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Autore: rainyblue    06/10/2018    1 recensioni
Kibum scrive una lettera a Jonghyun, dopo mesi di tentativi.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jonghyun, Key
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ora che sei libero, da te stesso soprattutto, ricordati di noi. Ricordati di Minho, sai che ha la tendenza a supportare e sopportare tutto e tutti. Ultimamente lo vedo sorridere, scherzare, ma è rimasto un alone plumbeo dietro i suoi occhi. Per un periodo ho temuto che il suo sorriso non sarebbe più tornato, sostituito dall’espressione grave con gli occhi stretti e le labbra serrate. Non voglio che porti tutto il peso da solo, e non sono ancora stato in grado di dirglielo. Appena penso anche solo di provarci, mi sale il cuore in gola e sento pizzicare gli occhi. Minho è stato la nostra forza in questi mesi, ora dobbiamo essere la sua. Sono sicuro che a lungo termine avrà bisogno di qualcuno; è umano, dopotutto. Taemin se la cava, non so dirti se bene o meno. È allegro per indole, manifesta poco, dopo il profondo shock iniziale ha dimostrato una notevole resilienza. È davvero cresciuto, eh? Ho da imparare da lui, ormai. Sai quanto ti voglia bene, ad ogni modo, e quanto ammiri il tuo lavoro. Anche tu tieni così tanto a lui. Allora ti prego, stagli a fianco. Stagli vicino sopra il palco, fagli sentire il tuo respiro mentre canta con tutto il suo cuore e la sua forza per coprire i versi che spettavano a te. Accompagnalo mentre cerca di mettersi nei tuoi panni per trasmettere le stesse emozioni che trasmettevi tu. E Jinki… non sappiamo più che fare. Sembra star meglio, ora che il casino è finito, ma non smette di pensare alle singole cose che ha fatto e ha detto, continua a chiedersi cosa avrebbe potuto cambiare. Gli ho detto più volte che farsi bollire il cervello a furia di pensare non ti porterà indietro, ma non mi ha sentito (o ha fatto finta di non sentirmi). Passa ore ed ore sveglio a riflettere, dorme poco. Quanto avrebbe bisogno di parlarti. Mi capita spesso di vederlo distratto, lo colgo a fissare l’angolino di cielo che si vede dalla sala prove, quella a sud. Ora che la primavera è arrivata, le nuvole sono più rare e si scorgono pezzi di azzurro. Lui sta fermo a guardare quegli scorci, poi si alza per ricominciare a ballare. Non parla. È gentile con tutti, meno con se stesso.
Ricordati anche di me Jjong. Vieni a trovarmi di notte, mentre sogno. Ti prego. Ogni tanto Commedes appoggia le zampe sul mio collo, quelle poche volte che riesce a sgattaiolare in camera. Se mi sveglio, in quei momenti, prima di aprire gli occhi spero di avere le tue braccia addosso e di vederti respirare piano, profondamente, con la bocca semi aperta e schiacciata sul cuscino. Quante volte abbiamo dormito così, dio solo lo sa. Se n’è andato il tuo profumo, i cuscini del divano non sanno più di te. Ho lasciato sulla credenza il bicchiere che hai usato l’ultima volta che sei venuto, quasi come decorazione. Tanto sai benissimo che la mia cucina è perfetta anche con un bicchiere fuori posto. Lo metterò via solo quando mi sarà passata, ma ho la sensazione che farò in tempo a cambiare casa e cucina prima di allora. Ci sono momenti in cui mi sento incompreso da chiunque, avrei solo bisogno di scambiare due parole con te. Ancora non riesco a non prendere in mano il telefono, in quei momenti, e a cercarti tra i contatti istintivamente. Arrivo sempre allo stesso punto. Appena accedo ai preferiti in rubrica, mi ricordo che non posso chiamare nessun “Jjong”. Non risponderà nessuno. Non mi consolerà nessuno. Sono i momenti peggiori. Non sai cosa significhi sentirsi abbandonato al mondo? Forse sì. Ma tu in realtà non eri solo, ti sentivi solo, ma non lo eri. Se solo me lo avessi detto, se solo l’avessi fatto. Non sarei mai volato così distante, mai. Ancora adesso salire su un aereo mi fa venire da vomitare. Ho vomitato almeno cinque volte quel giorno, pensavo di non avere più una singola goccia d’acqua in corpo. Non volevo crederci Jjong, non volevo proprio. Ho dovuto farlo solo per poter dare una valida motivazione alla tua assenza, o sarei uscito di testa. Non mi tratta più nessuno come facevi tu. Sono solo io, indipendente per tutti. Solo tu sapevi quanto fragile potessi essere e solo tu eri il bastone che mi permetteva di star dritto nonostante tutto, e di apparire come sono. Ti sento vicino ogni tanto, per qualche millisecondo, mi lascio pervadere dall’illusione di averti alle mie spalle. Non mi volto mai in quei momenti. So che sei dietro di me. Ti parlo, qualche frase a volte, altre ti racconto la mia giornata come se nulla fosse. Irrimediabilmente finisco col piangere, ma non mi volto. Non avrebbe senso mostrarti le mie lacrime. Avrei voluto vedere più spesso le tue, per capire come stavi realmente. Vieni a trovarmi di notte. Parlami, ti prego, fatti sentire ogni tanto. Ti voglio bene.
Tuo,
Kibum
   
 
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