Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: ChiaraBJ    05/10/2018    2 recensioni
Quando tutto sembra scorrere di nuovo sui binari della normalità la vita di Ben viene nuovamente sconvolta e di conseguenza anche quella del suo socio Semir. Una verità rimasta nascosta per troppo tempo, complotti, fughe, tradimenti sono alcuni ‘ingredienti’ di questa nuova avventura che vedrà i nostri ispettori indagare lontani dalla loro città.
Soli…o quasi.
Questa storia fa parte della serie ‘Legami speciali ed indissolubili’.
Consigliata, ma non indispensabile, la lettura delle storie precedenti.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ben Jager, Nuovo personaggio, Semir Gerkan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Legami speciali ed indissolubili'
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Fine dei giochi

Ben e Semir parcheggiarono davanti alla porta principale della vecchia pensione dove avevano trovato rifugio Mathias Wust, Livyana e Demis.
“Sei sicuro…non vuoi che prima troviamo Mathias?” domandò Semir mentre scendeva dall’auto “Dobbiamo assolutamente sapere cosa è successo a casa della Kupfer”
“No” rispose deciso Ben “Comincio ad averne davvero le scatole piene di questa storia, eravamo ad un passo dal risolvere tutto e…puff! La Kupfer è morta e Wust è scomparso. Credo che Livyana alla fine deciderà di voler restare qui…dovrò portarla a Colonia con la forza” ribadì sconsolato Ben mentre salivano le rampe delle scale che portavano alla piccola stanza della pensione.
Ben diede quattro colpi secchi alla porta, ma all’interno nessuno rispose.
“Livy, Demis siamo noi…aprite” quasi urlò il giovane ispettore.
Semir non aspettò oltre, dalla tasca posteriore dei jeans estrasse i piccoli attrezzi e dopo pochi semplici movimenti aprì la porta.
Vuota.
La piccola stanza era inesorabilmente vuota.
Mentre Ben per alcuni attimi restò come imbambolato sulla soglia, Semir si precipitò verso il bagno.
“Maledizione dove saranno andati???” esclamò Ben sentendo che il panico si stava impadronendo di lui.
Semir fortunatamente a differenza del socio non perse il suo sangue freddo.
“Ben Demis ti disse che aveva con sé un cellulare” lo rincuorò.
“Sì…sì adesso che ci penso sì…” rispose il ragazzo quasi balbettando.
“Inoltra il numero al distretto, Susanne lo rintraccerà, forse ci impiegheremo un po’ a trovarli, Cottbus non è Colonia, ma con un po’ di fortuna e l’applicazione giusta li rintracceremo”
“Sì certo…di questi tempi c’è un’applicazione per tutto” convenne Ben cercando di smorzare un po’ la tensione “Livyana sicuramente è con lui, lo avrà costretto a seguirla come ha fatto a Colonia” replicò mentre telefonava al distretto.
Pochi squilli dopo.
“Polizia autostradale” rispose l’efficiente segretaria.
“Susanne devi rintracciarmi un numero qui a Cottbus…” chiese Semir.
“E magari vuoi pure che ti faccia da navigatore???” ribadì la ragazza.
“Oddio sarebbe una pacchia…si può fare???” replicò il poliziotto.
“Smettila di fare il ruffiano, Semir e dammi il numero, poi vedrò che posso fare…”
“Grazie sei…” Semir fu interrotto dalla segretaria.
“Efficiente, utile, intraprendente, eccetera, eccetera, eccetera. Cercate di risolvere le vostre grane e tornate a Colonia sani e salvi…a smontarvi pezzo per pezzo ci penserà la Kruger!”
“Ricevuto” e senza dire altro Semir concluse la telefonata.

Nel frattempo Mathias Wust miracolosamente, sfuggito all’ennesimo attentato alla sua vita, telefonò a Livyana. Le diede appuntamento sopra una piccola collinetta, un luogo abbastanza elevato dove si poteva ammirare l’intera città di Cottbus.
Per telefono, l’uomo le aveva dato tutte le indicazioni per raggiungere quel stupendo belvedere ed ora la ragazzina assieme a Demis si stava dirigendo verso quel luogo.
“Ciao Livyana” esordì Mathias alla vista della ragazzina, qualche passo dietro di lei c’era Demis.
Il ragazzo aveva preferito restare in disparte, gesto molto apprezzato da Livyana e soprattutto da Mathias.
“È un addio questo?” esordì la ragazzina avvicinandosi a Wust.
“Dipende da te, purtroppo coloro che potevano provare la mia innocenza sono morti, tutti…”
“Ben…zio Semir…non saranno…” Livyana si portò una mano alla bocca e gli occhi le si riempirono di lacrime.
“No, piccola, non temere per loro” la rassicurò subito Mathias mettendole le mani sulle spalle “I tuoi amici poliziotti sono vivi, ma nemmeno loro potranno salvarmi…sicuramente si arrenderanno fra poche ore e l’ispettore Jager farà di tutto per riportarti a Colonia”
“Ben non mollerà, se sei innocente lo proverà” replicò decisa Livyana.
“Dubito che ora come ora voglia e possa aiutarmi” ribadì con un filo di amarezza l’uomo “Ma prima di andarmene da questa città, prima di far sparire ogni traccia di me voglio che tu sappia la verità, so chi è stato a uccidere tua madre e il motivo. Poi sarai tu a decidere cosa vuoi fare e con chi rimanere”
La ragazzina annuì con un leggero cenno del capo.
Mathias le raccontò tutto ciò che era successo negli ultimi quindici anni, della morte della madre, del suo arresto, del processo. Livyana ascoltava attenta, gli occhi divennero lucidi.
Proseguì il suo racconto parlandole della sua lunga detenzione in carcere da innocente, le poche foto che le aveva inviato Popov, la speranza di poterla un giorno rincontrare e riabbracciare l’avevano spinto a tenere duro, a sopravvivere a quindici anni di prigione.
Le raccontò dell’immensa gioia nel rivederla cresciuta dopo essere evaso dal carcere durante un trasferimento, l’incontro con i suoi amici poliziotti, dell’incidente alla cava in cui tutti e tre ne erano usciti miracolati, di Sonia Kupfer e del suo assassinio per mano di Junker.
La piccola alla fine del racconto aveva le guance rigate.
Demis vedendola singhiozzare si avvicinò mettendole delicatamente le mani sulle spalle.
“Papà…” sussurrò Livyana, stava per aggiungere qualcosa quando dietro di lei apparvero Ben e Semir.

“Che ci fate voi qui?” chiese Mathias.
“Abbiamo rintracciato il cellulare del ragazzo e…”
“Mani in alto e niente scherzi” dietro di loro risuonò il classico suono delle sicure che venivano tolte alle pistole.
Ben e Semir lentamente alzarono le mani poi con molta calma si voltarono, davanti a loro Junker e altri due uomini.
“A quanto vedo siamo alla resa dei conti” sentenziò ironico Semir.
“Sì direi di sì” rispose Junker “Ora se non vi dispiace gettate le armi, lentamente”
“Senta Junker, ha noi, Wust, lasci andare i ragazzi, loro non c’entrano nulla” negoziò Ben.
“Mi spiace, ma sanno troppe cose e poi sarebbero testimoni della vostra morte” ribatté beffardo Junker.
Ben stava per replicare qualcosa quando dalla pistola di Junker partì un colpo.
“Oddio no!” Livyana percepì un sibilo, sentì come un alito di vento passarle vicino alla testa, ma il proiettile non era indirizzato a lei.
Mathias si accasciò al suolo come fosse una bambola a cui avessero improvvisamente tagliato i fili, nello stesso istante Ben e Semir raccolsero le pistole sparando all’indirizzo dei tre criminali.
Ne seguì un violento scontro a fuoco.
Semir si mise a protezione di Demis arretrando mentre sparava, cercando di mettendolo al sicuro dietro ad un albero, mentre Ben buttò letteralmente a terra Livyana.
Lo scontro a fuoco fu breve.

Fondamentale e provvidenziale fu l’aiuto della polizia locale sopraggiunta grazie al tempestivo intervento del commissario Kruger messa al corrente da Susanne di tutto quello che stava accadendo a Cottbus.
“Con quei due farò i conti dopo” aveva tuonato Kim “Ora per favore Susanne rintracciali e cerchiamo di mandare loro dei rinforzi”

Fortuna volle che Kim Kruger conoscesse il capo della polizia di Cottbus, un certo Karl Folk amico di lunga data del commissario e da pochi giorni insediatosi al comando della polizia locale.
Folk allarmato dal commissario e desideroso di porre fine allo strapotere di Junker aveva dato il via libera ad un’operazione congiunta tra la polizia di Cottbus e i due poliziotti dell’autostradale di Colonia.

Finita la breve sparatoria i corpi dei scagnozzi di Junker giacevano a terra immobili, mentre quest’ultimo dolorante veniva ammanettato da un poliziotto della polizia di Cottbus.
“Tutto bene ragazzo?” si informò Semir notando lo sguardo a dir poco spaventato di Demis.
“Sì grazie” rispose abbastanza sicuro il ragazzo aggiungendo subito “Ispettore Gerkhan, ma lei sta sanguinando”
“Ah, è solo un graffio” fu la laconica risposta del piccolo poliziotto.
Anche Livyana si alzò, ma Ben non ebbe nemmeno il tempo di chiederle come stava.  La ragazzina si era avvicinata a Mathias che giaceva immobile a terra.
Sul petto un’enorme chiazza rossa.
“Papà, papà … parlami apri gli occhi” ma l’uomo non le rispose.
Ben si avvicinò, dietro di lui Semir e Demis assistevano alla scena.
“Tieni, comprimi la ferita, i soccorsi stanno arrivando, continua a parlargli” Ben si rivolse a Livyana con tono dolce e pieno di tenerezza, porgendole un fazzoletto di stoffa.
La ragazzina lo poggiò sopra la ferita.
Mathias a fatica aprì gli occhi, tese una mano accarezzandole la guancia.
“Ti prego non lasciarmi, non ora che ti ho trovato…”   singhiozzò la piccola.
L’uomo abbozzò un sorriso, il braccio ricadde sull’erba, poi spirò.
E nella radura risuonò il pianto disperato di Livyana.

Ben, Semir, Demis e Livyana restarono a Cottbus ancora qualche giorno, non prima di aver rassicurato la madre del ragazzo che il figlio stava bene.
Gli ispettori dovettero dare non poche spiegazioni alla polizia di Cottbus e una volta chiarite le cose per Junker si aprirono, finalmente, le porte del carcere.
Livyana con l’aiuto di Ben organizzò il funerale di Mathias, successivamente l’uomo fu seppellito accanto alla moglie Sophia.
Prima di ripartire Livyana e Ben vennero convocati da un giudice il quale si scusò pubblicamente per l’errore giudiziario e le false accuse che avevano portato in carcere Mathias Wust. Questo ovviamente non lo avrebbe riportato in vita, ma dai registri sarebbe emerso che l’uomo era stato assolto postumo da tutte le accuse a suo carico.

Ben e Livyana dopo aver concluso l’udienza davanti al giudice fecero ritorno a Colonia in treno. Per tutto il viaggio la piccola non aveva proferito parola. Aveva preso posto accanto al finestrino, lo sguardo perso, ogni tanto si asciugava una lacrima.
Ben dal canto suo non ebbe il coraggio di intavolare un discorso, anche perché stava già elaborando una specie di punizione.
Livyana gli aveva deliberatamente disubbidito, oltretutto coinvolgendo Demis che come lui e il suo socio aveva rischiato di finire ucciso per mano di Junker.
“Finalmente a casa” esordì triste Livyana entrando nel lussuoso appartamento di Ben “Mi è mancata…” stava per aggiungere qualcosa quando venne interrotta bruscamente da giovane ispettore.
“A casa??? Ti è mancata…sai che ti dico io invece??? Che dovrei prenderti a sberle ora seduta stante, anzi se te ne avessi data qualcuna in passato…se ci penso mi sale il sangue alla testa” sbottò Ben una volta chiusa la porta alle sue spalle. Il suo sguardo era a dir poco furioso e per un attimo Livyana pensò che quegli occhi avrebbero potuto incenerirla sul posto.
“Ben…ma che stai dicendo…cosa???” Livyana rimase di stucco nel sentire quelle parole.
“Non solo hai messo in serio pericolo la tua vita, ma anche quella di Demis, di Semir, la mia. Per tre mesi resterai reclusa in questo appartamento. Uscirai solo per andare a scuola e non vedrai nessuno, tanto meno Demis” concluse la frase Ben con un tono che non ammetteva repliche.
“Ma…ma…” balbettò Livyana sconvolta. Non aveva mai visto Ben così furioso nei suoi confronti.
“Niente ‘ma’ e guai a te se solo osi rimbeccare ancora!” sbroccò inviperito “Ringrazia il cielo se non ti sbatto in riformatorio”
Era la prima volta che Ben si arrabbiava così tanto con Livyana, ma la ragazzina questa volta l’aveva fatta davvero grossa.
“Non puoi farmi questo” sibilò Livyana assumendo quasi un’aria di sfida.
“Oh vedrai…posso eccome. Resterai anche senza cellulare, tablet e pc. Che ti serva di lezione, razza di incosciente che non sei altro…se ci penso…potevi farci ammazzare tutti” rispose duro il giovane poliziotto, ormai era un fiume in piena e niente e nessuno avrebbe potuto fermare quel suo sfogo.
“No, non puoi farlo” sbottò di nuovo lei quasi volendo sfidarlo ancora di più “Non hai il diritto di trattarmi così”
“Ah no? Tanto per cominciare il concerto di Tom Beck del prossimo mese te lo scordi”
“Cosa??? Ma sei fuori di testa??? Non puoi farmi questo, tutte le mie amiche ci vanno, il biglietto me lo sono guadagnato, non me lo hai comprato tu”
“Non mi provocare signorina e stai attenta a come parli” e avvicinandosi le puntò contro un dito come a voler confermare che in quella casa comandava lui “Posso eccome, ricorda che tu sei sotto la mia tutela…fino a che resterai qui farai quello che ti dico io, ci siamo capiti?”
“Ti odio quando fai così, tu non sei niente per me! Ti odio Ben” gli ripeté con rabbia “Tu non sei mio padre! Elise mi avrebbe capita…” ma non poté concludere la frase Ben la incalzò bruscamente.
“Non chiamare in causa Elise. Non penso proprio che ti avrebbe assecondata…” i suoi occhi quasi fiammeggiavano.
“Non è vero, mi avrebbe capita” sentenziò Livyana.
Ben era stanco di quel botta e risposta, alla fine sbroccò di nuovo cercando di troncare una volta per tutte quel discorso.
“Elise è morta, maledizione! Non c’è più, e purtroppo niente e nessuno potrà riportarla in vita” Ben aveva le lacrime agli occhi mentre pronunciava quella frase.
“Già e se è morta è stata per colpa tua!” fu la secca risposta della ragazzina.
Il ceffone che le arrivò sicuramente fece più male a Ben che a lei. Entrambi per qualche istante si guardarono.
Poi lei corse in camera sua, sbattendo volutamente e violentemente la porta, chiudendosi dentro.

Ben per un attimo si guardò la mano.
Mai aveva alzato le mani su qualcuno che non fosse un criminale.
Ora lo aveva fatto contro la ‘sua’ bambina.
Il giorno dopo Ben si svegliò di pessimo umore, aveva sentito il suono freddo della sveglia, si era alzato ed era andato a lavoro, senza fare colazione con Livyana e senza nemmeno salutarla.
La ragazzina dal canto suo era andata, subito dopo il litigio con Ben,  in camera sua per non uscirvi più se non dopo che lo aveva sentito uscire di casa.
Anche lei aveva dormito poco e male, ma nella sua testa credeva di aver ragione pure lei. Ben, secondo la sua logica non avrebbe dovuto impedirle di andare a cercare i suoi genitori, o presunti tali. Avrebbe dovuto assecondarla, aiutarla a trovarli, evitando così fughe e il rischio di rimetterci tutti le penne.
Anche lei comunque quella mattina non fece colazione, si alzò, si lavò e si vestì, quindi uscì di casa per andare a scuola. Avrebbe preso l’autobus e avrebbe visto Demis.
Ben intanto aveva preso l’autostrada e si stava dirigendo verso la sede della CID. Aveva i nervi a fior di pelle, era agitato e pieno di rabbia. Come aveva potuto quella ‘piccola peste’ incolparlo della morte di Elise?
Elise gli mancava come l’aria, l’unica donna che era riuscito a portare all’altare, l’unica che lo capiva con un semplice sguardo, con lei avrebbe costruito una famiglia e Livyana ne avrebbe fatto parte.
Già Livyana, per un attimo l’aveva odiata, le aveva dato una sberla secondo il suo punto di vista più che meritata, ma ora si sentiva male, a disagio. Chissà se passata la ‘tempesta’ del momento tutto sarebbe tornato come prima. Possibile che la ragazzina non si fosse ancora resa conto che con il suo sconsiderato comportamento aveva messo in pericolo delle persone?
Ben decise di fermarsi in una piazzola, doveva scendere, fare due passi, calmarsi. Arrivare in ufficio in quello stato non avrebbe giovato a nessuno, tanto meno a lui. Parcheggiò quindi in una piccola area di sosta, ma prima di scendere telefonò a Semir, per dirgli che quella mattina sarebbe arrivato con un paio d’ore di ritardo.
“Ciao socio” esordì Semir dall’altra parte del telefono e prima ancora di aggiungere qualcosa fu interrotto da Ben.
“Ciao socio, senti arriverò tardi al lavoro…”
“Dalla voce deduco che hai dormito poco, mica ti sentirai in colpa per la ramanzina che ti ha fatto Livyana…o la stai scortando al riformatorio?” scherzò il piccolo ispettore.
“Tranquillo questa volta la ramanzina l’ho fatta io a lei, solo che alla fine…”
“Non voleva ammettere di aver agito in maniera avventata?” il tono di Semir si fece serio percependo una nota di dolore nel tono della voce di Ben.
“Alla fine le ho dato un ceffone e credimi se ti dico che ne avevo tutte le ragioni, ma mi conosci, sai come sono fatto, alla fine mi sono sentito così male e…”
Improvvisamente la comunicazione si interruppe.
“Ben?” chiamò Semir, non ricevendo risposta “Sarà caduta la linea…”
Semir provò a richiamare l’amico, ma il telefono risultò occupato.
Aspettò qualche minuto poi riprovò e l’esito fu lo stesso.
Decise quindi di andare nella sala operativa e di chiamarlo attraverso la radio di servizio.
“Comando a Cobra 11, Ben mi senti?”
“Semir…sono…la testa…incidente…” farfugliò Ben.

Alcune ore dopo Semir si presentò all’uscita della scuola di Livyana, le lezioni erano finite e la ragazzina avrebbe preso l’autobus per rientrare a casa.
Alla vista dello ‘zio’ Livyana prese d’istinto la mano di Demis che stava scendendo le scale accanto a lei stringendola forte.
“Zio Semir, è successo qualcosa a Ben” disse piano sottovoce quando fu abbastanza vicina al piccolo ispettore, la sua presenza non era mai un buon segno se accanto non vi era Ben.
Semir non le diede risposta subito, ma si rivolse a Demis.
“Demis oggi Livyana viene a casa con me, ma se vuoi posso darti un passaggio”
“No ispettore, la ringrazio, prendo l’autobus” e rivolgendosi a Livyana “Ci sentiamo più tardi” poi la salutò avviandosi verso la fermata.
“Vieni, ti porto da Ben” la frase suonò alle orecchie della ragazzina gelida.
“Ben sta bene vero?” insistette Livyana.
“Dovresti dirmelo tu” rispose Semir facendola salire nei sedili posteriori della BMW.
“Scommetto che te lo ha detto, tra voi non ci sono segreti. È comunque la colpa è sua…”
“Sua? Santi numi Livyana, ma tu non ti rendi conto che…” Semir avrebbe voluto dirgliene quattro, ma venne interrotto dalla ragazzina.
“Io volevo solo sapere chi sono!” sbottò lei “E lui mi ha dato un ceffone”
“Chissà, ma penso che tu non ti sia solo limitata a dirgli quello, altrimenti non ti avrebbe dato un ceffone, lo conosco bene…e comunque Ben avrebbe dovuto sculacciarti tanto tempo fa” e prima che la ragazzina potesse aggiungere qualcosa continuò “Adesso ti sto portando da lui, stamattina ha avuto un incidente. Ora si trova all’ospedale”
“Cosa?” Livyana guardò incredula Semir.
Tutto il rancore che aveva verso il ragazzo si azzerò in un istante.
“Ma sta bene vero? Non è grave? Zio…”
“Non lo so, davvero…ho solo visto le condizioni della Mercedes, spero davvero che stia bene, non doveva nemmeno mettersi al volante in quelle condizioni…”
“Mio Dio…è colpa mia, non dovevo dirgli di Elise e Ben quando si arrabbia…si sarà sentito in colpa” farfugliò tra i singhiozzi e in quel momento le sembrò di rivivere la perdita dei genitori e il conseguente ferimento di Ben avvenuto qualche anno prima “Zio Semir, non voglio perdere anche lui…”
 
Livyana entrò piano nella stanza di Ben.
Il ragazzo dormiva pacifico e se non fosse stata per la benda che aveva sul capo la piccola lo avrebbe trovato, come al solito,  addormentato nel ‘posto sbagliato’.
Semir le aveva detto che Ben si era fermato con l’auto in una piazzola dell’autostrada ed era stato violentemente tamponato da un'altra vettura che aveva perso il controllo a causa dello scoppio di un pneumatico.
Entrambi i conducenti erano stati ricoverati all’ospedale, e delle loro condizioni nessuno aveva ancora saputo dirgli nulla. Semir quindi aveva chiesto ad un’infermiera se poteva parlare con un medico, mentre la piccola sarebbe andata di persona a sincerarsi delle condizioni di Ben.
“Ti hanno messo una maglietta, non sarà un pigiama, ma è già qualcosa, di solito qui non lo hai mai…” e avvicinandosi al letto prese la mano del ragazzo tra le sue. La ragazzina diede una rapida occhiata al corpo del ragazzo. Il torace si alzava e abbassava lentamente, un dito della mano era collegato ad un monitor attraverso un filo e a parte quello Ben non era ‘attaccato’ a nessun altro macchinariofatto che a Livyana sembrò molto positivo.
“Ben mi senti? Sei sveglio?” chiese speranzosa.
Nessuna risposta.
Livyana insistette, ma Ben nemmeno questa volta le rispose. Semir non aveva saputo dirle nulla o non aveva voluto, forse perché Ben…non si sarebbe più svegliato?
“Ben dimmi che ti sveglierai, Ben ti prego, parlami…” ma l’esito fu lo stesso: silenzio.
La ragazzina quindi si sedette ai piedi del letto, cominciando seriamente a preoccuparsi.
“Mi dispiace Ben, non volevo essere cattiva, ma ti prego svegliati. Un ceffone…non voglio che il mio ultimo saluto, il nostro addio sia stato un mega litigio. Non voglio vivere con il rimpianto di averti fatto star male, di averti quasi fatto uccidere, di non averti ascoltato e chiesto scusa”
Il ragazzo nemmeno si mosse, niente dava l’impressione che Ben si stesse svegliando.
“Ben ho paura, davvero…non voglio perdere di nuovo il papà…” e avvicinandosi si sdraiò accanto al ragazzo cingendogli un braccio.
“Me lo sono meritato il ceffone, adesso ho capito, so di averla combinata grossa, so che tu mi vuoi bene, mi dispiace Ben, non volevo dirti quelle brutte cose…Elise, non è morta per colpa tua, ma ora ti prego svegliati, non voglio perdere anche te” continuava a ripete tra i singhiozzi stringendo il braccio di Ben ancora più forte.
“Quando capirai che ti voglio bene e che per me sei importante?” le disse Ben aprendo gli occhi.
Livyana alzò il viso, davanti a lei il sorriso più bello che potesse desiderare di vedere.
“Lo so e so anche che le ramanzine vengono da coloro che ci vogliono bene…prometto che la prossima volta”
“Spererei che non ci fosse una prossima volta, altrimenti altro che tre mesi, ti metto in punizione per un anno intero…” replicò secco Ben.
“Quindi i tre mesi…restano, niente sconti”
“Sì, senza condizionale, mi dispiace, ma la punizione resta”
“Sempre meglio del riformatorio” cercò di scherzare la ragazzina.
“Attenta signorina…”
“Dovrò chiedere scusa anche a zio Semir, Demis mi ha già perdonata…”
“Certo…e comunque è logico che Demis ti ha già perdonata, ‘quello’ è cotto a puntino. Livy…” Ben abbassò per un attimo lo sguardo “Mi dispiace…a Cottbus, non volevo dirti quelle parole, erano dettate dalla rabbia, dalla paura di perderti…”
“Ti riferisci a quella volta che mi hai detto che piuttosto di vedermi andar via con Mathias avresti preferito vedermi morta?” anche Livyana abbassò lo sguardo visibilmente imbarazzata.
“Beh non era proprio così, ma non posso nasconderti che…” Ben non sapeva come proseguire.
“Tu eri geloso di Mathias vero?” la ragazzina quasi sussurrò la domanda mentre lo guardava dritto negli occhi.
“Sì…no…forse sì…” quasi balbettò Ben “Anzi sicuramente, ma non puoi farmene una colpa. Ci tengo a te e Mathias…non sapevo chi era, cosa volesse da te”
“Mi hai detto quelle cose per farmi ragionare…ma io…ero arrabbiata. Volevo il tuo aiuto senza darti spiegazioni, poi tu te ne sei andato senza darmi la possibilità di dirti come stavo in quel momento” tentò di giustificarsi Livyana.
“Sai Mathias in fondo aveva ragione dicendomi che ero geloso di te” convenne Ben.
“È il tuo modo di dirmi che mi vuoi bene, adesso lo so per certo. Spero che tu possa perdonarmi e anche Mathias” la ragazzina si rabbuiò e gli occhi divennero lucidi “Purtroppo lui è morto e forse per colpa mia”
“Non sei stata tu a premere quel grilletto” replicò Ben.
“Sì però…” una lacrima le rigò il volto.
“Ascolta una volta Mathias mi disse che in prigione è stato il tuo ricordo a tenerlo in vita e poi gli hai reso giustizia…” ricordò Ben.
“Siete stati tu e zio Semir a rendergli giustizia” confutò Livyana.
Ben stava per aggiungere qualcosa quando qualcuno bussò alla porta.
“Ciao socio” esordì Semir entrando, sul suo volto un sorriso compiaciuto “Il dottore ha detto che sei solo qui per precauzione, domani sarai dimesso, come l’altro conducente”
“Sì lo sapevo”
“Quindi da domani torna tutto come prima” esultò la piccola.
“Quasi, il ‘tutto come prima’ sarà fra tre mesi e comunque la signorina deve cominciare ad ascoltare chi ne sa più di lei” ribadì Ben.
“La vedo dura” scherzò Semir “La piccola a volte è un po’ testona…”
“Sì, ma io di più” ribatté Ben “E adesso filate tutti e due a casa, fra un po’ mi portano la cena e vorrei godermi le ultime ore di pace, quiete, serenità e soprattutto silenzio”
Livyana quindi strinse a sé Ben, dandogli un bacio sulla guancia.
“Ti voglio bene Ben, per me sei importante”
“Fila a casa, e la prossima volta…”
“Non ci sarà una prossima volta” assicurò la piccola.
“Allora ciao socio” salutò Semir che prendendo per mano Livyana si avviò verso l’uscita della stanza.

“Ah Livyana” la richiamò Ben “Me lo stavo dimenticando…” la voce del ragazzo era seria, troppo e per un attimo sia la ragazzina che Semir ne ebbero paura.
“Ho qui un referto…se vuoi puoi sapere se Mathias era davvero tuo padre”
“Non l’hai aperta…” replicò la ragazzina prendendola dalle mani del ragazzo e rigirandosela nelle sue.
“Questa cosa riguarda te, non me” rispose serio Ben, mentre notava che la ragazzina continuava a rigirare tra le mani la busta.
“Non vuoi aprirla? Non sei curiosa?” incalzò il giovane.
“Sai la voglia di aprirla…è enorme, ma non posso dimenticare quello che sono stati per me Andrey e Anastasiya Karpov. Quello che conta è che mi hanno voluto bene, mi hanno cresciuta, hanno dato la vita per me, avevi ragione tu Ben, come sempre”
“Anche Mathias ti voleva bene…” quasi sussurrò Ben.
Livyana si riavvicinò al letto di Ben porgendogli la busta.
“Se vuoi ti do il permesso di aprirla, ma sappi che io, almeno per ora, non vorrò sapere niente. Mio padre è morto, era Andrey Karpov e con lui è morta anche la mamma”
Ben le sorrise “Se un giorno vorrai saperlo…terrò la busta, ma mai e poi mai l’aprirò”
“Mi sta bene, comunque non penso che l’aprirò nemmeno io, se Mathias fosse stato mio padre…cosa cambierebbe? Purtroppo anche lui se ne è andato” la ragazzina trasse un profondo respiro, aveva di nuovo gli occhi lucidi “Sai in fondo credo che mio padre non sia morto”
Ben corrugò la fronte e lo stesso fece Semir che senza volerlo guardò di sottecchi Livyana.
“Mio padre non è morto…fino a che ci sarai tu io un padre accanto lo avrò sempre, ovviamente se mi vorrai ancora”
“Sai in casa ci sarebbe pace, tranquillità, serenità, silenzio, niente fughe adolescenziali…un’autentica noia” replicò con un mezzo sorriso Ben.
Semir assistette alla scena, ora aveva anche lui gli occhi lucidi, quella ragazzina era a volte una piccola peste, ma era la ‘cosa’ migliore che Ben potesse avere accanto.
Livyana abbracciò forte il suo ‘papà’ poi uscì dalla stanza.
“Ciao socio, ci vediamo domani e ti riporto a casa” lo salutò Semir strizzandogli l’occhio.
“Ci conto socio” replicò il ragazzo.
Quando tutti furono usciti dalla stanza Ben chiuse gli occhi.
Si addormentò pacifico pensando che se il destino gli aveva portato via troppo presto una madre e una moglie, quello stesso destino almeno gli aveva ‘regalato’ una figlia.
FINE.

NOTE FINALI
Desidero scusarmi con tutti per questa interminabile assenza, ma purtroppo la vita a volte riserva ‘strane sorprese’.
Forse con questo capitolo ho messo la parola fine alla mia ‘carriera’ di autrice…o forse no, sarà il tempo a dirlo…
Ringrazio come sempre chi mi ha seguito in questi anni, la mia Beta Maty, i miei recensori e tutti i lettori.
Un abbraccio a tutti.
ChiaraBJ
Vi lascio con il solito angolino musicale:
Green Day Good Riddance (Time of your life)
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=mwnoNVOj1Fs
Un’altra svolta un bivio sulla strada il tempo ti afferra per il polso ti spinge dove vuole lui perciò dai il meglio in questa prova e non chiedere il perché non è una domanda ma una lezione che ho imparato con il tempo è qualcosa di imprevedibile ma alla fine è giusto spero che ti sia divertito per cui scatta fotografie e le istantanee che hai ancora nella tua testa mettile sullo scaffale della buona salute e dei bei tempi tatuaggi di ricordi e pelle morta in prova per quel che valeva ne è valsa la pena
 
 
  
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