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Autore: Hansei    02/10/2018    1 recensioni
Una manciata di parole per dare sfogo alla fantasia, ispirato da un prompt del 'writober'. La storia è uno scambio di battute tra un padre e il giovanissimo figlio e abbraccia il tema proposto delle nuvole.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nuvole

 

Mordo un labbro e assaporo la dolcezza della fragola. Ogni carezza della lingua è una danza tra la calura estiva e la freschezza del gelato. Sorrido. La brezza dissecca l'impasto rimasto sui denti, ai lati della bocca e sulle labbra.

«Papà, perché se il gelato è così buono non posso mangiarlo tutti i giorni?»

Lui abbassa la testa e solleva un sopracciglio, la ruvidezza della sua mano solletica la mia. «Perché troppo fa male.»

«Le cose belle fanno sempre male, non è giusto.» Sbatto i piedi per terra e uno sciame di sguardi ronza intorno a noi. Magari a loro non piace il gelato?

«Forse possiamo apprezzare le cose belle perché esistono anche quelle brutte.» Parla come quando risponde al telefono, senza sorridere, ogni parola uno sbuffo.

«Vorrei solo cose buone», mordo il gelato scosso dalla rabbia, «senza quelle cattive».

«La vita ha entrambe», il papà molla la presa e posa una mano sulla mia spalla, «sta a noi decidere quali cercare.»

Schiocco la lingua. A volte vorrei comprendere quello che dicono i grandi, vorrei che le loro parole fossero come la fragola che edulcora le mie labbra.

«Non ho capito.»

Sorride. La terra abbandona i miei piedi e il vento spira nelle mie orecchie. Perdo il fiato, urlo, rido. Da quassù, sono più alto di tutti. Da quassù, alzo sempre un braccio per stringere le nuvole e, anche se non ci riesco mai, provo e riprovo.

«Cosa fai? Le nuvole sono lontane, lo sai.»

«Lontane come la mamma?»

«Come la mamma.» Batto le mani sulle sue spalle, gli stringo i capelli, sfrego le dita sulle guance e le pungo con la barba. Sono umide.

«La cosa importante», dice il papà, «è sapere che anche se non puoi toccarle loro sono lì.»

«Come la mamma?»

«Come la mamma.»

La croccantezza del cono mi impiastriccia la bocca «Ho capito.»

Le persone vanno e vengono, parlano e confabulano, altre stanno zitte e corrono con le mani in tasca. Guardano in basso. Chissà come mai? In alto ci sono le nuvole. Il papà sospira. «Guarda le nuvole. Cosa vedi?»

Le palpitazioni del cuore accelerano. «Un drago!»

«Sai, io invece vedo una barca.» Ride, ogni passo mi fa sobbalzare sulle sue spalle.

«Guarda ancora, cosa vedi?»

Alzo le braccia al cielo e stringo i pungi. «Adesso il drago è diventato una fata!»

«Una fata? Bravo!»

«Papà, adesso è diventata un pirata!»

«Anche io sono un pirata. Yarr!» Gli copro un occhio con la mano e sul petto si infrange l'onda di un'idea, risuona su quel tamburo teso che è il mio cuore e suona la melodia della fantasia. «Allora so cos'è adesso quella nuvola», innalzo il cono come fosse la mia spada, «quello è il nostro vascello!»

«Bravo, preparati a salpare.»

«Andiamo dalla mamma?»

«Non esiste un galeone che ci può portare da lei.»

Una lacrima scava un solco sulla mia guancia. Dice sempre così. A volte penso di aver capito, altre mi accorgo di essere ancor più confuso di prima.

«Allora dove andiamo?»

«Dovunque vorrai.»

«Possiamo?»

«Certo.»

«Perché?»

«Perché le nostre vite sono come quelle nuvole.»

«Bianche?» Ancora una volta, non ho capito. Alza un braccio e agita un dito, sembra che stia scrivendo qualcosa nell'etere.

«Cambiano sempre», dice lui, «ma noi possiamo scorgere la forma che desideriamo».

   
 
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