Fumetti/Cartoni americani > South Park
Segui la storia  |       
Autore: Wings_of_Mercurio    08/10/2018    0 recensioni
Stan sta tentando di rimettersi insieme dopo la rottura con Wendy.
Craig di combattere la sua solitudine.
Tweek di ricostruire la sua vita.
[Staig] [Creek] [Stendy]
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Craig, Kyle Broflovski, Stan Marsh, Tweek, Wendy Testaburger
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Finalmente, finalmente ce l'ho fatta! T_T Mi scuso tantissimo per il ritardo, ma tra vacanze ed esami, ce n'è voluto per ingranare di nuovo la marcia! 
Questo capitolo è molto fluff, e sono abbastanza soddisfatta, ma forse semplicemente perché non avevo particolari pretese xD Spero che piaccia anche a voi! Fatemi sapere cosa ne pensate!
Voglio ricordarvi che dopo questo ci sarà un altro capitolo e poi l'epilogo. In realtà ero indecisa se inserire anche un altro capitolo, ma forse lo inserirò come special alla fine, dato che non è proprio indispensabile per il finale. Detto ciò, vi lascio alla lettura!

38. 00:08


Era una piacevole giornata. Ormai erano trascorse quasi tre settimane dal suo compleanno, e da allora Stan non aveva passato neanche un giorno senza provare ad entrare di nuovo in confidenza con la sua chitarra. Lo considerava un ottimo modo per ammazzare il tempo, quando era da solo, soprattutto quando non c'erano i suoi amici, le sedute o gli allenamenti a tenergli la testa occupata. Aveva provato ad imparare a suonare delle canzoni allegre, per non deprimersi, ma non ce n'era stato verso. D’altronde non è che ne conoscesse molte, di canzoni allegre, dal momento che Stan era ormai comprovato essere un depresso cronico, e i suoi gusti non erano neanche maturati da quando aveva smesso di uscire con i ragazzi goth. Nel suo repertorio, quindi, c'erano solo canzoni sconfinatamente tristi o lamentosamente rabbiose. Ed era venuto a patti con la cosa.
Così, per cercare di sfuggire alla noia, era sceso di casa molto tempo prima rispetto all'orario che aveva concordato con Kyle e gli altri, volendone approfittare per suonare un po' all'aria aperta. Cartman aveva avuto l'idea di organizzare una partita al campetto di basket del parco, il che suonava davvero strano, dato che a suo dire dovesse essere una specie di occasione per celebrare l'essere ancora vivo di Clyde. Gentile, da parte sua, se non fosse che avevano già abbondantemente festeggiato il ritorno a scuola del ragazzo da Skeeter e che il grassone si fosse premurato di non invitare Tweek e Craig al campetto. Quindi, probabilmente, il suo doveva essere solo un tentativo di discriminazione nei confronti degli ormai meno popolari del gruppo, ma a tutti era piaciuta comunque l'idea e quindi avevano tutti accettato volentieri.
Stan era abbastanza sicuro che Clyde avesse comunque invitato Craig e Tweek, ma, in ogni caso, i due si stavano tenendo a distanza dagli altri, fin troppo circospetti per rendersi conto che di loro e della colpa di Tweek non fregava niente a nessuno, se non ad Eric. Tutti però, a quanto pareva, avevano tacitamente deciso di dare loro spazio, non esercitando sui due nessuna pressione, lasciando loro i propri tempi. Quindi nessuno aveva insistito con loro perché andassero.
Stan si aggiustò meglio addosso la tracolla della custodia della sua chitarra, sistemandola sotto al ciondolo che gli aveva regalato Wendy. Lo aveva indossato con un certo orgoglio, soprattutto quando scorgeva Gregory nei corridoi. E Wendy era felice che lui lo portasse, poteva dirlo dall’espressione soddisfatta che le contrassegnava il viso ogni volta che il suo sguardo si posava su di lui. Stan sapeva che fosse stupido essere contento di questo, ma al momento voleva godersi la sensazione gratificante di essere nei pensieri di lei prima che la scomoda realtà che comunque non sarebbe cambiato niente gli precipitasse addosso. Non era neanche stato capace di portare avanti una farsa con Red, nonostante inizialmente avesse pensato che potesse rivelarsi una buona strategia per cavare fuori una reazione da Wendy. Ma era stupido, inutile, e a Stan proprio non piaceva giocare intenzionalmente coi sentimenti delle persone; si sentiva assalire dal mal di stomaco al solo pensiero. Sempre che Red effettivamente pensasse di lui quello che Kenny credeva, perché su questo non c'erano prove certe e Stan non si era neanche premurato di scoprirlo.
Quando giunse al parco, cercò di individuare una panchina libera; un'impresa, dati i bambini che disturbavano la sua visuale rincorrendosi e sghignazzando.
Intercettò la figura di Butters seduta giù in fondo, e si sorprese di trovarlo già lì, anche se non gli dispiacque affatto, a dire il vero, dal momento che, ultimamente, stavano interagendo davvero poco fra di loro. Stan si rendeva conto che con Butters aveva davvero poco in comune, e l'ingenuità del ragazzo a volte lo lasciava davvero basito. Insomma, non erano sulla stessa lunghezza d'onda; eppure, era ben consapevole che Butters non fosse stupido, e che, anzi, spesso e volentieri, quando avevano parlato, avevano affrontato insieme degli argomenti anche più profondi di quelli che magari toccava con Kyle, o con Kenny. Butters sembrava essere più maturo rispetto a tutti loro, forse perché più sensibile, e Stan era, in un certo qual modo, intimorito da ciò. Ecco perché alla fine non erano così stretti, loro due, nonostante Stan lo considerasse per proprietà transitiva uno dei suoi migliori amici. Fece per chiamare forte il suo nome quando si accorse che il ragazzo aveva la testa bassa, intento a guardare qualcosa sulle sue ginocchia. Fece un altro passo verso di lui prima che lo vedesse sollevare una mano per asciugarsi una guancia. Stava piangendo.
Che cazzo? Butters era sempre stato troppo sensibile, e non era la prima volta che lo vedeva piangere. Solo che era strano, trovarlo lì, da solo, in mezzo al parco, a piangere su quella che sembrava una fotografia.
Stan si avvicinò deciso.
<< Ehi Butters, che succede? >> chiese preoccupato, sedendosi accanto a lui.
Butters tirò su col naso, guardandolo.
<< Ehi Stan >> lo accolse, rivolgendogli un debole sorriso. Aveva il volto e gli occhi arrossati e le ciglia bionde umide.
Stan lanciò un'occhiata alla foto, e si accorse che fosse di una ragazza. La riconobbe. Era stata per un po' nella loro scuola, poi era ritornata nel suo paese, in Canada. Gli sovvenne che era stata la ragazza di Butters, seppure tra di loro era durata poco, dal momento che lei si era trasferita.
<< Amico, perché piangi? >> domandò, a disagio.
<< Oh. Io e Charlotte ci siamo lasciati >> lo informò Butters, un sorriso triste in volto.
Oh.
<< Non sapevo che stessi continuando a sentirla >> diede voce ai suoi pensieri. In quel momento, si sentì davvero un pessimo amico, ma davvero era sicuro di non averla mai sentita nominare, da Butters. Quanto tempo era che lei se ne era andata? Due, tre anni?
<< Be’, sì, videochattavamo ogni sera >> spiegò l'altro, continuando a guardare il volto pulito e sorridente di Charlotte, dalla foto << Però, ecco, è difficile mantenere una relazione a distanza. E alla fine lei ha deciso di finirla >> la sua voce era sottile come al solito, né arrabbiata né sconsolata, solo rassegnata e appena triste. Sospirò.
<< Mi dispiace tantissimo >> disse Stan, e non sapendo cos'altro dire, gli appoggiò lievemente la mano sulla spalla << Fa schifo, lo so >>
Butters si sforzò di ridacchiare << Già. Chi meglio di te, può dirlo? >> sorrise.
<< Non ti fa sentire come se avessi voglia di dare fuoco al mondo? Stare lì e veder bruciare tutto. Così che nessuno possa più ignorarti, o essere felice senza di te? >>
Si sorprese nel momento stesso che finì di parlare. Non sapeva neanche di sentirsi così, o di essersi sentito così, e adesso che vi dava voce si rendeva conto di quanto quel sentimento fosse maledettamente vero, per lui. Infantile. Se ne vergognava.
<< Insomma… quello e… volerti nascondere da tutto e da tutti, restare a deprimerti tutto il giorno… >>
Era come se avesse cercato qualcuno che potesse capirlo per tutto quel tempo, e adesso che Butters era nella sua stessa situazione, Stan voleva parlarne. Confrontarsi. O solo tentare di far sentire l’altro meno solo, comunicandogli che lui lo capiva.
Butters invece scosse la testa << No… è… questo è stupido >> disse.
Stan si sentì pizzicare nell’orgoglio. Sapeva che fosse stupido. Ma si sentiva anche legittimato, nel suo vittimismo, ad essere stupido.
<< Cioè, voglio dire… >> continuò Butters, passandosi un pugno sugli occhi, per scacciare via la sensazione umida << …è vero, fa veramente schifo, però fa parte della vita. Esistono le cose brutte come esistono le cose belle. Uno può essere triste per un po’, ma poi passa, e puoi essere di nuovo felice >> sorrise, con quel sorriso tenero che gli apparteneva.
Era davvero una visione ingenua, per Stan, eppure era così semplice da suonare quasi naturale.
<< Questo in linea teorica, ma non è che uno può controllare il dolore >> rispose, rabbuiato.
<< Però uno può decidere se fissarsi su una cosa o meno. Cosa ci resta, se non la possibilità di decidere per noi stessi? >>
Stan fu colpito. Restò per un attimo a riflettere su quelle parole e lasciò lo sguardo vagare sul parchetto.
<< Secondo me bisogna mettere dei paletti >> continuò Butters << Dire: “io da qui ci metto una pietra sopra, e ricomincio da capo” >> fece anche un gesto buffo con la mano come se effettivamente stesse mettendo una pietra sopra a qualcosa << Perché se non chiudi una porta non puoi mai aprirne altre. Devi avere tu il coraggio di lasciare andare. Io oggi sto piangendo, ma ho già deciso che da domani non lo farò più >> sorrise speranzoso guardando il cielo << Sarà una nuova vita, e potrebbe capitarmi qualcosa di bello >>
Era più o meno ciò che gli aveva detto sua madre, pensò Stan. Ma la parte di poter essere artefice del proprio destino gli era risultata più chiara, stavolta, e gli rimase impressa.
<< È la tua chitarra, quella? >>
Stan fu come risvegliato dalla trance, ed annuì, sistemandosi meglio la custodia sulle ginocchia.
<< Hai già imparato qualche canzone? >> chiese Butters, pieno di interesse.
<< Hmm, sì, qualcuna >> ammise, imbarazzato.
<< Posso sentire? >>
Stan annuì, poi tirò fuori la chitarra, e si mise a suonare l’unica canzone che aveva imparato, e che gli ricordava così tanto di Wendy, e di Craig.
Quando la luna colpisce la tua pelle, posso vedere te e lui, non tu ed io, diceva la canzone. Aveva ancora un sapore amaro, ma questa volta, mentre la suonava, riuscì a cogliere una dolcezza di sottofondo.
Butters non parve far caso a quanto quella canzone si addicesse alla situazione di Stan, oppure non lo puntualizzò, e disse soltanto che la trovava bella.
E Stan seppe che era arrivato il momento che anche lui fosse padrone della propria sorte.
 
 
Il freddo iniziava a farsi sentire, a South Park. Occasionali nevicate lasciavano i vialetti imbiancati senza che la neve riuscisse mai a sciogliersi. A Tweek la neve non piaceva molto, soprattutto quando si accumulava ai piedi delle strade e non nevicava per un paio di giorni e quindi iniziava a diventare nera per lo sporco degli stivali delle persone. Era davvero disgustoso, e imbruttiva il paesaggio. Però l’aria fresca era rinvigorente, specialmente se la giornata era limpida e il Sole riusciva a riscaldare un po’ la pelle.
Quell’anno, la neve lo lasciò meno scontento, dato che dentro di lui stava crescendo un altro tipo di calore.
Lui e Craig erano stati al Monet per un appuntamento, e adesso stavano camminando per strada tutti imbacuccati nei loro indumenti, diretti a casa sua.
Nuvole di condensa fuoriuscivano dalla bocca di Craig ogni volta che respirava, le mani infilate nel giubbotto e l’espressione infastidita per il freddo. Tweek lo osservò di sottecchi, sentendo un sentimento caldo affiorare nel suo petto. Si sentiva fortunato, nonostante tutto, di poter camminare al fianco di Craig quel giorno, e il giorno prima, e il giorno dopo, o qualsiasi altro giorno. La loro relazione era ricominciata piano, da zero, ma non era passato un giorno da quando si erano riappacificati senza che si fossero visti. E questa era solo la seconda volta che Tweek lo invitava a casa sua, perché fino a poco prima aveva avuto paura di fare il cosiddetto passo più lungo della gamba; solo che adesso era tranquillo: ormai loro due erano scivolati in una routine confortevole, senza più scudi o remore nel toccarsi, o nel mostrarsi affetto, così come era successo nei primi giorni, quando ancora c’era il disagio dell’intera situazione.
Entrarono nel Tweek Bros. quasi benedicendo il caldo del locale.
<< Bentornati a casa, ragazzi >> li accolse sua madre, al che Tweek rispose solo emettendo un suono simile ad uno starnazzo. Craig invece, fece un cenno con la testa alla signora Tweak, poi seguì Tweek su per le scale fino al suo appartamento.
Il soggiorno era silenzioso, come sempre, ma i riscaldamenti accesi rendevano il tutto più accogliente. Appena raggiunsero le scale per salire al piano superiore, dov’era la camera di Tweek, Craig si affrettò nel passo per sporgere la mano verso quella dell’altro, dinanzi a lui, e stringergliela. Le dita nude ed infreddolite di Craig si allacciarono a quelle coperte dai guanti di Tweek, perché, nonostante Craig gli avesse regalato un paio di guanti quasi un mese addietro, Tweek continuava a dimenticarli, e quindi lui finiva sempre per cedergli i guanti che indossava. Tweek gli strinse le dita, in un gesto intimo e affettuoso, e il sollievo che Craig sentì fu immediato.
Entrati in camera, si tolsero le sciarpe e i cappotti.
<< A-accidenti, che freddo >> commentò Tweek, stringendosi per un attimo con le braccia, prima di doversi parare la bocca per colpa di uno starnuto.
<< Ehi, piccolo, tutto bene? >> domandò Craig, avvicinandosi e prendendogli il viso fra le mani, che ovviamente erano gelate, e Tweek sapeva che lo aveva fatto apposta, come forma di ripicca, anche se ciò non toglieva nulla al tono vellutato e affettuoso della sua voce.
<< Ngh! Sì, anche se credo che sto per beccarmi un raffreddore >> lo avvisò; al che, Craig gli passò un braccio intorno alle spalle e lo strinse contro di sé, cercando al contempo di riscaldargli una spalla con la mano.
<< Allora sarà meglio per me starti lontano >>
Tweek si voltò verso di lui, giusto in tempo per scorgergli in volto un sorriso machiavellico. Così vicini, i suoi occhi erano all’altezza delle labbra di Craig.
Tweek sorrise sornione << Se ci riesci… >> lo tediò, con voce sensuale.
Il sorriso di Craig si allargò, e così quello di Tweek, di conseguenza, e si incontrarono a metà strada per un bacio pieno e umido.
<< C-cosa ti va di fare? >> chiese Tweek. Per lui era sempre stato un problema avere persone a casa sua, perché andava in ansia a pensare che si sarebbero annoiate, che non riuscisse a far fare loro niente che considerassero divertente. Invece con Craig non era mai successo. Craig lo calmava, e, soprattutto, Tweek sapeva che tutto ciò che l’altro voleva era stare con lui, solo questo. Poco importava a fare cosa.
Craig scrollò le spalle, laconico come al solito.
<< Vogliamo vedere un film? >> propose Tweek. Neanche lui ne aveva una gran voglia, ma quando erano da Craig, ogni volta che vedevano un film, si accoccolavano sul letto abbracciati. E fuori faceva freddo, quindi era ciò che Tweek voleva fare, e poco importava che fosse stupido avere il pretesto del film.
Craig annuì, accondiscendente << Hai ancora Interstellar? >>
Questa volta fu il turno di Tweek di annuire. L’unica altra volta che Craig era stato da lui, aveva portato il blu-ray del film perché lo guardassero insieme. Craig era un grande appassionato di fantascienza e di spazio e voleva che Tweek si appassionasse anche lui, così ne aveva fatto la sua missione. Però quel giorno avevano finito per parlare dei loro problemi e Craig aveva dimenticato il film a casa sua, ed ora probabilmente stava solo smaniando per riaverlo indietro.
Una volta messo il disco nel lettore, si sistemarono sul letto, stesi su un lato, con la schiena di Tweek contro il petto di Craig, che aveva un braccio sotto il suo collo e l’altra avvolto su di lui. Craig era caldo. Era caldo e Tweek si trovava perfettamente a suo agio fra le sue braccia. Non gli interessava del film, almeno non quanto della sensazione di calore che avvertiva alle sue spalle, perché avrebbe potuto anche morirci senza problemi.
Nonostante tutto, però, non riusciva a fare a meno di sentirsi in colpa. Da quando stavano insieme, Craig si era allontanato dagli altri, preferendo sempre la sua compagnia. Tweek gli era grato del fatto che volesse farlo sentire considerato, ma lui non voleva allontanarsi dagli altri e non voleva che lo facesse neanche Craig. Anche se avrebbe voluto dire avere a che fare con Stan, o con Token, o peggio ancora, con Cartman. Tweek si era posto in maniera difensiva nei confronti di tutti e tre, all’inizio, ma adesso stava considerando di abbassare la guardia, di aprirsi di più, per il suo bene e per quello di Craig. Era felice che almeno fra Craig e Token sembrava essersi stabilito un tacito accordo. I due non avevano parlato, ma Token aveva dimostrato di non essere intenzionato a tenergli il muso fin tanto che a Clyde andava bene la situazione. Così, piano piano, i due stavano ricominciando ad interagire normalmente. Questo, però, non aveva evitato che Tweek si sentisse a disagio in presenza di Token, anche se, a parte il fatto di aver quasi ucciso Clyde, Token sembrava non avere nulla di personale contro di lui, né lo aveva mai disprezzato né guardato male in alcun modo. Tweek sospettava che fosse troppo educato e di alto lignaggio, per fare questo.
Il suo treno di pensieri fu interrotto dalla mano di Craig che si intrecciò alla sua, davanti al suo petto. L’altro si sporse per baciargli piano una tempia, poi ancora la fronte, poi la guancia, andando su e giù con una serie di bacini caldi e teneri. Tweek chiuse gli occhi, e strinse la mano di Craig. Sorrise contento, pensando che questa avrebbe potuto diventare la sua cosa preferita.
E lo disse, anche.
<< Mi piace… >> affermò, flebile.
Sentì le labbra di Craig incurvarsi in un sorriso contro la sua tempia << Cosa? I baci? >>
Tweek annuì, non aprendo gli occhi.
<< Bene, perché ne ho un bel po’ >>
Tweek ridacchiò, mentre l’altro riprendeva a baciarlo. Poi Craig lo tirò indietro, portandolo a distendersi di schiena e a voltare il viso verso di lui.
<< Dio, sei bello quando ridi >>
Tweek si sentì arrossire, ma fissò i suoi occhi chiari in quelli adoranti dell’altro, e sorrise, sardonico << Be’, allora è un peccato che tu non sia poi così divertente >>
Craig, in tutta risposta, gli diede un pizzico su un fianco.
<< Ahia! >> si lamentò Tweek, ridendo allo sguardo ammonitore di Craig, che però non lo fermò dal continuare: << Forse avrei dovuto mettermi con Jimmy >>
Craig gli diede un altro pizzico, questa volta più forte, tanto da farlo sussultare, e Tweek non poté fare a meno di ridere di più, davanti al volto imbronciato dell’altro.
<< Non voglio che te ne vai >> disse d’improvviso Craig, con un tono serio estraneo alla situazione.
Tweek gli rivolse un sorriso triste << I -ngh! – n-non ci posso fare niente. La mamma di Cartman è andata a lamentarsi dal preside >>
<< È una puttana. E lui un ciccione di merda >>
<< Ma – gàh!- s-sarò solo ad una classe di distanza >>
<< Già, con quel coglione di Kevin e quel megalomane di Gregory. Sai che sfiga >>
Tweek ridacchiò. Dover cambiare classe e farsi altri amici gli metteva ansia, ma non voleva che Craig si preoccupasse per lui.
<< Sopravvivrò >> gli sorrise, e Craig non poté fare altro che sorridergli di rimando, mentre si abbandonava di nuovo sul cuscino << E… e poi ti vedrò ogni giorno a mensa e dopo scuola >> aggiunse rassicurante.
Craig gli prese una mano nella sua e la baciò << E nei bagni… >> aggiunse malizioso.
Tweek ruotò gli occhi, sorridendo << E nei bagni >> confermò. Dopodiché si avvicinarono per condividere un bacio più intimo.
Ci misero un bel po’ a dividersi, poi rimasero accoccolati in silenzio per un po’, ognuno perso nei propri pensieri.
<< Sai, Craig… >> esordì improvvisamente Tweek << Non… non ero sicuro di poter ri-ricominciare, due settimane fa… >>
Craig rimase chiuso in un silenzio carico di mortificazione.
<< …ma-ma adesso penso che non potrei stare lontano da te neanche se volessi… i-insomma, più stiamo insieme e più viene naturale… >> arrossì.
Craig parve pensarci su, poi disse: << “Bisogna essere molto pazienti” >>
<< Eh? >>
<< “In principio tu ti sederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino…” >>
Tweek sorrise confuso << Questo è il Piccolo Principe? >>
Craig annuì, col sorriso in volto, guardando il soffitto << Quando penso a noi, mi viene sempre in mente questa frase. È vero, abbiamo parlato, ma le parole non bastano, e io continuo a sperare che questi giorni ci avvicinino… anche se lentamente, non importa… >>
<< Craig… >>
<< Cioè, voglio dire, tu assomigli un sacco al Piccolo Principe, per questo mi è venuto in mente, tu sei il mio principe… >> si voltò verso di lui, imbarazzato dalle stesse parole che aveva rivelato per mascherare l’imbarazzo.
Tweek si schiarì la gola, divertito e imbarazzato anche lui << Craig, quello che volevo dire è… >> prese un lungo respiro << …che ti amo >>
Craig si sollevò appena con la testa dal cuscino e lo guardò con occhi sbarrati, increduli.
Tweek annuì << Ti amo >> confermò, temendo che non lo avesse sentito.
Craig rimase con la stessa espressione sulla faccia per un bel po’, solo che adesso era completamente seduto in mezzo al letto. Tweek si alzò a sedere anche lui, e gli sorrise, tenero. Allora gli occhi di Craig si addolcirono e un sorriso contento nacque sulle sue labbra.
<< Anch’io. Ti amo >> disse, e le sue parole uscirono in un sussurro, lente, come se lui stesso volesse assaporarle sulle labbra, mentre portava una mano sulla guancia di Tweek.
Craig non gliel’aveva più detto, da quella volta fuori scuola, da quando per la prima volta aveva confessato i suoi sentimenti. Forse per imbarazzo, o forse per non farlo sentire pressato, e adesso era anche più bello sentirselo dire, perché era reciproco, perché non c’era più rabbia, o colpa, ma solo affetto. Poi Craig si avvicinò per baciarlo, teneramente, stringendogli una mano, e Tweek gli accarezzò il viso, i capelli e il collo in un gesto d’affetto. Era bellissimo, ed era un miracolo che potesse sentirsi così felice nonostante le medicine che stava prendendo.
Craig era il suo miracolo, e Tweek avrebbe lottato con le unghie e con i denti per tenerselo stretto, decise.




La canzone che canta Stan, è Spotlight di Lil Peep. Vi consiglio di ascoltarla. Avrei voluto inserire più frasi, ma poi sarebbe risultato noioso alla lettura, quindi ho evitato.
Adesso, chi è pronto per un po' di Stendy? Perché ve lo beccherete tutto nel prossimo capitolo. "Parola di scout". 
A presto! ^^

 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > South Park / Vai alla pagina dell'autore: Wings_of_Mercurio