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Autore: Selene_ag    06/10/2018    1 recensioni
‘Tempus fugit’, siamo abituati a pensare. E se invece non fosse così? Se invece il tempo camminasse lentamente e fossimo noi a correre disperatamente ignorandolo e attribuendo a lui la colpa dei nostri fallimenti? È questa la domanda che ha fatto scaturire la riflessione contenuta in questa storiella, dove un protagonista molto speciale ragiona sullo scorrere incessante del Tempo e sull'effetto che questo ha sulle persone e sul mondo. Riuscirà a trovare una risposta?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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– Solo il Tempo potrà dirlo –
 
Io vivo tra la gente. Non è un modo di dire, abito letteralmente in mezzo alle persone. Il mio compito è quello di camminare insieme a loro, accompagnarle nelle loro giornate, a scuola, al lavoro, in viaggio. Si direbbe che io sia un ottimo amico, sempre presente e disposto a tenere compagnia, ma a quanto pare non tutti la pensano allo stesso modo. Perché la verità è che i miei tentativi di approccio con i più falliscono miseramente, vengo costantemente ignorato, denigrato per la mia natura, accusato di colpe che non ho, allontanato come un infetto. Sono diventato il capro espiatorio delle persone insoddisfatte e deluse, di quelle troppo piene di sé per guardare oltre un palmo dal proprio naso, e di quelle che per comodità preferiscono seguire la massa piuttosto che provare a pensare con la propria testa. Nonostante tutto, non sono mai venuto meno al mio dovere.
Per molto tempo ho continuato a camminare tra la gente, osservando gesti e volti alla ricerca del segno di un qualche cambiamento. Speravo che qualcuno si accorgesse di me e dell’insensatezza delle affermazioni sul mio conto. Ma tutti mi evitavano, mi sfrecciavano accanto senza degnarmi di uno sguardo, ed io mi ritrovavo sempre più solo. Quando anche l’ultimo anelito di speranza si è spento, non mi è rimasto altro se non la rassegnazione. Da allora mi aggiro per le strade come un fantasma, e quella che una volta consideravo una missione si è trasformata in una maledizione. Vorrei fermarmi, interrompere questa marcia forzata, ma non mi è concesso.
Tutto intorno a me appare sfocato, indefinito, un miscuglio di suoni e colori che passano senza che io possa distinguerli, che sfuggono senza che io riesca ad afferrarli. Ed io non posso fare altro che proseguire il mio cammino, non importa quanto pesanti si siano fatti i miei passi o quanta stanchezza gravi sulle mie spalle. Sono destinato a vagare senza una meta e in solitudine.
«Signore, dove vai tutto solo?»
Mi pare di udire una vocina, ma probabilmente è solo frutto della mia immaginazione.
«Ehi, Signore, mi hai sentito?»
Avverto un leggero strattone, abbasso lo sguardo in quella direzione. Una mano rosea e paffutella mi sta toccando il braccio e due occhioni blu mi squadrano curiosi.
Non ci sono parole per descrivere lo stupore che provo nel vedere quel bambino di fianco a me, così nitido e vicino che devo accertarmi che sia la realtà e non una mia fantasia. Mi guardo intorno e tutto è ancora sfuggente e indistinto, poi osservo di nuovo il bambino, che è ancora lì, più concreto e reale che mai. Balbetto qualcosa, facendolo ridere. Che suono meraviglioso, la sua risata!
«Come sei strano, Signore!»
«Perché parli con me, Bambino? Non hai amici con cui giocare?»
«Ho tanti amici, Signore, ma tu eri qui da solo … Dove stai andando?»
«Dappertutto e da nessuna parte.»
«E perché sei così triste?»
«L’hai detto tu, sono solo.»
«Ma adesso ci sono io a farti compagnia.»
Con un sorriso, prende la mia mano, così grande rispetto alla sua. Adesso cammina insieme a me e la marcia mi sembra d’un tratto molto più leggera.
«Ma tu cammini sempre?»
«Sì, cammino sempre … e cammino da solo perché tutti pensano che io stia correndo.»
«Che stupidi! Non lo vedono che vai pianissimo?»
«No, perché sono loro che in realtà vanno veloce e non vogliono fermarsi a parlare con me, come stai facendo tu. Loro mi trovano antipatico, mi escludono, non vogliono essere miei amici»
«Io però sì. Sei un signore un po’ strano che se ne va chissà dove tutto solo, ma sei un bravo signore perché hai un cappello, e mio nonno pure ha un cappello ed è una brava persona. E non è giusto che una brava persona non abbia amici, quindi io e te saremo amici e parleremo tanto e cammineremo insieme. E magari qualcuno ci vede e vuole essere anche lui nostro amico.»
Le semplici parole pronunciate dal bambino non potrebbero essere più vere. Forse non tutto è perduto. Forse c’è ancora speranza che la gente ricominci ad apprezzarmi per quello che sono. E se solo il Tempo potrà dirlo, dirò che è così.
 
 
*L’angolo delle riflessioni*
‘Tempus fugit’, siamo abituati a pensare. E se invece non fosse così? Se invece il tempo camminasse lentamente e fossimo noi a correre disperatamente ignorandolo e attribuendo a lui la colpa dei nostri fallimenti? Perché, se ci pensiamo bene, ci sono momenti in cui il tempo sembra fermarsi, in cui ogni istante è assaporato fino in fondo per quello che è e per le emozioni che regala, e sono quei momenti ad essere davvero indimenticabili. Quando invece il tempo scivola via senza lasciarci niente in mano, è perché non siamo stati in grado di seguire il suo corso, siamo stati noi ad accelerare le cose, smaniosi di arrivare alla fine. Con questa storiella, più o meno riuscita che sia, ho voluto riflettere su questo aspetto dello ‘scorrere del Tempo’. Il Tempo è “un signore un po’ strano che se ne va chissà dove tutto solo” perché nessuno è disposto ad attendere il naturale corso delle cose per ottenere ciò che desidera. Solo un bambino, con la sua umiltà e innocenza, può riconoscere quanto questa situazione sia innaturale, e riaccendere la speranza che un giorno tutti sapremo nuovamente riconoscere il vero valore del Tempo.

Ringrazio come sempre chi si è fermato a leggere e spero di aver stimolato le vostre riflessioni con questo breve e semplice racconto. Sarebbe estremamente interessante sentire anche le vostre opinioni sul tema, perciò siate liberi di esprimerle.
Grazie ancora di cuore.
Alla prossima.
 – Selene
   
 
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