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Autore: Melanto    03/10/2018    8 recensioni
[ATTENZIONE! GENDERSWAP! XD]
«Nella mia testa un corno! Non è affatto un caso se Izawa spunta come unfunghettotrallalà praticamente ovunque! Dove c’è la nostra Yu-chan, ecco che il Raperonzolo Moro della Nankatsu compare per magia.»
La stessa storia, gli stessi personaggi, la stessa OTP... o forse non proprio e qualcosa è stato mischiato?
(...ooops! Qualcuno ha detto 'tette'?!)
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Mamoru Izawa/Paul Diamond
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender
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When you look at me

Note Iniziali: Storia scritta per il Writober di Fanwriter.itDay 3 Prompt: Genderswap.

Per chi non lo sapesse, il ‘Genderswap’ consiste nell’invertire il sesso dei personaggi: da Donna a Uomo e viceversa.
Non. Dite. Niente. XD
Rileggiamoci nelle note finali.

 

Sapevo che prima o poi l’avrei fatto.
LO SAPEVO! XD

 

 

When you look at me

- I -

 

 

 

 

 

Teiko Kisugi arrivò con aria spavalda nel cortile della scuola, qualche minuto dopo che la campanella aveva sancito l’inizio della pausa pranzo.

Yuzuriha e Takeko la stavano aspettando, e avevano già disteso la coperta sull’erba per tutte. Mancava solo Shiho, ma lei se la prendeva sempre con calma.

Teiko aveva un sorriso sornione sulle labbra e i capelli ricci che creavano una nuvola di bronzo morbido attorno al viso. Tolse le scarpe, lasciandole sull’erba, e poi salì in piedi sulla coperta. Incrociò le caviglie e si lasciò cadere in un sol gesto; le balze della gonna crearono un effetto palloncino attorno alla sua figura, adesso seduta e che la guardava fisso. Sulla guancia le si era formata la solita, piccola fossetta.

Yuzuriha sbuffò, mentre Takeko Kishida osservava l’ultima arrivata da sopra lenti immaginarie, ma stava sghignazzando.

«Quando hai quell’espressione, Tei-chan, sappilo, non mi aspetto mai niente di buono.»

«Lascia perdere, tanto lo so io che ha», Yuzuriha agitò le bacchette e tornò a calare lo sguardo sul proprio bento, conferendo ben poca importanza alle chiacchiere della compagna di squadra.

«Ancora per quella storia di Izawa?» Takeko si fece attenta.

«Potrebbe essere altro?! Sono giorni che mi tormenta e-… piantala di guardarmi così, tu!» Morisaki le puntò contro le bacchette, minacciosa, mentre Teiko continuava a sorridere con puntiglio di superiorità e malizia.

«È lei che è sciocca e vuole ignorare l’evidenza!»

«L’evidenza quale?»

Shiho Takasugi aveva l’innata abilità di comparire all’improvviso e con un fare silenzioso come nemmeno i ninja. La sua altezza arrivò a creare un’ombra lunghissima su di loro.

Teiko le fece subito cenno di prendere posto. «MamaBear, ma quella più evidente delle ultime settimane: che Mamoru Izawa del Club di Calcio ha puntato la nostra Yu-chan!» concluse, con una strizzatina d’occhio alla diretta interessata.

Yuzuriha sbuffò di nuovo, abbandonando ogni idea di terminare il proprio pasto.

«Ma dai? Davvero?» Shiho le rivolse un’occhiata maliziosa e lei s’affrettò a scuotere il capo, le braccia messe a X davanti al viso.

«No! Per niente! È tutto nella testa di quella lì! Hai troppi ricci, Teicchin, ti ho sempre detto che ti annodano il cervello!»

«Nella mia testa un corno! Non è affatto un caso se Izawa spunta come unfunghettotrallalà praticamente ovunque! Dove c’è la nostra Yu-chan, ecco che il Raperonzolo Moro della Nankatsu compare per magia», Teiko accompagnò le proprie parole una serie di gesti rituali nemmeno stesse per lanciare un incantesimo.

Yuzuriha alzò gli occhi al cielo a fronte di cose ripetute milioni di volte in quegli ultimi giorni.

«La Nankatsu è questa, le nostre classi sono sullo stesso piano e il campo da calcio è proprio fuori della nostra palestra! Non è che lui si trova di proposito dove sono io, è che ci si trova per necessità!»

«Però è anche vero che lui e il suo gruppetto di soliti li ho visti fare spesso pranzo in cortile...» Takeko si portò un dito alle labbra, con fare pensieroso.

«L’avevo notato anch’io! Di solito mangiavano in classe, sono venuti spesso nella mia perché c’è quel cretino del loro capitano, Ishizaki, oppure sparivano sul tetto», Teiko era tutta un sorriso, mentre apriva il proprio bento e iniziava a pescare riso e verdura con le bacchette. «E invece adesso… funghetti! Funghetti ovunque!»

«Takeko, ti ci metti anche tu?! Non mi sei d’aiuto! E comunque hanno tutto il diritto di uscire in cortile! Inizia ad arrivare la bella stagione, saranno fatti loro...»

«Oh, e quindi è sempre un caso se adesso sono proprio poco distanti da noi e lui, guarda un po’!, è seduto rivolto da questa parte?» Teiko sbatté le lunghe ciglia.

«Chi se ne frega, tanto io non lo guardo!»

«Oh, non importa… l’importante è che lo abbia visto buttare l’occhio verso di noi un bel po’ di volte», si fece scivolare delicatamente in bocca un pezzetto di pollo, continuando a sorridere. Ormai era strasicura di aver visto giusto, Yuzuriha poteva dire quello che voleva o negare l’evidenza, ma Izawa l’aveva notata e lei ci avrebbe messo entrambe le mani sul fuoco che, presto o tardi, si sarebbe fatto avanti.

«Non è vero! E se non la pianti ti alzerò palle bruttissime all’allenamento di oggi, ne sono capace!»

«Uff, come sei noiosa!» intervenne Kishida. «Seppure fosse così, qual è il problema? Izawa è il ragazzo più figo della scuola, voglio dire! Ti attireresti l’invidia di tutte.»

«Sì, certo, bell’affare. Come se ne avessi bisogno, in questo periodo», lei ruotò gli occhi. «Tanto è chiaro che, se fosse vero, vorrebbe una sola cosa. Quella che vogliono tutti», e nel dire quell’ultima frase, incrociò le braccia al petto, coprendosi d’istinto il dono generoso che la natura e la genetica della sua famiglia le avevano regalato, e che non faceva che causarle problemi e prese in giro.

Takeko sospirò. «Ancora con questa storia?»

«Certo! Perché è sempre la stessa e pare che qui sia diventato lo sport nazionale: sfotti anche tu una Morisaki!» Yuzuriha scosse il capo, aggrottando le sopracciglia e piegando le labbra in una smorfia abbattuta. «Mi guardano in una maniera disgustosa. Grazie tante. Che periodo di merda, l’adolescenza.»

«Se fosse possibile, te ne ruberei volentieri una taglia...» sospirò Teiko.

«Se fosse possibile, te ne regalerei anche due!»

Takeko le si gettò praticamente tra le braccia, affondando il viso nella sua quarta abbondante, con espressione trasognata e soddisfatta. «Io le adoro! Sono così morbide!»

Un gesto che riuscì a strapparle una risatina divertita. Strinse di più la compagna e le spettinò i capelli a caschetto.

«Tanto lo sappiamo di chi è la colpa», sentenziò Shiho, storcendo la bocca. «Di quel coglione del capitano della squadra di baseball.»

«Non gli è proprio andato giù che tu l’abbia mollato, vero, Yu?» domandò Takeko, sciogliendo l’abbraccio e richiudendo il proprio bento ormai vuoto.

«Per niente.»

«Il fatto è che chi prova la nostra Yu-chan, poi non può più farne a meno», Teiko le strizzò l’occhio. “Però non è vero che solo perché hai incontrato un idiota come Naoji, allora anche gli altri siano come lui. Izawa è tanto carino… anche se ammetto di preferire il suo amico, quello con il ciuffo ribelle.»

«Maddai?!» Takeko le rivolse un’occhiata maliziosa e Teiko fece spallucce, torturando un riccio.

«Be’, sì, non è male. Oddio, forse un po’ troppo sciatto e un po’ troppo sboccato, ma non si può avere tutto dalla vita. Poi, nel caso, lo raddrizzerei io.»

Il gruppetto ridacchiò, quando due ragazzi passarono loro accanto, mollando un fischio e parlando a voce così alta che li sentirono tutti.

«Ehi, Morisaki! Perché non fai prendere un po’ d’aria a quel bel davanzale?!» disse uno di loro, ridendo poi in direzione del compagno. Si sentì sghignazzare anche da qualche altro gruppo, e borbottare.

Yuzuriha li riconobbe, perché li aveva visti con Naoji. Le guance le andarono a fuoco, mentre Shiho si alzava lentamente. «Ora li ammazzo io, tranquilla», disse con calma, ma prima che potesse fare qualcosa, Yu l’anticipò, balzando in piedi.

«Ehi!» l’attenzione del cortile fu tutta per lei, inviperita come una Gorgone. «Sai che c’è? C’è che le uniche bocce che vedrete nella vostra vita saranno le palle da baseball!»

Il cortile calò in un silenzio imbarazzato, mentre lei restava in piedi e adesso aveva a fuoco finanche le orecchie. Involontariamente, l’occhio le cadde sul gruppetto del Club di Calcio. Nemmeno a dirlo, aveva i loro occhi addosso. Anche quelli di Izawa. Soprattutto quelli di Izawa, dalle sopracciglia che formavano due archi perfetti sull’espressione sorpresa.

Ecco, se qualcuno le avesse passato una pala, si sarebbe scavata la fossa proprio lì, già che c’era.

Yuzuriha distolse in fretta lo sguardo, tossicchiò e si lisciò la gonna dell’uniforme. L’attimo dopo, proprio dal gruppo del Club di Calcio, partì un sonoro applauso, corredato di qualche ‘Brava!’ e un paio di fischi di approvazione. Lei sforzò un sorriso di circostanza e poi si volse, masticando un continuo ‘figuradimmerda, figuradimmerda, figuradimmerda’ tra le risate delle sue compagne che stavano raccogliendo le cose del pranzo ormai terminato, come agli sgoccioli era anche la pausa.

«Ma complimenti! Quanta classe ha il Club di Pallavolo!» Ryo Ishizaki le prese in giro, ma trovò il muro di Shiho Takasugi a dargli il benservito, con la sua voce profonda, da vera Mamma Orsa.

«Vuoi saggiarne un po’ anche tu, ciccino

Ryo sollevò le mani, scuotendo il capo e permettendo alle ragazze allontanarsi sull’ultimo bacio volante di Teiko, che si volse di proposito per vedere la reazione di Izawa e, come sempre d’altronde, poté constatare che aveva avuto ragione: perché stava sorridendo mentre le guardava andare via.

 

«Ah. Bad idea. Very bad

Mamoru spostò lo sguardo dalle ragazze ormai lontane all’amico Hajime, lì di fianco.

«Cosa?» sospirò.

«Quello che stai facendo e che stai pensando. Lascia perdere, prima che sia troppo tardi.»

«Io non sto facendo né pensando niente.»

«Davvero? Quindi me lo sono sognato che hai gli occhi incollati a Morisaki a ogni occasione?»

Mamoru si passò una mano nei capelli, tirandoli indietro e camuffando un sorriso. Hajime continuò.

«Quella è blindata come Fort Knox, te lo dico io! Non so se hai notato che non ha amiche, ma guardie del corpo. Voglio dire, hai visto la Takasugi, no? Vuoi rischiare la vita?»

«Cristo, la Takasugi mi mette i brividi!» Ryo si intromise non appena sentì nominare l’alto e forte centrale della squadra di pallavolo scolastica. «Quella ti spiaccica con una manata!»

Mamoru e Hajime ridacchiarono della smorfia del loro capitano, mentre Taro faceva capolino proprio tra centrocampista e trequartista, assieme a Sanae.

«Qualcuno ha un debole per Shiho Takasugi?» domandò, incuriosito.

«Non per lei», Hajime accennò a Mamoru con il mento. «Per Morisaki.»

«Oh! Izawa-kun!» Sanae giunse le mani con entusiasmo. «Lei sì che è carina! E per niente appariscente rispetto i tuoi standard.»

«E poi è molto intelligente», sottolineò Taro. «Lo sai che siamo in classe insieme, vero?»

«Sì, lo so», Mamoru rispose in tono accondiscendente, tanto Hajime l’aveva fatto scoprire, negare non sarebbe servito a niente.

«Lui sa tutto. Sono mesi, ormai, che le fa la posta.»

«Mesi?!» fece eco Sanae, sbalordita alla rivelazione di Taki. «E ancora non ti sei fatto avanti? Izawa-kun, sono felicemente colpita», in rapidi passi fece il giro, forzando i due giocatori a farle spazio. Era diventata curiosa da morire e si strinse di più a Mamoru, con occhi che brillavano. «E, dimmi, come l’hai notata?»

«Ah, ma manager...»

«No, niente ‘ma’! Sono cose che a una ragazza interessano. Sputa il rospo, voglio saperlo.»

«La vera domanda dovrebbe essere: ‘come puoi non notarla?’», Iwami intervenne, sollevando le spalle. «Insomma, difficile non vedere certe ‘qualità’», e accompagnò le ultime parole con dei gesti eloquenti.

Mamoru lo fulminò con un’occhiataccia. «Ehi! Non mancarle di rispetto!»

«Non è una mancanza di rispetto, ma una questione di ‘colpo d’occhio’», Iwami ridacchiò per la propria battuta, quando, provvidenziale, piovve il sonoro scappellotto di Ryo, che lo prese dritto dietro la nuca.

«E Kenichi ha vinto ben quindici giri di campo extra, oggi!»

«Cosa?! Ma-»

«Magari t’insegneranno a non dire stronzate, eh? Che ne pensi? Vieni, facciamo due passi, che ti spiego due o tre cosette, da uomo a uomo, vieni», e tenendogli stretto un braccio attorno al collo, Ryo se lo portò via, per poterlo rimproverare in tutta calma.

«A volte ha degli atteggiamenti così maturi che resto sconvolta», Yukari aveva una mano al petto e l’espressione ammirata.

«Quelle battute non rendono Iwami tanto diverso da quelli del Club di Baseball», fece notare Taro, mentre Hajime aggiungeva.

«Lei stava con il capitano, lo sapevate?»

«Sì», Mamoru guardava verso Ryo e Kenichi, più distanti, con Ishizaki che ammoniva il compagno con severità, e gli mollava l’ennesimo scappellotto. «E gli è roso il culo d’esser stato piantato, da quello che so.»

«Non le danno tregua», confermò Misaki, «l’intero Club l’ha presa di mira, e lei cerca di tener loro testa come può. Fortuna che ha delle ottime compagne di squadra. Neppure quelli di baseball sono tanto fessi da mettersi contro la Takasugi. Qualche volta mi è capitato di dover intervenire.»

«È stato anche per questo che l’ho notata», Mamoru ripensò alle prime voci sul conto di questa ex di Naoji, dipinta come una facile, che ci stava subito. Eppure una così, nella loro scuola, non l’aveva mai vista, e lui aveva avuto più ragazze di tutti, lì dentro. Quando aveva capito che parlavano di Morisaki del Club di Pallavolo, gli era bastata una mezza occhiata per realizzare che non era vero niente e che quelle che giravano erano solo voci messe in giro da uno che non accettava la sconfitta. Yuzuriha non era la puttana che descrivevano, non ci voleva un indovino per capirlo, glielo si leggeva in faccia. Ma le malelingue serpeggiavano in fretta, si moltiplicavano, si storcevano e facevano danno.

«Le hanno puntato addosso una sorta di riflettore.»

«Ma il primo motivo?» chiese Sanae, troppo curiosa di sapere di più, perché ci voleva un po’ di sano romanticismo in quella squadra che non le dava mai soddisfazioni, da quel punto di vista; sempre tutti troppo con la testa nel pallone.

Mamoru sorrise, sollevò le spalle. «L’altezza. Difficile non accorgersi di lei quando cammina per il corridoio e sovrasta le compagne. Avevo immaginato appartenesse a un Club, ma non sapevo quale. Poi un giorno l’ho vista mentre ci allenavamo e loro correvano all’aperto, attorno alla palestra», ma non disse che poi era stato stregato dal sorriso.

Yuzuriha Morisaki aveva un sorriso magnetico, catalizzava tutta l’attenzione come un buco nero in cui lui era caduto senza essere più in grado di uscirne. Delle sue forme generose se n’era accorto solo dopo, quando gli occhi nocciola, grandi e caldi, gli avevano dato un attimo di tregua, sciogliendo il loro continuo incantesimo. Mamoru l’aveva capito subito che non era come le altre ragazze di cui si era invaghito, però non avrebbe saputo spiegare in cosa consistesse questa ‘differenza’. Sentiva solo che era così, e che quando i suoi occhi la trovavano avvertiva appagamento e tensione allo stesso tempo, come se avesse raggiunto l’obiettivo, ma stesse ancora aspettando qualcosa. Lui la guardava e lei sembrava sempre più luminosa. Luminosa e bella. Con le sue gambe lunghe e atletiche, il fisico da sportiva, quei capelli corti forse poco femminili, ma che scoprivano perfettamente il suo viso e la bocca ben disegnata, che gli chiamava i baci come le sirene chiamavano i marinai. E, sì, l’aveva notato che aveva un seno prosperoso, e ipocrita sarebbe stato dire che non avrebbe voluto affondarci il viso, ma non si sarebbe mai permesso di prenderla in giro per questo.

«Aw, che carino», sospirò Sanae, con le mani alle guance. «E perché non le hai ancora detto niente? Almeno parlaci, fai conoscenza! Non è da te tirarti indietro quando ti piace qualcuna...»

«No, è che...» di nuovo, Mamoru affondò le mani nei capelli, con indecisione. «…è diversa dalle altre che ho corteggiato. Non saprei come avvicinarmi per non essere frainteso… Insomma, lei sembra stare un po’ sulle sue per la faccenda con Naoji.»

«Vuoi che ti aiutiamo?» si animò Sanae, e Taro aggiunse: «Se vuoi, te la presento.»

Mamoru s’affrettò a scuotere il capo. «Fa così old style, non è il mio genere. Grazie per la proposta, ma me la caverò da solo», aveva ancora abbastanza orgoglio per non farsi aiutare in una delle poche cose che era in grado di fare anche a occhi chiusi.

«Be’, ci dovessi riuscire», appoggiò Hajime, dandogli una decisa pacca sulla spalla, «metti una buona parola per me con la sua amica, quella riccia! Cazzo, quant’è carina!»

«Ah, ma allora il Club di Pallavolo fa proprio strage, eh?» ridacchiò Sanae, gesticolando animatamente, «alle vostre manager non avete mai detto che siamo carine! Che ingrati!»

Tra le risate generali, il suono della campanella sancì la fine della pausa. Era il momento di tornare in classe.

 

Mamoru non aveva fatto altro che pensarci per tutto il resto delle lezioni. Dopotutto, suonava assurdo anche a lui che non fosse mai riuscito a dire a Morisaki anche solo ‘ciao’ , quando si passavano accanto nei corridoi. Insomma, a volte si era anche affacciato nella sua classe per chiamare Taro, poteva dirsi che si conoscevano ‘di vista’. La scusa per attaccare bottone ce l’aveva. E invece, quando la vedeva nei corridoi, non riusciva mai neppure ad avvicinarsi, però non capiva se fosse lei a respingerlo allo stesso modo in cui l’attraeva o era solo lui a essere insicuro.

Dannazione, questa cosa non l’avrebbe fatto dormire la notte: lui insicuro. Sembrava un incubo. Eppure era così e il rientro in classe, dopo la pausa pranzo, gliene aveva dato conferma, perché aveva incrociato il gruppetto di giocatrici che si stavano salutando mentre loro stavano sopraggiungendo. Yuzuriha era fuori della porta e lui avrebbe semplicemente potuto approfittare della scusa di accompagnare Taro, salutarla e dirle qualcosa. Magari che aveva fatto bene a rispondere per le rime a quelli del Club di Baseball, e invece si era fermato davanti alla propria classe e aveva lasciato che Taro andasse da solo alla sua. Li aveva visti salutarsi con estrema confidenza e l’unica consolazione che aveva avuto era stato vederla sciogliersi in uno di quei bei sorrisi che lo mandavano fuori di testa. Lei aveva finito col mandarlo fuori di testa e non sapeva come risolvere la questione. Però, si disse ed era divenuta una questione d’amor proprio, quel giorno sarebbe riuscito a scambiare una parola con lei.

 

Yuzuriha tirò l’ennesimo, lungo sospiro della giornata, mentre raccoglieva i palloni lasciati nel campetto esterno alla palestra. La rete con gli altri già messi da parte era a qualche passo di distanza e lei ci stava impiegando più tempo del solito.

Non avrebbe dovuto essere una giornata tanto lunga, eppure aveva iniziato a sentirne il peso sulle spalle già da quella mattina, come ogni giorno. Da che aveva lasciato Naoji la sua vita scolastica era diventata un incubo, fin da quando metteva piede nel cortile. Quel giorno c’era stato l’ennesimo show da parte della squadra di baseball… e lei, forse, aveva pure peggiorato la situazione.

Mischiò il sospiro a uno sbuffo. Odiava stare al centro dell’attenzione, riusciva ad accettarlo solo quando si trattava della pallavolo, perché quando era in campo e aveva un pallone tra le mani, era capace di dimenticarsi del mondo intero per rifugiarsi in un altro in cui si sentiva padrona, sicura e determinata.

Ma lì, nella vita reale, era un disastro di proporzioni epiche. E poi ci si era messa anche Teiko con la faccenda di Izawa. Stava pensando anche a quello, mentre perdeva tempo a mettere via i palloni.

 

«Non mi hai ancora detto che ne pensi, comunque!»

«Di cosa?»

«Di Izawa, che domande! Se davvero ti facesse il filo… tu che faresti? A te piace?»

 

Teiko gliel’aveva domandato quando erano quasi arrivate davanti alla classe, lanciandole la solita occhiata maliziosa e quel sorriso che le metteva in risalto la fossetta.

Lei aveva tergiversato un po’. Sì, è carino, che avrebbe dovuto risponderle?

Si vergognava troppo a dirle che aveva una cotta per Izawa almeno dalle medie. Non lo aveva mai detto a nessuno, perché tutte se la prendevano, prima o poi. Ma Izawa era il classico irraggiungibile. Quello che puoi guardare e per cui struggerti da lontano, ma che non ti noterà mai, a meno di una figura di merda, tipo la sua. Ecco, se per caso non si fosse mai accorto della sua esistenza, adesso sì, che si era presentata alla grande. Per questo, quando Naoji le aveva iniziato a fare la corte, aveva accettato di uscirci: perché Izawa sarebbe rimasto solo un bel sogno a occhi aperti. E poi, Naoji non era male, era un bel ragazzo, atletico, peccato avesse un carattere odioso e fosse solo un prepotente. Era stato bravo a ingannarla, all’inizio, le era sembrato carino e gentile… per poi scoprire che aveva la piacevolezza di un riccio di mare sotto ai piedi.

Le scappò un sorriso mentre infilava l’ultimo pallone nella rete e realizzava che la vera fregatura, negli sbagli, stava nelle conseguenze che uno avrebbe dovuto pagare. Fece per incamminarsi verso l’ingresso della palestra, quando una voce fin troppo conosciuta la fermò.

«Yuzuriha!»

Lei strinse gli occhi, mentre liberava uno sbuffo seccato.

«Yuzuriha, andiamo! Dobbiamo parlare!»

«Non abbiamo niente da dirci, Naoji. Mi sembrava d’averlo chiarito.»

Il capitano della squadra di baseball era fermo alle sue spalle, con la divisa da allenamento e le mani ai fianchi che rendevano ancora più larghe le spalle. La superava di pochi centimetri, e la guardava con l’aria di chi non si divertisse per niente a stare lì a pregarla di avere un’altra chance, soprattutto se alla fine non gli sarebbe stata concessa.

«Ho sentito quello che è successo a pranzo.»

«Ecco, bravo, vogliamo parlare? Parliamo proprio di questo», Yuzuriha mollò la rete e fece due passi nella sua direzione, gli piazzò l’indice dritto in mezzo al petto. «Di’ a quei trogloditi dei tuoi amici di sciacquarsi la bocca col sapone! Ne ho abbastanza delle vostre stronzate!»

«Oh, andiamo! Io che c’entro?» Lui sollevò le spalle, rivolgendole un sorriso di falsa innocenza. «Mica posso controllare quello che fanno.»

«C’entri perché è da quando abbiamo rotto che non mi danno tregua.»

«Sono il loro capitano, cercano di difendermi.»

«Difenderti?!» Morisaki si portò le mani si fianchi. «Grande e grosso come sei hai bisogno dello stuolo di ‘amichetti’ per tenerti lo strascico? Ti prego. Almeno abbi un po’ di amor proprio. Vogliamo parlare di quello che è successo all’ultima partita del campionato?»

Naoji cercò di trattenere una risatina. «Dai. È stato divertente, quanto sei permalosa.»

«Divertente?» Yuzuriha strinse i denti. «Gridare ‘escile’ dagli spalti è stato divertente? Noi non abbiamo proprio niente da dirci, Naoji. Vedi di sparire.»

«E andiamo, Yu-chan», Naoji la prese per un braccio, costringendola a voltarsi di nuovo e ad arretrare, perché lui stava avanzando con il chiaro intento di chiuderla contro il muro. «Non fare la preziosa. Non ricordi che ci siamo anche divertiti?» si avvicinò, allusivo, e lei, d’istinto, si ritrasse. Cercò di divincolarsi con uno strattone.

«Hai la memoria corta, perché non ci siamo mai divertiti! E ora toglimi le mani di dosso!»

«Possiamo sempre cominciare adesso… magari capisci d’aver sbagliato e ci ripensi...»

La presa più stretta, fino a fare male, e dalla quale non riusciva a liberarsi. Il viso di Naoji più vicino, con quell’espressione lasciva e la chiara intenzione di volerla baciare anche contro la sua volontà. Per non parlare della mano che gli aveva arpionato un fianco coperto dalla maglia della tuta.

La pallonata arrivò con una precisione millimetrica, al limite del maniacale. Prese con violenza la faccia di Naoji e poi schizzò in alto. Seguì un’esclamazione di dolore e la presa che veniva mollata all’improvviso. Naoji indietreggiò di alcuni passi, e alla fine cadde in ginocchio, stordito, la mano a massaggiare guancia e tempia.

«Oh, scusa! Stamattina devo essermi svegliato con i piedi a banana. Fatto male?»

Yuzuriha vide Mamoru Izawa avvicinarsi lentamente: capelli legati in una bassa coda di cavallo e sorrisetto sfrontato di chi aveva tutta l’intenzione di prendere per il culo povero malcapitato.

Naoji cercò di rimettersi in piedi, ma la pallonata l’aveva intontito per bene e riuscì solo ad alzare il viso per inquadrare la figura con la divisa della squadra di calcio della scuola. Ci mise qualche secondo per riconoscerlo.

«…ma che diavolo? Non ti intromettere, Izawa!»

«Cosa?» si sporse, il calciatore. «Vuoi una mano a rialzarti? Ma certo! E magari ti do anche il resto. Eh? Lo vuoi? Non credo ti convenga.»

Naoji riuscì a mettersi in piedi da solo, ma barcollò di un paio di passi all’indietro. I suoi occhi scuri lanciarono fuoco prima in direzione di Mamoru e poi verso Yuzuriha.

«Non finisce qui, con te!» disse alla ragazza.

«Io, invece, credo proprio di sì», Mamoru si impose e questa volta non stava affatto scherzando. Naoji lo fissò, quasi segnando l’ipoteca per una sfida all’OK Corral, e poi se ne andò, con passo malfermo.

Una volta soli, Yuzuriha e Mamoru rimasero fermi e silenziosi. Lei ancora spalle al muro della palestra, e lui che le dava la schiena.

«Tutto a posto?»

Yuzuriha sollevò lo sguardo che aveva fermato a terra per incontrare quello di Izawa, ma lo distolse subito. Si massaggiò il braccio alla svelta, dove la presa di Naoji le aveva fatto male.

«Sì, è ok», affettò le parole e poi recuperò la rete senza guardarlo nemmeno per un istante, ma con il bisogno impellente di andarsene da lì, trovare rifugio nel suo piccolo tempio inviolabile: la palestra. «E comunque non c’era bisogno che intervenissi, me la sarei cavata da sola», mentì, in un moto d’orgoglio. Caricò la rete sulle spalle e si allontanò, salvo poi fermarsi dopo qualche passo, rivolgergli almeno il profilo quel tanto che bastava per permetterle di individuare la sua sagoma con la vista periferica. «…però grazie.»

Mamoru non ebbe modo di replicare e si limitò a osservarla sparire in fretta dietro l’angolo della struttura sportiva. Pessimo modo di rompere il ghiaccio, si disse, ma al momento lo impensieriva di più quell’imbecille di Naoji. Gli dava l’idea di uno che non avrebbe mollato tanto in fretta, e magari avrebbe finito col darle ancora più fastidio, ma ormai era chiaro che avrebbe dovuto tenere gli occhi aperti anche per lei.

Recuperò il proprio pallone, indirizzandolo con la sola punta del piede. Per fortuna che si era accorto di lui, tutto trafelato, che cercava di raggiungere la palestra, quando il diamante era dalla parte opposta. Fin tanto che si era trattato di parole, era rimasto ad ascoltare senza intervenire, ma quando le aveva messo le mani addosso… Se non fossero stati a scuola, gli avrebbe mollato un pugno per direttissima, invece si era visto costretto a usare maniere più soft.

Fece per tornare indietro quando notò che c’era un pallone da pallavolo abbandonato verso il muro della struttura, doveva essere sfuggito alla rete di Morisaki. Mamoru si chinò a raccoglierlo e si diresse all’ingresso, calciando la propria sfera come sempre, nemmeno fosse un’estensione delle gambe. Fece capolino dalla porta aperta e la prima cosa a raggiungerlo fu l’eco dei palloni che rimbalzavano a terra, da una parte e dall’altra del campo. Con gli occhi, trovò Yuzuriha quasi subito, attorno alla cesta all’interno della quale stava svuotando la rete. Le sue compagne, le solite con cui la vedeva pranzare, le erano attorno e l’ascoltavano, discutendo animatamente. Una di loro, quella con i ricci che tanto piaceva ad Hajime, fece una battuta, lei sorrise e Mamoru si dimenticò di tutto il resto. Di Naoji, del pallone da restituire. Yuzuriha sorrideva, e andava bene così.

 

«Vorrai scherzare?!» Kishida la guardò con occhi spalancati e preoccupati. «Perché non ci hai chiamate? Ti avremmo sentito, saremmo arrivate di corsa!»

Shiho fece scrocchiare le dita con fare minaccioso. «Gli avrei dato volentieri una risistematina alle ossa.»

Yuzuriha accennò un sorriso di gratitudine, mentre infilava i palloni nella cesta.

«Non ce n’è stato bisogno… e poi è intervenuto Izawa.»

Teiko spalancò la bocca. «Izawa?!»

«Lo ha steso con una pallonata.»

«E lo dici così?!» l’amica non stava più nella pelle, mentre lei arrossiva e non la guardava negli occhi. «Che ci faceva Izawa lì, il campo è più in basso rispetto alla palestra!»

«I-io… non lo so. Non l’ho visto arrivare, è solo spuntato all’improvviso.»

«Oh, oh. Abbiamo un eroe», scherzò Shiho facendosi vento.

«Magari è solo capitato per caso.»

«Sì. Per caso. Certo.»

«Tei-chan, non iniziare...»

«Non ho bisogno di iniziare, la cosa va già avanti da sé. Tu che gli hai detto?!»

«Niente, che avrei dovuto dirgli?»

«Almeno un grazie?!»

«Certo che l’ho ringraziato...», si rigirò un pallone tra le mani, «…e poi gli ho detto che me la sarei anche cavata da sola.»

Teiko strabuzzò gli occhi. «Cioè, fammi capire: lui interviene per difenderti e tu gli dici di farsi i fatti suoi?!» guardò le compagne. «Ma che problemi ha questa ragazza?!»

Takeko si sporse, gomiti sul bordo della cesta. «Avresti potuto scambiarci due parole, era una buona occasione.»

«Non avrei saputo che dirgli! Era una situazione imbarazzante, io… mi sono vergognata di quello che ha visto. Avrei dovuto mollargli un calcio, a quel demente. Sono passata per una che non si sa difendere da sola. Lo detesto», Yuzuriha spinse con forza la sfera nel cesto.

«Vedila così», Teiko non si fece scoraggiare e non avrebbe permesso che lo facesse lei. «Almeno adesso non puoi negare che non ti stia ronzando attorno. Lì dietro non c’è finito per caso, lui ti sta chiaramente ‘mosconando’. Non senti? Bzzz, bzzzz, bzzzzzzzz

A quell’immagine di Izawa versione moscone, Yuzuriha si lasciò andare a una allegra risata che riuscì a farle mettere da parte, almeno un po’, la tensione e il fastidio di quanto accaduto con Naoji. E, magari, anche lasciarle un po’ di piacere nel pensare che forse, ma proprio foooooorse, Mamoru fosse arrivato di proposito nel momento del bisogno.

«E allora, voi quattro! Battiamo la fiacca?» tuonò l’allenatrice. «Morisaki a rete, proviamo qualche schema d’alzata!»

«Sì, mister!»

 

«Ah! Sono a pezzi! La Shiroyama ci ha distrutte, oggi! Che carogna», Takeko sospirò, con il borsone sulla spalla. Neppure la doccia era stata abbastanza ristoratrice da toglierle la stanchezza dai muscoli. «Oggi credo che crollerò a letto.»

«Oh, piccolina, vieni da MammaOrsa. Coccole», Shiho le circondò le spalle con il braccio muscoloso e se la tirò addosso. Takeko non protestò per niente.

Teiko e Yuzuriha venivano subito dietro, coda di quel quartetto nato nella selezione per la squadra della prefettura dell’ultimo anno delle elementari, e poi rinsaldatosi tra le medie e il liceo, sempre sotto la guida ferrea di Tadami Shiroyama, la strega d’acciaio, come la conoscevano nell’ambiente.

Fu la riccia Kisugi ad accorgersi che fuori della palestra c’era qualcuno ad aspettare e il sorriso le andò da un orecchio all’altro, mentre drizzava la schiena.

«Guardate un po’ chi abbiamo a ore tre.»

Yu seguì l’indicazione della compagna ed ebbe un sobbalzo; di spalle, di cuore. Si irrigidì come una statua di pietra.

«Uh, uh. Qui la cosa si fa spudorata», Shiho le strizzò l’occhio, spalleggiata dalla risatina di Takeko che sollevava le sopracciglia.

«Che diavolo ci fa qui?» domandò lei, invece. Teiko fece spallucce.

«Mah, chissà, magari si è fermato solo ‘per caaaaso’bzzz… il moscone.»

«La smetti?»

«Oh! Ma guarda! Sta venendo qui! Qualcosa mi dice che… è venuto per te!» canticchiò Kisugi, pungolandola con l’indice. Per tutta risposta ottenne una gomitata, ma nonostante gli sfottò, nemmeno Yuzuriha poté negarlo, questa volta: Mamoru stava andando proprio verso di loro, e lei sentiva di avere le mani sudatissime e di aver preso e perso, in sequenza, almeno tre o quattro tonalità di colore.

«Ragazze», salutò lui, per primo.

«Ciao, Izawa. Come mai da queste parti?» con il solito fare più smaliziato, Teiko rispose per tutte.

«Ah, ecco...» Mamoru spostò lo sguardo dalla schiacciatrice dai capelli ricci a lei.

Teiko non aveva aspettato altro. «Ok, allora noi leviamo il disturbo, vero, ragazze? Buona chiacchierata!»

Yuzuriha la fulminò con un’occhiata omicida di cui Teiko non si curò, impegnata ad agitare allegramente la mano.

Mamoru trattenne un sorriso. «Pare che ti hanno mollata.»

«Già...» lei lo masticò a denti stretti. «Amiche… quante sfumature di vaffanculo ha questa parola.»

«Non volevo interrompervi.»

«Ah, no no. Noi… avevamo finito», si tirò su il borsone sulla spalla e con l’altra mano teneva la cartella. Alzò e abbassò lo sguardo da quello di Mamoru che le stava davanti e non aveva mai avuto modo di vederlo da così vicino. Nonostante avessero frequentato le stesse scuole, non aveva mai avuto la fortuna di capitare nella sua classe. Accidenti… che occhi che aveva! Così scuri da sembrare neri, e la forma della mandorla era allungata, pareva disegnata.

«Che… che posso fare per te?» domandò, stentando un sorriso, giusto per non passare ancora di più da cretina.

«Volevo restituirti il pallone. Ti era caduto, oggi.»

Yuzuriha guardò la sfera gialla e blu senza nascondere la sorpresa. «Ma avresti potuto lasciarlo in palestra.»

«Vero, ma ti stavi allenando e io… Ecco, in realtà, il pallone è una scusa perché vorrei scambiare due parole con te», Mamoru lo buttò fuori tutto insieme, non senza qualche difficoltà. L’aveva detto, lui, che quella ragazza non era come le altre. Anche solo a dire una cosa simile sembrava non essere in grado di trovare le parole giuste, quando in differenti occasioni ci avrebbe messo un attimo. Uno. Contato. Rapido come uno schiocco di dita. Guadagnò un po’ più di coraggio solo quando la vide arrossire fino alle orecchie: non le era indifferente, buon segno.

«O-ok...» Yuzuriha rigirò il pallone e poi gli fece cenno di seguirlo. «Vieni, andiamo a posare questo, intanto.»

In palestra non era rimasto più nessuno delle giocatrici. Avevano pulito e messo in ordine ogni cosa, gironzolava solo qualche manager che definiva gli ultimi dettagli con il coach, ma erano nell’ufficio e non sul campo. Lì c’erano solo loro, al momento, e i fari erano accesi in sequenza alternata sulle loro teste.

Yuzuriha fece scivolare la palla nella cesta e si sfilò il borsone da palestra dalla spalla. Lo poggiò a terra, assieme alla cartella. Mamoru fece altrettanto con il proprio, fermo tra le caviglie. Rimasero così, uno davanti all’altra in silenzio per alcuni istanti. Entrambi in imbarazzo, anche se Mamoru sapeva dissimulare molto meglio di Morisaki, che la prima cosa che fece fu di incrociare le braccia al petto, per nasconderlo. Era un gesto istintivo che le aveva visto compiere spesso da che le voci erano iniziate a girare. Mamoru non trovava giusto che lei dovesse sentirsi a disagio anche solo a parlare con un ragazzo, e con la paranoia che qualcuno dovesse fare una battuta da un momento all’altro.

«Senti-»

«Grazie-»

Le loro voci si sovrapposero quando parlarono nello stesso momento.

«Prima tu», la invitò Mamoru con cavalleria.

«Volevo ringraziarti per prima e scusarmi se sono sembrata scontrosa. Ero… ero un po’ in difficoltà.»

Lui scosse il capo. «Figurati, nessun problema. Avevo visto quello del Club di Baseball venire dalla vostra parte, e so che non corre buon sangue tra voi...»

«Già… neanche un po’», Yuzuriha storse la bocca in una smorfia, seguitando a tenere gli occhi più distanti, verso le attrezzature. Mamoru avrebbe voluto che, invece, guardasse i suoi, perché erano caldi e grandi, e di un colore autunnale accogliente. E perché l’aveva visto che sapevano essere decisi e fermi, durante le partite.

Perché diavolo faceva così tanta fatica a chiederle anche solo di guardarlo? Se ci fosse stata un’altra, al suo posto, avrebbe sfoderato tutta la tecnica seduttiva, le sarebbe andato più vicino, le avrebbe toccato i capelli, fatto qualche battuta su quanto fosse carina e le avrebbe sorriso. E invece… invece non riusciva a fare un passo, perché lei gli piaceva. Gli piaceva più di chiunque altra.

«Senti, come la vedresti se ti chiedessi di uscire?»

«…come un invito?»

«E lo accetteresti?»

«Diciamo che in questo momento non sono molto propensa a uscire con dei ragazzi...», Yuzuriha era convinta che se Teiko l’avesse sentita l’avrebbe mangiata viva. Era piccola di statura, ma eccome se si sapeva imporre. Ma per quanto l’invito di Izawa pareva quasi un sogno a occhi aperti, era terrorizzata che anche il suo amore pluriennale finisse per rivelarsi un altro Naoji.

«Sì, lo capisco. Per le voci che girano-»

«Non sono vere!» s’affrettò ad aggiungere, stringendo le labbra in una smorfia infastidita.

Mamoru avrebbe voluto darle un colpetto di incoraggiamento, come faceva con i suoi compagni. Sfiorarle il mento con le nocche, perché lei non era la tipica ragazza cui regalare dei fiori o dei cioccolatini, aveva capito anche questo solo osservandola. Lei era orgogliosa, dolce sì, ma forte. Quasi come lui. Anche per questo si sentiva in difficoltà, perché sarebbe stata l’unica con cui avrebbe finito per essere sé stesso e questo un po’ lo spaventava.

«Lo so che non sono vere. Basta guardarti per capirlo.»

«Ah, sì? Peccato non funzioni con gli altri.»

«Perché gli altri non ti guardano come ti guardo io.»

«E come mi guarderesti, sentiamo?»

«Alza gli occhi e scoprilo.»

Yuzuriha si era messa in trappola da sola. Avrebbe dovuto semplicemente dirgli di no, senza stare lì a spiegare niente. Dirgli di no, evitare qualsiasi delusione e risolvere tutto. Invece si era incastrata, in un punto in cui una parte di sé non voleva in nessun modo alzare lo sguardo e l’altra invece non aspettava altro. E lei era… troppo maledettamente orgogliosa per dare ascolto alla parte codarda, non si era mai tirata indietro davanti a una sfida, che fossero recuperi e alzate in possibili in campo o fuori di esso. Lei non aveva mai rinunciato senza aver tentato l’impossibile.

Per la prima volta, Yuzuriha fermò lo sguardo in quello del ragazzo che aveva davanti e fu quasi uno shock per tutti e due perché sembravano divenuti incapaci, all’improvviso, di distoglierlo. Mamoru catturato da quelle nocciole d’autunno, e Yuzuriha avvolta nell’ardente carbone.

Scoprire che lo sguardo di Mamoru non la faceva sentire in difetto per come era né giudicata per ciò che non aveva fatto, le fece sciogliere la tensione nelle spalle, tanto che anche le braccia persero l’incrocio tenuto serrato. Gli occhi di Mamoru non si abbassarono nemmeno per un istante.

«Se dovessi accettare, chi mi dice che non ti rivelerai come gli altri?»

«Nessuno. Puoi solo darmi una possibilità», Mamoru sollevò le spalle. «Se dovesse andare male, non sono uno che fa una tragedia nel venire rifiutato, non mi chiamo Naoji e non gioco a baseball.»

Yu gli regalò un accenno divertito di sorriso che per lui fu un goal a porta vuota. «Mi stavi davvero ‘mosconando’, allora...»

«Cosa?»

Il sorriso divenne risata, mentre lei scuoteva il capo e agitava le mani. «No, no niente!»

«E comunque non hai tenuto in conto che potrebbe anche andare bene...»

Izawa aveva un dannato modo di fare così sicuro di sé che le era sempre piaciuto e la incuriosiva troppo per farle rifiutare. Teiko sarebbe stata fiera di lei, quando gliel’avrebbe detto.

«Colombelli!» il tuono della Shiroyama, però, arrivò a interrompere il lungo sguardo che non avevano mai distolto, facendoli sobbalzare. «Andate a tubare fuori della palestra. Grazie, prego, addio.»

«Sì, mister!» risposero in coro, scattando sull’attenti. Il tempo di recuperare borsoni e cartelle ed erano già schizzati via.

«Con te, poi, riprendiamo il discorso domani. Vero, Morisaki?»

«Sissignora!»

Tadami Shiroyama attese che chiudessero la porta alle loro spalle, prima di sospirare. «Ah, gioventù bruciata.»

Fuori della palestra, invece, loro si fermarono solo quando furono certi di aver messo il giusto spazio tra loro e l’allenatrice.

«È davvero la strega d’acciaio», affermò Mamoru, Yuzuriha ammiccò. Si scambiarono un’occhiata veloce. Si sorrisero. «E quindi, la tua risposta?»

«…ok.»

Mamoru volle esserne sicuro. «Esci con me?»

Lei si passò una mano tra i capelli corti, spettinandoli e poi risistemandoli in un solo gesto.

«Sì.»

Il centrocampista trattenne un sorriso di giubilo, ma glielo si lesse comunque attraverso lo sguardo. Yuzuriha se ne accorse, e arrossì.

«Hai impegni questo week end? Sabato.»

«Nessuno. Ma scegli tu: invito tuo, scelta tua.»

Lui strinse gli occhi, divertito. «Mi stai mettendo alla prova?»

«Mh… forse un po’. Sì.»

«D’accordo, ci sto. Mi piacciono le sfide.»

«…già, anche a me», affermò la giovane con naturalezza. Per Mamoru fu l’ennesima evidenza che in comune avevano tanto, forse troppo.

«Tu prendi l’autobus per tornare a Mizukoshi, vero? Ti accompagno alla fermata», Mamoru accennò verso i campi più distanti. «Anche quelli di baseball avranno finito, rischi di trovarteli tra i piedi.»

«So difendermi da sola», ed ecco che il puntiglio orgoglioso di Yuzuriha Morisaki tornava a farsi vedere. Come quelli dei bambini testardi, però a lui non dispiaceva, anzi, le dava carattere. E poi avevano già preso a camminare insieme, uno accanto all’altra.

«L’ho visto, ma se siamo in due almeno evitano di darti noia. Come la vedi?»

Lei ci pensò un po’ e poi fu costretta a capitolare. «Come una rottura in meno» …e una possibilità in più, perché alla fermata mancavano almeno altri dieci minuti di passeggiata.

Quante cose avrebbero potuto dirsi in dieci minuti?

 

 

 

Note Finali:…io pure col Writertober, notoriamente una sfida basata sulla BREVITA’, tiro fuori cose lunghe mannaggiammè. Questa storia… avrà tre capitoli. Spero di riuscire a scriverli sfruttando dei prompt e quindi unire utile e dilettevole, ma non credo che sarò tanto fortunata.

Ebbene, Genderswap, signori. Genderswap. Yuzo è una YuzA (o, meglio, una Yuzuriha) e non solo lui. :3 In questa avventura sarà affiancato da Shingo/Shiho MAMMAORSA, Takeshi/Takeko e Teppei/Teiko. Non ho resistito, e anche il Mister Shiroyama è diventato DONNA XDDDD

Sarà qualcosa di leggero, divertente, niente di trascendentale ma molto scolastico. E spero che gli altri capitoli siano molto più BREVI o il mio Writertober non arriverà neppure alla settimana XD LOL

Avevo deciso di fare una storia per i due prompt delle tabelle, ma in questo caso non sono riuscita a unire Genderswap con Insonnia. E credo che ci scapperà una drabblina a parte. Se ci riesco. XD Nel frattempo… io devo pensare alla storia di domani. CAZZO! O/

 

   
 
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