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Autore: Jasmine_dreamer    03/10/2018    1 recensioni
"La finisci di starmi addosso? Mi perseguiti da settembre, quando l'anno scorso non conoscevi neanche il mio nome!" disse Alexia.
"L'anno scorso eri un cesso, poi non so cosa sia successo!" rispose Parker.
"Si chiamano tette. Ecco cos'è successo, quando ti crescono le tette improvvisamente diventi figa."
Lui rise: "Guarda che le tette non c'entrano, contribuiscono, ma non sono loro la causa del tuo cambiamento. Quando ti ho vista ho pensato che eri una favola."
Sul sorriso di Alex comparve un sorriso dolce e pensò a quanto fosse carino Parker. Poi si ricordò che era Parker e disse: "Non mi compri con due parole in croce, sai?"
"Oh che strano, sembrava di si."
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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“Sveglia!” tuonò Jessica entrando in camera di Alex.
Alexia pensò che era stanca, era stanca di fare sempre la stessa cosa da tutta la vita: alzarsi dal letto per andare a scuola.
A che scopo poi? Ormai, l’unica amica che le era rimasta era Matilde, Jamie si era trasferita, Parker non le parlava più e, anche se con gli altri si trovava bene, quando Matilde era assente si sentiva completamente sola. Si trascinò a fatica fuori dal letto, implorando la madre di farla rimanere a casa, ma Jessica rifiutò categoricamente la cosa e Alex fu costretta a vestirsi per andare a scuola.
“Vado a piedi!” urlò poi sbattendo la porta dietro di sé.
Era stanca, stanca davvero, avrebbe voluto mollare, ma sapeva che sua madre non glielo avrebbe mai permesso, per quanto il loro rapporto fosse “amichevole”, Jessica non avrebbe mai acconsentito a farle lasciare la scuola.
E forse era meglio così, chissà che se lo avesse fatto, un giorno poi se ne sarebbe pentita.
Ma quelle giornate ormai parevano interminabili, ogni minuto sembrava essere un’ora, non finivano più.
“Dannazione!” esclamò poi all’ennesimo tentativo fallito di srotolare quei maledetti auricolari.
Dopo averci maneggiato ancora un po’ li sbattette in terra in preda ad un attacco di collera, ma quando si chinò per raccoglierli si accovacciò e cominciò a piangere.
Si sentiva come se stesse per avere un esaurimento nervoso, come se nella sua vita non ci fosse nulla di giusto.
Poi si asciugò le lacrime, con la forza che solo una donna può avere dentro di sé, respirò profondamente e sciolse gli auricolari.
Si alzò in piedi, si infilò gli auricolari nelle orecchie e si diresse verso la scuola.
Alex era una guerriera, lo era sempre stata e lo sarebbe stata per sempre.
Tutto intorno a lei crollava, ma lei sarebbe rimasta in piedi, non sarebbe mai caduta per terra.
Aveva superato cose peggiori, Jamie le mancava da morire ma sapeva di avere la forza di una leonessa dentro di lei, e che, qualsiasi cosa le fosse successa, lei si sarebbe sempre rialzata in piedi, non importava quanto le cose fossero difficili.
Andò a scuola a testa alta, sorridendo a chiunque le capitasse di incontrare sulla sua strada, sebbene dentro si sentiva morire.
Ma quando arrivò, la scena che le si presentò davanti le spezzò il cuore: Parker stava limonando con Stacey, una compagna del suo corso di chimica.
Il suo labbro inferiore cominciò a tremare, sentì il suo cuore infrangersi in mille pezzi, le sue mani divennero fredde, le si formò un nodo alla gola e un buco le riempì lo stomaco.
Sentì gli occhi bruciare, il respiro divenne irregolare e tutto quello che voleva fare era scappare via, ma era come se fosse paralizzata.
Fu come se intorno a lei non ci fosse più nessuno oltre a lei, Parker e Stacey, come se la scuola fosse vuota.
Quando fu sul punto di scoppiare in lacrime, un paio di braccia la trascinarono via.
Fu portata in bagno, consapevole di chi l’aveva salvata dallo scoppiare dinanzi agli altri: Matilde.
In preda ad un attacco di panico crollò in terra, con Matilde che cercava di tranquillizzarla.
Alexia si sciolse in un doloroso pianto liberatorio.
“Va tutto bene, va tutto bene” continuava a ripetere Maty.
Ma non era vero, niente stava andando bene.
“Perché mi fa così male?” disse Alex a fatica, con il respiro affannoso.
“Perché lo ami” rispose Matilde.
“Non dovrei”.
Matilde l’abbracciò senza dire una parola e Alex, dopo qualche secondo, si staccò da lei.
Ancora si asciugò le lacrime con la manica del suo maglione di lana grigio, e fece di nuovo un altro respiro profondo chiudendo gli occhi.
“Sto bene” fece poi.
Matilde l’aiutò ad alzarsi e, abbracciandola, la portò in classe.
 
 
Parker:
L’aveva vista, Matilde che la trascinava via.
Ma questa volta non l’avrebbe seguita, per quanto gli facesse male vederla piangere, era stato respinto troppe volte ed era certo che questa non sarebbe stata diversa.
Aveva ancora un po’ di amor proprio, Alex l’aveva trattato male troppe volte e, anche se l’amava ancora, non aveva più intenzione di correrle dietro.
Era stato ferito, si era sentito umiliato, come se fosse stato colpito nell’orgoglio.
Tuttavia, dopo averla vista in quelle condizioni, aveva mollato li Stacey ed era andato nel bagno dei maschi.
Doveva respingere la tentazione di andarle a chiedere come stava, doveva essere più forte ed andare oltre.
Lei non poteva fare così ora che era stata mollata, Parker aveva assistito per mesi ai baci in pubblico che lei e Jamie si scambiavano ogni giorno a scuola, avendo sempre paura di dire qualcosa perché consapevole che lei si sarebbe arrabbiata con lui, e lui prima non riusciva a sopportare l’idea di non parlarle più.
Non che ora per lui fosse facile pensare di non rivolgerle più la parola, ma si stava abituando all’idea.
Ne avevano parlato qualche giorno prima.
 
“Perché non mi rivolgi più la parola?” domandò Alex.
“Perché non posso andare avanti se tu sei presente nella mia vita, se devo lasciarti andare, devo smettere di parlare con te. Non posso farcela sennò”.

“Non ti sembra di esagerare?!” chiese poi lei.
“Devo lasciarti andare, devo farlo per me stesso”.
Lei annuì e andò via.
 
Quel giorno, non si voltò nemmeno una volta, camminò fuori dalla vita di Parker senza neanche guardarlo in faccia un’ultima volta.
Non aveva nessuna espressione, non trasparivano emozioni dai suoi occhi.
Se avesse visto un solo accenno ad una qualsiasi emozione, allora lui non avrebbe mollato la presa, avrebbe lottato ancora per lei.
Ma perché avrebbe dovuto lottare per qualcuno che lo guardava con occhi gelidi, spenti, vuoti? Perché avrebbe dovuto lottare per qualcuno che non lo amava?
Ma se non lo amava, perché alla sola vista di lui con un’altra, era quasi scoppiata in lacrime?
Stacey non contava nulla per lui, era solo un’altra bella ragazza che voleva aggiungere alla lista delle ragazze che si era fatto, non gliene fregava un cazzo di lei, era solo una delle tante.
Alexia non era mai stata una delle tante, lei era una tra le tante, l’unica tra tutte e lei questo lo sapeva benissimo, ma sembrava non ci avesse mai dato peso.
Parker le era stato dietro, aveva fatto di tutto per lei, aveva fatto un errore, ne era consapevole e per questo aveva chiesto scusa fin troppe volte.
Fino a dove avrebbe dovuto spingersi? Fino a che punto avrebbe dovuto lottare per lei? Non era già abbastanza quanto aveva fatto?
Le aveva provate tutte, aveva cercato di darle dimostrazioni su dimostrazioni, aveva mostrato pentimento per un atto che sicuramente l’aveva ferita, ma di per sé non poteva essere considerato tradimento perché con Alex non c’era sostanzialmente nulla, non l’aveva neanche baciata.
Quanto avrebbe dovuto pagare per quello stupido errore? Un cazzo di errore, era bastato questo per far sì che Alexia lo sbattesse fuori dalla sua vita.
La rabbia gli ribolliva nelle vene.
Come poteva ora fare delle sceneggiate solo perché l’aveva visto baciare un’altra? Ma che diavolo pensava, che lui l’avrebbe aspettata per sempre?
Era stanco di stare dietro a qualcuno che non lo voleva. Non ce la faceva più.
Strinse i pugni, sforzandosi di non colpire lo specchio di fronte a lui.
Appoggiò le mani sul lavandino, chinò la testa in avanti.
Poi prese lo zaino, uscì in cortile e fumò una sigaretta.
Dopodiché prese una decisione: avrebbe saltato le lezioni quel giorno.
Andò sulla loro panchina, il loro posto.
Si sedette e passò tutta la mattinata a guardare il lago.
Non fece altro che guardare il lago, quel lago che li aveva visti tutti i suoi umori.
Chiuse gli occhi e per un attimo, per un solo attimo, si sentì in pace con tutto quello che lo circondava.
Dentro di lui regnava il silenzio totale, per un momento i suoi pensieri furono zittiti, la rabbia svanì, niente di quello che gli faceva male sembrava poterlo toccare. Era come se i suoi problemi fossero svaniti nel nulla.
Ma si trattò appunto di un piccolo momento di pace, che svanì dopo pochi secondi, lasciando di nuovo spazio a quel miscuglio di emozioni negative che ogni giorno gli attanagliava lo stomaco.










SPAZIO AUTRICE: Questo è un capitolo un po' diverso dagli altri, è corto e concentrato solo sulle emozioni dei personaggi, perché penso che a volte serva sapere quello che provano per poi continuare a leggere il tutto nel giusto modo.
   
 
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