Videogiochi > ARK: Survival Evolved
Segui la storia  |       
Autore: Roberto Turati    03/10/2018    1 recensioni
Laura, Sam, Chloe e Jack sono quattro neo-laureati di Sidney che, dopo aver trovato un libro segreto firmato Charles Darwin che parla di ARK, un'isola preistorica abitata da creature ritenute estinte da milioni di anni, da un intrigante popolo, protetta da una barriera che altera lo spazio-tempo e che nasconde un "Tesoro" eccezionalmente importante, decidono di scoprire di più... andando su ARK. Ma le minacce sono tante, siccome l'arcipelago arkiano non è certo il più accogliente dei posti... però, per loro fortuna, non saranno soli nell'impresa. Fra creature preistoriche, mostri surreali, nemici che tenteranno di fermarli o di ucciderli per diversi motivi, rovine antiche, incontri da ogni luogo, da ogni epoca e da altri universi e gli indizi sul misterioso passato dimenticato di ARK, riusciranno a venire a capo di un luogo tanto surreale?
 
ATTENZIONE: oggi, il 30/06/2021, è iniziato un rifacimento radicale della storia usando l'esperienza che ho fatto con gli anni e la nuova mappa di ARK usata per l'isola del mio AU. Il contenuto della storia sta per cambiare in modo notevole.
Genere: Avventura, Mistero, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Un'Isola Unica al Mondo'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il giorno “fatidico” arrivò persino più in fretta di quanto Laura credesse. I ragazzi decisero di mettersi alla ricerca di Helena Walker quel pomeriggio: in fondo, non avevano alcuna fretta, né urgenza. Approfittarono del mattino per dei “preparativi”, come segnarsi l’indirizzo citato nel post della commemorazione della biologa e ricercare in anticipo quale percorso dell’autobus avrebbero dovuto seguire per raggiungerlo. Inoltre, Laura chiese a Chloe di suggerirle alcune dritte di eloquenza per sapere già cosa chiedere o rispondere se la conversazione avesse preso certe direzioni: la bionda chiedeva sempre questo favore all’amica prima degli eventi importanti, sapendo bene quanto fosse carismatica. L’aveva aiutata molto anche prima del colloquio di lavoro, infatti.

Decisero di partire all’avventura più o meno a metà del pomeriggio, dopo che Laura ebbe riesaminato ancora con attenzione i punti più “strani” della premessa di Darwin per ricordare di chiedere quegli specifici dettagli ad Helena una volta che avrebbe affrontato l’argomento assieme a lei. In pratica, stava pianificando un’intervista improvvisata. Chloe si raccomandava con lei di non lasciarsi prendere dall’agitazione, perché non c’era niente di cui vergognarsi, ma per lei era difficile non sentirsi in imbarazzo: stava pur sempre per irrompere nella vita di una donna che non conosceva e che non aveva la minima idea che qualcuno avesse trovato un libro di cui aveva cercato di liberarsi. Sam, in un goffo tentativo di farla sentire meglio, le confidò di starsi sentendo ancora più a disagio di lei perché non c’entrava niente, il che la fece sentire solo peggio e gli costò l’ennesima occhiata di rimprovero di Chloe. Jack, invece, non si esprimeva e Laura immaginò che volesse evitare di dire qualcosa di inappropriato.

Trascorsero la maggior parte del tragitto in autobus in silenzio e, ad ogni fermata, la tensione di Laura cresceva. Alla fine, arrivarono alla tappa a cui dovevano scendere e proseguirono a piedi seguendo le indicazioni, finché non riconobbero l’edificio inquadrato nella foto del post. Non aveva niente al di fuori dell’ordinario, non che la ragazza si aspettasse qualcosa di particolare. Per un attimo, però, si chiese se fosse possibile che Helena avesse cambiato casa dopo essere tornata nel 2016; al pensiero, sudò freddo, temendo che avessero appena fatto quel tragitto invano. Ma poté tirare un sospiro di sollievo quando, avvicinandosi al citofono e controllando i nomi, trovarono anche lei. Laura alzò la mano verso il tasto con fare titubante; prima di premerlo, si voltò verso i suoi amici alla ricerca di un incoraggiamento e loro tre la esortarono annuendo con un sorriso. E così, dopo aver tirato un forte sospiro per smorzare la tensione, Laura suonò il citofono. Ci fu silenzio (a parte i rumori della città alle loro spalle) per così tanti secondi che la bionda fu tentata di suonare una seconda volta, ma poi sentirono all’improvviso la voce di una donna:

«Chi è?»

Era una voce dolce e, per un motivo che a Laura sfuggiva, piuttosto rassicurante: soltanto udire quella breve e semplice domanda la fece sentire incredibilmente a suo agio, molta dell’agitazione scomparve. Così, senza indugiare oltre, Laura domandò:

«Lei è Helena Walker, giusto?»

«Certo. Chi parla?»

«Mi scusi tanto per il disturbo, signorina Walker, vorrei chiederle un paio di chiarimenti su un libro che ho trovato in biblioteca, di cui non ho mai sentito parlare. È firmato Charles Darwin, ma non è autentico e in fondo c’è una nota col suo nome, così ho pensato…»

«Un momento, lei chi è?»

Laura trasalì, rendendosi conto solo in quel momento di essersi precipitata subito sul motivo della visita senza presentarsi. Sforzandosi di non rimanere interdetta e sudando freddo, si sbrigò a rispondere:

«Oh, mi scusi! Mi chiamo Laura Hamilton, sono… ehm… sto per diventare una paleontologa. Ecco, ho trovato lavoro da poco e, per festeggiare, ho deciso di prendere un libro. Mi è capitato quello di cui le ho appena parlato tra le mani. Ho fatto alcune ricerche su di lei e ho deciso di farle alcune domande. Sempre se non le dispiace!»

Laura ebbe l’impressione che la donna si stesse agitando, o addirittura spaventando: non fu in grado di darle una risposta per molti secondi e la sua voce sembrava colma d’ansia. Alla fine, la biologa diventò leggermente scontrosa:
«Non ho mai scritto un libro, deve aver frainteso. Arrivederci»

«Cosa? Ma quella nota…»

«Esatto, quella nota è mia, non il libro. E non voglio averci a che fare. Se ne vada, per favore»

«Ma perché?»

«Non ha motivo di intromettersi: per me è tutta acqua passata, per fortuna»

Laura non aveva alcuna intenzione di permetterle di riattaccare, dopo tutto l’impegno che lei e i suoi amici ci avevano messo per rintracciarla, così passò subito alla prima domanda che le venne in mente per convincerla a non liquidarla:

«Allora chi è l’autore?»

«Mi sembra chiaro: Charles Darwin»

«Impossibile, è un apocrifo»

«No»

«E lei come lo sa?» insisté Laura, col cuore a mille.

Alle sue spalle, senti Chloe che la incoraggiava sussurrando di continuare in quel modo, di non smettere di replicare subito per spingerla a continuare a parlare. Helena Walker esitò per un istante, ma non riattaccò. Anzi, come la ragazza sperava, abboccò e continuò a rispondere:

«Io… scusi, ma a lei cosa interessa? Perché vuole saperlo?»

«Allora ne sa qualcosa, non è così?»

«E per quale motivo dovrei dirglielo?»

Laura valutò se fosse il caso di essere onesta o se dovesse deviare la discussione a sua volta, ma per istinto decise che dire la verità fosse la scelta migliore:

«Perché, in tutta onestà, sono molto interessata al contenuto di questa enciclopedia, specialmente ad alcuni particolari menzionati nella premessa e nella sua nota. Io voglio sapere. Se quest’opera è autentica, come mi ha appena detto, com’è possibile che Darwin conoscesse così tante specie preistoriche in anticipo rispetto ai suoi tempi? Perché tutte quelle creature sono così diverse da ciò che è stato ricostruito coi fossili? E ho molte altre domande. Non voglio nient’altro: risposte»

Ci fu silenzio, il che fece riemergere l’imbarazzo di Laura. Tuttavia, la biologa non riattaccò. Ad un certo punto, la ragazza iniziò a pentirsi del suo breve momento di ardore, ma alla fine ricevé la risposta in cui ormai non sperava più:

«E va bene. Salga pure»

Ci fu uno scatto e la porta della palazzina si aprì. Laura stava per ringraziare, ma alla fine la donna riattaccò sul serio. Con il cuore che le martellava ancora nel petto, Laura si girò e i suoi amici le fecero i complimenti, così ringraziò loro, in mancanza d’altro. La ragazza dovette sforzarsi per non fare un salto di gioia, tanto era emozionata per aver ottenuto quello che voleva. Mentre entravano, si ricordò di non aver menzionato il fatto di aver portato tre amici con sé, ma non si preoccupò molto: era la cosa meno difficile da spiegare, a quel punto.

I ragazzi, controllando i nomi sui campanelli, salirono fino al terzo piano, dove finalmente videro il nome della biologa. Laura, ancora emozionata, suonò e rimase in attesa. Poco dopo, sentirono la chiave che girava nel lucchetto e la porta si socchiuse: finalmente, Laura vide Helena Walker di persona. Era una donna che, se aveva più di trent’anni, li portava molto bene. Era alta una spanna più di Laura, quasi quanto Sam, il che stupì un po’ la bionda, perché non se l’aspettava. Aveva dei corti capelli castano scuro, gli occhi dello stesso colore e un volto lievemente allungato. Stava indossando dei semplici abiti casalinghi.

«Non mi aveva detto di avere compagnia» disse Helena, con tono diffidente, notando i tre amici della ragazza.

«Lo so, mi scusi tanto, ma mentre le parlavo dal citofono non ho avuto modo di farle presente. Loro sono i miei migliori amici: ho semplicemente chiesto loro di accompagnarmi perché sono timida, in situazioni come questa. Se vuole, possono aspettare di fuori»

«Per noi non sarebbe un problema» rassicurò Jack.

Helena esitò per alcuni istanti, serrando le labbra, ma alla fine scosse la testa:

«No, figuratevi: ormai siete venuti fin qui. Entrate»

«La ringrazio»

I ragazzi entrarono, ritrovandosi in un piccolo salotto con un tavolino e delle sedie, che Helena offrì loro. Laura prese posto ad una di esse e ne approfittò per dare un’occhiata al locale: c’erano alcune mensole su cui erano poggiati vari souvenir da luoghi esotici e fotografie, molto probabilmente delle spedizioni di Helena. Riconobbe una delle immagini: era la stessa del suo profilo di Facebook, ma incorniciata. Su altri ripiani, vicini alla finestra, c’era una collezione di ossi di animali vari, piccoli trofei come spine d’istrice e zanne di leone. In un cestone in un angolo, Laura intravide una raccolta di enciclopedie di biologia. Infine, esposti in una credenza al posto di stoviglie antiquate, c’erano dei saggi che riportavano le date degli anni in cui Helena doveva essere stata all’università e che riportavano la sua firma. Assieme ad essi, c’erano delle raccolte di fogli scritti a mano e arricchiti da bozzetti. In quel momento, Helena si sedette davanti a loro, all’altro capo del tavolino, ed esordì, con una nota di imbarazzo nella voce:

«E così, ha scoperto il libro che credevo di essermi lasciata alle spalle tre anni fa»

«Un momento – la interruppe Laura – Potrebbe darmi del tu, per favore?»

Helena rimase a occhi aperti per una frazione di secondo, prima di annuire e sorridere:

«Oh, va bene! Hai detto che ti chiami Laura, giusto?»

«Sì. Loro sono Sam, Chloe e Jack»

«Piacere» salutarono loro.

«D’accordo, in questo caso sei libera di chiamarmi Helena e darmi del tu» la rassicurò la biologa.

In quell’ultima risposta, Laura non percepì l’agitazione della donna per un attimo, trovandovi invece la stessa voce rassicurante e quasi materna che aveva sentito all’inizio della loro discussione al citofono. La ragazza pensò che, se quello era il tono con cui Helena parlava normalmente, doveva essere una persona deliziosa: se l’avesse conosciuta, probabilmente l’avrebbe adorata.

«Grazie, Helena – rispose Laura – Dicevamo: Jeremy… volevo dire, il bibliotecario, mi ha fatto un riferimento a te: gli dicesti che il libro parla di qualcosa a cui è impossibile credere»

«È vero. Tu ci ha creduto, quando l’hai letto?»

«Be’, no»

«Infatti. Per questo mi stupisce che abbiate persino fatto ricerche per trovarmi, solo per parlarmene. Che tipo di risposte ti aspetti da me, esattamente?»

Era andata dritta al punto ancora prima del previsto, il che mise Laura leggermente a disagio. La ragazza, però, non si scompose e ne approfittò per porle la domanda fatidica:

«So che sembra ridicolo da chiedere, ma considerando i vari “indizi” sparsi per il libro e quel poco che abbiamo potuto supporre su di te… è tutto vero? ARK esiste?»

A quel punto, Helena arrossì. Sembrava che cercasse di trattenersi dal rispondere. Il suo disagio era tale che iniziò a guardare da un’altra parte e a torcersi le mani, che teneva poggiate sulle ginocchia. Alla fine, dopo un sospiro nervoso, rivolse a Laura uno sguardo incerto e, apparentemente sforzandosi per dirglielo, le rispose:

«Sì»
Laura sentì una risatina sarcastica accanto a sé:

«Certo, come no» commentò Sam.

La bionda sentì anche un leggerissimo tonfo: Chloe doveva avergli rifilato un velocissimo colpetto di rimprovero sul braccio, come suo solito. Laura ebbe la tentazione di fulminarlo con lo sguardo per aver detto qualcosa di così umiliante per Helena, ma d’un tratto Jack provò ad incoraggiarla:

«Se è proprio così, potresti dirci di più su quell’isola? Magari dei dettagli in più rispetto al libro. Qualunque cosa, davvero»

Helena parve meno imbarazzata, forse si stava sentendo rassicurata per non essere stata mandata a quel paese. Allora si ricompose e domandò, ancora insicura:

«Cosa avete scoperto su di me, per la precisione?»

«Abbiamo dato un’occhiata al tuo profilo di Facebook. A quanto pare ti è successo qualcosa nel 2008 e sei tornata a casa solo otto anni dopo» rispose Laura.

La biologa annuì:

«Già… be’, mentre studiavo le megattere nel Pacifico, sono finita in una burrasca e sono quasi annegata. Alla fine di quell’incubo, mi sono svegliata su una spiaggia bianca, con giganteschi scogli ad arco e disseminata di cristalli azzurri. Vi giuro, per un pezzo ho creduto con tutta me stessa di essere nell’aldilà. Ci ho messo del tempo ad ambientarmi, ma ho scoperto presto tutto ciò di strano che quel posto ospitava. Creature preistoriche, ambienti climatici diversi letteralmente accostati l’uno all’altro, indigeni dalla pelle olivastra che capivano tutte le lingue e, infine, quella maledetta barriera invisibile al largo delle coste»

«La cortina d’aria tremante di cui parla Darwin?» chiese Laura.

Helena annuì:

«Esatto. Non potevo andarmene da lì: ero bloccata su ARK per sempre»

«Aspetta, allora come hai fatto ad approdare, se c’è un muro invisibile?» chiese Sam, confuso.

La donna fece spallucce:

«Che ne so? A quanto pare si può entrare, ma non uscire. Sull’isola ci sono più naufraghi di quanto credete. Prima di andare avanti, voglio mettere in chiaro una cosa: non sono rimasta su ARK per otto anni. Avevo perso la cognizione del tempo, ma vi garantisco che non sono stata lì così tanto»

«In che senso? Fino a prova contraria, sei tornata a casa tre anni fa» rimarcò Chloe.

Helena allargò le braccia:

«Non ve lo so spiegare, mi dispiace. Posso dirvi solo ciò che ho visto coi miei occhi. E ho visto naufraghi che venivano da altre epoche storiche, alcune molto lontane dalla mia. E, quando io e le tre persone con cui ho abbandonato l’isola siamo stati trovati e soccorsi, ho scoperto che era il 2016 di punto in bianco»

«Quindi l’isola manipola il tempo?» chiese Jack quasi ridacchiando, incredulo.

«Forse. Chi può dirlo? Fatto sta che i miei tre compagni di naufragio sono degli esempi dei naufraghi da altri tempi di cui ho appena parlato»

«Le tre firme in fondo alla tua nota. Chi sono?» si ricordò Laura.

«Ve ne parlerò tra un attimo. All’inizio mi sono rassegnata al mio destino, così ho fatto buon viso a cattivo gioco e ho continuato a fare il mio lavoro su ARK. Ho passato ogni singolo giorno sull’isola a cercare di capire fino in fondo la natura e la vita delle creature, sia quelle selvatiche, sia le loro controparti domate dagli Arkiani. Era incredibile quanto fossero docili e obbedienti, in cattività. E lo era ancora di più il fatto che così tante specie da continenti e periodi geologici differenti convivessero in perfetta armonia ecologica. Ero sempre più convinta che qualcosa controllasse l’isola o la regolasse, come uno zoo; ma purtroppo non ho mai scoperto una volta per tutte cose fosse»

«Molto interessante!» esclamò Laura, che iniziava a sentirsi coinvolta.

«Invece cosa puoi dirci dei suoi tre compagni? Se è vero che vengono da altre epoche, sono molto curiosa di sapere di loro» ammise Chloe, intrigata.

Helena fece un mezzo sorriso, prima di continuare a raccontare:

«Giusto. Da dove posso cominciare? Edmund è la persona che, più di tutte, mi è stata di aiuto e di supporto mentre studiavo ARK. Sir Edmund Rockwell, “galante gentiluomo, eccelso studente e farmacista straordinario”, come direbbe lui – aggiunse, con un sorriso – È un medico ed esploratore dalla Londra vittoriana: ha trovato ARK per caso in una spedizione per le isole dell’Oceania. Quando io sono naufragata, Edmund era già lo straniero più popolare fra i nativi: aveva aperto una farmacia e sperimentava con la flora locale per creare nuove medicine e intrugli che rafforzavano il fisico in vari modi»

«Un droghiere di fama, insomma» scherzò Sam.

Helena annuì:

«Sì, esattamente. Andavo spesso a trovarlo e discutevamo sulle nostre scoperte. Non avete idea di quanto mi abbia fatto bene avere un confidente come lui: ho sempre avuto bisogno di condividere le mie teorie con qualcuno e lui era l’amico perfetto. Quasi un maestro, in alcune occasioni. Certo, senza che me ne accorgessi c’è stato un malinteso e Edmund mi ha vista di cattivo occhio per molto tempo, prima che ci chiarissimo, ma tutto sommato non è una cattiva persona: è abbastanza egocentrico e a volte si sopravaluta, ma non conosco nessuno che dia valore alla scoperta quanto lui»

«Che tipo di malinteso?» chiese Jack.

«È complicato da raccontare, meglio se ci ritorno dopo. Poi c’è Mei-Yin, che si era fatta una reputazione su ARK come “la Regina delle Bestie nella giungla”. Viveva da sola ed era una domatrice abilissima: il suo contingente di creature faceva invidia persino ai cacciatori nativi. Mei è una guerriera dall’antica Cina. Non ho mai capito l’anno esatto, ma lei ha citato la rivolta dei Turbanti Gialli… una delle rarissime volte in cui l’ho convinta a parlare di sé senza dover fare i conti col suo sguardo. Da quel che ho capito, mentre difendeva il suo villaggio da un’imboscata dei rivoltosi fu fatta prigioniera e percorse una lunghissima strada per essere venduta come schiava. Fu imbarcata per l’Oceania, ma ebbe la mia stessa sfortuna: ci fu una tempesta. È rimasta in mare per mesi, prima di approdare su ARK. È diventata una mercenaria e ha aiutato gli indigeni nella guerra contro la Nuova Legione»

«Aspetta, cosa? Letteralmente una legione, come quelle dei Romani?» chiese Chloe, perplessa.

«Proprio così. E qui arrivo all’ultimo del gruppo, quello che ha fatto più casini di tutti: Gaius Marcellus Nerva. Vi dirò: tutti, me compresa, hanno creduto a lungo che fosse il “cattivo” della situazione, ma col tempo ci siamo resi conto che, nella sua testa, era convinto di star facendo del bene, in modo molto relativo. Era un centurione ai tempi di Traiano. Mi ha raccontato che la sua legione originaria fu incaricata di esplorare i territori più ignoti dell’Oriente, oltre l’Indo e le zone raggiunte da Alessandro Magno. Non oso immaginare per quanto abbiano marciato, fatto sta che sono arrivati al Pacifico ridotti all’osso»

«Un’intera legione romana ha marciato dall’Italia al Pacifico?!» esclamò Sam, incredulo.

«Pazzesco, ma vero: lui ne è la prova vivente. Arrivati all’oceano, costruirono una nave con l’aiuto della gente del posto e partirono; a quel punto, Gaius rimase da solo e naufragò su ARK. Una volta ambientatosi, ha deciso che gli Arkiani erano dei barbari da “salvare” dall’ignoranza e da civilizzare, così ha radunato un vero e proprio esercito chiamato “Nuova Legione” e ha iniziato a conquistare i villaggi delle tribù dell’isola, una alla volta. La prima volta che l’ho incontrato, mi ha fatta prigioniera dopo una battaglia contro le bestie di Mei. Era convinto con tutto se stesso di essere stato mandato lì da… Giove? Giano? Non me lo ricordo mai. Comunque, secondo lui, era destino: pensava che fosse giusto romanizzare gli Arkiani, anche con la forza»

«E alla fine come si è risolta la faccenda?» chiese Laura.

Helena si strinse nelle spalle:

«Quando ero la sua prigioniera, la sua era la tribù dominante di ARK, ma poi c’è stata una serie di eventi che hanno rovesciato le sorti da un momento all’altro. In quel periodo, io ed Edmund stavamo indagando su dei misteriosi manufatti che credevamo connessi alla barriera invisibile, come alla fine abbiamo dimostrato. A un certo punto, Gaius ne ha sentito parlare e ha preso Edmund con sé per saperne di più mentre i manufatti venivano radunati tutti a tre obelischi presenti sull’isola, perché si era convinto che fossero un’arma divina o una cosa del genere»

«Potresti dirci di più di questi manufatti e obelischi? Se sono collegati alla barriera, allora è così che sei tornata a casa, vero?» la interruppe Laura.

«Esatto, ma ve lo spiegherò meglio tra un attimo. L’ultimo artefatto, uno strano cristallo multicolore, doveva essere posizionato nelle rovine sull’Apoteosi, le isole volanti a Est di ARK. Gaius e i suoi legionari ci sono andati, ma purtroppo per loro era la tana di un gorilla di una ventina di metri che si comporta come una specie di “re” di ARK. I nativi lo chiamavano Kong»

Prima che la biologa potesse continuare, i ragazzi sbarrarono gli occhi e Sam scoppiò a ridere come un pazzo, battendo sonoramente le mani:

«Ahahahahaha! Questa è la goccia che fa traboccare il vaso! Geniale! Lo sai, per un attimo mi hai ingannato per davvero» ammise.

«Scusami?» domandò Helena, perplessa.

«Davvero, con tutti quei dettagli sulla barriera, gli indigeni, l’isola e quei racconti emozionanti dei tuoi amici… mi è sembrato davvero che stessi dicendo la verità. Ma con questa cazzata hai confermato una volta per tutte che ARK è una fesseria galattica»

«Già, ci ero cascata in pieno anch’io – aggiunse Chloe – Anche se mi sembrava assurdo fin dall’inizio che gli abitanti di questa “isola preistorica” sapessero tutte le lingue. In ogni caso, complimenti per la creatività: il tuo libro è fatto benissimo»

«King Kong? Questa non me l’aspettavo – sorrise Jack – Se posso permettermi, è un po’ troppo spinto come dettaglio: toglie originalità al racconto. Accetti critiche costruttive, vero?»

«Non ci credo, ci hai messo pure King Kong! Per caso ci avresti detto che, in tutto ciò, c’era pure Godzilla?» la provocò Sam.

Helena, per tutta risposta, lo guardò con un'espressione imbarazzata e sconsolata, senza ribattere.

«Perché mi guardi così? Non c'è niente di male, basta solo ammettere che in realtà è tutta una storia inventata. Mio Dio, King Kong! Isole volanti!» continuò a ridere Sam.

Laura, dal canto suo, era talmente delusa che non sapeva nemmeno cosa pensare. Oltretutto, era in imbarazzo con se stessa: avrebbe dovuto rassegnarsi dal primo istante alla certezza che quel libro fosse esattamente ciò che sembrava: una simpatica pseudo-enciclopedia dai toni verosimili che trattava le creature preistoriche da una prospettiva originale col pretesto di un falso documento storico. Invece no, lei si era aggrappata all’infima speranza che ci fosse del vero dietro quel libro, aveva coinvolto i suoi amici in un’evitabile ricerca per trovare una biologa con un incidente in mare alle spalle e con troppa immaginazione, la quale trovava la sua ingenuità così divertente che aveva continuato ad assecondare le illusioni che si era fatta, prima di sbatterle in faccia la verità. Si vergognava così tanto: aveva fatto una figuraccia tremenda, aveva perso tempo e l’aveva fatto perdere anche ai suoi amici, oltre ad averli trascinati nella sua stessa situazione imbarazzante. Avrebbe voluto sotterrarsi.

«Adesso non mi credi neanche tu, vero, Laura?» sospirò Helena, con tono comprensivo.

Quella voce materna e confortante, in quel momento, la fece stare peggio: si sentiva ancora più raggirata. La bionda non poté che annuire, fissandola con uno sguardo in bilico tra lo sconfortato e l’oltraggiato. Dopo averla guardata in silenzio, Laura scosse la testa. Sam batté le mani sulle ginocchia e fece segno di volersene andare:

«Be’, è stato un piacere conoscerti, Helena, ma ora leviamo il disturbo. Grazie per averci divertiti! Andiamo, ragazzi. Laura, non ti deprimere, potrai consolarti quando inizierai la tua nuova carriera»

«Sì, hai ragione. Grazie per la chiacchierata, Helena» sospirò la bionda, alzandosi.

I quattro ragazzi fecero per voltarsi verso l’uscita; tuttavia, la donna richiamò la loro attenzione di colpo, con un’esclamazione determinata:

«Fermi!»

Loro si girarono, perplessi.

«C’è dell’altro?» osò chiedere Laura, con l’ultimo barlume di speranza rimasto in lei.

«Sì. Avrei preferito evitare di mostrarvelo, ma ormai mi sono sbilanciata a confidarvi la mia storia. Sedetevi, per favore. Fidatevi di me»

Laura indugiò, quindi guardò i suoi amici in cerca di un parere. Dai loro sguardi, capì che stavano aspettando di vedere cosa avrebbe deciso lei. Così, accettando di avere fede nonostante l’imbarazzo, assecondò Helena e riprese posto, imitata dagli altri. Helena li ringraziò con un sorriso riconoscente, quindi lasciò il salotto e svoltò un angolo, probabilmente diretta ad una stanza da letto. La sentirono spostare alcune cianfrusaglie, prima che tornasse. Quando riapparve, la biologa aveva con sé tre oggetti che lasciarono Laura attonita: una lunghissima penna primaria di un uccello che non riconobbe, un seme talmente strano da sembrare una piantina aliena e il cranio di un piccolo primate. La bionda aveva visto il disegno di un teschio identico leggendo l’enciclopedia di Darwin: apparteneva a un mesopiteco, una scimmia del vecchio mondo vissuta nel Pliocene. Pur avendo già una mezza idea sulla provenienza di quegli oggetti, Laura decise di non lasciare nulla al caso e, con un’ingenuità stavolta finta, domandò:

«Cosa sono?»

Helena li ripose sul tavolino e li osservò come degli oggetti preziosi, mentre rispondeva:

«Per me sono ricordi, voi li potete vedere come delle prove»

La biologa prese la penna e la lisciò, con un sorriso colmo di nostalgia mal celata:

«Quando io ed Edmund siamo diventati confidenti su ARK, lui mi ha regalato un argentavis con cui potessi spostarmi facilmente da un capo all’altro dell’isola. Era una femmina e aveva già un nome quando è diventata mia: Atena. Edmund, invece, aveva un maschio di nome Archimede. Oh, Atena… la guardavo sempre volare in giro per conto suo, ogni mattina, mentre io mi godevo l’alba da un posto sopraelevato. Era tutto bellissimo. La cosa che mi dispiace più di tutte è che non ho potuto dirle addio come si deve»

«Cos’è successo?» chiese Laura, che era ricascata nel coinvolgimento senza notarlo.

«Quando la Nuova Legione mi ha fatta prigioniera, l’ho persa di vista nel caos della situazione. Non l’ho più rivista da allora, anche se io e gli altri ci siamo concessi alcune settimane per riprenderci da tutto quanto, prima di lasciare ARK»

«E quel seme strano?» chiese Jack.

«Questo è il seme di una pianta X. Per farvela breve, come avete capito dal libro, ARK è un posto del tutto fuori dal normale e alcune cose sembrano anche prive di logica. Comunque, la convivenza con specie da epoche diverse non ha influenzato solo l’evoluzione della fauna, ma anche quella della flora. La pianta X è un vegetale endemico di ARK che scaglia semi nocivi se si sente minacciata. Viene spesso usata come difesa alle case o nei centri abitati: è praticamente una torretta automatica»

«Sul serio hai appena paragonato una pianta ad una torretta?» scherzò Sam.

«Ti garantisco che una pianta-torretta è la stranezza più insignificante, sapendo di che mondo fa parte» replicò Helena.

«E quello è un cranio di mesopiteco» concluse Laura, anticipando Helena.

«Esatto, viene dalla clinica di Rockwell. Aveva cercato di portare con sé anche un ultimo campione di una delle sue ricette, il “tonico scervellatore”, ma per fortuna l’ho convinto che non era decisamente il caso»

Le emozioni di Laura tornarono ad essere contrastanti: adesso era sia soddisfatta per aver constatato che Helena non si stava prendendo gioco di lei, sia incredula per aver appena ricevuto la conferma che…

«ARK esiste davvero» affermò, a bassa voce.

«Ve l’ho detto. Adesso l’ho dimostrato» rispose la donna.

Ci fu un silenzio imbarazzante, dopo. Fu Chloe a far ripartire la conversazione, con una domanda di curiosità:

«Dalla tua storia, mi sembra di capire che i tuoi tre compagni siano venuti qui a Sidney con te, dopo l’isola. Ti posso chiedere dove sono adesso? Che ne è stato di voi quattro dopo il vostro ritorno? Voglio dire, se loro tre vengono dal passato, dev’essere stata dura»

Helena sorrise e annuì:

«Hai proprio ragione, è stato complicato aiutarli a iniziare una nuova vita nel 2016. Però, tutto sommato, siamo riusciti a trovare delle soluzioni che hanno soddisfatto tutti»

«Vivono assieme a te?» domandò Jack.

«Sì, abitano qui da quando siamo tornati da ARK. Il mio appartamento era facile da adattare a dei coinquilini, perché non approfittarne? In ogni caso, se volete sapere cosa fanno attualmente, ve lo dirò. Edmund ha avuto meno difficoltà di tutti a prendere una decisione: lavorava già come medico e un misto fra un farmacista e un chimico, è molto perspicace e impara in fretta, quindi tutto ciò che gli serviva era rimettersi in pari con la medicina contemporanea. Sta ancora frequentando un corso universitario di medicina: quando avrà imparato il necessario, ritornerà a fare il medico»

«E invece, per quanto riguarda la guerriera cinese e il centurione? La vedo dura, per loro» ammise Chloe.

Helena ridacchiò:

«Allora, tanto per cominciare, ho iscritto entrambi ad un corso di inglese, perché era fondamentale. Entrambi avevano già iniziato a masticare qualche parola: per parlare con Mei, usavo le basi di mandarino che ho studiato all’università e, quando siamo diventate amiche, le ho insegnato alcune frasi. Nerva, invece, aveva chiesto a Rockwell di istruirlo sulla “lingua dei Britanni”, come la chiama lui. Ovviamente, però, non bastava affatto per vivere qui. Appena Mei e Gaius hanno imparato a cavarsela bene con la lingua, abbiamo pensato alle loro carriere»

«Capirai: sono cresciuti tutti e due con la spada in mano e sventrando la gente, che lavoro potrebbero mai fare in questa società?» chiese Sam, divertito.

«A dire la verità, non è stato poi così difficile trovare qualcosa che fosse alla loro portata. Mei era la Regina delle Bestie, non avete idea di quanto sia abile con gli animali pericolosi. Adesso è un’accalappiatrice: con tutte le segnalazioni di serpenti, ragni letali e varani che ci sono a Sidney, ha trovato pane per i suoi denti. In quanto a Gaius, be’, lui viene da una civiltà che voleva portare ordine e disciplina con la forza, così ho avuto una piccola illuminazione: l’ho convinto a diventare un buttafuori. Alla fine lo è diventato davvero, l’hanno assunto in un negozio di vestiti in un centro commerciale. Non se ne lamenta»

«Meglio di quanto pensassi» commentò Chloe, con tono sincero.

«Ma adesso dove sono, scusa?» domandò Jack.

Helena fece spallucce:

«Hanno da fare, tutto qui. Io sono in vacanza, in questi giorni»

«E tu, Helena? Cos’hai fatto dopo ARK?» le chiese Laura.

A quel punto, l’espressione della biologa si incupì. Laura si pentì subito di quella domanda: doveva aver toccato un nervo scoperto. Stava per scusarsi, quando la biologa sospirò con tristezza e rispose:

«Vi sembrerà un paradosso, ma sono quella che ha faticato più di tutti a ricominciare. Innanzitutto, è stato un grosso disagio sia per me, sia per chi mi conosce e vuole bene il ritrovo dopo otto anni. Mi credevano morta, giustamente. A parte quello, però, non me la sono più sentita di fare ricerche sugli animali osservandoli nei loro ecosistemi coi miei occhi. Diciamo che qualcosa in me si è bloccato, dopo la mia esperienza sull’isola. Non me la sono più sentita di andare in spedizione, però non potevo certo mollare la biologia, così ho trovato il giusto compromesso: ho ottenuto una cattedra in un liceo come insegnante di scienze naturali»

«Chissà perché, ma tu mi sembravi proprio una che sta bene nei panni di una professoressa» ridacchiò Sam.

«Già, non sei il primo che me lo dice» sorrise Helena.

Dopodiché, nessuno disse più nulla. Allora Laura non poté fare altro che ripensare a tutto ciò che era stato detto fino a quel momento ed elaborare le scoperte, ora che aveva ricevuto la conferma che era la verità. Si rese conto presto che, di tutti i dettagli incredibili che il libro ed Helena avevano spiegato sull’isola preistorica, ce n’era uno che la intrigava sopra ogni cosa: la teoria di Helena per la quale c’era un fattore ignoto che, stando alle evidenze, teneva sotto controllo l’ecosistema arkiano per mantenerlo in equilibrio, nonostante al suo interno ci fossero ambienti climatici del tutto diversi e creature che non avrebbero mai dovuto convivere, costrette a condividere il territorio. In natura, normalmente, una funzione simile non era lontanamente concepibile: il contesto più simile erano gli zoo e non era un caso che Helena avesse paragonato ARK ad uno di essi. Questo fattore avrebbe potuto essere di tutto. E se fosse stato addirittura un essere vivente? E se, in qualche modo, fosse collegato anche alla barriera invisibile che manipolava il tempo? Forse l’isola si autogestiva, come un complesso alveare gestito da una regina. Alla fine, tutte queste domande la incoraggiarono a cercare di fare chiarezza su quel grande punto oscuro della faccenda, così la ragazza riprese con le domande:

«Helena, esattamente come avete fatto ad andarvene? Hai detto che la barriera impedisce a chiunque di uscire da ARK. Prima hai menzionato dei manufatti che vi sembravano connessi alla barriera. Era vero?»

La biologa annuì:

«Esatto, erano tutti nascosti nelle caverne dell’isola. Su ARK ci sono tre obelischi di ossidiana dalle punte di cristallo: uno verde, uno blu e uno rosso. Ai loro piedi ci sono degli incavi con le forme dei manufatti e, alla fine, è saltato fuori che inserirli tutti faceva scomparire la barriera. Dopo la guerra contro la Nuova Legione, i capi delle tribù arkiane parlavano di nascondere i manufatti in luoghi sicuri, immagino che l’abbiano fatto dopo la nostra partenza»

«Be’, almeno fuggire da lì è difficile ma non impossibile: è già qualcosa» affermò Jack.

«E così, alla fine non sei riuscita a capire cosa ci fosse dietro l’ecosistema di ARK?» proseguì Laura.

«Purtroppo no. Ormai tutti gli indizi me lo confermavano, mancava solo la fonte di tutto. All’inizio ho pensato che il rapporto bilanciato fra prede e predatori e la docilità delle creature domate dipendesse dal re dell’isola, ovvero Kong»

Fu interrotta da una risatina di Sam, che ricevette una gomitata di rimprovero da Chloe.

«Scusami, è che non ce la faccio proprio a prendere questa parte di King Kong sul serio» ridacchiò il rosso.

La donna gli rivolse uno sguardo lievemente frustrato, prima di proseguire:

«Secondo i racconti degli Arkiani, il temperamento delle creature e l’equilibrio naturale di ARK si stravolgono e si riformano in base a quale creatura diventa il re, quindi grazie a Kong c’è pace ed equilibrio perfetto. Sembrava una risposta, ma mi sono resa conto che da un animale non può dipendere anche il tasso di fertilità di alcune specie in funzione di altre o la velocità di rigenerazione degli ambienti danneggiati. C’è qualcosa di più grosso, dietro. E te lo confesso: ho il forte sospetto di esserci andata molto vicina»

Gli occhi di Laura si illuminarono:

«Allora sai cos’è?»

Ed ecco, però, che la passione e la frenesia con cui Helena stava condividendo le sue ipotesi con la tipica gioia di chi è finalmente libero di svelare un segreto scemarono; cedettero il posto ad uno sguardo amareggiato, quasi pentito, e ad una voce che esprimeva delusione e senso di sconfitta:

«No. Mi dispiace, ma no. Non ho mai trovato la grande verità che inseguivo da mesi. Ma è stata una mia scelta»

«In che senso?» insisté Laura, delusa.

«Avevo trovato una nuova pista, gli ultimi giorni prima di salpare con gli altri. Avevo tutte le buone ragioni per essere certa che mi avrebbe condotta esattamente a quello che cercavo, ma ho deciso di lasciare perdere. Ho provato con tutta me stessa a portare le mie ricerche fino in fondo, a compiere il mio dovere di scienziata, ma non ne ho avuto la forza. Non me la sentivo. La via d’uscita, il mio biglietto di ritorno a casa, era finalmente a portata di mano: era il caso di rischiare di perdere un’occasione del genere, solo per scoprire come mai un’isola è fatta in un certo modo? Alla fine non ho voluto rischiare»

«E per questo ti senti in colpa? Per me, hai fatto la cosa giusta» provò a confortarla Jack.

«Anch’io detesto lasciare dei conti in sospeso, ma avrei fatto la stessa cosa» aggiunse Chloe.

«Mi sono sempre sforzata di ricordarmi che ho fatto bene, eppure il pensiero di aver rinunciato alla scoperta decisiva mi tormenta da tre anni. E non ho mai fatto sapere agli altri di questa mia ricerca mancata: Edmund non me lo perdonerebbe, perché ci teneva quanto me, anche se per motivi diversi. Comunque, lo sconforto per la mia scelta è il motivo per cui ho cercato di pensare il meno possibile ad ARK: ecco perché ho lasciato il libro in biblioteca. La penna di Atena era l’unico ricordo dell’isola che osassi riprendere in mano ogni tanto, ma per il resto facevo di tutto per voltare pagina, finché non siete arrivati voi»

«Mi dispiace, noi siamo venuti a parlare con te solo perché volevo fare chiarezza su un libro bizzarro. Non pensavo che avrei riaperto una tua vecchia ferita» sospirò Laura, mogia.

«Scherzi? Nessun problema! Anzi, mi si scalda il cuore, al pensiero che qualcuno abbia del genuino interesse per la mia avventura, anche se tutto quello che avevate era un nome in un’enciclopedia assurda. È stato bello raccontare la mia storia a delle persone: è come se una parte di me si fosse liberata di un peso. Vi ringrazio, dico sul serio. Basta che non lo diciate in giro, ovviamente»

«Ci fa piacere saperlo! E puoi stare tranquilla, non avremmo parlato a nessuno di questo incontro in ogni caso» sorrise Jack.

«Quindi abbiamo finito? Il caso è chiuso?» chiese Sam, fissando Laura.

«Sì, sembra di sì» annuì Laura, anche se non era per nulla convinta.

Helena, allora, si batté le mani sulle ginocchia e si alzò.

«Bene, sembra che abbiate intenzione di andare. È stato bello conoscervi, ragazzi! Statemi bene. E buona fortuna per la tua futura carriera, Laura: la paleontologia è un mondo meraviglioso, una mia cara amica te lo potrebbe confermare, se fosse qui!»

«Non ne dubito. Grazie di tutto, Helena» rispose Laura.

I ragazzi si alzarono a loro volta, aspettarono che la padrona di casa aprisse la porta e fecero per uscire, pronti a tornare alla loro vita di tutti i giorni; finché Chloe non si fermò con fare titubante, confondendo tutti. La mora si voltò di nuovo verso Helena e, stupendo i suoi amici, le chiese con una punta di imbarazzo se le sarebbe dispiaciuto presentare loro i suoi tre compagni di naufragio in futuro e mantenersi in contatto con loro, visto che ormai si era aperta con una certa fiducia nei loro confronti. Jack e Laura arrossirono, mentre Sam la fissò e la apostrofò con tono spiritoso:

«Chloe, non pensi di chiedere troppo? Va bene essere espansivi e fare nuove amicizie, ma l’abbiamo pur sempre appena conosciuta! Ci abbiamo scambiato due chiacchiere, ci siamo divertiti, ma è tutto qui: non sei d’accordo anche tu, Helena? La scusi, è solo che Chloe è fatta così: si affeziona in fretta» scherzò.

«Maledetto, non pensare di vendicarti delle mie prediche facendo il paparino!» reagì lei, per tutta risposta.

«Per favore, non rendiamoci ridicoli! Le abbiamo già fatto perdere abbastanza tempo» li esortò Jack, mentre Laura annuiva concorde con lui.

Helena indugiò un po’, ma alla fine ammise che non era una cattiva idea. Affermò che aveva già presentato i suoi compagni a conoscenti vecchi e nuovi in passato e che non se n’era mai pentita, oltre ad aggiungere che non le sarebbe dispiaciuto affatto discutere più nel dettaglio sui vari aspetti di ARK con Laura in altre occasioni, se la ragazza ci teneva davvero: per lei sarebbe stato come insegnare biologia ai suoi studenti, ma su un campo “segreto” e con una nuova conoscente incontrata per caso.

«Dici davvero, Helena? Se stai accettando solo per farle un piacere, non disturbarti! Dico sul serio! Anzi, perché non le hai ancora chiesto scusa, Chloe?» domandò alla mora.

Chloe fece spallucce, affatto imbarazzata:

«Perché dovrei scusarmi? A me sembra d’accordo» ammiccò.

«Sono sincera! Gradirei davvero rivedervi: siete simpatici, sapete? Ne parlerò con gli altri appena ne avrò modo: se saranno tutti d’accordo, ci penseremo su»

«Ottimo! Cosa facciamo, ci scambiamo i numeri? Ci teniamo aggiornati col tuo profilo di Facebook?»

«Preferisco il numero» rispose la donna.

Laura, per l’ennesima volta, non poteva crederci: Helena le piaceva di più ogni secondo che passava. Provava un’onesta ammirazione per lei: era simpatica, disponibile, rassicurante, aperta al dialogo e amichevole; aveva la sensazione di non potersi stancare mai a conversarvi assieme. Così, dopo che loro quattro ed Helena si furono scambiati i numeri di telefono, si salutarono con la promessa di risentirsi. Mentre i ragazzi uscivano e si incamminavano per strada, Sam ammise di non sapere cosa pensare di quella giornata. Chloe gli diede solo una gentile pacca sulla spalla e gli fece notare che, a conti fatti, era andata alla grande: Laura aveva finalmente capito la verità dietro l’enciclopedia di Darwin e lei, forse, avrebbe avuto a che fare con una nativa dell’antica Cina e un vero soldato romano, grazie ai quali le sue competenze linguistiche avrebbero fatto un salto di qualità.

«Sì, tutto molto bello, il fatto è che questa ARK resta pur sempre nient’altro che un argomento di cui non si può fare effettivamente qualcosa e non è detto che i compari di Helena Walker vorranno saperne di noi. È stato come discutere su un film: bello, ma inutile. Senza offesa, Laura»

«Nessuna offesa, Sam» sospirò la bionda.

«Sei contenta?» le domandò Jack, con un sorriso amichevole.

«Ma certo! Non dovrei? Ho scoperto persino più di quanto sperassi!» rispose lei.

I ragazzi attraversarono la strada e disussero sul loro incontro con la biologa per tutto il tragitto fino alla prima fermata dell’autobus; continuarono anche stando seduti sulla panchina, in attesa che ne arrivasse uno della linea giusta. Fu mentre si concentravano sulle storie degli amici di Helena che Sam ammutolì, osservando l’altro lato della strada con uno sguardo sospettoso, e indicò agli altri le vicinanze della palazzina di Helena. A qualche passo dall’entrata dell’edificio, c’era un uomo che sembrava fissare proprio loro. Spiccava in mezzo ai passanti, perché era bizzarro: era vestito tutto di nero e, da quel poco che riuscivano a distinguere a quella distanza, sembrava trasandato e sporco. Il dettaglio più curioso era che indossava una bombetta.

«Perché quel tizio inquietante ci sta guardando?» chiese Jack.

«Inquietante? A me sembra solo cretino» commentò Sam.

Laura si sforzò di osservarlo meglio: l’uomo con la bombetta era alto ed esile, aveva il volto allungato con un mento pronunciato, pochi capelli e un paio di lunghi e folti baffi; stava buffamente ingobbito e si torceva le mani. Sembrava ridacchiare con un’espressione da matto tutto il tempo. Per giunta, sembrava che stesse parlando da solo.

«A me non sembra molto a posto» confidò Chloe.

In quel momento, però, l’uomo con la bombetta smise di fissarli e iniziò ad allontanarsi, con una bizzarra andatura circospetta. A quel punto, Laura si rilassò, accorgendosi solo allora di essere stata messa un po’ a disagio dalla sua vista. In un tentativo di ricomporsi, diede credito a Sam:

«Sono d’accordo, è solo fuori di testa. Non credo che ci guardasse per un motivo»

«Trovo anch’io: era proprio bizzarro» annuì Jack, tenendosi il pollice e l’indice sul mento.

In ogni caso, a Laura venne spontaneo mettere il libro nella sua borsa, dopo averlo tenuto sottobraccio: era come se non le sembrasse più sicuro tenerlo in mostra. Pensò comunque che fosse solo una sensazione passeggera e provò a scordarselo, quando salirono sul bus per tornare a casa. Adesso non dovevano fare altro che riprendere le rispettive quotidianità e aspettare di ricevere notizie da Helena.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > ARK: Survival Evolved / Vai alla pagina dell'autore: Roberto Turati