con loro e poi si misero a parlare allegramente, cercando di sdrammatizzare a proposito di quella brutta esperienza accaduta al nephilim. Dean era piuttosto incuriosito dalla storia delle erezioni e non perse occasione per dirgli di come aveva messo tutti in imbarazzo i primi giorni e che veramente non aveva mai conosciuto nessuno che fosse stato così attivo e che quasi quasi ne era invidioso.
“Ma quindi non sai dirmi che cosa c’era in quelle iniezioni?”
Sam guardò esasperato il fratello e roteò gli occhi
“Sei sempre il solito!”

The end

 


n.b. Devo dire che questo è stato il racconto che mi è piaciuto di meno in assoluto. La prima parte buttata giù più volte e infine a parer mio molto tirata via, perché avrei voluto descrivere di più alcune scene, ma per mancanza di tempo ho dovuto saltare e la seconda parte dove Kael ha una parte secondaria, ma che avrei anche potuto evitare di far entrare in scena. Iniziato con un’idea e sviluppato via via cambiando e arrangiando. No, devo dire che stavolta non sono granché soddisfatta del mio lavoro.

   
 
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