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Autore: GrammarNazi95    07/10/2018    1 recensioni
[METAL BAT X GAROU]
***
[...] Sentendosi probabilmente osservato con insistenza, il giovane girò il suo sguardo verso di lui e, per qualche secondo, Metal Bat fu in grado di vedere i suoi occhi: due pozzi dorati, di un colore ed una profondità disarmante… sembravano quelli di un lupo che, eccitato per l’inizio di una nuova caccia, si preparava ad una notte di sangue nell’oscurità della foresta.
Il ragazzo staccò velocemente lo sguardo da quello di Metal Bat, preparandosi a lottare con uno strano ghigno divertito che gli attraversava il volto.
[...]Ora che poteva osservarle più da vicino, quelle strane iridi dorate sembravano riflettere una sorta di sinistra inquietudine… come il presagio di qualcosa covato a lungo nelle loro profondità, che si stava pian piano preparando ad uscire allo scoperto.
Alcuni stolti avrebbero potuto definirlo un barlume di pazzia, ma non sarebbe stato corretto: non vi era traccia di ingiustizia o crudeltà in quegli occhi, solo una macabra risoluzione.
Genere: Azione, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Garou, Metal Bat
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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FOUR ENCOUNTER

 

IN UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE -Atto primo: inizio di tutto-
 

La torrida afa estiva, che per tutto il giorno aveva tormentato i poveri abitanti della città, aveva lasciato posto ad una dolce brezza notturna, che ora agitava le chiome dei piccoli alberi che si ergevano ai lati della via, completamente illuminata dalle festose luci delle bancarelle.
Decine di persone affollavano quel piccolo quartiere: vi erano bambini che correvano da una bancarella all’altra, spesso tenendo in mano un bastoncino da cui partiva una piccola fontanella dorata simile ad un fuoco d’artificio in miniatura, persone di ogni età che sgranocchiavano allegramente qualche dolcetto artigianale, chiacchierando con i propri conoscenti...
In quell’atmosfera festosa e lucente, ogni problema sembrava quasi evaporare, lasciando il posto a pensieri più lieti e rilassati, che bene si sposavano con quell’atmosfera da “Notte di mezza estate”.
 

Metal Bat annusò l’aria pregna del profumo di zucchero filato e dolciumi e poi si riempì i polmoni di quell’aroma dolciastro tanto tipico delle fiere di paese; lo avrebbe negato se qualcuno glielo avesse chiesto, ma la verità era che adorava questo tipo di eventi.
Lo riportavano alla sua infanzia, quando camminava in mezzo a sua madre e suo padre, mentre teneva le loro mani e ai cui continuava a chiedere: “Mi fate fare la campana?”.
Quel ricordo aveva il (quasi) potere di fagli dimenticare che, nonostante i suoi diciassette anni appena compiuti, vi era un’intera città che contava su di lui e un rango di eroe di Classe S da portare sulle sue spalle.
 

Una perdita di equilibrio momentanea gli fece smarrire il filo dei suoi pensieri: un pezzo di stoffa del suo dannato abito gli era finito di nuovo sotto le scarpe e lo aveva fatto quasi finire gambe all’aria.
Con uno sbuffo irritato ed una vena che aveva iniziato a pulsargli pericolosamente sulle tempie, il ragazzo si fermò qualche attimo per sistemare lo scomodissimo yukata che sua sorella Zenko lo aveva convinto (costretto) ad indossare prima di uscire di casa.
Non protestare fratellone!” gli aveva detto imperativa, puntando i piedi per terra e poggiando i pugni sui fianchi, quasi a voler sembrare più autoritaria in quella buffa posa: “Questa è una festa tradizionale… e alle feste tradizionali bisogna indossare abiti adatti!”.
Era stata persino un impresa riuscire a convincerla a lasciargli portare la sua amata mazza metallica.
Spesso il ragazzo si chiedeva chi fra loro due realmente fosse la figura autoritaria della casa… (considerando che, appena erano giunti alla festa, la ragazzina lo aveva amorevolmente scaricato, raggiungendo le sue compagne di classe con un ‘Vado a dormire da Shocko questa notte, sua mamma è d’accordo’ come se lui non avesse voce in capitolo, la diceva molto lunga su quali fossero i ruoli di potere nella loro famiglia).


Metal Bat scosse la testa, fissando il suo yukata in modo irritato, quasi volesse minacciarlo con lo sguardo: non importava quanto ci provasse, quell’odioso pezzo di stoffa non ne voleva sapere di permettergli di camminare senza rischiare di inciampare e cadere poco dignitosamente ad ogni fottuto passo.
Rassegnato al suo destino (a meno che non volesse restare nudo, non aveva altra scelta che tenere addosso quel pastrano) il ragazzo inizio a guardarsi in giro, decidendo il da farsi: sperperare i suoi soldi in cibo zuccherato gli era parsa subito l’opzione più soddisfacente, quindi aveva diretto immediatamente i suoi passi verso le bancarelle più vicino.
 

O almeno ci aveva provato.
Era riuscito a muovere a malapena un paio di passi, quando uno strano ritmo aveva raggiunto i suoi timpani, riscuotendolo: erano come dei colpi secchi, che sembravano scandire una musica molto antica, simile a quelle che spesso si sentono risuonare nei film sulle arti marziali.
Aveva un ritmo quasi ipnotico e, senza riuscire a comprendere il perché, Metal Bat ne fu stranamente attratto; si mise quasi subito a seguire quel suono, permettendogli di guidarlo verso il luogo da cui proveniva, quasi fosse il canto di una sirena che irretisce la sua vittima e la trascina verso baratri oscuri.
 

Giunse presto in una piccola piazzetta dove, davanti ad una moltitudine di spettatori, giovani ragazzi di tutte le età svolgevano complicate acrobazie di arti marziali a ritmo di un Taiko che rimbombava i suoi cupi suoni da un piccolo palco rialzato; un vecchietto dall’aria affabile e familiare (Metal Bat era convinto di averlo visto durante una delle tante riunioni dei Classe S, ma poteva sbagliarsi… quella della buona memoria non era mai stata una sua dote naturale) si aggirava tra quelli che dovevano essere i suoi allievi, correggendone le movenze quando serviva.
 

Un ragazzo gli porse un volantino, che Metal Bat guardò distrattamente (Dojo del “Colpo dell'Acqua che Frantuma la Roccia”, venite a fare una prova), molto più interessato al cupo suono del tamburo che riecheggiava dal piccolo palco, verso il quale teneva fisso lo sguardo nel tentativo di delineare i contorni del suonatore… cosa che gli risultò praticamente impossibile, dato che si trovava in controluce (se per effetto scenico o per caso, non riusciva a capirlo).


Così preso dalle sue osservazioni, non si accorse di essersi fermato praticamente davanti agli altoparlanti e sobbalzò quando uno di quei fottuti cosi iniziò all’improvviso ad amplificare la voce gracchiante di un goffo presentatore.
“Ed ora il gran finale: per mostrarvi le potenzialità del nostro Dojo” aveva detto in ragazzo con un filo di imbarazzo “Vi presenteremo la sfida fra il migliore allievo della nostra scuola di arti marziali ed il famoso eroe di classe A Snake… cioè, volevo dire Sneck, che si è gentilmente offerto di concederci il suo tempo”.
 

La folla aveva sussultato quando l’eroe vestito elegante (in modo del tutto inconsono per un combattimento) si era posizionato in mezzo alla piazza, attendendo con impazienza il suo sfidante: “Ma quello è un eroe di Classe A, come può sperare di batterlo? Quel ragazzo è un folle!” sentì distintamente dire da qualcuno.
A Metal Bat non poteva interessare di meno della sfida, i suoi occhi erano ancora fissi sul palco a cercare di scorgere la figura che ora aveva smesso di suonare: non dovette attendere molto, in realtà, perché essa prese la rincorsa e saltò elegantemente giù dal palco, mostrandosi finalmente agli occhi di tutti.
 

A Metal Bat mancò l’aria per qualche secondo: davanti a lui ora si era palesato un giovane ragazzo, che doveva avere più o meno la sua età, ed ora si stava mettendo in posa da combattimento, pronto per affrontare la sfida.
Era rigorosamente a petto nudo (se ciò fosse dovuto alla calura delle torce, alla luce delle quali aveva dovuto suonare fino a quel momento, o come semplice omaggio alle giovani spettatrici -e a lui-, nessuno avrebbe potuto dirlo), mostrava un fisico che praticamente rasentava la perfezione: era muscoloso e tonico, ma in modo uniforme e per nulla eccessivo; quelli non erano i muscoli di qualche culturista tutto fumo e niente arrosto, ma sembravano essere stati levigati e preparati per vincere qualunque avversario, con forza e velocità.
I capelli, stranamente argentati per un ragazzo così giovane, sembravano quasi rilucere al chiarore del fuoco delle torce tradizionali che erano sistemate lì intorno.
 

Sentendosi probabilmente osservato con insistenza, il giovane artista marziale girò il suo sguardo verso di lui e, per qualche secondo, Metal Bat fu in grado di vedere i suoi occhi: due pozzi dorati, di un colore ed una profondità disarmante… sembravano quelli di un lupo che, eccitato per l’inizio di una nuova caccia, si preparava ad una notte di sangue nell’oscurità della foresta.
Il ragazzo staccò velocemente lo sguardo da quello di Metal Bat, preparandosi a lottare con uno strano ghigno divertito che gli attraversava il volto.
 

Lo scontro durò veramente poco, finì prima ancora di poter veramente cominciare: in un attimo il lupo aveva placcato la sua preda, riducendola all’impotenza e scaraventandola senza alcun riguardo ai piedi del palco, con la faccia contusa e l’espressione ancora scioccata di chi non ha nemmeno avuto il tempo di accorgersi di ciò che gli stava accadendo.
Dalla folla, che iniziò pian piano a scemare, si alzò un rumore frustrato e deluso: c’era qualcuno che avrebbe voluto vedere di più, c’erano molti che sostenevano che quell’incontro fosse stato solo una falsa, c’erano pochi che si rendevano effettivamente conto di trovarsi davanti ad un individuo straordinario… e poi c’era un singolo Metal Bat, che stava ancora immobile a fissare il ragazzo al centro della piazza, pensando a tutto e a niente.
 

Non sapeva per quanto tempo era rimasto fermo come un baccalà, le sue orecchie non avevano colto nemmeno il minimo fruscio, ma sta di fatto che, dopo aver passato interi minuti ad osservarlo, gli era bastato distogliere lo sguardo un attimo e sistemare una piega del suo yukata, per ritrovarselo davanti a meno di un metro di distanza, con le braccia incrociate ed un’espressione imperscrutabile sul volto.


Anche l’aria sembrò fermarsi per qualche istante intorno a loro, mentre la luce delle candele si divertiva a ornare il corpo del ragazzo con degli stranissimi effetti di luce ed ombra, che correvano sui suoi addominali e sul suo viso: tutto pareva immobile.
Ora che poteva osservarle più da vicino, quelle strane iridi dorate sembravano riflettere una sorta di sinistra inquietudine… come il presagio di qualcosa covato a lungo nelle loro profondità, che si stava pian piano preparando ad uscire allo scoperto.
Alcuni stolti avrebbero potuto definirlo un barlume di pazzia, ma non sarebbe stato corretto: non vi era traccia di ingiustizia o crudeltà in quegli occhi, solo una macabra risoluzione.


“Con quel coso addosso sei fottutamente ridicolo!” disse all’improvviso il ragazzo, mandando in pezzi quella strana atmosfera.
Nemmeno gli avesse dato uno schiaffo, il suono canzonatorio e brutalmente sincero di quella voce riportò Metal Bat alla realtà con una velocità disarmante; “Come scusa?” chiese subito, con la voce già irritata.
Il ragazzo ghigno: “Sembri uno spaventapasseri… sei sicuro di riuscire a camminare senza inciampare?”.
Metal Bat strinse più forte la presa sulla sua mazza: “Non sono qui per farmi prendere per il culo da un idiota qualunque”.
“Un idiota qualunque che ti piace osservare però: è da quando ero sul palco a battere il tamburo che mi guardi come un pervertito! Fammi una foto la prossima volta, ti dura di più!” replicò il ragazzo, che sembrava essere sempre più divertito dalla situazione.
 

Metal Bat arrossì di vergogna, colto in fallo; ciononostante, cercò di dissimulare la situazione agitando minacciosamente la mazza davanti agli occhi dello sconosciuto: “Vuoi litigare idiota? Guarda che ho tutta la notte!”.
“Per me va bene, non ho certo paura di un pivello come te!” replicò l’altro, mettendosi in posizione di combattimento.
 

Il cielo solo sa cosa sarebbe successo in quella piccola piazzetta se ad un certo punto una voce ferma e autoritaria non avesse tuonato un: “Garou, muoviti, dobbiamo andare” dalla testa dei ragazzi del Dojo.
“Arrivo!” disse il ragazzo, per poi rivolgersi a Metal Bat: “Questa volta ti è andata bene, ma sono certo che le nostre strade si incroceranno di nuovo e temo che allora non sarai così fortunato… eroe di Classe S, Metal Bat! Parola di… mostro”.
Rivolgendogli l’ultimo, inquietante sorriso, il ragazzo si girò ed iniziò a camminare, non degnandolo più di alcuna attenzione.
 

“Ehi aspetta! Ma che cazzo intendi con ‘parola di Most’…?” Metal Bat allungò il braccio, tentando di acciuffarlo e di richiamare la sua attenzione, quando il telefono dell’associazione eroi iniziò a squillare, non permettendogli nemmeno di finire la frase.
Il ragazzo rispose, scordandosi temporaneamente di tutto il resto: era ora di entrare in azione contro quei fottuti mostri, purtroppo la festa non poteva durare per sempre!
Eppure… prima di lasciare quel luogo di luminose bancarelle ed accantonare per molto tempo il ricordo di quella sottospecie di Lupo Affamato, un pensiero gli attraversò fugace la mente: -Allora il tuo nome è Garou, eh? Bene, bene, bene… è incredibilmente calzante-.

 


 

DOPO LA CACCIA -Atto secondo: qualche mese dopo-
 

Quando aveva sentito parlare per la prima volta del cacciatore di eroi, avrebbe dovuto intuire che si trattava di lui… già, la definizione di “Pazzo psicopatico che si definisce un mostro e caccia gli eroi dopo aver distrutto il Dojo del suo maestro” non avrebbe potuto calzare così a pennello a nessun altro essere umano sulla faccia della terra.
Il lupo aveva smesso di giocare al bravo allievo e si era scatenato con tutta la sua micidiale forza!
Forse era davvero pazzia quella che aveva intravisto sullo sfondo dei suoi occhi in quella tiepida notte d’estate.


Metal Bat era steso fra le lenzuola di quell'asettico lettino di ospedale e continuava a rimuginare sulla lotta furiosa del giorno prima, mentre la televisione sullo sfondo gracchiava le ultime notizie riguardanti millepiedi mastodontici, demoni Sadomaso e altre assurdità simili, diventate purtroppo all’ordine del giorno.

 

Lo scontro tra lui e Garou aveva smosso le fondamenta di un intero quartiere, distrutto strade, martoriato edifici… ed era finito con un ridicolissimo spareggio!
Un pareggio, già… perché Metal Bat mai si sarebbe permesso di pensare di aver perso contro quello che, a conti fatti, la sua mente continuava a classificare come un fottuto idiota; ne andava del suo orgoglio, che diamine!

Comunque, nemmeno il quasi colpo finale che stava per assestagli gli era stato sufficiente per sentirsi in qualche modo superiore a lui: non importava che, se esso fosse andato a segno, le sorti della lotta si sarebbero ribaltate (e lo sapevano benissimo entrambi), Metal Bat era consapevole che, se il ragazzo non si fosse mai distratto, non sarebbe stato in grado di colpirlo.


- Era troppo fottutamente veloce!- pensò fra sé, sbattendo il pugno sul materasso.


Una sberla, indolore ma decisa, lo raggiunse immediatamente sul gomito ancora sano, facendolo mugugnare: “Smettila di comportarti così fratellone Badd, o aggraverai solo le tue ferite! Il dottore ha detto che devi stare assolutamente immobile per almeno una settimana”.
Metal Bat guardò la sua sorellina Zenko, intenta a sbucciargli una mela ed a posizionare i piccoli spicchi su un piattino in un modo stranamente artistico, e le rivolse uno strano grugnito, che la ragazza interpretò come un assenso non troppo convinto.
“I dottori dicono anche che sia impossibile che io sia sopravvissuto con tutte quelle costole fratturate, le emorragie interne e le ossa di un braccio ed una gamba disintegrate… quegli idioti non sanno niente dello spirito combattivo, non sanno niente di me!” decise comunque di aggiungere Metal Bat: non intendeva perdere anche la discussione con sua sorella (non che ne avesse mai spuntata una, sia chiaro), sarebbero state troppe sconfitte per una singola settimana.
 

Zenko sbuffò esasperata, ma decise di non dire niente; i due rimasero in silenzio per un po’, dando il tempo alla ragazzina di porgere la mela al proprio fratello.
Il ragazzo iniziò a rimuginare mentre masticava, lasciandosi sfuggire, senza volerlo, un sussurrato: “La prossima volta non andrà così!” che però non passò inascoltato alle orecchie di Zenko.
“Cosa intendi dire?” gli chiese in tono serio; “Non avrai intenzione di cercarlo e di riprendere la vostra scaramuccia da cortile, spero bene!”.
Metal Bat la guardò esterrefatto, non credendo alle parole sua sorella: “Ma quale scaramuccia, io stavo combattendo per proteggere la città e per la mia vita contro quell’idiot- ehm… contro quel mostro fottuto!”.
 

Zenko lo guardò appena, alzando il sopracciglio e assumendo l’espressione seccata e spazientita di chi deve spiegare l’ovvio a qualcuno che è troppo ottuso per capirlo da solo: “Se il vostro era un combattimento tra la vita e la morte e non l’equivalente di una litigata fra marmocchi dell’asilo, mi spieghi come mai se n’è andato annoiato quando vi ho detto di smetterla (e vi siete persino ritagliati un momentino tutto vostro per mandarvi a quel paese)? Perché non ti ha ucciso?”.
 

Dire che Metal Bat fu preso in contropiede sarebbe stato un eufemismo: “Avrebbe potuto farlo da un momento all’altro!” le rispose, non così convinto. Zenko quasi scoppiò a ridere: “Smettila di dire cose a cui non credi nemmeno tu! Non ci avrebbe messo niente ad eliminarti una volta svenuto… invece ha deciso di salvarci entrambi!” gli disse con un sorriso enigmatico, fingendo che quella che aveva appena pronunciato fosse una quisquilia.
 

Metal Bat fu convinto di non aver capito bene, ma prima che potesse chiedere una qualunque forma di delucidazione, Zenko iniziò a raccontare: “Quando sei svenuto, ho sentito distintamente qualcosa dire ‘Uccidiamo l’eroe e rapiamo la bambina’; sono rimasta immediatamente paralizzata dalla paura, ma poi il tuo avversario è intervenuto e pochi istanti dopo un pezzo di melma è schizzato di fianco a noi due… non so cosa fosse quella cosa disgustosa, sta di fatto che lui ci ha protetti quando tu non eri in grado di farlo!”.

 

Passarono alcuni minuti prima che Metal Bat riuscisse a proferire qualunque cosa.
“Questo è… impossibile! Probabilmente avrai frainteso qualcosa!” cercò di dire.
La ragazza scosse energicamente la testa: “Invece è andata proprio così; non chiedermi perché lo abbia fatto, non sarei capace di risponderti, però i fatti sono questi”.
 

Metal Bat non ci stava capendo più niente: “Se quello che dici è vero, perché quel cretino ha deciso di sfidarmi? Tutto questo non ha fottutamente senso!”.
Per la prima volta durante l’arco della discussione, sua sorella lo guardò con fare quasi comprensivo e, mostrando (come era solita) un’arguzia incredibile per la sua età, gli disse: “Fino a due minuti fa ti sei lamentato del fatto che i dottori non sapessero niente di te, quindi non avevano il diritto di sparare sentenze sulla tua capacità di cavartela sempre in ogni situazione; questa è la stessa cosa: noi non sappiamo nulla di lui e delle sue motivazioni, quindi non possiamo giudicarlo… forse vuole solo dimostrare qualcosa a qualcuno”.
 

Zenko fissò Metal Bat negli occhi, ritornando risoluta e minacciandolo con uno spicchio di mela che puntava dritto verso di lui: “Badd, non penso che quello che lui stia facendo sia giusto, ma non credo nemmeno che sia una cattiva persona… se per caso lo incontrerai di nuovo, non iniziate a litigare, ma cercate piuttosto di chiarirvi! Chi lo sa, forse due spacconi come voi potrebbero persino diventare… amici?”.
Metal Bat non ebbe nemmeno il tempo di protestare indignato, dato che il dottore era entrato nella sua stanza per cambiargli la fasciatura e aveva chiesto a Zenko di lasciarli soli, dato che l’orario delle visite era terminato e ora ‘il paziente doveva riposare’.
La ragazza agitò la mano in segno di saluto “Ciao fratellone, ci vediamo domani mattina… pensa a quello che ti ho detto”.
 

Metal Bat non era sicuro di cosa dover provare in quel momento, ma, nonostante la confusione che aveva in testa, una cosa gli era fin troppo chiara: aveva perso clamorosamente anche in quella discussione… e le sconfitte nell’arco di quella lunga settimana erano già diventate fottutamente troppe!
 

LIVELLO DIO -Atto terzo: ultimo giorno della profezia-
 

Un terribile boato, molto simile ad un ruggito, giunse dal centro del campo di battaglia, facendo urlare di dolore i poveri timpani di Metal Bat, che però evitò di distogliere lo sguardo dai suoi avversari: c’erano decisamente troppi nemici intorno a lui per potersi distrarre a causa dei suoni che produceva quella creatura.
-Alla fine siamo giunti alla resa dei conti- pensò fra sé l’eroe, mandando al tappeto l’ennesimo scagnozzo; per quanto all’inizio avesse stentato a crederci, la profezia della vecchia veggente si era rivelata esatta e nel mondo si era riversata la peggior Calamità che la storia umana ricordasse: il primo essere misterioso di livello Dio.
 

Tutti gli eroi ora erano impegnati a proteggere il mondo in quel gigantesco campo di battaglia, a dare la vita contro gli scagnozzi di quell’essere, che sembravano moltiplicarsi in continuazione.

Per quanto riguardava la creatura, sembrava stesse combattendo con qualcuno in quel momento, ma nessuno era riuscito ad avvicinarsi al centro del campo di battaglia (senza essere disintegrato, quantomeno) per poter riportare qualche notizia.
Erano ore ormai che combatteva: il sangue continuava a fuoriuscire da numerose ferite, probabilmente buona parte delle sue ossa era contusa o rotta; se non fosse stato per il suo spirito combattivo, sarebbe morto già da parecchio tempo.
 

Metal Bat schivò un colpo saltando indietro, non accorgendosi però che, alle sue spalle, un gruppo di tirapiedi si stava preparando per sferrare un attacco a sorpresa: impegnato com’era a confrontarsi con il mostro davanti a lui, si accorse troppo tardi della trappola e uno degli esseri riuscì a strappargli di mano la mazza, scaraventandolo contro l’asfalto a pancia in giù.
Ben presto tutti gli scagnozzi gli furono addosso, bloccandolo a terra con enormi sforzi.
 

“Uno contro dieci non è un po’ da stronzi?” mugugnò il ragazzo, tentando invano di rialzarsi; un colpo più forte dei precedenti gli fece appannare la vista per qualche secondo, mentre il sangue cominciava ad uscire copioso da una ferita sulla sua testa.
-Ci siamo, questa è la mia fine- pensò per un attimo il ragazzo: nemmeno lo spirito combattivo sarebbe bastato per tenerlo in vita questa volta.
 

Non fece in tempo a concludere questo suo disfattistico pensiero, però: all’improvviso gli avversari che lo avevano circondato furono ridotti in pezzettini, o scagliati contro quello che rimaneva di un grattacielo a numerosi metri di distanza.
Metal Bat si rimise subito in piedi, ancora leggermente stordito, mugugnando un ‘grazie’ a denti stretti: ora l’imperativo era ritrovare la sua mazza e tornare a combattere.
 

“Tu che mi ringrazi? Vuoi davvero far finire il mondo?” replicò il buon samaritano, con un tono di voce inconfondibile.
Metal Bat si ghiacciò sul posto, non credendo alle proprie orecchie: non poteva essere, era semplicemente ridicolo!
Eppure, quando girò la testa, ecco che lo vide davanti a lui: fiero e spavaldo come quando lo aveva incontrato la prima volta, con le pupille che ancora riflettevano la pura determinazione del loro proprietario (anche se ora quell’ostinazione sembrava avere in sé qualcosa di diverso), c’era Garou.
 

In quel momento, la testa di Metal Bat mandò candidamente a quel paese la battaglia, la pericolosità della situazione in cui entrambi si trovavano ed il fatto che ci fosse una fottuta calamità di livello Dio a poche centinaia di metri da lui.
Solo una domanda ora riusciva ad intasargli la mente: “E TU COSA CAZZO CI FAI QUI?!?” gli chiese alla fine, completamente incredulo.
“Ti salvo il culo, a quanto pare” rispose l’altro, rivolgendogli un ghigno che fece agognare a Metal Bat di avere fra le mani la sua amata mazza per potergliela tirare dritta in faccia.
 

Metal Bat sentì il desiderio di dire mille ed una cosa in quel momento ma, a causa del fottuto orgoglio che proprio non voleva saperne di abbandonarlo mai, gli rispose solo: “Avevo tutta la situazione sotto controllo, non ho bisogno del tuo aiuto!”.
L’altro non si scompose minimamente: “A me era parso il contrario, ma forse è perché non ho una buona vista: pensa che ti avevo scambiato per una damigella in pericolo”.
...Ok, forse Metal Bat non aveva bisogno della sua mazza per spaccagli la faccia, forse avrebbe preferito prenderlo direttamente a pugni.

 

“A proposito, credo che questa sia tua” disse Garou, tirandogli la sua arma; Metal Bat non aveva notato che il ragazzo l’avesse raccolta e, in parte, gliene fu grato (solo in parte, però, non poteva certo ammettere a se stesso di essere in debito con quell’idiota).
“Non so quanto sia saggio armare qualcuno che potrebbe spaccare quel tuo brutto muso da un momento all’altro, sai?” gli rispose velenoso Metal Bat.

 

Il battibecco non poté continuare a lungo, dato che il ringhio furioso dei tirapiedi della creatura catturò la loro attenzione: un intero esercito di quei disgustosi esseri li aveva accerchiati ed ora stava venendo verso di loro.
Senza quasi rendersene conto, i due si misero schiena contro schiena, assumendo le rispettive pose da combattimento.
“Mi sorprende vederti da questa parte della barricata: tu non eri un mostro?” chiese Metal Bat, tenendo gli occhi fissi sugli esseri davanti a lui; lo domandò in modo insolitamente serio, per la prima volta senza traccia di spacconeria o irritazione nella sua voce: era semplicemente curioso (e anche stranamente grato della cosa).

Sentì il corpo dell’altro irrigidirsi leggermente contro la sua schiena e dovette attendere qualche secondo per avere una risposta: “Diciamo che qualcuno è riuscito a farmi ritornare sui miei passi… e ho ancora parecchie cicatrici per dimostrarlo; è riuscito a farmi capire cosa vuol dire essere un VERO eroe… è grazie a lui se ora sono qui”.
 

Quelle frasi suonavano così strane uscite dalla bocca di Garou, eppure ebbero il potere di calmare in qualche modo Metal Bat… ovviamente fu solo per un attimo, poi il ragazzo tornò nel proprio personaggio e, con il suo solito fare da sbruffone, gli disse: “Se davvero ti ha insegnato come essere un eroe, avrebbe dovuto spiegarti l’importanza che il tempismo ha in questo lavoro: sei arrivato FOTTUTAMENTE in ritardo”.
Metal Bat sentì Garou ridere, mentre i mostri erano sempre più vicini: “Io scendo in campo solo quando il gioco inizia a farsi interessante: ho lasciato che tu e la marmaglia vi occupaste dei pesci piccoli prima di entrare in azione, non avevo motivo di sprecare inutilmente le mie energie”.
 

“Come sei umile! Ti comporti così con tutti o lo fai solo per impressionarmi?” chiese Metal Bat, lasciandosi scappare un piccolo sorriso… molto simile a quello che era comparso sulle labbra di Garou.
Un istante dopo, entrambi si stavano scagliando contro i propri avversari, riprendendo la battaglia.

 

RISVEGLI -Atto quarto: poche ore dopo-

 

Garou sentiva le proprie palpebre estremamente pesanti; sapeva di doverle aprire, eppure una parte di lui non poteva fare a meno di bearsi della sensazione di tranquillità che quello strano sonno portava con sé: non sentiva più alcun dolore, né alcuna consistenza, era come galleggiare in un mare infinito e calmo.
Riusciva solo a sentire uno strano rumore meccanico, che continuava ritmico da quando riusciva a ricordare… a dire il vero, se ascoltava meglio, poteva percepire anche il suono di una voce in lontananza: non riusciva a capire bene a chi appartenesse, ma l’istinto gli suggeriva che il suo proprietario doveva essere una persona in qualche modo importante (e anche parecchio molesta, ma ora questo passava in secondo piano).
 

Gli dispiaceva doversi svegliare così presto, ma il desiderio di dare un volto a quel bisbiglio era veramente troppo forte, così, armandosi di determinazione e pazienza, costrinse il sue palpebre a sollevarsi, riprendendo pian piano il contatto con la realtà.
L’unica cosa che fu in grado di vedere inizialmente fu un accecante bianco che lo circondava; per un attimo la cosa lo spiazzò parecchio, quasi lo fece sentire in trappola, ma quando riuscì a mettere a fuoco la propria vista, capì che quel candore altro non era che l’asettica stanza del reparto intensivo di un ospedale: il ticchettio ritmico che aveva sentito era lo strumento mendico che controllava i battiti del suo cuore.

 

Per quanto riguardava la voce invece…
“Ben svegliato idiota, pensavo avresti dormito per tutto il giorno!”; Garou girò piano la testa, solo per ritrovarsi, nel lettino di fianco al suo, un tumefatto Metal Bat praticamente ingessato dalla testa ai piedi che lo guardava con scherno.
“Certo che svegliarsi con davanti il tuo brutto muso non è di certo il massimo” gli disse Garou; “Guarda come sei ridotto!”.
“Fossi in te farei poco il gradasso, dato che non stai messo molto meglio di me!” rispose Metal Bat, senza perdere la sua aria derisoria e già innervosita.
Garou fece scorrere gli occhi sul proprio corpo, costatando che quanto aveva detto l’altro ragazzo era vero: sia la gamba che il braccio sinistro erano completamente ingessati, portava il collare rigido e tutto il resto del suo corpo era fasciato.
 

Ora che ci faceva caso, doveva ammettere di non ricordarsi precisamente cosa fosse successo su quel dannatissimo campo di battaglia, né come fosse arrivato in quell’ospedale; quasi leggendogli nel pensiero, Metal Bat iniziò a raccontare: “Durante gli istanti finali della battaglia, dopo l’ultima gigantesca carica di mostri assassini, quella dannata creatura è stata disintegrata da un eroe: il colpo decisivo è stato talmente forte da creare un’onda d’urto pazzesca… che tu hai preso in pieno.
Con le ultime forze ho trascinato entrambi in ospedale… ed ora eccoci qui; è un miracolo che l’umanità sia ancora su questa terra!”.
 

“Che ne è stato dell’eroe che ha combattuto contro la creatura?” chiese Garou, già convinto di conoscere la sua identità.
“E’ diventato il numero 1 della Classe S, la gente lo chiama già One-Punch Man... Perché ti interessa saperlo?” domandò perplesso Metal Bat.
“Per caso quell’uomo era pelato?” chiese Garou, invece di rispondere alla sua domanda.
Gli occhi di Metal Bat si spalancarono per lo stupore: “E tu come cazzo fai a saperlo??”.
Garou alzò le spalle (o quantomeno ci provò, dato che una fitta di dolore lo attraversò nel momento esatto in cui tentò di farlo) e disse: “Ho tirato a indovinare” decretando così la fine di quella conversazione.
Metal Bat non parve per nulla soddisfatto dalla risposta, ma decise che in fondo non gli poteva importare di meno e lasciò correre.
 

I due rimasero in silenzio per qualche minuto, come se uno strano imbarazzo si fosse impadronito di loro: entrambi sapevano che presto sarebbero iniziate le conversazioni più scomode, che necessitavano di essere affrontate… ma che nessuno dei due aveva voglia di cominciare.
Garou sbuffò e, puntando gli occhi verso la finestra per evitare lo sguardo di Metal Bat, iniziò: “Grazie per avere trascinato il mio fondoschiena fino a qui”.
“Grazie per avermi aiutato contro quei mostri” replicò Metal Bat, anche lui molto interessato a fissare qualunque cosa che non fosse il viso di Garou.
“Immagino che ora siamo pari...”.
“No, non lo siamo… e tu lo sai benissimo” la voce di Metal Bat, se possibile, si fece ancora più seria.
 

Garou girò finalmente la testa verso di lui, fissandolo con perplessità.
“Non mi dirai che te ne sei dimenticato?” replicò Metal Bat,: “Durante il nostro… scontro, qualche mese fa, tu hai protetto me e mia sorella da un essere misterioso mentre ero svenuto; mi hai già salvato due volte”.
Garou lo guardò storto: “Ti stai sbagliando, non ho mai fatto nulla di simile!”.
“Mia sorella ti ha visto, io credo alle sue parole”.

 

Garou sbuffò sonoramente: “Ho colpito quel coso disgustoso solo perché mi stava osservando… non pensare che in me ci fosse un qualunque fine altruistico: non sono un eroe come te, non ho alcun interesse nel proteggere gli altri”.

 

“Non sarebbe il caso di smetterla con queste fottute idiozie, Garou?”; era la prima volta che Metal Bat pronunciava il suo nome e la cosa fece uno strano effetto ad entrambi.
“Che cosa intendi dire?” a Garou non piaceva per niente la piega che la conversazione stava prendendo.
“Intendo dire che nemmeno poche ore fa stavi combattendo per le sorti del mondo al fianco degli eroi che tanto sembri schifare, rischiando la tua vita… e che cazzate del calibro di ‘volevo testare la mia forza’ o ‘questo non ha importanza’ non reggerebbero, quindi evita di dirle”.
Ok, ora Garou stava iniziando davvero ad irritarsi: “Ah sì? Quindi sentiamo, caro il mio indovino, perché mai lo avrei fatto?”.
“Non ne ho davvero la più pallida idea, però sono sicuro di una cosa” Metal Bat si fece stranamente risoluto: “In questa battaglia molti eroi hanno perso la vita, ora il mondo avrà bisogno di nuove persone che lo proteggano; credo che all’associaz… no, alla gente farebbe comodo avere una persona come te dalla propria parte”.
 

Garou guardò Metal Bat con orrore e, facendo una smorfia schifata, gli rispose orripilato: “Ma che cazzo ti sei messo in testa?! Io, un eroe?! Mi sa che ti conviene chiamare i medici, è ovvio che tu abbia in corso una commozione cerebrale!”.
Metal Bat cercò di ignorare il commento sprezzante e disse calmo: “Sei molto più eroe di quanto pensi… molto più di un sacco di persone che fanno parte di questa associazione: so che non combatti per il prestigio o per avere una posizione, lo fai per i tuoi ideali, perché lo reputi giusto”.
 

La conversazione non stava mettendo Garou a proprio agio, lo faceva sentire in qualche modo vulnerabile, per cui decise che attaccare sarebbe stata la migliore delle soluzioni, quindi, con voce sarcastica disse: “Oh certo! Come mai non ci ho pensato prima? Domani andrò subito a fare richiesta per entrare nella vostra associazione: non vedo l’ora di spargere amore per il globo terrestre, lanciare fiorellini ai cattivi, abbracciarvi e tenervi tutti per mano. È questo che fate voialtri, giusto?”.
 

Anche con la testa completamente fasciata, si poteva vedere distintamente sulla fronte di Metal Bat una vena pulsare: “Se non ricordo male, hai detto che è stato un eroe a farti rinsavire… com’è stato farsi rifare il culo da qualcuno che secondo te lancia fiorellini ai cattivi tutto il dì, mio caro mostro umano?”.
Sentire qualcuno toccare quel nervo ancora scoperto fece perdere definitivamente a Garou la sua proverbiale già poca pazienza: “Vuoi essere menato per caso?” disse subito, alzando il braccio non rotto.
“Ho tutto il giorno, cretino!” persino Metal Bat cercò di mettersi più dritto.
 

I due avrebbe davvero travato un modo per alzarsi in piedi e riuscire a picchiarsi, se non fosse stato per un secco “Ora finitela, voi due!” che tuonò imperativo dall’ingresso della stanza: fiera come una soldatessa, la sorellina di Metal Bat li stava fulminando con lo sguardo.
“Ma Zenko, lui...” provò a dire Metal Bat, venendo immediatamente interrotto con un cenno della mano: “Non mi interessa! Sono felice che tu sia riuscito a chiarirti con il tuo amico qui presente, ma ora non è il caso che ricominciate e litigare… e tu” Zenko indicò un perplesso Garou “Dovresti rispondere meglio alle persone; la maestra ce lo dice sempre: non c’è niente di male se il lavoro di qualcuno non ti piace, ma non hai comunque il diritto di criticare il suo impegno”.
Garou era basito: tutto si sarebbe aspettato da quell’assurda giornata, tranne che ricevere una predica da una bambina delle elementari per il proprio comportamento inadeguato… eppure la cosa sembrò in qualche modo divertirlo: quella Zenko doveva avere coraggio da vendere, non era la prima volta che si metteva contro di lui per difendere suo fratello.
 

La ragazzina si sedette in mezzo ai loro letti e prese a sbucciare un arancio, parlando con il fratello del più e del meno senza mostrare un minimo di preoccupazione per le condizioni di Metal Bat, come se quel tipo di situazione fosse all’ordine del giorno.
-Che famiglia bizzarra- pensò per un attimo Garou, prima di vedere che Zenko stava porgendo anche a lui un qualche pezzo di arancia.
“Mangia!” quasi gli ordinò la ragazzina “A scuola ci hanno insegnato che le vitamine fanno bene”.
“Si può sapere perché ti preoccupi per me?” provò a dire Garou, non molto avvezzo a quel genere di trattamento.
Zenko alzò gli occhi al cielo e sbuffò, come se si aspettasse quel genere di risposta: “Perché tu sei uno zuccone proprio come il mio fratellone! Bisogna tenere d’occhio le persone come voi, per assicurarsi che non facciate niente di stupido o che vi prendiate cura di voi stessi!”.
Garou alzò il sopracciglio, ma non rispose.
 

Le ore passarono tutto sommato quiete; Garou venne a sapere molte cose sulla vita di Metal Bat ascoltando i discorsi fra i due: a quanto pare avevano un gatto di nome Tama, dedito alla distruzione della loro casa, vivevano da soli (chissà cosa era successo ai loro genitori)… e il vero nome di Metal Bat era Badd.
Dopo un po’, la ragazzina si alzò in piedi: “Ora devo andare: oggi ho lezione di pianoforte e l’insegnante di musica non è certo il genere di persona che rimandi le sue lezioni per bazzecole come la quasi fine del mondo… del resto, il mese prossimo abbiamo il recital di fine anno e non possiamo perdere tempo.
Passerò stasera per assicurarmi che vada tutto bene… voi due evitate di litigare mentre non sono qui”.
 

“Non posso promettertelo Zenko, è lui ad essere insopportabile” rispose Metal Bat, lanciando un occhiataccia al compagno di stanza, che ricambiò con la stessa intensità.
Contro ogni pronostico, la ragazzina sorrise, salutandoli con la mano e, quando stava per oltrepassare la porta, si girò e disse, con l’aria di chi ha capito tutto da un pezzo: “Smettila fratellone, ti ho già detto che provocare chi ti piace non è una buona strategia di corteggiamento! Avrai tutto il tempo di conquistarlo quando sarete usciti di qui, magari davanti ad un gelato”.
Mentre la ragazzina scappava via ridendo, Metal Bat rimase impietrito: non era successo davvero, giusto? Sua sorella NON POTEVA aver detto davvero una cosa del genere!

 

Dentro quella stanza per qualche istante calò un silenzio glaciale, finché una risata stranamente cristallina non uscì dalle labbra di Garou.
“Corteggiarmi eh? Avrei dovuto capirlo” disse il ragazzo, senza riuscire a smettere di ridere.
Metal Bat era diventato praticamente color bordeaux: “Sta zitto, fottuto idiota!”.
“Ora si spiega tutto… del resto è dalla sera del festival che hai iniziato a guardarmi come un pervertito!”.
“Garou, cazzo, giuro che se non chiudi immediatamente quella fottuta boccaccia scendo da questo schifo di letto e ti faccio pentire di esserti svegliato!” Metal Bat sentiva che sarebbe potuto esplodere da un momento all’altro.
“Mille insulti, eppure non smentisci, eh? Sei davvero un cretino!” Garou si stava divertendo come non mai.
 

L’intera situazione stava prendendo una piega veramente assurda… cazzo, tutti i loro incontri erano stati uno più folle dell’altro! Eppure Garou dovette ammettere che la cosa lo interessava parecchio… del resto, lui e Metal Bat erano davvero molto simili, non gli sarebbe dispiaciuto poi così tanto poterlo conoscere meglio.
Avrebbe potuto funzionare? Un ex mostro decisamente poco sano di mente e un gradasso totalmente scemo con evidenti manie di protagonismo... insieme?
Ma sì, del resto avevano appena contribuito a respingere l’apocalisse, potevano persino permettersela questa… distrazione.
 

Quindi, cercando di tornare a respirare in modo regolare dopo troppe ristate, Garou cercò si assumere la sua migliore espressione maliziosa e disse: “Facciamo così, visto che a conti fatti ti ho salvato il culo una volta di troppo e tu sei ancora in debito con me, dovrai trovare il modo di farti perdonare!”.
Metal Bat, ancora completamente rosso, chiese: “Cos’hai in mente?”.
“E’ quasi passato un anno da quando ho partecipato a quel festival, presto ci sarà di nuovo… per sdebitarti, voglio che mi ci porti; potrebbe venire anche la tua sorellina… ha un talento innato come sedatrice di risse. Che ne pensi… Badd?”.
 

Sentirsi chiamare in quel modo fece smuovere qualcosa sul fondo dello stomaco di Metal Bat, che però riuscì solo ad aggiungere: “Ti ci porterò solo ad una condizione: non ho alcuna intenzione di indossare quello schifoso yukata”.
“Ti prego, giurami che non lo farai!” rispose Garou.





 

-SPROLOQUIO DELL’AUTRICE-

Ringrazio chiunque abbia letto questa piccola One-Shot, spero vi abbia strappato un sorriso.

Lo so, quelli che non conoscevano questa ship ora avranno gli occhi sbarrati e un’espressione del tipo “WTF??” dipinta sul volto… eppure vi posso assicurare che questa coppia è parecchio gettonata nel fandom americano e conta numerose fanfiction (PaperFicWriters, le tue opere ispireranno generazioni… grazie, oh signora della Batarou <3)

Beh… era ora che la Batarou approdasse anche nel fandom italiano di One-Punch Man.

Ad essere onesti, questa storia è stata il regalo di compleanno per quell’anima pia di Madara666, con la quale scleriamo insieme periodicamente su OPM e su questa coppia dal lontano 2016 (ricordo ancora il momento esatto in cui abbiamo partorito questa coppia… povera coppietta seduta di fianco a noi al bar, l’abbiamo terrorizzata XD); è grazie a lei se l’ho pubblicata (NON VOLEVO FARLO!!), quindi se l’avete apprezzata, sapete chi ringraziare.

 

Ho in mente anche una sorta di sequel, dove verranno coinvolti anche un certo pelato, un tostapane, <3 Suiryu <3, un biondo spadaccino e un non-morto (che è anche il mio husbando)… solo che il tutto diventerà giusto UN FILINO più trash.

Vi piacerebbe leggerla? Sì? NO?

Se vi va, fatemelo sapere e/o ditemi cosa ne pensate del racconto.

Grazie a tutti.

GrammarNazi95

  
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