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Autore: Ghillyam    07/10/2018    3 recensioni
La morbida matassa che teneramente gli avvolgeva le membra per un attimo fece credere a Peter, mentre le ultime tracce di sonno gli appesantivano ancora gli occhi, di trovarsi in paradiso. In quel momento, un’immagine più che mai vicina al vero.
Accanto a lui, quasi del tutto privo di coperte – doveva avergliele rubate lui durante la notte – e con un’espressione serena, che in rare occasioni prima di allora gli aveva visto in volto, Tony continuava a dormire beatamente. [...]
Mentre aspettava il pensiero che forse avrebbe dovuto fare quella telefonata iniziò a premere sul fondo della sua mente.
Il borbottio della caffetteria fu un ottimo deterrente per far sì che l'idea, se non insensata comunque possibilmente dannosa, rimanesse esattamente lì dove si trovava e, ordinate le cibarie sul vassoio, tornò in camera.
[Starker | post!Pepperony | soft!BruTasha | Seguito di "We're not there yet (Or maybe we are?)" e "Cupid's game aka Truth or Dare"]
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Saturdays
 
 
La morbida matassa che teneramente gli avvolgeva le membra per un attimo fece credere a Peter, mentre le ultime tracce di sonno gli appesantivano ancora gli occhi, di trovarsi in paradiso. In quel momento, un’immagine più che mai vicina al vero.
Accanto a lui, quasi del tutto privo di coperte – doveva avergliele rubate lui durante la notte – e con un’espressione serena, che in rare occasioni prima di allora gli aveva visto in volto, Tony continuava a dormire beatamente. Dalle occhiaie che nei giorni precedenti aveva notato oscurargli il viso – poco importava che indossasse gli occhiali a qualsiasi ora, lui ci aveva fatto caso lo stesso – doveva essere la prima volta dopo giorni.
Rotolando su un fianco, invase l’altro lato del letto e si accoccolò contro la schiena nuda dell’uomo cingendolo con il braccio sinistro. Tony espirò a quel contatto, frammezzando il respiro regolare e dando i primi segni di veglia quando, in un gesto istintivo, aderì maggiormente al petto di Peter.
Un'opera astratta prese forma sotto le dita del ragazzo, mentre con delicatezza tracciava linee immaginarie delineando i muscoli di Tony. Ne accarezzò le spalle – un mugolio di piacere sfuggì dalle labbra del meccanico – e passò alla schiena; non resistette e gli posò un bacio tra le scapole leggermente contratte, strofinando il naso su quella pelle morbida, il cui lieve sentore di olio per motori e pelle di auto nuova di cui era permeata riuscì ad inebriarlo completamente.
Non fermò la sua mano e, seguendo la spina dorsale, scese fino ai fianchi su cui si soffermò più a lungo, ora quasi timoroso di proseguire il suo percorso. Fu la nota di dissenso, prova definitiva che non era più il solo ad essere sveglio, che seguì la sua esitazione a indurlo a superare la timidezza risorta e si spinse poco più giù, dove l'elastico dei boxer – quasi scoppiò a ridere notando che la notte prima, senza alcun dubbio a causa della stanchezza, Tony aveva indossato i suoi. Per qualche motivo, le rane raffiguratevi lo resero ancora più attraente – segnava la pelle chiara.
Peter lasciò che l'indice vi scorresse al di sotto, stuzzicando così i sensi del moro che non poté fare nulla contro i brividi che gli corsero lungo la schiena, per poi abbassarli di poco. Replicando le medesime mosse con le sue labbra, tracciò una scia che dal basso questa volta risalì fino al volto di Tony, non mancando di segnarne minuziosamente i dorsali.
Peter si issò sul braccio e si sporse quel tanto che bastava per portare il suo viso all'altezza dell'altro. Gli occhi di Tony erano spalancati e lo osservavano incantati – se glielo avessero detto in precedenza, Peter non avrebbe mai creduto che la meraviglia negli occhi del più grande un giorno sarebbe stata riservata a lui. Il ragazzo si beò di quel momento e, poggiando la fronte contro la sua, fece incontrare le loro bocche. Leggermente impastate per la notte appena trascorsa, non smisero di cercarsi ed entrambi si impegnarono perché quel buongiorno fosse il più speciale che l'altro avesse ricevuto da molto tempo.
 
*
 
Peter aveva insistito perché fosse lui a preparare la colazione, ma se alla sua sanità mentale – dissoltasi definitivamente il giorno in cui aveva conosciuto il ragazzo – aveva già rinunciato, lo stesso non si poteva dire per la sua salute. Sceso nel laboratorio, dove aveva provveduto ad allestire uno spazio cucina così da non dover condividere in ogni momento della giornata quella comune, ordinò a F.R.I.D.A.Y. di preparare omelette, caffè e spremuta d'arancia, un vero classico per lui. E mentre aspettava che entrambe le porzioni fossero pronte, il pensiero che forse avrebbe dovuto fare quella telefonata iniziò a premere sul fondo della sua mente.
Il borbottio della caffetteria fu un ottimo deterrente per far sì che l'idea, se non insensata comunque possibilmente dannosa, rimanesse esattamente lì dove si trovava e, ordinate le cibarie sul vassoio, tornò in camera.
Peter gli dava le spalle: alla sola biancheria adesso aveva sostituito dei pantaloni della tuta rubati direttamente dal suo armadio, come testimoniava il laccio stretto in un doppio nodo per evitare che gli cadessero lungo le gambe. Gli donavano, e molto anche. Sperò solo che quella di scambiarsi i vestiti non diventasse un’abitudine: le rane erano state già un passo oltre il limite che non avrebbe dovuto superare.
Forse è un altro il limite di cui avresti dovuto preoccuparti.
Scosse la testa e prima che potesse combinare un disastro facendo cadere il vassoio sulla moquette, lo appoggiò sul comodino; Peter volteggiò sul letto ancora sfatto e subito si fiondò sulle uova. Il cuore di Tony fece una mezza capriola: non aveva mai visto nessuno divorarle con tanto entusiasmo.
«Oh no, no, no, no, no.! Il caffè non è per te, sei già abbastanza sovreccitato.» lo fermò un attimo dopo, riappropriandosi della sua tazza bollente.
«E di chi è la colpa, signor Stark?»
«Ehi! – le sopracciglia di Tony si arcuarono in un’espressione sorpresa, ancora troppo abituate a scambi di battute più formali, e lui lasciò da parte la colazione per sdraiarsi accanto a Peter, che sembrò scomparire nel materasso quando lo sovrastò – Non ti è permesso fare battute a doppio senso mentre mi chiami signor Stark.»
Il sorriso del bimbo ragno si trasformò in una smorfia maliziosa che il moro non perse tempo a sostituire con un bacio, e Peter si sentì sciogliere sotto al suo tocco. Gli accarezzò i capelli, ma quando la lingua di Tony lasciò le sue labbra per passare al collo – lo morse leggermente all’altezza della giugulare, facendolo rantolare – l’unica cosa che riuscì a fare fu aggrapparsi alle lenzuola mentre sentiva l’eccitazione crescere. Gemette.
«Tony.»
 
*
 
Fosse stato per lui, sarebbero rimasti chiusi in camera per tutto il giorno e per quello seguente, e per quello dopo ancora. Ma Peter aveva la scuola e lui i suoi marchingegni da cui tornare perciò aveva dovuto fare buon viso a cattivo gioco e accettare che ormai fosse diventato il week-end la sua parte di settimana preferita. Più precisamente, il momento immediatamente successivo al commiato dal resto degli Avengers, dopo il loro abituale ritrovo del venerdì, quando finalmente Peter poteva sgattaiolare indisturbato nella sua stanza.
Lui era sempre lì ad aspettarlo.
Non era esattamente un segreto ciò che c’era tra loro, dopotutto tutti avevano assistito al loro primo bacio*, ma gli unici davvero consapevoli del fatto che non fosse stato un momento casuale e sporadico erano Natasha, Clint – dopo quell’episodio, la confessione da parte dei due era venuta da sé. Del resto, si erano mostrati talmente fieri della loro piccola impresa che Tony non ci aveva messo molto a fare due più due e a chiedere conferma – e Bruce, il quale non si era ancora pienamente abituato a un simile cambiamento ma che in più di un’occasione gli aveva dimostrato il suo appoggio. Ciononostante la visione delle dita di Tony intrecciate a quelle di un ragazzino – molto sveglio e dotato, questo glielo concedeva, ma pur sempre un ragazzino – continuava a destare in lui un certo sconcerto.
Le angosce e le paranoie, per Tony, erano però arrivate in seguito al confronto a cuore aperto – e quella volta era di una semplice metafora che si trattava – con il suo migliore amico: se all’inizio Rhodey l’aveva presa sul ridere, con filosofia avrebbe detto lui, c’era voluto poco perché cambiasse atteggiamento. Non era il suo interesse per un altro uomo che criticava quanto più il fatto che l’uomo in questione fosse in realtà un adolescente di appena diciotto anni. Senza dubbio Peter era un giovane pieno di qualità, ma conosceva Tony abbastanza da credere che quella non fosse altro che una relazione passeggera, un’improvvisa ventata di passione dettata più dalla delusione per un amore storico naufragato da poco che da delle reali intenzioni. E né lui né Peter meritavano di rimanere incastrati in un rapporto senza sbocchi, o almeno questo era ciò che Rhodey non aveva smesso di ripetergli nel corso delle ultime settimane.
Ci aveva riflettuto, a lungo, nella speranza di giungere a un risultato, quasi si trattasse di uno dei suoi calcoli matematici, ma l’unica conclusione che era riuscito a trarre era che… non ce n’erano. Non sapeva quando e come il desiderio per Peter si fosse insinuato nel suo essere, ma ciò non cambiava il fatto che esso fosse presente – dirompente, dolce, genuino – e che non si limitasse al mero bisogno fisico di averlo sotto di lui ma si spingesse oltre: a volergli preparare la colazione tutte le mattine, a telefonargli per sapere come fosse andato il compito di algebra, a discutere con lui perché no, “L’impero colpisce ancora” non era poi un film così vecchio. Non lo avrebbe mai immaginato, ma stava accadendo ed era reale.
Forse Rhodey non sarebbe riuscito a capirlo subito, e dati i loro trascorsi era comprensibile, ma Tony sapeva che una volta resosi conto della serietà delle sue intenzioni – Dio, non si riconosceva più: che n’era stato del suo animo da playboy? – anche il colonnello avrebbe lasciato da parte le sue remore per far subentrare battute e commenti sarcastici su quanto si fosse rammollito.
Odiava ammetterlo, ma la presenza di Peter nella sua vita gli aveva fatto scoprire un lato tenero che non credeva di avere e, se doveva essere onesto con se stesso, non gli dispiaceva affatto.
 
*
 
Di nuovo sabato, finalmente. Non sapeva se fosse dovuto ai suoi sensi super sviluppati o se si trattasse semplicemente della regola per cui quando si attende con trepidazione qualcosa questa non arrivi mai, ma i giorni che lo separavano dal suo ormai abituale appuntamento con il signor… con Tony gli erano sembrati non finire mai.
Forse anche per questo, il fatto di star malamente perdendo a briscola – un gioco italiano che gli aveva fatto conoscere Michelle e che Tony aveva insistito affinché glielo insegnasse – non lo stava indisponendo come si era aspettato. Il sorriso di Tony gli bastava.
Sul divano, accoccolata contro il petto di Bruce, Natasha li osservava divertita, una soddisfazione nello sguardo che nemmeno si sforzava di mascherare. Non che Peter le avrebbe mai chiesto di farlo.
Era stata Nat la prima a capire quali fossero i sentimenti che aveva iniziato a covare nei confronti del miliardario e per lui si era dimostrata una vera amica; avevano parlato a lungo e una volta scioltosi dall’imbarazzo non gli c’era voluto molto perché iniziasse a confidarle i suoi dubbi e timori, ma la donna lo aveva rassicurato, promettendogli che ci avrebbe pensato lei e prova di questo era stato il gioco della verità, che aveva spalancato una porta che fino ad allora Peter aveva temuto sarebbe rimasta sigillata per sempre.
Il senso di colpa per essersi invaghito del suo mentore – un uomo che avrebbe dovuto vedere forse più come un padre che come una cotta adolescenziale – lo aveva tormentato in molti modi, ma dopo Thanos era cambiato tutto e anche lui, come il resto degli Avengers, era giunto a una nuova prospettiva che, lo aveva capito, comprendeva anche Tony, non importava quanto male sarebbe potuta andare. Per sua fortuna, però, era un’opzione che non aveva dovuto esplorare.
«E altri due punti a casa.! – esultò Tony, quando Peter dovette cedergli il fante di bastoni – Non mi avevi detto di essere un mito in questo gioco?»
«No. Ho detto che MJ è un mito, io… me la cavicchio.» rise il ragazzo quando, dopo una mano in cui gli unici ad essere stati sacrificati erano dei semplici scartini, si appropriò del tre di denari giocando il cavallo di briscola.
Tony sbuffò, aggiungendo alle sue carte il sette di spade rimasto sul tavolo dall’inizio del gioco: erano ormai alla fine della partita.
Peter esitò prima di fare la sua mossa. Al cavallo si era sostituito il re del medesimo seme, e di norma sarebbe stata un’ottima soluzione per poter ottenere la vittoria se solo l’asso non fosse stato in mano al suo avversario – di così affascinanti doveva ammettere però che non ne aveva mai avuti. Dopo aver calcolato in che modo avrebbe potuto ottenere più punti, Pete tirò il re di bastoni che l’altro gli lasciò senza tante proteste, scartando un misero cinque di denari, per poi rivelare le ultime due carte – un carico e il re – che Tony aggiunse fiero al suo mazzo grazie al sette e all’asso di spade.
Entrambi iniziarono subito a contare i punti e il più grande gioì quando fu sessantaquattro il numero che ottenne. Una vittoria risicata, ma pur sempre una vittoria.
«Cavolo – brontolò Peter, corrucciandosi in un broncio, a parere del meccanico, davvero dolcissimo – Sapevo che si sarebbe ritorto contro di me.»
Tony girò attorno al tavolo e da dietro abbracciò il giovane, poggiando il mento sopra la sua spalla. Un lieve sentore di vaniglia, dovuto allo shampoo del bimbo ragno,  gli solleticò piacevolmente il naso.
«Immagino che tu – gli bisbigliò all’orecchio, affinché solo lui potesse sentire – Lo abbia fatto di proposito, Pete.»
«Mm, certo che sì.»
«Allora suppongo che un premio te lo meriti lo stesso.»
Peter arrossì, schioccando un bacio sulla guancia di Tony, che di rimando gli arruffò i capelli più di quanto già non fossero.
«Prima però – saltò su quello, ora con una rianimata luce competitiva negli occhi – Nat, Bruce, che ne dite di un due contro due?»
I due si alzarono come se non avessero aspettato altro per tutto il tempo «Prontissimi a farti il culo, Stark.»
 
*
 
Cercando di ridurre al minimo ogni tipo di rumore, Tony sgattaiolò fuori dalla sua stanza, dove Peter stava ancora dormendo beatamente, e nella penombra del Complesso scese nel suo laboratorio.
Non era riuscito a prendere sonno. Da quando la sera prima il suo computer aveva trillato informandolo dell’arrivo di una nuova mail – il nome del mittente e la scritta URGENTE a occupare lo schermo – i suoi pensieri avevano trovato come unica direzione quella che da settimane stava cercando di evitare in ogni modo: Pepper.
Il fatto che avesse lasciato lui non implicava il suo licenziamento dalle Stark Industries ed era stato lui il primo ad insistere su quel punto, nessuno sapeva svolgere quel lavoro meglio di lei, ma, nonostante si fosse ripromesso di comportarsi da persona matura, i contatti tra loro si erano ridotti al minimo e da quando aveva iniziato a frequentare Peter anche le sue apparizioni alla sede centrale erano diminuite ulteriormente. Si rendeva conto, però, che non avrebbe potuto continuare a evitarla in eterno; solo, non sapeva da che parte iniziare.
Aprì la cartella di posta elettronica e lesse il messaggio, tutto pur di rimandare il momento fatale. A quanto pareva, quella settimana avrebbe dovuto partecipare ad un meeting importante con alcuni diplomatici inviati dall’India e, la signorina Potts si era premurata di sottolinearlo con precisione, non doveva mancare per alcuna ragione al mondo. Tony se l’appuntò, poi prese il cellulare. Pepper era ancora tra le chiamate rapide.
«Tony, che stai facendo? Sono le cinque del mattino.» la voce impastata dal sonno non nascose l’irritazione che l’essere svegliata all’alba comportava.
«Ehi. Lo so, scusa, ma devo parlarti.»
«Adesso?»
«Potrei scriverti una mail, ma a questo punto…»
«Parla.»
«Forse dovrei dirtelo di persona, ho sbagliato a chiamare.»
«Giuro su Dio, Tony, o riattacchi immediatamente o mi dici che sta succedendo.»
Tony esitò: la conosceva da quasi vent’anni e per lui era stata molto più che una semplice fidanzata, avrebbe dovuto avere il coraggio di affrontarla personalmente invece che affidarsi a un telefono ma ormai il disastro lo aveva combinato e a quel punto una spiegazione era d’obbligo.
«Senti, Pep, forse nemmeno ti interessa, ma mi vedo con qualcuno.»
«Mi hai davvero svegliata per questo? Non mi interessa con quale giornalista tu-»
«È Peter. Parker.»
«Oh.»
Per lunghi istanti ci fu solo silenzio.
«Non avrei dovuto dirtelo, mi dispiace. Dimentica tutto, notte.»
«No, no, no, Tony, aspetta – sentì un lungo sospiro provenire dall’altra parte del ricevitore e quasi poté vederla stringersi la radice del naso tra le dita – Va bene, okay? Ne riparleremo, ma va bene. Sono contenta che tu me l’abbia detto, ora vai a dormire. Ciao.»
E riattaccò.
Gli ci volle qualche istante per assimilare le parole di Pepper, ma un sorriso spontaneo gli sorse sulle labbra. Doveva dirglielo, ne aveva bisogno, ma ora sentiva che andare avanti con quella nuova fase della sua vita sarebbe stato molto più semplice, e senza fantasmi del passato a seguirlo.
Con l’animo più leggero tornò in camera, riprendendo il suo posto al fianco di Peter che, complice l’abbassamento del materasso e lo strusciare delle coperte, aprì gli occhi confuso.
«Che succede?» mugugnò.
«Niente, va tutto benissimo.»
Ed era vero, tutto era andato al posto giusto.
 
 
 
*si riferisce al bacio che Peter e Tony si sono scambiati nella precedente One Shot “Cupid’s game aka Truth or Dare”
 
NdA: ed eccomi anche con la terza parte di questa serie di One Shot. Ho voluto dare una sorta di conclusione agli avvenimenti delle due storie precedenti perché mi dispiaceva lasciarli in sospeso e soprattutto volevo descrivere qualche momento di tenerezza tra Tony e Peter. Anche se qui non è parte centrale della trama, volevo continuare sul filone “giochi” e questa volta mi sono lasciata prendere la mano dalla mia droga quotidiana: la briscola! (E a tal proposito un grazie speciale alla mia sis che si è messa a giocare con me in modo che potessi segnare le varie mosse, ti voglio bene).
La parte finale… eh, la parte finale mi sembrava importante da inserire: Tony e Pepper sono stati insieme per tanti anni e, supponendo appunto che lei continui a lavorare come amministratore delegato, credo sia giusto che lui le dica come stanno le cose (anche se di persona, caro Tony, sarebbe stato meglio. Mi esimo da qualsiasi responsabilità ahahah).
No, beh, se avete tesi o teorie al riguardo mi farebbe piacere conoscerle, più che altro perché non sono sicura di aver imbastito per bene la faccenda.
Detto questo, un grazie enorme a tutti coloro che hanno letto. Baci!
   
 
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