Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Rossini    07/10/2018    1 recensioni
Prosegue la saga de "Le cronache dei draghi e dei re", cominciata con "L'apprendista di fuoco". Il sistema è ormai sovvertito: la pace che per secoli era perdurata, adesso è stata interrotta da una serie di trame, guerre e rivolgimenti che hanno persino portato al ritorno di un'antichissima dinastia. Ma i fratelli del re appena deposto sono ancora tutti in circolazione, per quanto sparsi su tre continenti. Spetta dunque al nuovo sovrano Targaryen gestire questa complessa situazione, che diviene ancora più ingarbugliata pensando alle misteriose e oscure energie che all'est e all'ovest risorgono sotto forma di vita e fiamme. Esiste forse qualcosa che i Sette maghi del passato più ancestrale, col tempo decaduti e divenuti schiavi, nascondono a tutti i partecipanti - nessuno escluso - di questo ennesimo e disastroso gioco del trono?
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri
Note: Lime, Otherverse | Avvertimenti: Non-con, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 19

IL FOLLE PIANO DI LICYANE

 

 

 

Licyane non era Anylice. Licyane era umana sotto ogni aspetto, e questo Daniel di Cowain aveva ormai avuto modo di verificarlo con assoluta precisione. Da quando il principe prigioniero presso la casa di Uryon Worchester si era ripreso, lui e la ragazza avevano avuto modo di fare l'amore otto volte. Le aveva contate una a una come fossero oggetti da collezione. Voleva conservare quei ricordi per sempre dentro di sé; quello che più di tutti lo aveva meravigliato era stata la sorpresa, il fatto che neanche nei suoi sogni più rosei il principe avesse considerato l'idea di tornare ad avere una donna prima della sua ridiscesa al sud. Non lo aveva considerato fin tanto che era stato apprendista presso il drago Nidhogg, in quanto sapeva bene che nel corso di quel genere di apprendistati gli incontri amorosi erano espressamente vietati. E poi ovviamente non lo aveva considerato durante la sua “aurea” prigionia presso la città di Biancavilla del Nord.

C'era stata la ragazza di ghiaccio: era vero. Ma Anylice era stata più un sogno che altro. Daniel era rimasto colpito senza dubbio: dal colore quasi disumano della sua pelle, dal fatto che fosse in grado di fare magie totalmente opposte alle sue, e con un atavico ma superiore grado di conoscenza. Lo aveva colpito ma... Daniel non aveva mai pensato a nulla di carnale con lei: sarebbe stato come minimo curioso. Anylice... non apparteneva al mondo della carne. Ma Licyane... lei era di carne eccome.

Da prima ancora che Daniel si fosse ripreso definitivamente, ovvero già ancora da quando si trovava costretto a letto, Uryon gli aveva fatto montare alle caviglie un ceppo ancora più grande del precedente. Con un pezzo di Pietra di Luna molto più grosso di quello prima. Ma poi... dov'era che Uryon riusciva a trovare tutta quella materia che, sulla carta, avrebbe dovuto essere qualcosa di estremamente inusuale? Vero: il Lord deforme era l'uomo più potente del nord e uno dei più potenti al mondo, e se qualcuno avesse potuto avere disponibilità di Pietra di Luna, forse proprio lui poteva anche essere quel qualcuno ma... che sfortuna sfacciata! Che dannata sfortuna sfacciata.

Ormai Daniel aveva rinunciato a decifrare l'individuo enigmatico che chiamavano “orso del nord” e che lo teneva prigioniero. Era malvagio e molto spesso suscitava nel principe di Cowain sentimenti negativi come rabbia e odio. Ma al tempo stesso, quando provava quei sentimenti per il Lord di Biancavilla, Daniel si sentiva anche un po' in colpa: era più forte di lui, non lo faceva apposta. Avrebbe voluto odiarlo davvero il suo carceriere, avrebbe voluto augurarsi la sua morte ma... non se l'augurava. Oh, certo: si augurava che prima o poi Uryon fosse sconfitto e che qualcuno in qualche modo lo avesse liberato, però... la morte no. Non sarebbe stato un trattamento equo per un individuo a suo modo colto e pieno di sorprese come Uryon Worcheste era.

Tuttavia Daniel aveva smesso di interrogarsi oltre su di lui. Il loro rapporto aveva preso una pessima china: Uryon lo aveva fatto prigioniero e Daniel lo aveva odiato, poi Uryon lo aveva parzialmente liberato e gli aveva concesso di vivere ad Amergoth, l'immensa torre-biblioteca. Ma poi qualcosa nei poteri di Daniel era andato storto: erano riusciti a scoppiare nonostante la Pietra di Luna, parte del castello era andato a fuoco, e Uryon lo aveva fatto tornare alla condizione iniziale: un prigioniero ai ceppi. E non più ad Amergoth per giunta: il re del nord era rimasto scioccato da quello che era accaduto nel quartiere delle stalle e non intendeva correre i medesimi rischi con i tesori della biblioteca. Era come se le ragioni fossero contingenti, come se non ci fosse in realtà qualcuno con cui prendersela, ma Daniel doveva vivere da prigioniero e Uryon lo stava costringendo a farlo.

Per fortuna c'era Licyane. Sempre più legata, sempre più affettuosa, sempre più simpatica, sempre più calda. Fu così che trascorsero i mesi: tra la rabbia della condizione di prigioniero e la gioia della condizione di innamorato. Un contrasto talvolta anche combattuto senza dubbio: Daniel Lannister non era uno qualunque, aveva dei doveri, una famiglia, un futuro importante... non si poteva rinunciare a tutto quello a cuore leggero. Eppure il suo amore per Licyane cominciò a fargli dimenticare molte delle cose che in una vita precedente avevano destato l'interesse del principe di Cowain. Licyane aveva per lo meno questo potere. Ed era proprio mentre si trovava perso in quest'incantesimo, mezzo nudo e con Licyane seduta sulle sue ginocchia che all'improvviso il fulmine della verità esplose nel ciel sereno di quella sopita quotidianità. Interrompendo l'appassionato bacio che gli stava dando, Licyane gli disse: «Dobbiamo andarcene da qui»

«C-cosa?» balbettò Daniel, mezzo rintronato, e continuò a baciarla.

«Sì» rise lei, ed interruppe un altro bacio, irritandolo non poco, «È giunto il momento»

«Cosa?» ripeté il principe di Cowain, serio stavolta, ed interruppe lui le effusioni e ora definitivamente. Costrinse Licyane a scendere e si mise in piedi, al solito caracollando un pochino per via del ceppo alle caviglie. «Immagini... questo nel tuo futuro?» gli chiese Licyane, dolcemente. «Francamente» rispose il principe «Non immagino molto del mio futuro»

«Daniel, sei un prigioniero. Mantenuto in vita per fini politici. E se quei fini politici dovessero cambiare....». In effetti a questo lui non pensava da un po'. Cioè: certo, era chiaro. Daniel poteva anche essere usato come merce di scambio, o come minaccia. Se avesse voluto, Uryon avrebbe potuto tagliargli via un pezzo alla volta per mandarlo alla Capitale, o chissà dove si trovassero al momento i Lannister più influenti. E naturalmente avrebbe anche potuto ucciderlo. La situazione era pessima, solo... che non c'era niente da fare... oppure c'era? Era a questo che la giovane impiegata della biblioteca voleva arrivare?

Daniel provò a mantenere i toni comunque bassi. Disse: «Beh, ma in questo momento... non stiamo forse bene? Non è adesso la nostra vita, e in questo castello?»

«Non necessariamente. E comunque non per sempre, non può esserlo». A questo punto la ragazza fece un gesto che al giovane principe piacque davvero poco. Prima lo guardò dritto negli occhi con tutta la serietà del mondo, e poi... si passò una mano sulla pancia. E non a dire, come pure Daniel si sarebbe augurato: “Mh... che appetito”. No, voleva dire quell'altra cosa. Ma quanto, come e chi questo Daniel non lo sapeva, o meglio: in quel momento la sua testa non fu in grado di dargli alcuna risposta, neanche le più semplici. Era completamente intontito. Disse solo: «Sei sicura?»

«No, non è questo il punto» Licyane tolse la mano dal proprio ventre «Il punto è che è stato bello vivere la giornata in questi mesi, conoscerci per come ci siamo conosciuti, e ridere e passare le serate alla biblioteca con Kohler e gli altri. Ma ora voglio cambiare. Me ne voglio andare e... vorrei che tu venissi con me»

«Ma come faccio? Sono controllato a vista! C'è gente che mi spia esplicitamente, e c'è sicuramente gente che mi spia senza farsi vedere. Uryon non mi lascerebbe mai andare»

«Non ho detto che sarebbe stato facile» fece Licyane un po' delusa «Volevo solo capire se volevi farlo»

«Mi stai chiedendo se vorrei essere libero? Certo che lo vorrei! Solo non credo ci sia modo»

«C'è un modo. Non sei più uno sconosciuto venuto dal nord la cui identità Uryon teneva strettamente segreta. Sei Daniel, ti conosciamo, sei nostro amico»

«Nostro? Intendi coinvolgere altri?»

«Sono sicura che Kohler e i suoi sarebbero più che felici di...»

«Licyane ma a che cosa stai pensando esattamente? Perché io non vorrei passare come quello che non intende uscire fuori e stare insieme a te e vedere quello che il mondo ha da offrirci.... ma è rischioso. E pericoloso: per me, per te. E anche per qualcun altro. Non intendo mettere a rischio vite innocenti se...»

«Ho un piano e funziona! Lascia che te lo spieghi». Non era la prima volta che Licyane usava quel tono con lui. E lui non riusciva a non restarci incantato. Ascoltò il suo piano.

Era una cosa da pazzi! Però poteva funzionare. Era una cosa che avrebbe fatto andare Uryon su tutte le furie, lo avrebbe fatto schiumare di rabbia. E non semplicemente per l'affronto di tentare la fuga. Uryon aveva avuto di recente quell'esperienza, l'aveva odiata e spesso ne aveva parlato, ricordando quanto aveva rischiato e quanto non avrebbe tollerato di nuovo quella situazione. Ed era proprio su questo che il piano di Licyane avrebbe fatto leva. La cosa che più di tutte il mostruoso orso del nord temeva era di vedere Amergoth bruciare. E proprio un incendio alla torre era quello che Licyane intendeva causare.

Naturalmente, come con tutti i piani rischiosi, l'ipotesi di un fallimento non andava neanche considerata. Daniel non voleva nemmeno immaginare alla lontana che cosa Uryon gli avrebbe fatto se loro avessero messo in atto il folle piano di Licyane e poi, in qualche modo, il re del nord li avesse riacchiappati. Probabilmente a Daniel avrebbe riservato un'armatura in Pietra di Luna da indossare giorno e notte, visite alla latrina comprese.

Ma se Amergoth fosse bruciata, subito tutte le energie del castello si sarebbero spese in quella direzione, incluso magari il manipolo di guardie normalmente messo a sentinella del principe di Lannister. O, diceva Licyane, se non tutte magari una buona parte tanto da lasciare quelle altre poche indifese per un eventuale assalto da parte di Kohler, Holler e gli altri della compagnia. Perché però Kohler e i suoi avrebbero mai dovuto sobbarcarsi un rischio simile Daniel non lo capiva. Erano gente del nord, loro. E al nord si trovavano le loro famiglie. Qualcuno di loro aveva a casa una ragazza con un paio di frugoletti, qualcun altro dei genitori ammalati. Il lavoro al castello per loro era determinante : non avevano un caldo regno al sud tutto per loro, come il principe di Cowain. La loro vita era irrimediabilmente legata a quel maledetto nord del continente: non avrebbero mai accettato di fare quello che Licyane era intenzionata a chiedergli, o almeno così la pensava Daniel.

E invece Daniel si sbagliava. Continuò a stentare a crederci anche mentre Licyane, di cui teoricamente si fidava ciecamente, glielo stava spiegando: i loro amici del nord avevano intenzione di aiutarli perché da tempo programmavano di lasciare quel luogo; avevano ammucchiato un po' di soldi e intendevano fare un viaggio verso sud possibilmente per rimanerci. Era un sogno che coltivavano in comune praticamente da sempre. Certo: l'idea era quella di andarsene pacificamente all'inizio, e Licyane aveva dovuto calcare un po' la mano per convincerli. Ma in fin dei conti avevano deciso di accollarsi quel rischio: Daniel era diventato un caro amico per loro. E poi era un Lannister, e un Lannister paga sempre i suoi debiti: se mai Daniel fosse stato libero, e se mai fosse tornato al sud, o pur rimanendo a nord fosse tornato ad occupare il suo rango... loro sarebbero stati quegli amici del nord cui quel principe di Lannister avrebbe dovuto la vita. E avevano accettato.

Mai e poi mai Licyane avrebbe bruciato i libri della biblioteca: era affezionata a quel luogo, e a quei volumi, forse perfino quanto Uryon stesso: a suo dire, in qualche modo anche lei c'era cresciuta in quella torre. E poi non si dava fuoco a un tesoro inestimabile così a cuor leggero: Daniel avrebbe sfidato qualsiasi plebeo pecorone e ignorante a farlo. Beh, sì: forse qualcuno del popolo più alla deriva lo avrebbe fatto, ma certamente non tutti. Quindi: fuoco ad Amergoth, possibilmente in una zona scenografica ma non troppo rischiosa per i volumi seriamente importanti (Licyane conosceva la biblioteca come le sue tasche); dopodiché fuga di Daniel dalla finestra della torre in cui lui a sua volta era rinchiuso, e infine incontro tutti assieme in un luogo sicuro appositamente concordato e che tutto il gruppo conosceva bene.

«Ho un solo ultimo dubbio, che mi rimane» disse Holler, che di Kohler era praticamente il migliore amico, ad una riunione preventiva che stavolta l'intero gruppo stava discutendo, tutti beatamente riuniti negli appartamenti-prigione del principe di Cowain. Era vero: c'erano dei gaglioffi di Uryon che scortavano Daniel notte e giorno se non proprio in ogni camera in cui si trovasse, normalmente in quelle accanto. Ma Licyane e anche gli altri in verità diffidavano delle reali capacità cognitive di quegli energumeni, e Daniel decise di fidarsi. Daniel pareva anche il meno convinto da tutta quella operazione, ma non voleva dare una delusione a Licyane, che invece non solo era la più convinta: era praticamente certa che tutto sarebbe andando per il meglio. Anche ammettendo che alla fine entrambi si sarebbero ritrovati davvero liberi e al sicuro da qualche parte più a sud, almeno un imprevisto il principe di Cowain l'avrebbe dato persino per certo. Il rosso Holler proseguì col suo dubbio: «Anche ammesso che riusciamo a lasciare i confini di Biancavilla, anche ammettendo di riuscire a cavalcare per miglia e miglia, senza fermarci a riposare... a un certo punto, di una tappa avremo bisogno. Non si può attraversare l'intero nord fino all'Incollatura senza qualche pausa. E Uryon riempirà il suo regno di taglie, specialmente se riusciremo nell'impresa di far scappare anche Daniel. Io non posso tornare a casa di mio padre, e comunque non ci staremmo mai tutti quanti, e poi... insomma viviamo in un villaggetto che sì è piccolo, ma pieno di gente che parla e osserva. Pure troppo. Immagino che siamo messi così un po' tutti»

«No» fece Licyane, seria, «Non io. La mia famiglia ha un capanno in campagna. E una comoda stalla per greggi. Si trova un po' prima di Piazza di Torrhen. Se nessuno ha nulla da contestare, andremo là». Bene o male assentirono tutti. Poco dopo, si congedarono. Daniel e Licyane rimasero da soli ancora una volta. Lei percepì qualcosa in lui, tanto che gli chiese: «Che c'è?»

«Che c'è?» rispose il principe Piromante «Niente»

«Non sei convinto»

«Beh, sai come la penso... è sempre un rischio, ma... ne abbiamo già parlato»

«Sì» sorrise lei, prendendogli la mano, «Andrà tutto bene. Poi che altro?»

«Ma niente.... sono solo stanco. E...» anche Daniel sorrise «Sei riuscita a convincere tutti»

«Non lo pensavi possibile, eh? Tu credevi che fosse solo una sparata, quando te lo raccontai la prima volta non è vero? E invece ora... sta per essere fatto»

«Sì»

«Allora meno muso lungo, ok? Tu mi piaci sempre, ma quando sorridi migliori di parecchio»

«Sono solo preoccupato. Abbiamo costruito tanto e ora... lo stiamo mettendo a rischio»

«Daniel, per favore, anch'io sono un po' stanca e non me la sento di rifare gli stessi discorsi ancora una volta. Tu dici che abbiamo costruito un buon rapporto con Uryon, io dico che è il tuo carceriere e il despota di questa parte di mondo. Tu dici che qui siamo stati bene, io ti dico che ora voglio qualcos'altro e qualcos'altro si può costruire solo al di fuori di queste mura. Hai paura. Te le confesso: ne ho anch'io. Anch'io so che stiamo rischiando qualcosa ma... Daniel, io... io sento che è la cosa giusta». Lo baciò, gli diede un'ultima occhiata un po' incerta e poi, praticamente sulla soglia, un attimo prima di sparire, gli disse pure: «Ti amo».

E lo lasciò così, come se nulla fosse. Era la prima volta che uno dei due lo diceva all'altro e lei lo aveva sprecato così, senza attendere una risposta, come un bambino che corre via dopo aver lanciato un sasso da uno spalto. Era bello, bellissimo e Daniel non se l'aspettava e... e ricambiava, ricambiava disperatamente ma... lei non gli aveva dato modo di esprimersi a sua volta. Così come, in fondo, non gli aveva dato neanche modo di esprimersi per tutto quell'affare della fuga dalle grinfie affilate di Worchester. Licyane aveva detto che sentiva che quella era la cosa giusta da farsi. Buon per lei: Daniel sentiva che non lo era affatto.

Concordarono tutti insieme un giorno in cui finalmente sarebbero stati pronti e misero in pratica il folle piano di Licyane. Con un senso di apprensione e aspettativa, non scevro di dubbi, il principe di Cowain trangugiò una cena veloce e poi attese. Osservò l'aria di fuori farsi piano piano sempre più tesa. Voci che in un altro momento avrebbe considerato assolutamente normali, in quel momento erano sempre più insistenti. Sussurri si rincorrevano al di dentro e soprattutto al di fuori del castello. Poi un'insolita luce innaturale proveniente da una parte non direttamente osservabile della magione, ma che Daniel sapeva benissimo a che cosa imputare: l'incendio era stato appiccato ed era già bello grosso. Il piano stava procedendo. Le voci si fecero sempre più insistenti e caotiche. I fratelli Wren e Shren, del gruppo di Kohler, irretirono le guardie di Daniel raccontandogli di come Lord Uryon avesse ordinato a tutti gli uomini in grado di sollevare pesi di muoversi in direzione della biblioteca per dare un aiuto allo spegnimento del fuoco. Incredibile: stava davvero andando tutto per il meglio! Solo pochi minuti dopo, Kohler e Holler furono sotto la finestra del principe, alla guida di un carro ricolmo di paglia e tenero fieno, trainato da quattro possenti stalloni. Una lieve stretta al cuore, per qualche secondo, prese il principe di Cowain quando – come da programma – si gettò giù dalla sua torre-prigione. Se avesse sbagliato anche di poco la mira, sarebbe finito spiaccicato al suolo. Ma anche questo non accadde: Daniel il Piromante atterrò morbidamente sulla paglia e il fieno del carro.

Dopodiché venne la grande corsa: la prigione di Daniel, come il resto del castello di Worchester, si trovava nel bel mezzo della cittadella. Il carro dovette inevitabilmente affrontare tutta una ragnatela di vie e viottoli per lasciare quanto più celermente la città, e prendere inoltre almeno altri due gruppi di congiurati disseminati per Biancavilla: uno che aveva appiccato il fuoco, un altro messo ad osservare gli spostamenti del Lord dell'orso. Anche questo avvenne tutto quasi perfettamente, ma con l'inconveniente di attirare l'attenzione: vero, c'era il caos per la città, ma anche un carro guidato in maniera forsennata alla fine un po' di attenzione stava cominciando a destarla. Le autorità se ne accorsero a circa due o tre strade dalla fine. Gli tirarono qualche freccia, una incendiaria, un'altra sfiorò Wren e non lo prese per miracolo. Ma alla fine l'impresa riuscì. Otto uomini, una donna, quattro cavalli e una bella balla di paglia e fieno in fuga dal più influente degli uomini del nord. E adesso?

 

 

 

Il programma era di correre tutta la notte fino alla fattoria dei genitori di Licyane, non molto distante da (guarda caso) Grande Inverno, un'antica capitale dell'epoca dei grandi re e regine, distrutta e ricostruita più volte, fino all'ultimo grande conflitto del nord di qualche secolo prima. Era la sede degli Stark, i leggendari guerrieri che cavalcavano lupi grossi come cinghiali e brandivano spade fatte di ghiaccio. Storie antichissime, di cui poco era rimasto, anche perché a un certo punto della loro storia, se Daniel non ricordava male dai suoi studi infantili, gli Stark avevano pure subito una sorta di damnatio memoriae. E comunque erano cose che sapeva lui, che aveva avuto la fortuna di ricevere un'istruzione: per la gran parte del popolino invece, Daniel temeva che non fosse rimasto più che un nome – Stark per l'appunto – e poco più. Ebbene da qualche parte nelle foreste non lontane dal vecchio soglio degli Stark abitavano il papà e la mamma di Licyane. Lì si diresse il carro in fuga.

Per tutta una buona parte della giornata l'ansia di essere ripresi dagli uomini di Uryon non accennò a scemare. Eppure la cosa non si verificò: il piano di Licyane aveva davvero funzionato alla perfezione; Amergoth che bruciava era troppo più importante di un prigioniero in fuga, anche di un prigioniero dell'importanza di Daniel Lannister. E quindi alla fine tutte le attenzioni dovevano esser state rivolte alla torre-biblioteca. Ciò non tolse che il viaggio fu lungo e tormentato. Oltre alla paura e ad un'altra serie di svariati disagi psicologici, la compagnia di fuggiaschi a un certo punto incontrò anche la neve. Neve densa e continua, per fortuna non accompagnata da un altrettanto abbondante vento, altrimenti davvero sarebbero stati costretti a fermarsi troppo presto. Ma quando giunsero alla fattoria dei genitori di Licyane, più della metà di loro era nel pieno di un sonno profondo, e tutti gli altri – incluso il guidatore – avevano almeno un occhio già chiuso. Erano infreddoliti, e alcuni di loro affamati. E in queste condizioni bussarono alla porta di quella sorta di rudere immerso nel nulla, oltre che nella neve.

L'accoglienza non fu delle più calorose. Daniel non era un uomo del nord e nonostante da fin troppo tempo bazzicasse quella regione del continente (tanto da non poterne proprio più) non aveva conosciuto abbastanza persone da sapere come funzionassero tutte le “interazioni”. In linea di massima, dire che al nord la gente non fosse proprio espansiva non era dire nulla di così sbagliato. Ma se Daniel avesse dovuto descrivere con una parola l'espressione con cui il genitore di Licyane accolse la figlia non appena la vide alla propria porta, di sicuro “gioiosa” non sarebbe stata quella parola. “Sorpresa” e forse anche un po' “indisposta” ci sarebbero state decisamente meglio. Era un ometto decisamente anonimo: sui quarant'anni passati, ma chiaramente non vicino ai cinquanta. Lieve barba incolta, pochi radi capelli sul grigio, un tipico fisico da manovale: robusto ma non prestante, temprato ma non sportivo. Il resto della famiglia, erano una donna anonima almeno quanto il marito dal grosso naso e i ricci capelli rossi, due ragazzi – un maschio e una femmina – poco più grandi o poco più piccoli di Licyane, e poi una sfilza di marmocchi, per lo più maschi, sostanzialmente di tutte le età. C'era anche il lattante. Nessuno accolse Licyane con il medesimo calore con il quale l'inserviente bibliotecaria salutò e abbracciò ciascuno di loro. Addirittura uno dei piccoli, quello odioso di quindici anni circa e i capelli a caschetto, rifiutò di salutare la sorella. Rhomas si chiamava. Già non appena la vide, Rhomas fece con un tono sgradevole rivolto alla madre: «Mamma...». E poi più di una volta ripeté, sempre più convinto: «Mamma... mamma!». Ma la madre non lo degnò di risposta. Nessuno lo fece. Cosa voleva, non venne scoperto. Però un giudizio Daniel di Casa Lannister su Rhomas del nord se lo fece lo stesso: insopportabile.

Sostanzialmente, la fattoria dei genitori di Licyane non si verificò essere niente da diverso da come la si potesse immaginare: un immenso capanno, con un enorme fuoco al centro e un pentolone, e poi tutt'attorno una serie di sedili di paglia in cui tutti quanti i residenti, e pure una decente quota di ospiti, potevano non solo sedersi, ma perfino coricarsi più che comodamente. La paglia non mancava, ma neanche la sporcizia naturalmente e l'odore della carne che bolliva nel pentolone, non riusciva a coprire il fetore degli ovini nelle stalle accanto. Gli ovini erano davvero fetidi. Tutti gli animali di campagna, per Daniel che era un “bamboccio di città”, non erano il massimo dell'igiene. Ma pecore e capre puzzavano da morire, molto più di maiali, ciuchi o vacche.

Se l'accoglienza per Licyane, che era di casa, non era senza dubbio stata nulla di entusiasmante, con gli altri della compagnia gli “Stark” si mostrarono addirittura frigidi. Di sicuro, primariamente si chiesero chi fossero e cosa ci facessero lì a quell'ora della notte con la loro figlioletta, cosa che di per sé non poteva che destare almeno qualche sospetto anche nel più imbecille degli uomini, e tutti i contadini sono tutto meno che imbecilli. Ignoranti e spesso di cattive maniere certamente. Ma stupidi invece affatto: tutti lo sapevano questo, era ben noto. Era possibile che fosse proprio per questo che i genitori di Licyane, e un po' pure i fratelli, non si erano manifestati chissà quanto gioiosi. Erano uomini del nord, e quindi tendevano a non avere una grossa inclinazione all'esternazione dei sentimenti, ma a questo si aggiungeva il panico per gli sconosciuti. Da qui Daniel decise la sua nuova strategia per la serata: bisognava sciogliere quei bifolchi nordici, quindi spiegare tutto esattamente per come stava, conquistando la loro fiducia e collaborazione. E poi magari cercare di rendersi simpatici; fare due battute ogni mancata risata di un parente di Licyane: quella temporanea convivenza era per loro indispensabile, e d'altro canto alla compagnia di Kohler non sarebbe certamente risultato complesso esternarsi per i soliti babbioni infantili e giocherelloni che lui già conosceva da tempo.

Daniel ci mise un po' a espandere a tutti i membri del gruppo la parola, ma alla fine ci riuscì e verso la notte inoltrata un certo clima disteso pareva esser stato raggiunto. Nessuno si sbellicava dalle risate, ma tutti sorridevano, tranne Rhomas che chiaramente doveva avere qualche problema, come molti degli adolescenti di quella età cui pure Daniel era appartenuto fino a poco prima. Per qualche ragione questo lo spinse a credere a pensare che poteva essere proprio lui l'unico in grado di “sciogliere” il fratellino di Licyane. Poteva benissimo farsi gli affari suoi, forse sarebbe stata l'idea migliore: quasi tutta la famiglia ormai si era rasserenata, perché andare a rischiare con il cavallo pazzo? Perché un tempo, in parte, lo era stato anche lui, forse per questo. O forse perché gli faceva pena. Comunque il principe Daniel di Cowain, a un certo punto della nottata quando una metà dei convitati dormivano beatamente e l'altra chiacchierava amorevolmente, decise di raggiungere il fastidioso Rhomas presso la stanza delle galline.

Come previsto, anche se aveva detto che cambiava stanza per “dormire meglio” visto che il troppo chiacchiericcio altrui non glielo permetteva, Rhomas invece era sveglissimo. Ammantato di una valanga di panni per coprirsi dal freddo, stava comunque tremando dato che lì dentro non c'era fuoco: molto prosaicamente sua madre aveva detto nel momento in cui Rhomas aveva lasciato l'altra sala, che sarebbe tornato o sarebbe morto assiderato. Ma più probabilmente sarebbe tornato. Daniel, che per qualche motivo si sentiva esperto della situazione, pensò che non fosse il caso di essere lui il primo ad aprire una conversazione: certo, il rischio che neanche Rhomas gli avesse parlato c'era ed era alto, ma andava corso perché se Daniel parlava per primo, Rhomas sarebbe stato quello forte dei due, quello a cui non gliene fregava niente. E invece era il principe Piromante a dover condurre il gioco. Semplicemente, il principe di Lannister prese delle coperte che si trovavano distribuite a collina in un angolo, e si mise a sua volta nel posto delle galline, lontano ma non troppo dal giovane “Stark”.

Passò molto tempo, tanto che Daniel credette che la strategia ormai era più vicina al fallimento che al successo, e tutto ciò al prezzo di dormire al gelo mentre nella stanza accanto Kohler, Holler, Licyane e gli altri riposavano al calduccio. In quella fase un attimo prima del sonno profondo, in cui pensi che i tuoi pensieri siano lucidi come nelle più alte ore del giorno, mentre invece anche quelli sono più sogni che altro, Daniel si perse ad analizzare i volti di coloro che lo stavano ospitando. Nessuno di loro pareva uno Stark, almeno per come Daniel se li era sempre immaginati, gli Stark. Al di là del fatto che non fossero guerrieri leggendari e non avessero metalupi da cavalcare, cosa piuttosto prevedibile da parte di una famiglia di contadini ultima di una generazione di contadini vecchia di secoli. Ma non erano nemmeno alti, anzi medio-bassi. E non erano castano scuro di capelli: a parte il padre che era brizzolato e con pochi capelli, tutti gli altri figli, se non rossi come la madre, erano di un castano chiaro. Certo il principe di Cowain si rendeva conto che le sue erano solo elucubrazioni un po' insensate: comunque i veri Stark erano estinti da millenni e dunque ci stava abbondantemente che esistessero al mondo persone con quel cognome ma che non avessero alcuno dei tratti “tipici” delineati dalla tradizione.

A questo punto Daniel dovette addormentarsi, ma non per un periodo di tempo lungo e non con un sonno molto profondo. Il primo nuovo ingresso nella stalla delle galline lo svegliò fin da subito. Era il padre di Licyane, che tutto preoccupato gli disse: «Figliolo, ma perché non vieni a dormire di là con noi?»

«Mh... non so» bofonchiò Daniel, con la bocca un po' impastata, «Pe-pensavo di convincere lui», con un cenno del capo indicò il giovane Rhomas, lui invece ormai caduto nel migliore dei sonni. «Convincerlo? Rhomas?» rise papà Stark «È testardo come una giumenta! Impossibile». A questo punto il patriarca si prese una pausa, per riprendere con un tono un po' più serio: strano a dirsi, ma Daniel avrebbe detto che si fosse trattato di un tono quasi confidenziale, come quello che si assume per confidare un segreto a un amico: «Lui... lui non è in buoni rapporti con la sorella. Per la verità... nessuno di loro lo è»

«S-signor Stark» fece ancora Daniel, con tutta l'intenzione di mantenere la conversazione, almeno col vecchio patriarca di quella fattoria, «Licyane è la maggiore dei vostri figli?»

«Ehm... no» rispose quello, tutto serio, «Non lo è. Verresti con me figliolo?»

«Dove?»

«A prendere la legna. Sei l'unico rimasto sveglio, a quest'ora della mattinata»

«Mh... sì», concluse Daniel e seguì il padre di Licyane fuori dal capanno. Onestamente non comprendeva per quale ragione ci fosse tutta questa necessità di una passeggiata notturna al gelo, anche se di nevicare aveva smesso. Gli era parso che sì la legna fosse sul finire, ma il fuoco era ancora bello vivo: fino alla tarda mattinata dell'indomani probabilmente sarebbe durato... ma il principe era ancora mezzo assonato e quindi magari non riusciva bene a fare conti che per Stark erano semplicissimi: lui invece era bello sveglio. E poi Daniel non ne capiva molto di quel genere di cose: a corte, era sempre la servitù ad occuparsi del fuoco, e pure nel corso della prigionia a Biancavilla le cose non erano state affatto differenti, da quel punto di vista. Quindi si fidò e seguì il vecchio.

Si pentì della cosa non appena ebbe fatto i primi passi fuori dal capanno. Il freddo era ancora assai tagliente e soprattutto... lui aveva il ceppo ai piedi; il ceppo quello grande che Uryon aveva preteso di mettergli alle caviglie dopo il primo incendio ad Amergoth. Era gelido e non gli permetteva di muovere bene le gambe. Cercò di segnalarlo al signor Stark, ma quello bofonchiò qualcosa tipo che alla fine si stava portando dietro Daniel più per compagnia e che avrebbe portato da sé le casse con i ceppi, magari rinunciando a una parte del carico.

«Quindi» domandò il principe di Cowain «Rhomas viene dopo Licyane? E i due ragazzi più grandi... loro sono i maggiori? O... c'è un altro fratello»

«No» sospirò il padre di Licyane «No»

«Ehm... vivete qui da lungo tempo?» Daniel intuì che l'argomento non entusiasmava il patriarca e lo cambiò, sperando che non fosse proprio la conversazione in genere a risultare ostica per il bifolco.

«Io ci sono nato » rispose Stark «in quella fattoria»

«E sua moglie invece?»

«Lei è nata più a valle. È figlia della foce; io sono figlio della sorgente»

«E chi è il diretto signore di questa zona, signor Stark?»

«È l'orso del nord, dicono. Uryon Worchester»

«No... intendo chi è il diretto facente funzioni? Chi viene a riscuotervi le tasse?»

«Ah, ehm... è lo sceriffo. Chrom». A questo punto, Daniel non trovò più molto altro da domandare, e piovve un momentaneo ma gelido silenzio. Quando all'improvviso il fulmine a ciel sereno: «Io non mi chiamo Stark»

«Cosa? Li-licyane... lei mi ha detto...»

«Era il cognome inciso sulla lapide presso cui l'abbiamo trovata»

«Trovata?»

«Aye. Era una notte d'inverno gelido... Molto, molto più di questa. E lei se ne stava lì, per qualche ragione appollaiata su quella tomba. Io e mia moglie avevamo già fatto visita ai nostri, stavamo per tornare a casa. E anche se all'inizio la presenza di quel cadaverino grigio lì ci aveva insospettito... eravamo già di nuovo sulla nostra strada; siamo uomini del nord noi: ci facciamo gli affari nostri»

«E... e poi?»

«Il cadaverino ha parlato. Pelle bianca come il latte, occhi azzurri come il ghiaccio. E si lamentava. Poi ha cominciato a muoversi e... alla fine era sveglio»

«Quindi Licyane non è vostra figlia! L'avete solo cresciuta?»

«Cresciuta? Ragazzo, il cadavere che io e mia moglie trovammo quella gelida notte d'inverno non era di una bambina. Era di una ragazza bella che cresciuta! È successo otto o nove mesi fa!»

«Cosa?!»

«Ma sì: abbiamo fatto quello che potevamo, poi quando non potevamo più mantenerla l'abbiamo convinta ad andare ad Amergoth a lavorare! Non ricordava nulla del suo passato, ci ha fatto pietà e le abbiamo detto che era figlia nostra, che quelli erano i suoi fratelli, e che si chiamava Licyane Stark: abbiamo preso il primo nome che ci è venuto in mente, quello che c'era sulla tomba dove l'abbiamo trovata, magari indovinavamo un qualche legame»

«Licyane Stark? Sicuri che era quello il nome?»

«Stark è sicuro... Licyane... la pietra era vecchia, qualche lettera era cancellata, ma ci parse che fosse Licyane»

«È una fanciulla senza passato, che con voi non ha nulla a che vedere quindi? Per questo Rhomas non la sopporta? E tutti gli altri?»

«Per parecchie settimane ci ha portato via parte del nostro pane... e ora torna e porta ancora più bocche da sfamare, siamo già in tanti noi!»

«E dirle la verità, invece?». Fu l'ultima domanda del principe di Cowain. Quel verme d'uomo lo aveva condotto dritto dritto a un'imboscata, piena di uomini armati comandati da un cavaliere in sovrappeso dalla barba nera. Costui venne salutato dal “padre di Licyane” con un «Sceriffo Chrom»; poi si rivolse a Daniel e gli disse: «Mi dispiace, figliolo. La ricompensa era troppo alta. Noi abbiamo bisogno». Daniel fece appena in tempo a ricomporre tutti i pezzi: pensò alla freddezza con cui Licyane, lui e gli altri loro compagni erano stati accolti alla fattoria; poi rifletté anche sul momento in cui il patriarca aveva mandato uno dei figli a sbrigare non si capiva quale commissione al villaggio, commissione che – ora Daniel se ne rendeva contro – poteva benissimo esser stata una denuncia alle autorità. Infine il principe di Cowain ascoltò l'uomo scuro in sovrappeso comandare ai suoi di andare a recuperare tutti gli altri. Poi il Piromante venne tramortito con un colpo alla testa, e tutto fu buio.

   
 
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