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Autore: Mimma soleian    01/10/2018    0 recensioni
La storia di un uomo alla ricerca di se
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Lo squillo del telefono lo aveva risvegliato all’improvviso, gli ci volle qualche istante per comprendere dove si trovasse. Si girò alla sua sinistra e guardò i biondi capelli di Sidney che gli dormiva accanto. Allungò la mano fino a toccare i pantaloni che aveva lasciato per terra accanto al letto la sera prima. Estrasse il cellulare dalla tasca e lesse sul display il nome di suo padre, se ne stupiva ogni volta... Pol. non papà. Rispose ancora un po’ intontito. “Pronto?”, “Freddie non so dove tu sia, anche se posso immaginarlo..Dovresti rientrare il prima possibile, se non ti è di troppo disturbo..” Che succede? Freddie si sedette sul letto e ora tutta la sua attenzione era diretta alla telefonata. “ Marc ha deciso di fare i bagagli e andarsene in pensione. Non c’è verso di farlo ragionare. Rientra e vediamo che si può fare. “ Cosa?..disse Freddie incredulo  “ In che senso? Insistette… “ Ne parliamo quando rientri ora devo andare..rientra!.. La conversazione si concluse così.
Ancora seduto sul letto e con il cellulare in mano Freddie pensava a ciò che suo padre gli aveva detto. Cosa voleva dire che voleva andare in pensione? Non aveva mai preso in considerazione quella possibilità. Conosceva Marc da sempre e lo ricordava così fin da quando era un bambino, quell’uomo era sempre stato vecchio per gli occhi di Freddie. Esattamente come Babbo Natale, Marc per Freddie non aveva un tempo.
Sidney svegliata dalla conversazione, lentamente e con modo sinuoso gli cinse con le braccia il busto poggiando la testa sulle sue cosce.” Che succede? Chi era al telefono? Lo osservava incuriosita, i suoi capelli lunghi e morbidi contornavano un volto lineare e dolce. I suoi occhi azzurri brillavano già il mattino. Freddie la aveva conosciuta due anni prima durante una partita di tennis al club. Sidney lo osservava giocare a bordo campo sotto un grazioso ombrellino di pizzo bianco che lei teneva poggiato sulla spalla e che faceva roteare con un semplice movimento del polso. Da li un gelato, un aperitivo e poi la passione li aveva travolti. Tutto semplice e perfetto. Sidney sapeva muoversi con Freddie, quasi anticipandone le richieste, sapendo aspettare quando era il momento e agendo se era il caso. Capiva i suoi stati d’animo e non interferiva, aspettava paziente che l attimo passasse anche se delle volte non era cosi. “Mio padre.. Disse baciandole la fronte e alzandosi dal letto.. “Devo tornare a casa, ho delle cose da sbrigare, tornerò in tempo prima che tu parta. Le accarezzò il volto “Scusa.. aggiunse. Mezzora più tardi era alla guida della sua macchina sportiva, diretto verso la loro casa estiva, 210 ettari di terreno tra bosco e giardino in cui sorgeva una enorme villa in stile vittoriano ereditata dalla famiglia di sua madre. Adorava quella casa e le loro feste d estate in giardino. Varcò il cancello e percorse il viale alberato che lo condusse alla villa. Scese dalla macchina salutando il giardiniere con la mano e salendo i gradini velocemente. Sua madre sistemava nella veranda dei fiori appena recisi. “Freddie! Amore sapevo che saresti arrivato, che terribile notizia non trovi? Per quale motivo poi abbia deciso di abbandonarci è incomprensibile, siamo tutti sconvolti… Aveva pronunciato quelle parole nel suo modo melodrammatico che conservava per quelle situazioni che lei riteneva degne di nota. L aveva sentita spesso e sempre finiva con l assecondarla, reggendole il gioco per recitare il suo dramma. “ Terribile davvero mamma. Le disse baciandole la guancia. “Tu come stai?”.“ Come sempre tesoro, indaffarata, poi con i preparativi della festa per Marc ancora di più. La voce le si spezzò e lei si portò la mano alla bocca. “Vedrai che tutto si sistemerà, dove sono Marc e papà? .”Dovrebbero essere nello studio. Disse proseguendo a sistemare i fiori. Federico salì nello studio dove trovò Marc. “Quindi è vero? mamma sta già organizzando la tua festa d’addio.. Sorrisero entrambi a quelle parole.. “Tua madre è una donna straordinaria ed efficiente. Disse Marc porgendogli un bicchiere di limonata ghiacciata. “Quest’anno il caldo sembra non volerci dare una tregua. Ricordi le estati nella spiaggia piccola? La riuscivamo a godere del sole ma anche della brezza del mare e tutto sembrava perfetto.. Lo disse quasi parlando a se stesso, immerso in dei ricordi lontani che”appartenevano a entrambi. “ Lo ricordo come fosse ieri, ci passavo le mattine e poi tutto il tempo quando ho lasciato l’università. “Le università.. Aggiunse Marc.. “Non me lo hai ancora perdonato vero? Lo sai che gli studi non fanno per me. E mi soffocava..quell’ambiente.. Si lasciò cadere sulla poltrona guardando Marc. “Cosa c’è che non va qui? Cosa ti manca? Sei uno della famiglia e ci vuoi abbandonare, per cosa? Si può sapere?.. Marc gli sorrise sedendo nella poltrona davanti a lui. D’inverno si erano trovati spesso in quella posizione ma il sole non illuminava così la stanza, lo faceva con un tenue riverbero il fuoco del camino e le loro conversazioni erano accompagnate non da una limonata ghiacciata ma da dello scotch liscio. “Sono un vecchio che vuole tornare a casa. “Ridicolo!è questa casa tua. Cosa vai dicendo? Mi hai visto nascere, ti ho visto in questa casa da sempre, hai più polvere tu di questi mobili… Quasi urlò pronunciando quelle parole di cui si penti subito.. “Scusa, ho esagerato ma e che veramente non ne vedo il motivo e non ne comprendo la ragione. Cosa puoi desiderare di più di quello che hai adesso?..Marc lo guardò con un senso di sconfitta...”E quello che ti è sempre sfuggito Fede, quello che ho sempre cercato di farti apprendere e che non hai mai appreso. La mancanza di sogni..”Non ho bisogno di sognare Marc, la mia vita è già un sogno. Desidero e ottengo, ed io Marc sono felice così, sei tu che non hai mai capito nulla di me. Gli affari sono il tuo mestiere quello di mio padre e di mio fratello, il mio è godere di tutto quello che ho. Se va bene a loro non vedo perché non debba andare bene a te. E sarebbe anche ora che anche tu iniziassi a godere di tutto quello che hai costruito insieme a mio padre. “ Ed è quello che ho intenzione di fare Freddie ma non qui. Voglio, ho bisogno di respirare ancora un po’ dell’aria del sud. Ho fatto costruire una villa dell’altura, dove prima c’era la casa in cui sono nato. Voglio ritornare a casa Freddie . Questo non vuol dire che non ci sarò per voi … per te… vuol solo dire che mi godo la vecchiaia come preferisco che sia.  Freddie continuava a osservarlo ma le parole non fluivano dalla sua bocca. Pensieri, quelli si, tanti che sembravano offuscargli la mente. Rimase in silenzio fino a quando la porta non li spalanco e vide suo padre entrare. “ Sei riuscito a convincere il nostro Marc? L’espressione assente di Freddie gli bastò. “ Neanche tu.. Eri la nostra ultima speranza ma a quanto pare il vecchio Marc ha preso la sua decisione.   Prese un bicchiere di limonata anche lui e lo alzò. “A Marc, e a quello che ha fatto con noi in tutti questi anni!..Una festa in giardino è poca cosa per esprimerti tutto il nostro affetto e dirti quanto ci mancherai.  I due uomini brindarono mentre Freddie usci dalla stanza velocemente.
La serata era fresca e il sole del mattino quasi sfiorava l’orizzonte del mare. Gli ospiti erano arrivati in tanti e avevano quasi preso l’intero possesso della casa e del giardino. Tra cocktail e buffet di ogni genere Freddie si muoveva silenzioso. L’immagine di una estate lontana gli ritornava alla mente. Marc che distribuiva del gelato appena preparato dalle sapienti mani di Eloise la loro cuoca. Lui che rientrava dalla sua partita a tennis sfinito e felice, aveva vinto, come sempre. Sua madre e i suoi adorabili cappelli e le fontane che adoperavano per dei giochi d’acqua. Le granite succose e naturalmente il sole che riempiva di luce ogni stanza ed anche il suo cuore. Quella serata invece non faceva che rabbuiarlo. Guardò l’ora e si accorse che Sidney era già partita, si era scordato di lei. Provò a chiamarla ma era irraggiungibile. Le mandò un messaggio di scuse. Per tutta la durata della festa parlare con Marc era stato impossibile, aspettò che i più andassero via e poi finalmente lo avvicinò. “E’ stata una splendida festa, non trovi?  Gli disse “ Si, tua madre si è veramente superata, è stato tutto perfetto.  Si guardarono per un istante in silenzio poi Marc gli mise una mano sulla spalla. “Sono sempre stato fiero di te Freddie, lo sai vero?. Ho cercato di insegnarti tutto quello che sapevo e tutto quello che credevo necessario, anche se non sono tuo padre, ho sempre cercato di prendermi cura di te”. Freddie lo abbracciò forte – Mi mancherai
La notte chiamò Sidney ma non le disse nulla dei suoi pensieri e della giornata appena trascorsa. Non amava Sidney, stava bene con lei ma non ne era innamorato, sapeva che le avrebbe spezzato il cuore prima o poi ma era un pensiero che allontanava velocemente. La sua vita non doveva avere intoppi o complicazioni, eppure un intoppo c’era stato. Un cambiamento radicale che non sapeva come gestire, Marc. Non lo avrebbe mai ammesso ma lui era stato il suo mentore, la sua guida per tutti quegli anni e adesso si sentiva smarrito. La distanza che li separava gli sembrava enorme. Si rese conto di sentirsi perduto perché Marc era stato per lui la figura maschile più importante e presente nella sua vita. Suo padre aveva sempre riempito di attenzioni suo fratello Peter rendendolo esattamente come aveva sempre desiderato, com’era adesso, uguale a suo padre. Un grande uomo d’affari e di successo. Sua madre invece aveva accolto Freddie sotto la sua ala materna, viziandolo e coccolandolo fino all’eccesso. Solo Marc aveva creduto in lui e nelle sue possibilità affiancandolo e spronandolo quando doveva, ma sapeva di aver fallito. Freddie amava il lusso e l’unica cosa che gli importava veramente era di godere appieno: se non della presenza di suo padre, allora del suo impero. I pensieri lo avevano accompagnato fino al mattino quando finalmente riuscì a prendere sonno, mentre Marc si accingeva a lasciare definitivamente la sua vecchia vita. Al suo risveglio Freddie aveva preso la sua decisione. Sarebbe andato a cercare Marc e lo avrebbe riportato a casa. Marc faceva parte della sua vita e non gli avrebbe permesso di cambiare le cose, doveva perlomeno provarci. Marc aveva preso l’aereo per partire lo sapeva perché ne avevano parlato la sera prima. Doveva solamente decidere se prenderlo anche lui o andare in macchina. Optò per la seconda ipotesi, gli avrebbe permesso di essere più autonomo e poi amava guidare la sua macchina sportiva. Non disse a nessuno quali fossero le sue intenzioni e nel primo pomeriggio partì sapendo che nessuno lo avrebbe considerato strano, la sua vita era sempre in continuo movimento. Spesso non dava sue notizie per settimane per poi ripresentarsi a casa di rientro da uno dei suoi innumerevoli viaggi. Nel tardo pomeriggio partì, ci avrebbe impiegato un paio d’ore per arrivare alla villa, ma aveva deciso di prenderla con calma. Non aveva ancora ben chiaro nella mente quale discorso avrebbe fatto a Marc, e il viaggio sarebbe stato un buon momento per riflettere in solitudine.
Costeggiò il mare per un lungo tratto di strada e il profumo di salsedine gli riempiva le narici. Il mare era limpido, dalle sfumature verdi e azzurre e la spiaggia era chiara e brillava sotto il sole. Gli dispiaceva abbandonare quel paradiso per inoltrarsi nel caos della città, ma era necessario. A metà percorso decise di concedersi una pausa. Chiuso nel traffico cittadino imboccò una strada secondaria. Conosceva la città e sapeva benissimo quali vie percorrere in casi come quello. Traverse e incroci che aveva percorso un’infinità di volte nelle sue uscite notturne. La città aveva un fascino misterioso per lui solo la notte. I grandi night club e i circoli che era abituato a frequentare lo ospitavano solo la notte. Aveva deciso però quel giorno di fermarsi al club per mangiare qualcosa, immaginava già la sorpresa che avrebbe letto sul volto di Pierre nel vederlo a pranzo. Non fu così però, un’incidente aveva portato alla chiusura della strada e un agente stava dirottando il traffico su un’altra uscita. Si trovò costretto a seguire il flusso delle altre macchine. Arrivare al club avrebbe voluto dire a quel punto perdere un’altra mezzora del suo tempo. Intravide un locale aperto e decise di fermarsi per mangiare qualcosa. Posteggiò la macchina in una zona d’ombra, attivò l’allarme e si avviò al locale. Per quanto poco fatiscente il locale all’interno era pulito e aveva un non so che di vissuto. Quasi interamente in legno come un vecchio pub irlandese, il Dreamers Ball era accogliente, quasi familiare. Si sedette in un tavolo e ordinò il piatto della casa, cui accompagnò un boccale di birra rossa ghiacciata. Il locale era quasi pieno, il brusio dei clienti si mescolava con la musica in sottofondo. Una chitarra acustica un pianoforte e una voce melodica avevano accompagnato il suo pasto. Sidney intanto gli aveva mandato un messaggio, avrebbe prolungato di una settimana il suo soggiorno, lui non rispose. Pagò il conto soddisfatto del suo pranzo e s’indirizzò verso la macchina, intravide però qualcosa che lo fece innervosire. Due ragazzi guardavano la sua macchina, ci giravano attorno finché uno dei due non tentò di aprire la portiera . Gli si avvicinò scostandoli nervosamente dalla macchina. “ Nessuno vi ha insegnato che non si toccano le cose altrui?”  Lo disse in una maniera stizzosa suscitando in uno dei due una reazione inaspettata. Un pugno lo colpì in pieno viso facendolo urtare contro la macchina. Il dolore era esploso sul suo labbro che adesso sanguinava e pulsava. Il sapore di ruggine gli riempiva la bocca. A sua volta sferrò un colpo e poi un altro. Il ragazzo che lo aveva colpito era a terra e il suo amico preso dalla collera si scagliò contro Freddie colpendolo con una serie di pugni in successione. Freddie si accovacciò cercando di proteggersi dai colpi che fecero scattare l’allarme della macchina. Il frastuono attirò l’attenzione del giovane chitarrista che aveva suonato all’interno del pub che in quel momento stava uscendo. Si scagliò contro l’aggressore di Freddie colpendolo con la sua chitarra e facendolo cadere a terra. Volarono insulti e minacce i due si rialzarono e guardando Freddie soddisfatti se ne andarono. Il ragazzo lo aiutò ad alzarsi cercando di capire come stesse. “ Tutto bene? Credi di avere qualcosa di rotto?” gli chiese “Freddie si appoggiò alla macchina respirando faticosamente. “Sto bene grazie” disse guardandolo mentre quasi scoppiava a ridere. “Non sono abituato a fare a botte” – poi guardò la chitarra che si era spezzata durante lo scontro. “Mi dispiace che si sia rotta. Grazie dell’aiuto, non so come sarebbe finita se non fossi intervenuto. La chitarra te la ricompro. Tu sei il chitarrista che era al pub vero?” Freddie respirava con meno fatica, anche se il labbro continuava a sanguinare e il costato gli faceva male. “Si sono io” – il ragazzo gli sorrise, “ Mi chiamo Adam”, Freddie gli porse la mano, “ Io sono Freddie grazie ancora del tuo aiuto”. “ Credo che ti debba disinfettare la ferita, io sto rientrando a casa e non abito lontano, se vuoi, ho tutto l’occorrente” Adam sorrise  “Al contrario di te, io ho avuto diverse esperienze come la tua”. Freddie gli sorrise a sua volta. “Ti ringrazio, spero che tu abbia anche qualcosa di forte da bere”. S’incamminarono verso casa di Adam quasi in silenzio. Il ragazzo aveva raccolto i pezzi della sua chitarra e li teneva sotto il braccio. L’appartamento non era tanto grande ma era accogliente. Un soppalco separava la zona giorno da quella notte, ovunque c’èrano strumenti musicali e spartiti. Freddi andò in bagno, dove Adam gli aveva preparato tutto il necessario per la medicazione, si sistemò poi raggiunse il ragazzo nel soggiorno”cucina. “ Mi piace qui – disse guardandosi attorno. “Sei un musicista?”, si sentì un po stupido nel fare quella domanda, “ Mi piace crederlo, la musica è la mia vita ed è l’unica cosa che mi sia rimasta accanto anche nei momenti più difficili. “ Sfiorò con le dita il pianoforte sotto la finestra. “ E’ stato il mio primo acquisto, avevo sedici anni, ne ho impiegato due a pagarlo e quattro sono passati prima che potessi portarlo in una casa tutta mia. L’ho acquistato ad un rigatiere da cui lavoraro quando uscivo da scuola”. Lo disse tra un misto di orgoglio e malinconia. Poi porse il bicchiere a Freddie e bevvero in silenzio. “ E tu? Sei venuto a farti picchiare dalle mie parti o sei qui per sbaglio?”, “ Sono qui per sbaglio temo, non conosco questa zona ma ero affamato...il resto lo sai. Sto andando a trovare un vecchio amico, una persona speciale, come lo è per te la musica..”. Si stupì di quelle parole e del fatto di averle dette ad un perfetto sconosciuto che però stranamente gli era familiare. Guardò la chitarra. “Non ho contanti con me, ma se mi indichi un bancomat provvederò subito a ripagarti lo strumento”. Adam lo guardò e poi guardò la sua chitarra. “ Ce n'è uno due traverse prima del locale, scusami ma la chitarra mi serve veramente, mi piacerebbe dirti di lasciar perdere ma non posso.” Freddie si alzò dal divano su cui si era seduto. “ Nessun problema, è il minimo che possa fare per te. Farò in un attimo”. Detto ciò usci. Adam si chiese se lo avrebbe più rivisto. Mezzora più tardi Freddie era nuovamente la. Oltre i soldi aveva con sé degli antidolorifici. “ Mi stava scoppiando la testa e per fortuna ho trovato anche una farmacia”. lo disse con un tono gioioso che fece sorridere Adam. “ Oggi non è proprio la tua giornata! Però sei anche abbastanza fortunato!” I due scoppiarono a ridere. “ Se vuoi puoi fermarti per riposare un po, non mi sembra che tu abbia qualcosa di rotto ma credo che un po di riposo possa  farti stare meglio. Io devo solo terminare degli spartiti e non userò gli strumenti, il divano è tuo io andrò sul soppalco”. Freddie valutò l’offerta, non se la sentiva di arrivare da Marc in quelle condizioni e poi il ragazzo lo incuriosiva, Adam era molto più giovane di lui, ma in qualche modo gli ricordava se stesso. “ Accetto volentieri.” Gli disse. “ Sei anche un compositore quindi? È questo che fai per vivere?” Adam si accese una sigaretta e si avvicinò alla finestra aperta. “ E’ quello che so fare meglio, e il mio sogno è quello di avere un locale tutto mio dove poter suonare la mia musica. So suonare diversi strumenti, dal pianoforte, con cui riesco a sentirmi veramente a casa, che mi permette di assentarmi dal resto del mondo, adoro quello strumento. La chitarra mi rallegra e mi permette di muovermi e farmi sentire vivo!”. Tirò fuori un’armonica dalla sua fodera. “ Questa è uno spasso!” Accennò a un motivetto allegro che accompagno con una specie di danza. I due risero. “ Ogni strumento è una parte di me, che esprimo in maniera differente ma con la stessa intensità. Questo è magico veramente! “ Tirò fuori dalla custodia un violino lucido di legno chiaro. Questo l’ho rubato a un’orchestra. Lo so, non ne vado fiero, ma è uno strumento memorabile, e non me lo sarei potuto permettere. “ Ripose lo strumento e spense la cicca della sigaretta che nel frattempo si era consumata da sola. “ E i tuoi?” chiese Freddie.  Adam si stiracchiò le braccia e si sedette su una sedia di fronte a lui. “ I miei sono morti quando avevo tre anni, sono stato con i miei nonni per sei e poi anche loro sono morti. Sono stato in affidamento in diverse famiglie ma mi hanno sempre riportato indietro. Ma va bene, in tutti quegli anni ho conosciuto un’infinità di persone e ho imparato un’infinità di cose e ho imparato la musica. Non ricordo i mie ma ho diversi amici su cui posso contare. Lavoro nei locali la sera e qualche volta come oggi anche durante il giorno. La paga varia da locale a locale ma il cibo e da bere è sempre tutto gratis”.Si alzò e prese gli spartiti. “Adesso, se l’interrogatorio è finito, vado a terminare il pezzo”.Gli diede un cuscino,” Spero che il divano non sia troppo scomodo per te. Immagino che tu sia abituato a ben altro, ma questo offre la casa.” Freddie prese il cuscino. “ E’ così evidente? Sono così fuori posto qui?”. “Direi che non passa inosservato il tuo abbigliamento firmato e la tua bella macchina. Sei molto curato e hai un bel taglio di capelli, non si vedono molte persone come te in questa zona. Ma non credo che tu sia fuori posto, credo piuttosto che tu ne stia cercando uno”. Così dicendo sparì con i suoi spartiti. Freddie si sdraiò sul divano e mise il cuscino sotto la testa. Le parole di Adam lo avevano colpito ma non sapeva capire il perché. Si addormentò nel silenzio dell’appartamento e al suo risveglio era quasi buio. Adam si era cambiato e stava riempiendo una sacca di cuoio con gli spartiti e il violino. “ Scusa se non ti ho svegliato prima, ma ho pensato che avevi veramente bisogno di riposare. Io devo andare a lavoro, se vuoi, puoi venire anche tu. E’ un locale dove si mangia bene e… fanno della buona musica.” Scoppiò a ridere, Freddie guardò l’ora, erano le 21.00. aveva dormito tantissimo ma la testa non gli faceva più male e si accorse di riuscire a respirare normalmente. Era tardi per andare da Marc e avrebbe avuto più tempo per pensare a cosa dirgli. Avrebbe chiamato al club e si sarebbe fermata la per la notte. “ Ci vengo volentieri, ho fame e ho voglia di sentire cosa riesci a fare con quello strumento, ricordami... preso con prestito a lungo termine a un’orchestra, giusto?”. Adam gli diede un asciugamano pulito. “Direi un affare!. Sistemati e andiamo”.
Attraversarono la città e arrivarono sulla costa. Il locale era stato costruito quasi sul mare e dalla terrazza si aveva quasi l’impressione di esserci sopra. Elegante nel suo genere offriva una vasta scelta di cucina di mare, Freddie già ne assaporava i profumi. Si sedette a un tavolo e ordinò da bere. Adam e un gruppo di ragazzi preparavano la scena per lo spettacolo. Terminato di mangiare la sua cena a base di pesce e verdure grigliate si concesse ancora un po’ di vino e attese che lo spettacolo cominciasse. Il profumo della salsedine e la brezza marina lo portarono lontano. Pensava a Marc e a quanto lo avesse sempre sostenuto e spronato nelle sue idee, a quanto lo avesse accettato senza mai tentare di cambiarlo e lui gliene era sempre stato grato. Si rese conto di stare bene, quella sensazione di smarrimento che aveva provato la sera prima era scomparsa e si sentiva sereno. Le luci della sala si fecero più basse, un violino in sottofondo creò il silenzio tra i presenti. Lo spettacolo era incominciato. Adam venne illuminato sulla scena e poi il resto del gruppo. Iniziò un susseguirsi di musica e magia, un alternarsi di generi musicali armoniosi tra loro. Freddie rimase senza parole, quel ragazzo era veramente un grande musicista. La serata si concluse due ore più tardi tra lo scroscio di applausi generale. Adam si avvicinò al tavolo di Freddie. “ Ti è piaciuto il nostro spettacolo?”. Gli chiese sedendosi al tavolo e porgendogli uno dei due bicchieri che aveva in mano. “ Whisky, offre la casa”. Freddie alzò il bicchiere. “ Siete stati veramente bravi! Tu in particolare Adam, ti devo fare i miei complimenti”. Dam accennò ad un inchino. “ Ti ringrazio, io ed i ragazzi andiamo ad una festa sulla spiaggia, se vuoi puoi unirti alla compagnia, sono tutte persone tranquille, ti divertirai!”.Freddie accettò con entusiasmo. La luna piena illuminava la serata e sulla spiaggia tra musica e balli l’atmosfera era carica di festa. Gli alcolici scaldavano gli animi e lentamente la spiaggia si svuotò. Anche Freddie e Adam andarono via. Freddie si sarebbe fermato per la notte da Adam e avrebbe proseguito il suo viaggio la mattina seguente. Parcheggiarono sotto casa di Adam, salirono le scale intonando canzoni fermandosi di tanto in tanto per sorridere delle loro performance. Adam si portò l’indice alla bocca per esortare Freddie al silenzio ma inesorabilmente scoppiò a ridere. Entrarono in casa, Freddie si buttò sul divano mentre Adam sistemata la sacca tirò fuori da un cassetto un sacchetto di marijuana e iniziò a rollarla. Freddie lo guardava, erano anni che non fumava e non ne aveva sentito l’esigenza, ma quella sera sembrava tutto così naturale. Adam aprì la finestra e accese la sigaretta, fece un lungo tiro che trattenne nella bocca per poi inspirarlo lentamente. La passò a Freddie che fece altrettanto.  “ Credo che sia veramente una giornata strana questa”.disse Freddie . “Mi hai salvato da un pestaggio e adesso mi porti sulla cattiva strada” Rise, il fumo inebriava la sua testa e tutto gli sembrava irreale come all’interno di un sogno. La sua mente era vigile ma rallentata. “ Tutto bene?” gli chiese Adam. “Si” disse sdraiandosi sul divano. “ raccontami un po’ di te, di questo tuo sogno che vorresti realizzare”. Non c’è molto da dire, vorrei avere qualcosa di mio. Vorrei che tutti i sacrifici e le privazioni che ho dovuto affrontare abbiano uno scopo. La strada è stata la mia casa per troppo tempo, non lo rimpiango certo, ma non è stato facile e più di una volta ho perso le speranze ma non mi sono mai arreso. Voglio solo la vita che ho sempre desiderato, e il locale è il mio sogno, la mia vita. Lo so che ci vorrà tempo ma alla fine riuscirò in questo. Ho sudato per riuscire ad arrivare fino a qui, lo so che per te è niente ma per me è tutto. “ Freddie lo aveva ascoltato attentamente, prese uno degli spartiti di Adam e iniziò a disegnare qualcosa sul retro della pagina. “ Sai come vedo il tuo locale? grande!, luminoso ma caldo e accogliente. Muri in mattoni e una grossa volta, un piano superiore in cui accedere con una scala di ferro e legno, vetrate e grosse luci. “ Parlava e intanto disegnava sul foglio, chiari oscuri rendevano vivo il disegno quasi fosse una fotografia. “ Open space!.. come lo vuoi chiamare? Il nome lo scriviamo con un’insegna al neon sopra il palco che prenderà gran parte della sala sotto dove metteremo un bar e tantissimi bicchieri di ogni dimensione. “ Stava iniziando a ridere, smise di disegnare, e alzandosi inizio una specie di danza mentre con le braccia mimava il luogo che solo lui vedeva. “ Adam lo guardava divertito, e i due iniziarono una pantomima di quello che sarebbero state le serate al Red Moon..ridevano entrambi “ … Luci soffuse, brusio in sala, l’attesa per lo spettacolo e poi… io...e la musica!..” Adam saltò sul divano con il suo violino e iniziò a suonare. “ gli occhi rapiti e il fiato sospeso, scrocchio di applausi, il mio sogno. “ Prese il disegno e lo esaminò bene. “ E’ veramente bello, sei un architetto?” Freddie riprese a ridere nel sentire quelle parole. “ No, non sono nulla, sono solamente ricco. Non ho bisogno di lavorare, vivo di rendita”. Continuò a ridere mentre Adam lo guardava stupito. “ Allora dovresti coltivare il tuo talento. Non dovrebbe bastarti essere ricco, tu, senza i tuoi soldi, cosa sei? Te lo sei mai chiesto?” A Freddie non piacque il tono che prendeva la conversazione. Cosa voleva lui, che viveva in un misero appartamento e con un sogno in un cassetto, cosa voleva insegnarli della vita che già non sapesse?. “Non lo so cosa sarei, so solo che ne sono felice”,disse ma ad Adam non bastava. “Felice di poter spendere il tuo denaro, ma i tuoi sogni? Quali sono?”, “ Non ho bisogno di sognare Adam, la mia vita è già un sogno.” Udì quelle parole e si accorse di averle già pronunciate una volta. Si sedette su una sedia, la magia era scomparsa ed era rimasta solo una sensazione di sete e fame. “ Ho frequentato l’università di architettura per un paio d’anni. So di essere dotato, me lo ripetevano in continuazione, ho anche progettato qualcosa ma non so per quale motivo non sia riuscito a portare a termine il mio percorso. Forse semplicemente perché era più facile o forse perché non mi sentivo apprezzato come e da chi avrei voluto. Poi mi sono abituato alla mia vita e credo di aver dimenticato il mio sogno. Credo di aver dimenticato chi sono”.Adam gli mise una mano sulla spalla. “ C’è sempre tempo per ricordarlo. Hai fame?” i due scoppiarono a ridere. “ Si” Disse Freddie. “ Allora, spaghetti!.”
Il sole illuminava la stanza, Freddie era già sveglio mentre Adam ancora dormiva nel soppalco. In mano teneva il disegno che aveva realizzato la sera prima, lo guardava con attenzione e ammirazione. Aveva veramente talento, non era presunzione la sua, era vero ma lo aveva scordato.  Si accorse di essere presente a quello che Marc aveva sempre cercato di fargli capire, l’importanza di avere un sogno. Adam stava lottando per mantenere il suo mentre lui si era arreso. Un po per orgoglio, un po per la convinzione di dover avere per forza l’approvazione di suo padre nel timore di deluderlo. Non vedeva l’ora che Adam si svegliasse, aveva una proposta da fargli ed era sicuro che ne sarebbe stato entusiasta. Si sistemò e preparò il caffè, riusciva a destreggiarsi in quella casa come fosse sua. Sentì Adam scendere le scale. “ Bravo hai preparato il caffè!” disse stiracchiandosi e dirigendosi in bagno. Freddie versò il liquido in due tazzine e si sedette a tavola. “Ho una proposta da farti”. Disse ad Adam. Il ragazzo uscì dal bagno e lo guardò incuriosito. “ Ci ho pensato bene e mi sembra un’idea magnifica. Io realizzerò il tuo sogno”.  “Cosa?” disse Adam  “ Voglio finanziare il tuo locale Adam, realizzerò il progetto, lo costruirò e tu lo aprirai, e ci metterai la tua musica. Che ne pensi?” Freddie era elettrizzato. “ Stai scherzando o parli seriamente?” “ Non sto scherzando Adam, tu hai del talento ed io ti do solo la possibilità di esprimerlo. E do anche la possibilità a me di poterlo fare”. “ Vuoi dire soci?” “ Si.” “ Soci è più che perfetto Freddie” Adam sorrise , “non mi sembra vero!” “ E’ il minimo che posso fare per te, sono uscito ieri con un’idea in testa, con l’intenzione di ritrovare un amico e invece ho incontrato te e trovato me stesso. Non lo so Adam, chiamalo destino se vuoi”,“Serendipità Freddie, io la chiamo così”.
Freddie lasciò Adam, aveva un’infinità di cose da fare, doveva contattare dei vecchi amici di università che avevano uno studio di architettura con cui era rimasto in contatto, appuntamenti da prendere e comprare uno spazio dove poter far nascere il Red Moon. E poi, c’era Sidney che non meritava la sua indifferenza ma le sue scuse. Marc? Lo avrebbe contattato più avanti, quando tutto era sistemato, quando sapeva sarebbe stato felice dell’uomo che era diventato.
   
 
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