Capitolo
6
Frodo assisteva in disparte
all’ennesima
schermaglia tra Sam e Smeagle. Era contento di vedere che almeno per il
momento
il suo giardiniere aveva deciso di deporre l’ascia di guerra
e smetterla di
avvilire quella creatura penosa.
“ Penoso…”
Era in questi termini che vedeva Smeagle, così
come se stesso ogni qualvolta si specchiava in un rivo: un essere
penoso e
debole nel corpo quanto nello spirito. Sam lo rimproverava spesso
perché quasi
non mangiava e dormiva solo quando il suo fisico cedeva sotto il peso
di quel
fardello.
“L’Anello…” pensò,
ma subito distolse la mente da
quell’idea, conscio di quanto ormai fosse sensibile al
richiamo dell’oggetto
oscuro.
Chiuse gli occhi e adottò il metodo che aveva
affinato negli ultimi giorni per tenere la mente lontana dalle spire
dell’Anello di Sauron: pensava a Jill, fantasticando su
meravigliose avventure
che la sua eroina dai capelli rossi aveva o avrebbe compiuto. E
funzionava.
Frodo sorrise, inspirando profondamente l’aria
fresca e godendo dei raggi tiepidi del sole che gli accarezzavano il
volto. Nei
suoi pensieri, però, quella brezza era invece un impetuoso
vento caldo e
salmastro, che spettinava i capelli e gonfiava le vele di una maestosa
nave. Il
ponte dell’imbarcazione era chiazzato qua e là
dalla spuma del mare e la prua
era intagliata in un’avvenente forma femminile. E
lì, con lo sguardo rivolto in
un punto lontano sull’orizzonte e la postura fiera di una
condottiera, stava la
sua coraggiosa Corsara. Il vento s’insinuava nella sua blusa
bianca e nei
lunghi capelli rossi, che sferzavano l’aria come lingue di
fuoco, ma lei non se
ne curava, poiché i suoi pensieri erano rivolti alla
prossima meta.
“Sicuramente un’altra grandiosa
avventura…”
Un suono attirò la sua attenzione, distogliendolo
dalle sue fantasticherie. Incuriosito ma guardingo, strisciò
tra gli arbusti e
la bassa vegetazione fino a giungere in un punto in cui aveva una buona
visuale
dell’altopiano, subito raggiunto da Sam e Smeagle. Sotto i
loro occhi sfilava
un battaglione simile a quello che avevano incontrato di fronte al
Cancello di
Mordor.
-
Chi sono? –
bisbigliò Sam.
-
Uomini malvagi, servi di Sauron.
– sibilò Smeagle – Li hanno chiamati
a Mordor. L’Oscuro raduna tutti gli eserciti, tra poco
sarà pronto. –
-
Pronto per cosa? –
-
Per fare la sua guerra –
sentenziò la creatura raccapricciante –
l’ultima guerra che ridurrà tutto il mondo
nell’ombra. –
Un brivido percorse la schiena di Frodo, il cuore
stretto in una morsa di disperazione.
-
Dobbiamo muoverci. –
sentenziò – Andiamo, Sam. –
-
Padron Frodo – lo
fermò il giardiniere – guardate! Sono Olifanti.
– disse
colmo di meraviglia.
L’Hobbit osservò le gigantesche creature dal naso
ondeggiante e le lunghe zanne bianche. Ricordava di averne osservato
colmo di
stupore le rappresentazioni nei libri di suo zio Bilbo, ma dal vivo
parevano
ben più maestosi e possenti. Sorrise, eccitato quasi quanto
il suo compagno di
viaggio.
-
Nessuno a casa vorrà
crederci. – bisbigliò Sam.
Un rumore alle loro spalle li distolse dai loro
pensieri e Smeagle arretrò nella vegetazione, allarmato. Un
attimo dopo,
centinaia di frecce cominciarono a fioccare sull’esercito di
Mordor, colpendo i
soldati e le colossali bestie.
Pochi minuti dopo, Frodo e Sam vennero legati e
incappucciati da coloro che avevano teso l’imboscata: i
Raminghi dell’Ithilien.
Lei rise, voltandosi a incontrare lo sguardo di
Aragorn, che cavalcava poco dietro dell’animale montato da
Gimli e da lei
condotto per le briglie.
-
Hanno la barba –
bisbigliò lui, mimando il folto pelo sul mento con la
mano.
La sua risata tintinnò ancora, fresca come
l’acqua di un ruscello.
-
Questo a sua volta ha dato origine
alla credenza che non esistano
donne tra i Nani – continuò Gimli – e
che i Nani, ecco, spuntino dalle buche
del terreno. – mimò scherzando amabilmente
– Il che naturalmente è ridicolo. –
Un istante dopo il cavallo su cui montava il Nano
scattò in avanti, disarcionando il suo maldestro cavaliere
tra le risate della
folla.
-
Non è niente, non
è niente – blaterò lui, tentando di
rimettersi in
piedi – Non abbiate paura! L’ho fatto di proposito!
–
Eowyn si affrettò al suo fianco, senza smettere
di ridere.
Jill la osservò voltarsi in direzione di Aragorn
e pensò a quanto bella e serena fosse quella principessa
sotto i raggi del sole
del mattino, che ne baciava la pelle candida e i lunghi capelli biondi
come
spighe di grano.
“ Si vede che è innamorata di Aragorn.”
Quel pensiero anziché farla sospirare le colmò il
cuore d’amarezza: prima o poi il sorriso di Eowyn sarebbe
stato offuscato dalla
consapevolezza che il cuore dell’uomo di cui s’era
invaghita apparteneva già a
un’altra fanciulla. Arwen era la figlia di Elrond, Signore di
Gran Burrone, e
si diceva che fosse la più avvenente di tutte le fanciulle
elfiche: aveva una
pelle candida come la neve, setosi capelli corvini e due saggi e
luminosi occhi
grigi come la bruma del mattino. La chiamavano Stella del Vespro
perché era
bella come la prima stella che compariva al calar del sole. Ed Aragorn
ne era
totalmente, irrimediabilmente innamorato da diversi anni.
La Corsara fece una smorfia, pensando che nessuno
avrebbe potuto reggere un simile confronto. Rivolse di nuovo la sua
attenzione
all’espressione infatuata di Eowyn e per un attimo vi
intravide qualcosa di
diverso. Pensò allo sguardo che aveva visto Aragorn
rivolgere ad Arwen e corrugò
la fronte, assorta.
“ A che pensi, sorella?” la raggiunse un pensiero
non molto lontano: una volta che il popolo di Rohan aveva lasciato la
città di
Edoras, incamminandosi verso il Fosso di Helm, Huan aveva preso a
spostarsi con
loro, a debita distanza per non mettere in allarme i cavalieri.
“ Penso che la principessa Eowyn sia una donna
piuttosto contorta.”
“ Avverto il tuo interesse nei suoi confronti.”
Jill si chiese cosa in quella fanciulla destasse
tanto la sua attenzione.
“ Forse non sono abituata a vedere donne tanto
risolute da queste parti.” pensò con una vena di
sarcasmo.
Da quando era giunta nel palazzo di Edoras aveva
avuto modo di osservare e ascoltare diverse volte la principessa di
Rohan e da
subito aveva percepito una certa affinità: Eowyn era una
donna indipendente,
sicura di sé e intelligente, nonché
un’abile spadaccina desiderosa di
dimostrare il proprio valore, apparentemente sprezzante del pericolo.
“ E della morte…”
La certezza di quel pensiero la turbava. Osservò ancora
quella figura sottile e sorridente, ma in quel momento le
sembrò incrinata,
come una statua di cristallo in cui si andavano aprendo tante piccole
crepe. A
quel punto nello sguardo infatuato che rivolgeva ad Aragorn le parve di
scorgere una richiesta di aiuto.
Istintivamente i suoi occhi saettarono avanti,
oltre la carovana degli abitanti di Rohan, fino a posarsi sulla figura
che
sostava dritta e sicura come un faro tra i flutti. Si chiese con che
tipo di
sguardo lei lo osservasse. Arrossì, al pensiero che forse
gli rivolgeva le
stesse occhiate infatuate che Eowyn riservava al Ramingo.
Il principe di Bosco Atro sorrise, intenerito dal
rossore che imporporava le gote della Corsara, tanto valorosa sul campo
di
battaglia quanto impacciata in quello sentimentale.
Jill osservò Aragorn aggrottare la fronte, perso
in foschi pensieri, e provò una vena di compassione per
entrambi: nella sua
mente se li figurò tendere la mano verso l’oggetto
del loro desiderio che, per
diversi motivi, non riuscivano ad afferrare.
-
Mio signore? –
ripeté la principessa.
Quando rispose, la fronte di Aragorn era solcata
da rughe di afflizione.
-
Sta andando nelle Terre Immortali
con ciò che resta della sua stirpe.
–
Eowyn parve scottata dalle sue parole, o forse
dal suo sguardo tormentato, e allungò il passo.
Il richiamo improvviso di Huan quasi la fece
sobbalzare.
“ Maledizione, Huan, a momenti finivo col sedere
a terra come Gimli! Che succede?”
“ Ho appena staccato la testa a un Orco che
montava un Mannaro. Credo che sia un esploratore.”
“ Dannazione!” imprecò lei, voltando lo
sguardo
verso la carovana di donne, bambini e anziani alle sue spalle che
avanzavano
lentamente sul terreno brullo.
Strinse i pugni con rabbia. Non aveva dubbi su
chi fosse il mittente e quali fossero le sue spregevoli intenzioni.
“ Maledetto Saruman! Aggredire tante persone
indifese con una simile imboscata… intende trucidare tutti
gli abitanti di
Edoras senza lasciar loro la possibilità né di
fronteggiarlo né di proteggersi!
Vigliacco!”
“ Che facciamo, sorella?”
Jill sorrise maligna.
“ Massacriamoli.”
“ Huan ha intercettato un esploratore” gli
comunicò smontando da cavallo “ una squadra di
Mannari si sta avvicinando
rapidamente. Dobbiamo avvertire subito gli altri e dire a re Theoden di
organizzare la cavalleria per fronteggiarli. Altrimenti
quest’allegra
scampagnata fino al Fosso di Helm si tramuterà in una
maledetta carneficina!”
Legolas annuì, serio.
“ Cavalcherai con me?”
“ No” gli rispose con un sorriso sghembo
“ Mi intralceresti.”
Lui sorrise divertito e lei ricambiò il gesto,
per poi allontanarsi di corsa, le gambe agili e veloci come quelle di
un lupo.
-
Huan ha intercettato un
esploratore. – riferì al gruppo in testa alla
fila di profughi – C’è un folto
drappello di Mannari in avvicinamento. Credo
Saruman gli abbia dato l’ordine di tenderci
un’imboscata prima che potessimo
trovare riparo presso il Fosso di Helm. –
-
Maledizione. –
-
Chi è questo Huan? Un
altro membro della vostra Compagnia? – volle
sapere il sovrano.
-
Sì. – gli
rispose il Ramingo – Lui e Jill sono…
particolarmente
affiatati. –
-
E dov’è questo
Huan nel
momento del bisogno? –
-
Sicuramente molto vicino. Credo che
Jill gli stia andando incontro per
fronteggiare insieme i Mannari. – si scambiò
un’occhiata d’intesa con Legolas,
che annuì.
-
Molto bene, allora non ci faremo
cogliere impreparati dall’agguato di
Saruman. –
Re Theoden diede rapide disposizioni e i soldati
montarono a cavallo, mentre Eowyn ricevette l’ordine di
scortare il popolo di
Rohan al Fosso di Helm. La udì protestare, desiderosa di
combattere e
dimostrare il proprio valore con la spada in pugno. Ma il sovrano fu
irremovibile.
Aragorn le lanciò un ultimo sguardo prima di
raggiungere il resto della cavalleria: la sua figura era fragile eppure
il suo cuore
ardeva fiero e coraggioso come quello delle più grandi
regine.
Poi voltò il cavallo e galoppò verso il campo di
battaglia.
Theoden infilzò un Orco e subito alzò la guardia
per proteggersi dalla bestia che tentò di staccargli un
braccio. Strattonò il
cavallo e la lancia di un cavaliere infilzò il Mannaro, che
crollò a terra. Il
re si voltò per fronteggiare l’avversario
successivo, quando udì un ululato.
Vide un enorme Lupo correre giù dal rilievo, le
fauci irte di denti dischiuse in un ringhio famelico, in tutto simile
alle
terrificanti bestie che si diceva avessero fiancheggiato gli oscuri
signori
Morgoth e Sauron nelle prime ere del mondo.
Dapprima pensò che fosse un’altra bestia inviata
da Saruman per trucidarli e un brivido gli percorse la schiena; poi
s’accorse
dell’esile figura che lo cavalcava, la spada sanguigna levata
verso il cielo, i
capelli rossi che sferzavano l’aria come uno stendardo. Si
gettarono sul primo
Mannaro: il Lupo strappò la gola alla bestia con un solo
morso, lei trapassò
l’Orco. Un altro avversario incoccò una freccia,
ma non fece in tempo a
puntarla che la Corsara gli fu addosso con un balzo, disarcionandolo
con un
calcio e rimanendo in groppa al Mannaro. La bestia tentò di
disarcionarla e
morderle le gambe, ma lei lo ferì, lo strattonò
per fargli perdere l’equilibrio
e gli tagliò la gola. Il Mannaro stramazzò a
terra morto, lei atterrò con
sicurezza e si diresse verso l’avversario successivo.
Theoden osservò il Lupo affiancarsi alla Corsara
e pensò vi fosse qualcosa di speciale che li legava:
correvano entrambi protesi
in avanti, le bocche spalancate in un muto grido di battaglia, letali,
veloci e
straordinariamente coordinati, quasi fossero un'unica entità.
-
Questo conta come mio! –
protestò il Nano.
Sorrise, divertito dallo smisurato orgoglio del
compagno, e incoccò un’altra freccia. Il dardo
saettò nell’aria con un leggero
sibilo, centrando la gola di un Orco.
Una fanciulla coi capelli rossi gli lanciò uno
sguardo di fuoco.
“ Era a questo
che alludevo. Pensa ai tuoi Orchi,
che io penso ai miei!”
Nascose un ghigno: non credeva possibile vi fosse
qualcuno che potesse competere coi Nani in orgoglio e testardaggine.
“ Aragorn se la cava piuttosto bene.”
pensò
compiaciuta.
Si voltò in cerca di un’altra testa da far
rotolare a terra, ignara che alle sue spalle le cose non stavano
procedendo
come credeva.
Legolas osservò le bestie superstiti fuggire
disordinatamente su per le alture e cercò con lo sguardo i
compagni. Gimli
aveva divelto l’ascia dall’ultimo avversario, Jill
stava ripulendo la lama
della sua spada sanguigna e Huan stava annusando i cadaveri dei
Mannari, forse
in cerca di un premio per la sua prestazione.
Un’assenza catturò la sua attenzione.
-
Aragorn! –
chiamò – Aragorn! – ripeté,
spostandosi tra i cadaveri e
cercandolo con lo sguardo nella speranza di non trovarlo steso a terra.
Gli occhi di tutti saettarono sul campo di
battaglia, ansiosi di trovare il coraggioso e saggio erede di Isildur.
Un
brivido d’inquietudine attraversò il corpo
dell’Elfo, che istintivamente s’avvicinò
alla scarpata rocciosa che si gettava nel fiume.
Legolas s’affacciò al dirupo, tallonato da Gimli,
Jill e Huan. Una risata soffocata lo fece voltare verso un Orco steso a
terra,
gravemente ferito.
“ L’ho visto combattere contro Aragorn.”
riferì Jill.
-
Cos’è
successo? – gli si rivolse Legolas in tono duro.
L’Orco non rispose, continuando a sghignazzare
tra i fiotti di sangue che gli uscivano dalla bocca.
-
Dimmi cos’è
successo – ripeté Gimli in modo più
persuasivo – e ti
faciliterò il trapasso – aggiunse sollevando
l’ascia sulla testa del moribondo.
-
È…
è morto – balbettò faticosamente
– ha fatto un piccolo capitombolo
dal dirupo. – sghignazzò.
Legolas avvertì il sangue gelarsi nelle vene e la
furia e il dolore montargli in petto. Si chinò
sull’Orco, afferrandolo
brutalmente.
-
Tu menti. – quasi
sibilò a denti stretti.
Non poteva esser successo veramente.
Quell’immonda creatura gli stava certamente mentendo. Decise
di ignorare ogni
prudenza e di sondare la mente di quell’essere moribondo per
vedere da sé cos’era
realmente accaduto. Vide attraverso
gli occhi dell’Orco il loro scontro a cavallo del Mannaro,
fino al tragico
epilogo: Aragorn rimaneva incastrato alle cinghie della sella
dell’animale e
insieme scomparivano oltre il ciglio del burrone. Un attimo dopo tutto
si fece
scuro: l’Orco sghignazzò ed esalò
l’ultimo respiro.
Lo gettò a terra con sprezzo, notando che teneva
qualcosa in una mano. Schiuse le dita prive di vita, trovandovi il ciondolo che Arwen aveva
donato ad Aragorn
come pegno del suo amore.
Incapace di accettare quanto la mente dell’Orco
gli aveva rivelato, si s’affacciò nuovamente al
ciglio del dirupo, guardando di
sotto insieme a Gimli e il re di Rohan: qualche decina di metri di
roccia più
in basso il torrente scorreva impetuoso, schiaffeggiando le sponde
pietrose.
Una parte dell’Elfo avrebbe voluto gettarsi
immediatamente di sotto a cercare il suo più caro amico. Ma
la parte più
razionale mise a tacere quel folle istinto: nessuno avrebbe potuto
sopravvivere
a una simile caduta. Se anche avesse avuto fortuna, il suo corpo non
era in
vista, segno che la corrente impetuosa del fiume l’aveva
trascinato via.
Nessuno disse una parola.
Poi un soldato si avvicinò al sovrano, in attesa
di ordini.
-
I feriti suoi cavalli. –
parlò re Theoden – I lupi delle terre
selvagge torneranno. Lasciate i morti. –
Legolas lo fulminò con lo sguardo, le labbra
serrate. Una parte di lui avrebbe voluto urlare il suo risentimento.
L’altra
invece credeva non dovesse biasimare un sovrano per aver preso la
decisione più
spiacevole ma lungimirante: risparmiare il tempo delle sepolture per
organizzare
al meglio le difese del Fosso di Helm e proteggere la popolazione che
vi aveva
cercato rifugio, fiduciosa del fatto che il loro re li avrebbe protetti.
Strinse i pugni, ben conoscendo i doveri e le
responsabilità di un monarca che, in quanto tale, doveva
anteporre il proprio
regno a tutto, finanche ai propri sentimenti.
-
Vieni – lo
esortò con garbo re Theoden.
Da quando si conoscevano, sia lui che Aragorn
erano sempre stati esposti ai pericoli. Sapeva
che era molto probabile che uno dei due perisse durante una
missione
rischiosa o sul campo di battaglia e in cuor suo paventava il giorno in
cui
avrebbe dovuto piangere sul corpo del suo defunto amico, come aveva
già fatto
su quello di tanti altri compagni che l’avevano
fiancheggiato.
“ E allora perché non riesco ad
accettarlo?”
Legolas voltò le spalle al dirupo, il cuore
stretto in una morsa.
Solo allora alzò lo sguardo e si accorse che Jill
aveva gli occhi sbarrati.
Avvertì il tocco di
Legolas su un braccio e si
riscosse dai propri pensieri.
“ Jill, dobbiamo andare.”
Lei spostò lo sguardo dal suo volto contrito a
quello scuro di Gimli, che teneva il capo chino e andava borbottando
qualcosa,
forse una preghiera.
“ Jill…” ripeté lui non
ricevendo risposta
“dobbiamo and…”
“ È colpa mia.”
“ Cosa è colpa tua?”
“ Se Aragorn è caduto. L’ho visto
lottare contro
quell’Orco in groppa al Mannaro, ma non gli ho prestato
troppa attenzione e gli
ho… voltato le spalle!”
L’espressione della fanciulla pareva inorridita
dalle sue stesse parole.
“ Jill, non l’hai spinto tu giù da quel
dirupo.”
le disse lui pazientemente “ È stata una
fatalità.” le accarezzò delicatamente
una guancia, l’espressione addolorata “ Una tragica
fatalità.”
“ Che io avrei potuto impedire!”
protestò lei “Ero
lì, Legolas!” indicò col dito un punto
poco lontano dal dirupo “ Avrei potuto aiutarlo!
Invece…” strinse i pugni fino a farsi sbiancare le
nocche “ Invece ero troppo
presa dalla mia battaglia, tanto da
non rendermi conto che un mio compagno era in
difficoltà…”
Il principe di Bosco Atro sospirò.
“ Probabilmente non avresti potuto fare nulla per
impedire quanto successo.”
“ Come fai a dirlo?”
“ E tu?”
Jill strinse la mascella, ma non rispose.
“ La vita è piena di “se”, ma
non possiamo
cambiare quanto è già avvenuto, non possiamo
tornare indietro nel tempo.
Tuttavia possiamo decidere cosa fare con quello che ci viene ancora
concesso.
Ora quello che possiamo fare è continuare il nostro cammino
e far sì che la
dipartita di Aragorn non sia stata priva di valore. Ora” la
guardò dritta negli
occhi “quello che possiamo fare è proteggere
questa gente come lui stesso
avrebbe fatto. So che stai soffrendo, tutti noi sentiremo la sua
mancanza.
Enormemente.” si portò una mano al petto
“ Ma il mio cuore mi dice che non
possiamo desistere proprio ora che il bisogno incalza. E il tuo,
Jill?”
La Corsara chiuse gli occhi, traendo un profondo
respiro. Lo esalò lentamente.
“ Anche il mio mi dice di non arrendermi.” disse
con decisione riaprendo gli occhi.
“ Va bene, allora…”
“ Andrò a cercarlo.”
Legolas inspirò a fondo.
“ Jill…”
“ Mi hai chiesto cosa dice il mio cuore.”
alzò il
mento ostinata “ Ebbene, mi dice che Aragorn è
ancora vivo.”
“ Anche con la più grande delle fortune dalla sua
parte non può sopravvivere a quelle rapide, Jill: la
corrente è troppo forte e
le sponde ripide e rocciose. Mi dispiace, ma temo che il suo corpo
potrà
riposare solo una volta a valle, diverse miglia lontano da
qui.”
“ Lo so, per questo vado a cercarlo: avrà bisogno
di aiuto.”
I cavalieri erano rimontati tutti in sella, re
Theoden attendeva pazientemente i superstiti della Compagnia. Legolas
le
afferrò le spalle.
“ Jill, sii ragionevole. Ammiro la tua
determinazione, ma questa volta non c’è tempo per
seguire l’istinto, dobbiamo
fare ciò che ci siamo ripromessi entrando a far parte di
questa Compagnia:
salvare la Terra di Mezzo, proteggere tutta questa gente dallo
sterminio.”
“ Non intendo venir meno alla mia promessa:
questa gente, la Terra di Mezzo, noi
tutti
abbiamo bisogno di Aragorn. Ma ora
è
lui che ha bisogno del nostro aiuto
ed io non posso
abbandonarlo!”
“ Maledizione, Jill!” le strinse le spalle
“ Non
puoi per una volta fare
semplicemente
come ti viene chiesto?!”
“ Io non
voglio fare semplicemente come mi viene chiesto.”
gli rispose lei, il tono
duro e lo sguardo glaciale.
“ Questo s’è capito, tu non vuoi mai seguire i consigli di qualcun altro,
bensì sempre e solo la tua testa cocciuta e
avventata!” sbottò lui “ Ma questo
non è il momento per le leggerezze: c’è
una guerra che incombe, esseri malvagi
e folli che intendono sterminare intere popolazioni stanno
sguinzagliando i
loro eserciti con l’unico scopo di distruggere
tutto ciò che incontrano. Non posso permetterti di
scorrazzare da sola per
queste brughiere che pullulano di Orchi, Mannari e chissà
quali altre
diavolerie!”
“ Perché?” lo sfidò con uno
sguardo sfrontato “
Ho forse bisogno del tuo permesso?”
Legolas si raddrizzò, staccando le mani dalle sue
braccia, come se fosse stato scottato.
“ Hai detto bene” proseguì lei
“ faccio sempre di
testa mia, cosa che fin ora mi ha tenuta in vita, nonostante tutto.
Quindi
continuerò a seguire i consigli del mio cuore
anziché gli ordini di qualcun
altro.” fece una reverenza esagerata “ Col tuo permesso, principe, prendo
congedo.” e si voltò per avvicinarsi a
Huan.
L’Elfo la guardò montare sulla groppa del Lupo e
rivolgere un cenno di commiato a re Theoden e a Gimli. Poi Huan
balzò in
avanti, spostandosi da una roccia all’altra con
agilità, diretto verso il
torrente.
Legolas la osservò dalla cima del dirupo, ma gli
occhi della Corsara restarono ostinatamente puntati verso il corso
d’acqua,
attenti a non incontrare il suo sguardo. Gimli gli si
affiancò.
-
Sai – proruppe
– non immaginavo che anche tu potessi arrabbiarti a quel
modo. –
-
Come, scusa? – gli
rispose Legolas, l’espressione ancora accigliata e
la fronte solcata da rughe di preoccupazione.
-
Non ho la tua età, ma
non sono mica nato ieri, sai? Immagino che tu e
Jill abbiate avuto una bella discussione telepatica, o come diamine
comunicate
voi, giusto? –
Sghignazzò dello sguardo perplesso che l’Elfo gli
rivolse.
-
Amico mio, forse non te ne sei
accorto, ma quando si tratta della piccola
Jill diventi particolarmente espressivo. E non è difficile
intuire il motivo
per cui avete litigato. – accennò al torrente
– La nostra impulsiva Corsara ha
deciso di cercare Aragorn, forse perché convinta che sia
ancora vivo. – scosse
la testa abbattuto.
-
Hai centrato il punto. –
-
Immagino tu abbia tentato di
dissuaderla. –
-
Certamente! È una follia
pensare che possa essere sopravvissuto a una
simile caduta. E anche se ce l’avesse fatta, la corrente del
fiume gli avrà
frantumato le ossa contro le rocce delle sponde. – si
portò le mani alla testa,
accucciandosi a terra – È una follia. Eppure lei
non ha voluto darmi retta e non
ho potuto fare nulla per impedirle di andare a cercarlo. –
-
Da quel che so, Jill ha perso molte
persone a lei care. Suo padre è
stato ucciso, la sua città bruciata e la popolazione
massacrata, Saruman l’ha
tradita e mutilata e per un pelo non perdeva anche Gandalf. Non
è strano dunque
che si aggrappi anche alla più flebile speranza che Aragorn
sia ancora vivo. –
-
Lo so… -
-
E non penso dobbiamo preoccuparci
della sua incolumità nell’immediato.
Sono certo che lei e il Lupo siano in grado di badare a se stessi e che
presto
ci raggiungeranno al Fosso di Helm. –
-
Lo so… -
Il Nano gli batté una pacca sulla spalla.
-
Non ti va a genio l’idea
di separarti da lei, vero? –
-
Per niente. –
-
E di non avere influenza sulle sue
decisioni… -
-
Vorrei solo poterla aiutare e
proteggere… - rispose in tono angosciato
– Ma lei non vuole il mio aiuto e sfugge ai miei tentativi di
tenerla lontana
dai pericoli. Anzi, ogni tanto mi vien da pensare che lo faccia apposta
a
cacciarsi nei guai! –
Gimli scosse la testa, sorridendo sotto i folti
baffi.
-
Amico mio, non ti invidio per
niente: ti sei innamorato di una donna
davvero impegnativa! –
Legolas gli rivolse un altro sguardo sconvolto.
-
E non guardarmi con
quell’espressione stralunata! – rise il Nano
– Te
l’ho detto che quando si tratta di Jill sei estremamente
eloquente: persino un
ebete si accorgerebbe degli sguardi rapiti che le rivolgi! –
-
Non è per quello che
sono sbalordito. Mi hai chiamato “amico mio”.
–
-
Oh – bofonchiò
Gimli – Davvero? Magari hai sentito male. –
-
Due volte. –
ghignò l’Elfo.
-
Oh. – distolse lo sguardo
impacciato – Abbiamo fatto attendere anche
troppo sire Theoden, sarà il caso di rimontare a cavallo e
dirigerci verso il
Fosso di Helm. Santi numi, c’è una battaglia alle
porte! –
Legolas si fermò accanto al destriero.
-
Ti aiuto a montare in sella, amico
mio? –
Il Nano imprecò fra sé e sé per tutto
il percorso
fino al Fosso di Helm.
Jill
s’acquattò sulla riva del fiume,
sondando con attenzione il terreno.
Dopo minuti che parvero ore si raddrizzò: nulla.
Un’occhiata a Huan le fece capire che anche la sua ricerca
era stata
infruttuosa. Eppure avevano setacciato con attenzione le sponde di quel
rivo
per un paio di miglia, fino al punto in cui la corrente
s’indeboliva. Più
avanti un rombo ovattato dalla vegetazione preannunciava la presenza
delle
rapide.
“ Maledizione!” imprecò verso il cielo.
Sperava di trovare qualche traccia che potesse
ricondurre al Ramingo come era accaduto nel caso degli Hobbit al
limitare della
Foresta di Fangorn, ma non v’era segno di Aragorn lungo
quelle sponde. Se solo
avesse potuto evocare un incantesimo…
“ Se!”
pensò con frustrazione “ Se avessi ancora la mia
voce riuscirei forse a fare un
incantesimo di localizzazione, ma
io
non ce l’ho più la mia dannata voce!”
balzò nell’acqua, desiderosa di poter
urlare a squarciagola “ Me l’hanno strappata
via!” menò un pugno nell’acqua
“ Come mi hanno strappato via la mia casa,
la mia gente, mio padre! E
ora” volse
uno sguardo disperato verso l’acqua che scorreva attorno alle
sue gambe, le
braccia abbandonate lungo i fianchi “tu
vuoi portare via Aragorn…”
-
Chi sarebbe questo Aragorn?
–
Jill alzò lo sguardo, incontrando un volto…blu.
Continua…