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Autore: ChewCekka    30/09/2018    0 recensioni
One shot- 895 parole- (KiriBaku)
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Aveva passato così tanto tempo con lui che gli era impossibile immaginare la sua vita futura senza la sua presenza, il suo corpo, la sua voce, il suo odore, i suoi comportamenti, perfino le sue sfuriate. (...)
Prese il suo volto tra le mani, impedendogli di volgere lo sguardo altrove se non sulla sua faccia. E pianse. Liberò tutti quei chiodi pungenti e schegge di vetro taglienti. Voleva mostrargli il suo dolore, quello che gli provocava, sbattergli in faccia tutto il suo amore e la sua tristezza, farlo stare male implorandolo di farsi aiutare, di sorreggerlo.
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Scritta in un attimo di noia pura sul treno per andare a Firenze, spero non faccia troppo schifo :D
Genere: Drammatico, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Com’è alto il dolore.
L’amore, com’è bestia.
Vuoto delle parole
che scavano nel vuoto vuoti
monumenti di vuoto. Vuoto
del grano che già raggiunge
(nel sole) l’altezza del cuore.

-G. Caproni
 
Bastò guardare i suoi occhi, quegli enormi, espressivi occhi pieni di compassione e paura, per rendere tutto intorno a lui come se fosse incartato nel cellophan: la sua voce, le sue imprecazioni, quei fiumi incontrollabili di collera e furore, diventarono lontani, ovattati. Ma continuarono il loro percorso, e lui volse altrove lo sguardo.

Era successo ancora. Ancora una volta. Ancora una dannatissima volta.

Il suo stomaco sembrava stesse tirando con veemenza una piccola cordicella legata direttamente a una campana nel suo cervello, come se gli stesse dicendo di fermarsi immediatamente, con disperazione, mettere un punto a quell’ennesima sfuriata senza senso, di attivare la vista e guardare ciò che riusciva a far nascere con tutto quell’odio.

Voleva smettere, accasciarsi per terra, con la testa fra le gambe, far fluire via tutta quella rabbia e frustrazione in qualsiasi altra maniera che non fosse urlare contro la persona che amava.

Katsuki si odiava. Odiava quel suo orgoglio, quella corazza che con il tempo era riuscita a diventare una prigione inespugnabile per se stesso, odiava la sua rabbia, che da carburante si era trasformata in combustibile. Le sue emozioni lo uccidevano, lo logoravano dall’interno, riuscivano ad incenerire ogni buona intenzione che avesse. L’ira verso il mondo si era rivolta verso di lui.
L’unica cosa che era però incapace di rovinare era l’amore che provava per Kirishima; era rimasto tante di quelle notti a guardarlo dormire nel suo letto, dopo aver fatto l’amore incessantemente tra le lenzuola, sul tavolo della cucina, sul divano, con ancora sul volto quell’espressione di beatitudine intrisa di sudore: sembrava che la sola vista di quell’immagine celestiale potesse far crollare la sua vanagloria. Non poteva smettere di amarlo, ma aveva il potere e le armi per far finire ciò che aveva costruito in quegli anni.

Nell’antica Grecia, Seneca stabilì che la rabbia non era altro che follia: era così che Katsuki si vedeva. Un folle. Un pazzo iracondo, cieco, senza speranza, una mina vagante che feriva chiunque gli stesse vicino, una bomba pronta ad autodistruggersi.

-Katsuki- provò a chiamarlo Eijirou. La sua voce era così diversa da quella di alcuni anni prima: molto più profonda, rassicurante. Una voce da uomo. Amava quando la usava per chiamare il suo nome, in qualsiasi occasione, che fossero a letto o in stanze diverse del loro appartamento. Pareva lo decantasse, lo udiva come una melodia.

Ma le sue urla coprirono quello che era il primo tentativo di Kirishima di riuscire a calmarlo. Katsuki non si ricordava nemmeno come fosse iniziata la scenata: la sua mente era completamente andata, bianca, vuota.

Kirishima cercava i suoi occhi: ogni volta che il suo partner impazziva, anche se odiava definire quei momenti in quel modo, tentava di trovare quel barlume di ragionevolezza nello sguardo di Bakugou. Sentiva le lacrime pungergli gli occhi, che spingevano tra loro per riuscire a riversarsi sulle sue guance ispide e bagnargli il volto.

Aveva passato così tanto tempo con lui che gli era impossibile immaginare la sua vita futura senza la sua presenza, il corpo, la sua voce, il suo odore, i suoi comportamenti, perfino le sue sfuriate. Quando la maggior parte delle volte Bakugou usciva di casa sbattendo con violenza la porta dell’ingresso si ritrovava a piangere silenziosamente, senza nemmeno rendersene conto. Piangeva non per lui, ma per Katsuki, per la tristezza che gli suscitava e l’impressione di essere inutile e di non poterlo aiutare.

Prese il suo volto tra le mani, impedendogli di volgere lo sguardo altrove se non sulla sua faccia. E pianse. Liberò tutti quei chiodi pungenti e schegge di vetro taglienti. Voleva mostrargli il suo dolore, quello che gli provocava, sbattergli in faccia tutto il suo amore e la sua tristezza, farlo stare male implorandolo di farsi aiutare, di sorreggerlo.

Sembrò funzionare: il volto di Katsuki si rilassò improvvisamente e smise di urlare, guardando con espressione assente le iridi di Kirishima. I muscoli del suo corpo si distesero, le braccia cedettero lungo i fianchi e le vene sul collo si resero invisibili.

-Katsuki- chiamò nuovamente Eijirou, con ancora più dolcezza e rammarico. Allentò la presa sul suo viso e spostò una mano sul suo collo.

Improvvisamente sul volto di Bakugou si disegnò una smorfia di dolore fisico. Afferrò le mani di Kirishima quasi con disperazione prima di buttarsi al suo collo. Il suo corpo cominciò a tremare, scosso da violenti spasmi, mentre tutte le parole che voleva dire gli morivano in gola, incendiandola, lasciando uscire solo dei rantoli animaleschi e strazianti. Si strinse ancora di più a lui, afferrandogli la maglia, conficcandosi le unghie nei suoi stessi palmi anche attraverso il tessuto, cercando di esprimere con il suo calore e il contatto fisico le sue scuse e la sua afflizione.

Fortunatamente per lui, Kirishima aveva un’enorme empatia; riuscì  comprendere ogni singola parola silenziosa, ad assorbire ogni lamento, ogni rantolo, ad attutire la sofferenza di Katsuki con ogni singola molecola del suo essere.

Lui, l’uomo con il quirk capace di renderlo duro come diamante, era riuscito ad ammorbidire e spegnere le fiamme esplosive di Bakugou. Era riuscito a scalfire il suo orgoglio e renderlo finalmente libero, fermando quel processo di autodistruzione che avanzava da fin troppo tempo nella mente deteriorata di colui che amava.
   
 
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