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Autore: JAPAN_LOVER    01/10/2018    1 recensioni
~ E' meglio una vecchiaia tranquilla e serena o un'eterna giovinezza piena di rimorsi? ~
Vermouth aveva scelto la seconda.
Senza esitazione, aveva stretto il patto con il diavolo, del quale era diventata la Preferita.
Stanca della vita criminale e nauseata dal concubinato, Vermouth continuava a lavorare per il Boss ma, nel frattempo, nel suo cuore cominciava a confidare in quel ragazzo che, tempo prima, le aveva salvato la vita a New York.
Tutto sembrava procedere regolarmente, finché non entró in diretto contatto con il suo nuovo bersaglio: Shiuchi Akai ovvero il nemico mortale del Boss.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai, Vermouth
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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SCONTRO DIRETTO IN UNA NOTTE DI LUNA

(Terza parte)


La bambina con il grazioso caschetto castano si strinse nel giubbottino verde, mentre il taxi da cui era scesa spariva nell’oscurità da dove era sbucato.
Il viso di Conan si contrasse per lo sgomento, nel vedere la sua amica materializzarsi. Eppure, si era assicurato di averla richiusa nello scantinato del professor Agasa.
“No Ai, non ti avvicinare. Vattene! Va via!” le gridò il bambino, con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
Ma Ai si avvicinava col passo lento e deciso di chi avanza verso la propria inevitabile condanna. Non poteva tollerare che persone innocenti pagassero per lei: solo lei poteva porre fine a tutto questo.
L’arrivo di Ai aveva destato grande stupore in Conan, in Jodie, ma anche nella stessa Vermouth, la quale – proprio in virtù della sua inaspettata apparizione – poté tirare un sospiro di sollievo.
Tempismo perfetto. Arrivi proprio al momento giusto, cara Sherry! – ghignò soddisfatta.
Approfittando del momento, Vermouth si chinò su Conan, ne afferrò con destrezza il polso minuto e puntò l’orologio spara aghi anestetici contro il suo stesso proprietario.
Bastò un CLIC e Conan cadde addormentato, in un sonno profondo. La donna dai lunghi capelli di platino accompagnò dolcemente a terra il corpo addormentato del bambino.
“Buonanotte e sogni d’oro, piccolo!” sussurrò, quasi con dolcezza.
Quel bambino sveglio l’aveva stupita, togliendosi la maschera e rivelando la propria presenza, ed era quasi riuscito a catturarla.
Vermouth estrasse una beretta dalla fondina alla caviglia, si sollevò e puntò l’arma contro la bambina che si stava spontaneamente consegnando a lei:
“In quanto a te… felice di rivederti, cara Sherry!”
Ai non aveva mai provato tanta paura come in quel momento, ma non arretrò di un solo passo. Con indomito coraggio, sostenne lo sguardo algido della sua acerrima nemica.
“Sai, hai fatto una grande sciocchezza! – le disse Vermouth, con un ghigno di trionfo – venendo qui, hai mandato all’aria il piano del tuo amichetto. Pessima idea! Non ci tieni poi tanto alla tua vita!”
“Non sono qui per farmi eliminare, ma per porre fine a questa storia – rispose la bambina castana, serrando i piccoli pugni – anche se la polizia ti arrestasse, so che finché avrò vita voi non la smetterete mai di darmi la caccia. Quello che ti chiedo è di farmi una promessa: non dovrai torcere un capello a nessun altro, tranne me. Mi dai la tua parola d’onore?”
Vermouth scrollò le spalle: non aveva alcuna intenzione di fare del male a quel bambino, che in realtà le stava profondamente a cuore.
“Per me va bene! Risparmierò tutti, tranne questa donna che è un’agente dell’FBI, ma non prima di aver fatto fuori te – le rispose placidamente – e se cerchi qualcuno a cui dare la colpa, cara Sherry, prenditela con i tuoi genitori che hanno cominciato questa stupida inchiesta!”
Jodie era a terra, ferita e disarmata. Le forze venivano sempre meno e si sentiva terribilmente impotente.
Proprio mentre Vermouth stava per infliggere il colpo, il cofano di Jodie si spalancò, lasciando uscire un’agile figura femminile: Ran. Come una saetta, la liceale schivò la pioggia di proiettili cadenti dall'alto di Calvados e schizzò verso Ai.
“No! – riuscì a sibilare Vermouth, accorgendosi della nuova presenza – Calvados, fermo!”
Ran afferrò la bambina, avvolgendola tra le sue braccia e travolgendola. Le due persero l’equilibrio, finendo rovinosamente a terra. Ran tremava di paura, facendo del proprio corpo lo scudo a quell’incessante pioggia di pallottole.
“No, Calvados, basta! – urlò Vermouth – non sparare!”
Lassù in alto sul casolare, l’uomo rimase perplesso ma ubbidì. Calvados le avrebbe obbedito sempre, anche se non glielo avesse ordinato il Capo.
Vermuoth si rivolse così a Ran, quella creatura angelica che solo due anni prima le aveva salvato la vita in una notte di luna, proprio come quella:
“Hey, tu! Allontanati da quella bambina! A meno che tu non voglia morire con lei, spostati!”
Per tutta risposta, Ran si strinse ancora di più ad Ai.
Entrambe erano terrorizzate, tremavano come delle foglie, ma Ran sentiva di non poter fare a meno di proteggere quella bambina innocente.
“Hai sentito? Obbedisci e levati di mezzo!” tuonò ancora una volta Vermouth, spazientita.
Vermouth non era preparata a questo. Lo sconfinato altruismo, la fiducia cieca nella giustizia, l’amore incondizionato per la vita… tutto questo colpì il cuore arido di Vermouth, facendolo vacillare ancora una volta.
Fuori di sé, Vemouth cominciò a sparare colpi intimidatori a vuoto, ma non ottenne reazione: lei era ancora lì, a proteggere Sherry.
Non ce la faceva, non poteva colpirla. Quello ero uno scrupolo di coscienza, che andava oltre la semplice gratitudine: quella notte a New York Ran e Shinichi non le avevano soltanto salvato la vita, ma le avevano fatto scoprire l’esistenza dell’amore disinteressato, l’amore per la vita. In qualche modo, quei due ragazzi avevano piantato in lei un germoglio di speranza. Le avevano ricordato, dopo troppo tempo, che l’amore e la giustizia esistono davvero. <
Nell frattempo, la pistola si era scaricata di tutti i proiettili. Dopo quell’attimo di confusione, Vermouth tornò in sé e caricò l’arma con una nuova cartuccia.
Non poteva permettere che Cool Guy ed Angel si frapponessero, non adesso che finalmente Sherry era nelle sue mani. Quindi, urlò ancora una volta:
“Angel, spostati prima che sia troppo tardi…!”
Un bruciore al braccio la colse all’improvviso, facendola urlare di dolore. Digrignando i denti, Vemouth si voltò e vide Jodie a terra che, trascinandosi, era riuscita a recuperare la SMITH & WESSEN che era schizzata via.
“Ma che hai fatto?” urlò di rabbia e di dolore Vermouth, mentre un rivolo di sangue le scorreva caldo lungo il braccio.
Un rumore di passi ruppe il silenzio carico di tensione e i lineamenti contratti sul volto di Vermouth si del viso si rilassarono visibilmente.
“Arrivi giusto in tempo, Calvados, così non possono sfuggirci!” ghignò Vermouth.
Jodie deglutì di puro terrore, mentre quei passi si facevano spaventosamente più vicini.
“Avanti, Calvados – esortò ancora una volta Vermouth, trionfale – usa quel tuo micidiale fucile e togli di mezzo questa ficcanaso di agente dell’FBI!”
Quando per Jodie sembrava tutto finito, una voce maschile a lei familiare le fece balzare il cuore nel petto:
“Ah, questo non lo sapevo! Si chiama Calvados, eh? Peggio per lui – esclamò beffardo – aveva un fucile, una doppietta e tre pistole. Con un arsenale del genere credevo che fosse un venditore d’armi”
Dall’ombra uscì fuori un uomo alto, con un gilet mimetico, un passamontagna scuro e penetranti occhi grigi e marcati da profonde borse.
“Cosa? – sussultò Vermouth con un filo di voce – non ci posso credere! Shuichi Akai!”
Lui era un agente federale dell’FBI, ma agiva come un lupo solitario. Vermouth si pentì amaramente di non aver messo in conto un suo intervento.
“Povero Calvados! – ghignò Shuichi, imbracciando il fucile – mi dispiace, ma con due gambe rotte, non potrà tornare al lavoro molto presto!”
Vermouth aguzzò la vista verso l’alto e vide sporgere dal tetto del casolare l’ombra del suo partner accasciato. Con rabbia, lanciò un’occhiata ostile all’uomo sbucato dal nulla, per rovinarle i piani.
“Shuichi!” gemette di gioia Jodie, felice dell’arrivo a sorpresa del suo amico.
“Sai una cosa? Il nome del tuo amico ricorda molto il distillato di mele – ghignò Shuichi – e tutto sommato è il compagno ideale per una mela marcia come te!”
“Io sarei una mela marcia?” replicò Vermouth, punta nella sua vanità.
“Quando la grande Sharon era all’apice della sua carriera era soprannominata la mela d’oro . E’ vero che sei bella come a quei tempi, ma dentro sei tutta un’altra persona – spiegò lui, con disprezzo – sei anche peggio di una mela marcia!”
Se pensi di ferirmi, ti sbagli di grosso! – sprezzò lei, con rabbia.
Vermouth puntò la pistola, ma Akai fu più rapido. Prima ancor che potesse premere il grilletto, lui aveva già fatto fuoco contro di lei. Vermouth cadde violentemente a terra per quel colpo così preciso e ravvicinato.
Cominciava ad esserle chiaro, perché il Capo lo temesse così tanto.
“No, fermo Shuichi! – intervenne preoccupata Jodie – adesso basta!”
Finita con violenza contro l’asfalto, Vermouth gemeva e, al contempo, stringeva i denti per non dargli la soddisfazione della sua sofferenza. Ma anche il più minimo movimento sembrava dilaniarle la carne dal di dentro, come aghi pungenti. Fece appello a tutte le sue forze, quando lentamente cercò di tirarsi su.
“Tsk, non preoccuparti – minimizzò Shuichi – da come si muove, intuisco che la nostra Vermouth indossa un giubbotto antiproiettile…ecco! Si sta già rialzando, ma credo che abbia qualche costola rotta. Guardala in faccia, il suo bel volto è trasfigurato dal dolore. Questo è il viso di una donna che ormai ha perso lo splendore della gioventù!”
Vermouth lo guardò con odio. Strinse i denti – cercando di ignorare le fitte di dolore che le mozzavano il respiro – e con uno scatto balzò verso quel bambino addormentato.
Shuichi tentò di sparare, ma lei aveva già afferrato Conan, facendosene scudo.
“Cavolo!” imprecò lui, fra i denti.
Puntando la pistola contro Conan, Vermouth entrò svelta nella Peujeot di Jodie.
“Oh, no! Ha preso il bambino!” esclamò la bionda agente dell’FBI, nel panico.
Al sicuro nell’abitacolo, Vermouth scaricò senza successo qualche colpo sui due agenti dell’FBI.
Akai rispose al fuoco, per quanto poté, ma aveva le mani legate per via del giovane ostaggio.
Grazie al cielo quella donna aveva lasciato le chiavi attaccate all’auto, e Vermouth poté mettere in moto e sfrecciare via verso un qualsiasi luogo sicuro.
Allontanandosi, si sporse verso il finestrino e puntò la pistola indietro. Scaricò gli ultimi tre colpi e l’auto del dottor Araide andò in fiamme: non poteva certo rischiare di essere inseguita.
L’esplosione che si scatenò davanti gli occhi dei due agenti, suscitò un moto di ammirazione nel cuore di cecchino che pulsava nel petto di Shuichi Akai, il quale non poté che commentare l’azione con un fischio di ammirazione:
FIIIIIIU FIIIIIU ha fatto saltare la macchina, mirando al serbatoio dallo specchietto retrovisore – osservò, sinceramente colpito – è proprio brava!”
Lui la seguì con lo sguardo, mentre spariva nel buio, certo che si sarebbero incontrati di nuovo.
“Shuichi! – lo rimproverò Jodie, ancora provata – questo non è il momento di farle i complimenti. È scappata con un bambino in ostaggio!”
Shuichi la inchiodò con uno sguardo fulmineo, prima di replicare:
“E tu perché hai lasciato la chiave nel cruscotto?”
“Mi dispiace! Non ho pensato a toglierla!” gemette lei, colpevole.
Shuichi le porse una mano per aiutarla a tirarsi su, che Jodie accettò con gratitudine.
“Comunque lei avrà pure preso il moccioso, ma noi abbiamo ancora il suo amico!” osservò Shuichi, ma in quell’esatto momento riecheggiò lo scoppio di una pistola.
“Accidenti! – sussultò Jodie – non mi dire che si è sparato!”
“Maledizione – imprecò fra i denti Akai – e così quel Calvados aveva ancora un’altra pistola!”
In quel momento, udirono un frenetico spiegamento di sirene della polizia farsi sempre più vicino.
“E’ la polizia! – sussultò Jodie, lanciando un’occhiata a Ran e ad Ai – deve averla chiamata Ran. Era nel mio bagagliaio, non credo che abbia sentito le nostre conversazioni di stasera, ma avrà sentito gli spari. Scommetto che ha visto alcune foto di tutti loro in camera mia e si sarà insospettita. È entrata nel cofano per perquisire la mia auto e quando ha sentito gli spari è saltata fuori e ha cercato di difendere quella bambina, facendole scudo con il suo corpo! Devono essere svenute entrambe, credendo di essere state colpite! Accidenti, certo che queste due devono aver avuto un bel coraggio!”
Shuichi lanciò una rapida occhiata a quelle due ragazze distese a terra e prive di sensi. Stavano bene, e tanto gli bastava.
Poi, scrollò le spalle e sistemò accuratamente il fucile sulle spalle.
“Me ne vado. Tu resta qui e pensa a come spiegare alla polizia come un agente dell’FBI in aspettativa è venuta in Giappone e si è trovata coinvolta nel rapimento di un bambino – le disse severamente – e dato che quella donna si è dileguata col moccioso, temo che la polizia farà fatica a credere alla nostra versione dei fatti”
Shuichi sparì così all’arrivò delle volanti, dileguandosi nell’ombra da cui era eroicamente sbucato.

*


Vermouth aveva accostato l’auto poco fuori città.
Fremeva di dolore e di rabbia, Al più semplice movimento, un una fitta acuta e pungente la dilaniava come se una lama le stesse trafiggendo la carne dal di dentro.
Estrasse dalla tasca della giacca il cellulare. 57 chiamate e 13 messaggi, tutti del Boss. Si diede pena a leggere soltanto l’ultimo messaggio:
TI HO CONCESSO TROPPA LIBERTA’.
TORNA DA ME, VERMOUTH!
“Ok, va bene, Capo – gemette lei, con amarezza – ho capito!”
Rispose con un messaggio rassicurante, prima che la batteria si esaurisse del tutto.
Poi, si voltò verso il bambino adagiato sul sedile accanto e un sorriso l’ombra di un sorrise le spuntò sulle labbra.
“E adesso ne sarà di lui? – chiese, reprimendo alla tentazione di scompigliargli i capelli – cosa faccio con questo ragazzino, che pensa di essere capace di tutto?”
Solo in quel momento di assoluto silenzio, Vermouth udì uno strano ticchettio provenire da Conan.
Afferrò un coltellino, che per le evenienze teneva sempre nella giacca, e squarciò la maglietta del ragazzino, scoprendo un apparecchio collegato a un dispositivo di rintracciamento e a un registratore.
Avevo il cellulare sotto controllo! – realizzò Vermouth.
Istintivamente, potrò il coltello ai fili che collegavano il torace del bambino al dispositivo.
“Non ti conviene farlo! – disse Conan, spalancando gli occhi – se adesso stacchi quel cavetto, penseranno che il mio cuore abbia smesso di battere e l’indirizzo mail a cui hai mandato il messaggio sul cellulare sarà di dominio pubblico. La società telefonica deve proteggere la privacy dei propri clienti, ma alla polizia per avere questa informazione basta semplicemente compilare un paio di moduli. In un minuto avranno tutti i dati. Quello che sto cercando di dire è che il suo che ha registrato questo dispositivo può essere decifrato e dai codici alfanumerici si può risalire al nome del tuo capo e alla sua posizione!”
“…”
Vermouth era esterrefatta.
“Ho capito che stavate cercando Sherry e sapevo che se tu l’avresti trovata, avresti avvertito il tuo capo – spiegò il piccolo detective, con un ghignò soddisfatto – se non vuoi che la polizia sia informata, devi portarmi dal tuo capo. Non ho più intenzione di nascondermi, voglio affrontarlo, voglio risolvere la faccenda una volta per tutte!”
Non hai la minima idea di cosa mi stai chiedendo, Cool guy! non poté fare a meno di pensare Vermouth, protettiva.
La donna sospirò amaramente e decise di affidare tutto al destino.
“E va bene. Smetterò di dare la caccia a Sherry!” promise lei.
Poi, sfilò un piccolo apparecchio dal taschino e premette un pulsante. Conan trasalì nel veder fuoriuscire a quel piccolo apparecchio una nuvola di fumo, che presto si diffuse per tutto l’abitacolo.
“Tranquillo, è solo un gas narcotizzante!” lo rassicurò lei, bonariamente.
“Non capisco, in questo modo lo stai respirando anche tu!”
“Si, è un gioco rischioso – ammise Vermouth – se ti svegli prima tu, andrai a chiamare la polizia e mi farai arrestare. Poi, andrete a cercare il mio capo e arresterete anche lui…ma cosa succederà se mi sveglio prima io?”
Inevitabilmente, le palpebre si fecero più pesanti e le loro coscienze sempre più deboli, finché il buio non prese il sopravvento.

*


L’alba si stagliava rosea in cielo.
Neanche Vermouth sapeva come fosse riuscita a trascinarsi fino alla prima cabina telefonica disponibile. Non senza difficoltà, riuscì ad allungare la mano verso la cornetta e a digitare il numero di Gin.
“Pronto?”
“Gin, s… sono io. Sono in una cabina telefonica sulla 26° strada, p…puoi venirmi a prendere? È stata una serata movimentata e ho un problemino… faccio fatica a muovermi!” la voce di Vermouth era malferma e smussata dal dolore.
“Si, certo. Arriviamo! – rispose l’uomo dalla lunga capigliatura argentata – ma dì un po’, almeno sei riuscita a trovare quello che cercavi?”
Da brava donna del mistero, Vermouth aveva agito in gran segreto. Del suo piano per stanare Sherry, non ne era al corrente nessuno, neanche il Capo. Soltanto lei e Calvados, in quanto suo cecchino.
Oh, no! Calvados! – solo in quel momento, si ricordò del suo partener.
“N… no, purtroppo no – rispose lei – Calvados è rimasto al molo ovest di Shinzu. È ferito, ha le gambe rotte…”
“Recupereremo anche lui! – sentenziò Gin, prima di riagganciare – resisti, stiamo arrivando!”
Vermouth si abbandonò con le spalle contro le pareti sudicie della cabina. Le riusciva difficile persino respirare mentre annoverava, una ad una, tutte le sue ferite.
Sapeva che molto difficilmente Calvados, con due gambe spezzate, potesse essersi messo al sicuro, tuttavia sperò che Gin riuscisse arrivare in tempo.
Se solo non fosse arrivato lui! – sospirò, piena di rammarico per l’occasione mancata e di odio, per quell’uomo che le aveva strappato la vittoria dalle mani.
Quell’uomo che persino il Capo temeva.
Quell’uomo che sembrava sapere molto di lei.
Quell’uomo spavaldo e arrogante…
Quell’uomo tanto sfrontato da sfidarla e così impudente da colpirla da ferirla…anche nell’orgoglio.
Io non sono una mala marcia!

*


Nel gelido casolare abbandonato, dove solitamente Korn e Chianti si esercitavano al piattello, giunsero presto le ultime novità.
La donna cecchino con il caschetto castano chiuse con rabbia la telefonata e strinse forte il cellulare nella mano, come a volerlo stritolare.
“Chianti, che c’è? Cos’è successo?” domandò Korn tutto accigliato nel vedere il volto della sua partner così stravolto.
“Calvados…Calvados è…. – la voce di Chianti tramava dalla rabbia – quella strega! Io l’ammazzo!”
Come una furia, Chianti scaraventò il cellulare a terra, mandando in frantumi. Poi, scaricò tutti i colpi sul bersaglio posto a 150 m di distanza.
Se Korn era il suo partner sul lavoro, Calvados era il compagno di una vita intera, l’amico di sempre, il fratello che non aveva mai avuto. Calvados era il suo punto di riferimento e sapere che non c’era più per mano di lei , rendeva la tragedia un affronto personale.
“Non starai mica dicendo che Calvados è morto!” trasalì Korn, incredulo.
“E’ stata lei! – gridò a pieni polmoni la cecchina – io la ammazzo, la faccio fuori con le mie stesse mani”
L’intesa tra i due cecchini era tale, che ormai Korn la capiva al volo.
“Stai parlando di Vermouth, vero? – replicò lui – vedi, Calvados l’amava molto…”
“E guarda che fine ha fatto! – replicò lei, piena di veleno – la pagherà, stai sicuro che la pagherà cara!”
Korn avrebbe voluto consolarla, dirle che non ne valeva la pena incorrere nell’ira del Boss. Purtroppo, Calvados non sarebbe più tornato indietro.
Chianti scoppiò in un pianto inconsolabile e il cecchino la abbracciò, lasciando che lei sfogasse tutte le lacrime sul suo petto, con la speranza che in un impeto di rabbia non commettesse l’irreparabile.
***
***
***
BUONASERA,
MI SCUSO PER LA LUNGHEZZA DEL CAPITOLO…MA E’ STATA DAVVERO UNA LUNGA NOTTE PER VERMOUTH E TUTTI GLI ALTRI PROTAGONISTI COINVOLTI ! SPERO CHE VI SIA PIACIUTO!
IN QUESTA STORIA, SHUICHI SEMBRA SAPERE MOLTO SU VERMOUTH… PIU’ AVANTI VEDREMO CHI DEI DUE RIUSCIRA’ A CATTURARE CHI :’D
GRAZIE PER ESSERE PASSATI, MI FA DAVVERO UN IMMENSO PIACERE *_*
A PRESTO,
JAPAN_LOVER < 3
   
 
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