Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
Segui la storia  |       
Autore: Seeph    04/10/2018    1 recensioni
Yoongi ha vent'anni, vive in un piccolo appartamento con sua madre e le sue giornate trascorrono tutte allo stesso modo, equamente divise tra lo starsene sul divano a poltrire, vedere di rado il suo migliore amico e recarsi ogni giovedì pomeriggio nello studio del suo psicologo. Tutto ciò fino a che un ragazzino con un'appariscente chioma arancione fa capolino nella sua monotona vita.
{ yoonmin }
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

u n o
 
 
 
Min Yoongi guarda distrattamente fuori da una delle tante finestre dell’ospedale mentre aspetta che il suo orologio da polso segni le sedici. Dal settimo piano dove lui si trova, può vedere gli edifici sotto di lui e, appena sopra di essi, un’enorme distesa plumbea. Il cielo è coperto da nuvole scure in quel giorno di metà novembre e quei nuvoloni sembrano promettere pioggia. Nella sua memoria riaffiora il pensiero di come anche il cielo di quel giovedì di un anno fa incutesse un po’ di ansia, eppure quella volta uscì comunque di casa per dirigersi in ospedale.
 
Centinaia di volte gliel’aveva detto sua madre, anche prima di quel giorno –“Yoongi, se non vuoi confidarti con me, allora vai da quel dottore. Me ne hanno parlato bene, potrebbe sul serio essere la soluzione a tutto”- eppure lui non le aveva mai dato retta, convinto del fatto che solo i pazzi andassero dallo strizzacervelli. E lui non era pazzo, ovviamente. Okay, probabilmente aveva qualche problema a gestire la rabbia, e quello poteva anche ammetterlo senza troppi problemi, ma non per questo si meritava la camicia di forza.
 
Ma in realtà il fatto era che forse l’aveva fatta semplicemente troppo tragica. In fin dei conti quella prima seduta sarebbe stata ‘di prova’, quindi se qualcosa, qualsiasi cosa, non gli fosse andata a genio, avrebbe sempre potuto scegliere di non ripresentarsi per la seduta successiva. Che poi, alla fine, Yoongi che cos’aveva da perdere? Un bel niente; questa era la verità.
 
Shin Hyorim, sua madre, quella santa donna che ormai sopportava i suoi folli sbalzi d’umore e il suo caratteraccio ogni singolo giorno da quando l’aveva messo al mondo, aveva ragione. Lo sapeva lei e lo sapeva anche Yoongi: tutti quei sentimenti repressi e quelle parole mai dette stavano cominciando a gravare su di lui. Ormai era al limite, e se per sentirsi meglio con se stesso e nei confronti di sua madre avrebbe dovuto farsi esaminare da quel dottore, allora okay, l’avrebbe fatto. Yoongi avrebbe fatto di tutto pur di non dare più alcun dispiacere a sua madre.
 
Una settimana prima di prendere quella decisione, poi, Yoongi aveva addirittura messo le mani addosso ad uno sconosciuto -uno sconosciuto nevrotico e fin troppo irritante a detta sua. Si trovava all’intero di un supermercato, in fila ad attendere pazientemente il suo turno alla cassa, quattro persone prima di lui e un uomo proprio alle sue spalle. Quel tizio dietro di lui, evidentemente con qualche rotella fuori posto, aveva cominciato a inveire contro la cassiera intimandole di sbrigarsi e che non poteva sprecare il suo tempo prezioso per colpa della sua incapacità e della sua lentezza. Fatto sta che Yoongi, già nervoso di suo, alla quinta imposizione dettata dallo sconosciuto alle sue spalle, aveva mollato il cestino con la sua spesa all’interno e voltandosi repentinamente gli aveva assestato un pugno sul naso, facendolo finire con il fondoschiena sul lastricato. Il gesto avventato gli era costato una denuncia da parte dell’idiota e un’epocale lavata di capo da sua madre. Quell’episodio era stato la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
 
Era ormai un anno che Yoongi, una volta a settimana, si recava regolarmente in ospedale. Sì, proprio in ospedale dal momento che quello era l’unico luogo a offrire dei servizi di consultazione psicologica gratuiti. La sua famiglia non aveva molti soldi, proprio per questo Yoongi non avrebbe mai chiesto a nessuno, soprattutto a sua madre, di sborsare delle consistenti cifre per lui. Soprattutto se questi soldi fossero serviti solamente a farsi dire da qualche plurilaureato del cazzo che lui, alla fine dei conti, tutte le rotelle a posto non ce le aveva nemmeno. Questo lo sapeva benissimo già da sé.
Alla fine però quello psicologo, che Yoongi aveva odiato ancora prima di vederlo in viso, era riuscito a farsi voler bene da lui fin da subito rivelandosi, oltre che un dottore competente, anche una brava persona, affabile e piena di spirito.
 
Il dottor Lee aveva riservato a lui il giovedì nell’ora dalle sedici alle diciassette. Solitamente Yoongi arrivava qualche minuto prima della sua seduta settimanale e rimaneva nella sala d’attesa, sprofondato in una delle due poltrone presenti in quella stanza, a giocare con il cellulare. Non trovava mai nessuno prima di lui, nemmeno dopo in realtà. Era sempre solo in quella spoglia e anonima stanza completamente bianca. Semplicemente entrava e usciva senza quasi lasciare traccia di sé. Ma forse era meglio così. Se ci fosse stato qualcun altro lì con lui, forse non avrebbe mai saputo come riempire l’opprimente silenzio che si sarebbe inevitabilmente venuto a creare.
 
L’unica persona che incontrava era una donna, piccola di statura e dai capelli perennemente raccolti in uno chignon, che usciva dallo studio per cedere a lui il tempo del dottor Lee. A quanto aveva capito, lei era stata trascinata in tribunale dal suo ex marito e, dopo un’agguerrita causa durata interi mesi, l’uomo aveva finalmente ottenuto la custodia della loro unica figlia minorenne. La donna ne era uscita distrutta –nessuno aveva detto questo particolare a Yoongi ma aveva potuto notarlo da sé osservando il finto sorriso della donna e il viso triste e sciupato- e perciò era entrata in terapia.
 
Accade però che il giovedì della cinquantatreesima settimana, appena Yoongi varca la soglia entrando nella sala d’aspetto, vi ritrova un ragazzo comodamente seduto, per non dire stravaccato, su una delle tante sedie intento a smanettare animatamente con il cellulare. Yoongi rimane interdetto per un momento, la sua routine del giovedì è stata appena distrutta ma alla fine decide, chissà per quale strano motivo poi, di prendere posto proprio accanto all’intruso.
 
Yoongi l’osserva di sottecchi: i capelli eccessivamente arancioni sono così lunghi da arrivare quasi a coprirgli gli occhi, il suo guardo invece è interamente rivolto allo schermo del suo cellulare. E’ particolarmente concentrato e questo Yoongi può dedurlo da come serra tra i denti il labbro inferiore.
 
“Nuovo nel girone?” azzarda Yoongi. Lo sconosciuto si volta verso di lui liberando il suo labbro da quella tortura. Probabilmente si sta chiedendo cosa diamine abbia detto lo sconosciuto appena arrivato. “Non ti ho mai visto” dice ancora Yoongi, dopo aver agitato debolmente una mano come a voler cancellare la domanda posta precedentemente.
 
“Oggi è stata la prima volta infatti” risponde l’altro facendo spallucce, poi blocca il cellulare poggiandoselo sulle gambe. “Tu da quanto tempo vieni qui?”
 
“Quasi un mese” risponde Yoongi decidendo di non dirgli la verità.
 
“Posso chiedere il motivo?” domanda allora l’arancio ruotando leggermente il busto verso di lui.
 
“Ho ucciso un tizio.” Yoongi afferma ciò con la più assoluta tranquillità mentre gli occhi dell’altro si spalancano a dismisura. “Ehi, scherzavo...” continua allora mantenendo comunque un’espressione impassibile guardando un punto indefinito davanti a lui. “Non l’ho ucciso, solo mandato in ospedale.”
 
Il ragazzino lo fissa esterrefatto e deglutisce. La sua espressione interrogativa svanisce all’istante, venendo rimpiazzata da un’altra indecifrabile quando Yoongi lo guarda negli occhi.
 
“Che c’è? Continuava a provocarmi!” si giustifica il biondo sfoggiando un sorrisetto, assumendo un tono scherzoso e aggiungendoci un’innocente alzata di spalle. “E poi, se l’avessi davvero ucciso, ora sarei in carcere e non qui, ti pare?”
 
E’ a quel punto che il ragazzo seduto al suo fianco scoppia in una risata. Risata che le orecchie e il cervello di Yoongi riconoscono come il più bel suono mai udito. L’arancio si passa una mano tra i capelli in un gesto del tutto naturale e Yoongi può giurare di avvertire nell'aria un inconfondibile aroma di pesca. Che sia proprio quel ragazzo ad emanarlo, oppure è solo il suo olfatto a giocargli dei brutti scherzi?
 
“E tu” comincia a chiedere Yoongi, fa una pausa per dare all’altro il tempo di ricomporsi e poi pone il resto della domanda, “come mai sei qui?”
 
Prende a torturarsi le dita. “Mi sono da poco trasferito in città con la mia famiglia. A Busan, dove vivevo prima, avevo tutti i miei amici, la scuola e il resto. Invece qui non conosco nessuno.” Abbassa lo sguardo per poi riportarlo nuovamente sul ragazzo accanto a lui. “Penso... che ai miei manchi il vecchio me. Proprio oggi mia madre mi ha detto che, da quando siamo qui, non rido più.”
 
“Ma hai riso adesso.”
 
L’espressione un po’ triste del ragazzo diventa improvvisamente stupita, probabilmente realizzando che è proprio come gli ha appena detto Yoongi. “Già, hai ragione” risponde poi sorridendogli.
 
Yoongi ricambia immediatamente quel sorriso, poi si alza e si avvicina alla porta dello studio del dottor Lee. La donna con lo chignon esce proprio in quel momento richiudendosi la porta alle spalle e saluta Yoongi gentilmente, rivolgendo un cenno anche all’altro ragazzo seduto. I due ricambiano il gesto e la seguono con lo sguardo fino alla fine del corridoio, dove la vedono svoltare l’angolo.
 
“Sei già entrato?”  Yoongi riporta la sua attenzione sullo sconosciuto che lo sta già guardando e indica l’ingresso dello studio.
 
L’arancio annuisce. “Sì, in realtà ho finito un’ora fa. Sto solo decidendo se rispondere alle chiamate di mia madre oppure no” e alza il cellulare, lo schermo illuminato da una chiamata in arrivo e la parola ‘mamma’ in bella vista.
 
“Stai per caso pianificando una fuga?”
 
“Nah,” esclama facendo ridere Yoongi, “non sono quel tipo di adolescente. Mi farò solo credere disperso ancora per un po’.”
 
Yoongi fa per abbassare la maniglia della porta, ma si ferma quando l’altro si alza dal suo posto.
 
“Allora... ci vediamo la prossima settimana?” gli chiede e Yoongi non può far altro che sorridere ancora mentre quello sconosciuto gli sorride a sua volta. Ha proprio un bel sorriso, si ritrova a pensare Yoongi.
 
“Come ti chiami?” chiede prima di abbassare definitivamente la maniglia e aprire la porta.
 
“Park Jimin.”
 
“Sì, Jimin,” pronuncia quel nome trovandolo infinitamente bello, “ci vediamo la prossima settimana.”








 
🍑 heilà! 🍑
L’idea per questa fan fiction è nata all’incirca
quasi tre anni fa, quando Jimin aveva
ancora tutte le sembianze di un carinissimo
mandarino. E anche adesso, a distanza di
molto tempo, i suoi capelli eccessivamente
arancioni mi mancano un po’.
Perciò... Nell'attesa che l'ispirazione per un
prossimo capitolo di Save me ritorni
a me (non odiatemi, vi prego) beccatevi
questa~ ^^


 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS) / Vai alla pagina dell'autore: Seeph