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Autore: Stephanie86    09/10/2018    0 recensioni
[Ruby/Dorothy & Nova/Grumpy - Storia appartenente alla serie "Lost and Found]
La fata Nova è tornata a Storybrooke, ma qualcosa in lei è cambiato per sempre.
Dorothy e Ruby lottano contro la Strega dell'Est. E dovranno combattere anche un'altra battaglia.
Che cosa è successo davvero a Nova e in che modo la sua storia è legata a quella di Cappuccetto Rosso e della Paladina di Oz?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Altri, Astrid/Nova, Dorothy Gale, Leroy/Brontolo, Ruby/Cappuccetto Rosso
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost and Found'
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Foresta Incantata.

 

 
Nova consegnò la polvere a Dorothy. – Dovete andarvene. Userò la magia per mandarvi il più lontano possibile da qui. Mi spiace, non sono capace di aprire un portale. Non l’ho imparato.

E non lo imparerò mai.

- Questa polvere... non l’hai avuta dalla tua regina, vero? L’hai rubata. – disse la paladina di Oz.

- Titania ha concesso la polvere.

Dorothy non si faceva menare per il naso tanto facilmente. – Dato che sei una fata e non puoi mentire, sarà anche vero, ma scommetto che non è tutta la verità.

- La regina... ha dei precedenti con i licantropi. – si affrettò a dire. - Non importa. È una storia molto lunga. Questa polvere basterà non solo per salvare Ruby, ma anche... contro la Strega dell’Est. Se qualcun altro rimarrà ferito, potrete salvarlo.

- Come faccio a sapere che questa regina non ci seguirà?

- Non lo farà.

Punirà me. Sono io che ho disobbedito e ho rubato tutta quella polvere.

Ruby si mise a sedere a fatica. Rabbrividì, febbricitante. – Non devi pagare per colpa mia.

- Non è colpa tua. – disse Nova. Estrasse la bacchetta. – So quello che sto facendo.

Agitò la bacchetta. Il vento si levò, fischiando brevemente attraverso gli alberi e inducendola a guardarsi intorno, inquieta. Rimase un momento a contemplare il licantropo che Titania tanto disprezzava, ipnotizzata.

Poi distolse lo sguardo con un’esclamazione soffocata, come chi, caduto in trance, ritorni in sé.

 

***

 

Storybrooke.

 

- Non c’è niente che io possa fare. – sentenziò Turchina.

Trilli aveva parlato per almeno dieci minuti. Solo lei. Flora e Fauna non si erano azzardate ad aprire bocca. Non avevano avuto il tempo di far uscire Leroy, quindi Flora l’aveva trasformato in un bonsai nonostante le innumerevoli proteste del nano e aveva posizionato la piantina sul davanzale. Turchina era entrata per controllare come stesse Nova. Trilli le era corsa dietro quando aveva lasciato la stanza.

- Ma io ho riavuto le ali. – replicò Trilli.

- Tu hai riavuto le ali perché te lo sei meritato. – Turchina si rivolgeva a lei come se fosse stata troppo dura di comprendonio.

- Ma Nova non ha fatto nulla di male. Ha salvato una vita!

Fauna strisciò i piedi sul pavimento, a disagio.

- La regina era stata chiara. Lei non solo ha disobbedito, ma ha anche rubato altra polvere. Non aveva il permesso.

- Non voleva separare Ruby e Dorothy. Oz ha bisogno della sua eroina. – Trilli non riusciva a non capire dove fosse il problema in quello che stava dicendo. Non si era studiata bene che cosa dire, le sembrava tutto molto chiaro.

Turchina sospirò. – Non sto negando che le sue intenzioni fossero nobili... ma la regina le aveva detto esattamente che cosa fare. Rubare e disobbedire ad un ordine della regina comporta delle conseguenze, Verdolina.

Trilli avrebbe voluto correggerla e chiederle di chiamarla per nome, ma decise di non badarci. – Ma voi potreste darle un’altra chance.

- L’ha già avuta.

- Una... terza chance?

Flora aprì la bocca per dire qualcosa, però l’occhiata di Turchina non le piacque affatto. Tacque.

- Anche se volessi, non potrei farlo comunque.

- Non credete abbastanza in lei.

- Non è soltanto questo. – Turchina si era palesemente stancata di discutere. – L’unica fata che può restituire le ali a Nova è la fata che gliele ha tolte. E non sono io.

 

 

***

 

Corte Seelie.

 

 
La sala del trono era deserta.

Deserta e silenziosa. Non c’erano nemmeno le guardie del re e della regina.

Nova sapeva di non essere sola, perché aveva visto le fate svolazzare per i corridoi quando era tornata, eppure adesso lo sembrava. La Corte Seelie pareva abbandonata. Non udiva più neanche lo sgocciolio dell’acqua lungo i muri di roccia.

Stringeva la bacchetta che aveva usato per spedire Ruby e Dorothy lontano, prima che a Titania venisse in mente di seguirle. Non credeva che l’avrebbe fatto, ma aveva dovuto comunque agire in fretta. Toto le aveva leccato la mano, come ringraziamento.

“Eppure mi sembra un buon prezzo, Nova. Vale davvero la pena perdere le ali quando si è giunti ad un accordo?”

Poi tutto intorno a lei cambiò. I muri di roccia, i troni con le radici che affondavano nel pavimento, i fiori che ne adornavano i braccioli... tutto svanì gradualmente e Nova si ritrovò all’aperto, in bilico su uno stretto sentiero di pietra. A sinistra c’era un’alta parete di roccia e l’ingresso di una caverna buia. A destra... lo strapiombo. Alcuni sassolini rotolarono giù, perdendosi nel vuoto immenso che la fata stava fissando con gli occhi sgranati. Sopra di lei il cielo schiariva. Le stelle stavano sparendo ad una ad una. Era quasi l’alba.

C’era qualcuno alle sue spalle. Nova si voltò di scatto, puntando la bacchetta.

La regina Titania la guardava, imperscrutabile. Sembrava perfettamente a suo agio. Gli orli del cappuccio si muovevano, scossi dal vento.

- Dove siamo? – domandò Nova, terrorizzata. Si rifiutò di spostare di nuovo gli occhi nel vuoto. Anche se poteva volare, quell’abisso la spaventava. Come se le sue ali fossero improvvisamente troppo fragili.

- Questo posto... questa caverna... – disse Titania, appoggiando una mano sulla parete di roccia. – Crediamo che questo sia il luogo in cui elfi e fate siglarono il patto che unì le razze... moltissimo tempo fa.

Nova abbassò la mano che stringeva ancora la bacchetta.

- Non ne siamo sicuri. – continuò la regina. – Ma non conta. Resta un posto importante. E qui c’è anche un portale. Si apre al sorgere del sole e si richiude pochi attimi dopo. Nessuno lo sa a parte il re e la regina delle fate.

- Un... un portale?

- Credevo volessi diventare fata madrina, Nova. Credevo che fosse uno dei tuoi sogni.

- Mi dispiace molto, mia regina... non potevo... non ho potuto farlo. – Nova guardò l’imboccatura della caverna. – Il re... mi ha detto tutto. So che cosa è successo con i licantropi, ma Ruby... lei non è così. Non farebbe mai niente di simile.

- Eppure ti avevo ordinato di portare fuori solo un certo quantitativo di polvere e di non tornare senza Dorothy Gale. – la interruppe Titania, come se non l’avesse sentita. – Invece tu... hai rubato altra polvere. E hai permesso ad entrambe di andarsene. Non so che cosa ti abbia raccontato Oberon, ma evidentemente non hai ascoltato una parola. Non che gli avessi chiesto di raccontarti tutto, ma fa sempre quello che vuole, in ogni caso.

- Mia regina...

- Ma non penso che abbia importanza, ora, non è vero?

Nova cercò disperatamente le parole giuste. – Io posso... posso essere una buona fata. Posso dimostrarvelo. Se poteste darmi solo un po’ di tempo...

- Oh, Nova... io ho creduto in te. – La regina Titania parlò con voce ferma. Non c’era nulla che lei potesse fare contro quella durezza. – Ho creduto in te perché mi ricordavi... quello che ero un tempo. Allora la mia regina aveva creduto in me.

“Chi l’avrebbe mai detto. Nova e la regina Titania sono più simili di quello che chiunque si aspetterebbe.”

- Ed io pensavo potessi essere una buona candidata.

Nova non disse, era confusa.

- La regina sceglie sempre qualcuno che prenderà il suo posto, un giorno. – le spiegò Titania. Usava un tono strano. Come se fosse tutto terribilmente inevitabile. – Ci sono tante fate, qui. Alcune sono più vecchie di altre. Alcune sono... più adatte di altre. Più potenti. E tu... forse non sei la fata più adatta ora, ma ho creduto... che un giorno lo saresti stata.

Avrebbe tanto voluto trovare qualcosa di sensato da dire alla regina, ma aveva la gola serrata e il cuore in subbuglio.

- Tuttavia ci sono cose che non possono essere accettate. – continuò Titania. – Ed io non posso più credere in te.

Nova avvertì chiaramente una sorta di strattone. Come se una mano l’avesse afferrata per le ali. Durò poco e fu più doloroso di quanto si aspettasse. Tutto il potere defluì dal suo corpo. Le ali persero lucentezza, si ripiegarono e infine si disintegrarono.

Barcollò. Per un lungo, terribile istante pensò che sarebbe caduta nel vuoto.

“Il mio posto è nella miniera. E tu devi stare con le altre fate. Questo non cambierà mai.”

“Ti sbagli. Siamo noi a controllare i cambiamenti della nostra vita. E non devi mai dimenticare... che tu sei speciale.”

“Perché?”

Nova cadde in ginocchio, ai piedi della regina.

- Da questo momento, non potrai più accedere alla Corte Seelie, se non con un invito, come qualunque altra creatura che non sia un elfo o una fata. – sentenziò Titania.

“Che cosa ci rende diversi dagli altri nani e dalle altre fate?”

“Il nostro amore.”

Il sole sorse. I primi raggi scivolarono lungo la parete di roccia e lungo i bordi della caverna. Nella penombra l’aria vibrò e poi un portale cominciò ad aprirsi. Un cerchio perfetto che si allargava pian piano, spandendo una strana luce gialligna.

- Devi andare ora. – aggiunse Titania.

- Andare... dove?

- Torni da dove sei venuta.

Aiutò Nova ad alzarsi in piedi. La spinse leggermente. Lei agitò le braccia mentre finiva dritta nel portale.

 

***

 

Storybrooke.

 

Leroy imprecò nuovamente contro la corda che stava usando per legare la barca ad uno dei piloni del ponte. Stava cercando di produrre un nodo decente, ma la dannata corda continuava a sfuggirgli, mentre l’imbarcazione dondolava pigramente.

- Ora basta, maledetta... – iniziò, lottando per stringere il nodo. – Se credi che un nano sia solo capace di usare un piccone, ti sbagli di grosso.

- Ciao.

Lui sobbalzò. La corda gli sfuggì di mano e finì dritta in acqua.

- Oh! Scusami.

- Nova... Astrid. Non ti aspettavo. – disse Leroy, levandosi il cappello. – E non preoccuparti per la corda. Ci stavo litigando già da un po’.

- Non vorrei disturbarti. Eolo mi ha detto che ti avrei trovato qui.

- Sei stata alla miniera?

Sorrise e arrossì. - Sì. Ti stavo cercando.

- Credevo che sarebbe venuta una delle... sorelle. – Era anche quello che l’aveva reso nervoso. Aspettava. Aspettava notizie da una delle tre fate. L’avevano trasformato in un dannato bonsai per evitare che Turchina lo scoprisse e non era stato per niente divertente. Nemmeno attendere era stato divertente. – Non è andata molto bene, vero?

- No.

- Posso fare qualcosa?

Astrid scosse il capo. Aveva un’aria molto... serena. Non sembrava triste come si era aspettato. Indossava un normale golfino bianco con il collo alto e un paio di jeans neri. Stava molto bene.

Si sorprese a fissarla e si riscosse rapidamente. – Beh...

- L’unica fata in grado di restituirmi le ali è la regina. E non credo che succederà tanto presto.

Leroy non sapeva bene che cosa dire a riguardo. Lui era un nano e non poteva fare molto per le sue ali. – Sei venuta per dirmi questo?

- No, volevo vedere la tua barca. Mi avevi detto che si poteva riparare.

- Ah! Certo, sì. È ancora un gioiellino, nonostante tutto. – Recuperò la corda. – Perché non sali? Ti avevo promesso che saresti stata il mio primo passeggero, ricordi?

Astrid rise. – Sì. E hai anche compiuto un vero miracolo.

- Niente di più facile. – minimizzò lui. Dopo la rottura della prima maledizione, non aveva mai avuto occasione di invitare Astrid, anche perché erano successe un mucchio di altre cose e c’erano sempre altre fate ogni volta che la incontrava. Non aveva mai voluto metterla in difficoltà.

- E comunque sì... salgo volentieri.

Leroy ebbe la netta impressione di essere in procinto di staccarsi dal suolo, come se gli fossero appena spuntate le ali. – Grandioso. Vieni, ti aiuto.

Avvicinò la barca al ponte, salì per primo e poi tese una mano. Astrid la prese e la strinse forte, mentre posava un piede sulla barca.

Le assi erano scivolose ed ovviamente lei mise il piede in fallo. Rischiò di cadere in avanti, ma Leroy l’afferrò appena in tempo ed Astrid gli finì addosso, con un braccio intorno alle sue spalle.

- Presa. – disse il nano.

- Oh... grazie.

- Sai, è un po’... scivoloso. Le assi, dico. – farfugliò Leroy. Tolse il braccio dalla sua vita e la condusse lungo il ponte della barca. Poi avviò il motore. – Ho dato una sistematina qui e là... ci sono ancora delle cose che non vanno, ma...

- Hai fatto un bel lavoro.

Leroy si sentì molto soddisfatto. L’imbarcazione si allontanò dal molo.

- Voleva scegliere me. – disse Astrid, fissando le acque. – Pensava davvero di farlo.

- Chi? Di cosa parli?

Gli raccontò della sua ultima conversazione con la regina Titania. Non l’aveva detto alle altre fate, nemmeno a Turchina.

- Quindi... avresti potuto essere una regina.

Lei restò in silenzio per un po’. Si scostò una ciocca di capelli che il vento le aveva spinto sul viso. – Ci sono fate molto più potenti di me e... anche più vecchie. Penso si sbagliasse. Voglio dire, credevo di poter essere una buona fata e anche una fata madrina, ma non... una regina. È troppo, Sognolo.

Sognolo.

Sembrava che lo chiamasse così quasi senza rendersene conto.

- Non dovrei dire che la regina si sbaglia. Insomma, lei sa quello che fa, suppongo.

- Non so niente di questa regina. – ammise Leroy. – Ma io credo che tu... saresti stata un’ottima regina. Un giorno.

- Essere regina delle fate non è... semplice. Non hai visto la regina Titania... lei è vecchissima e aveva già qualche centinaio di anni quando ha preso il posto della precedente. Io non riuscivo nemmeno ad immaginarmi come sarei stata nel giro di qualche centinaio d’anni. È un tempo... così lungo!

E soprattutto essere regina avrebbe significato sposare il figlio o la figlia del re degli elfi. Il primogenito o la primogenita di Oberon, colui che non avrebbe nemmeno dovuto arrivare al trono, ma aveva dovuto accettarlo dopo la morte del fratello. L’unica fata che poteva sposarsi era la regina e lo faceva unicamente per l’alleanza tra elfi e fate.

- Parecchio lungo, sì. – Leroy si grattò la barba. – Penso davvero quello che ho detto.

- Sono troppo imbranata per comandare. Sono una vera sciocca, a volte.

- Beh, un lato positivo c’è. Potresti dare ordini persino alla Madre Superiora. Ah!

- Non voglio comandare. Non riuscirei a dare ordini a nessuno. Al massimo... dei suggerimenti. E non sono nemmeno sicura di saper fare quello!

Leroy le prese una mano. – Io credo in te. Scommetto... che potresti fare qualunque cosa.

Astrid gli sfiorò il viso con la punta delle dita. – Non ha più importanza, comunque. Non ho più le ali. Sceglierà qualcun altro.

- Le puoi riavere. La sorella Verdolina ce l’ha fatta. Non è impossibile. Sei stata tu a dirmi che se continuiamo a sognare... si realizzano anche i sogni più grandi.

- Sì. Ma qui non si tratta di sognare. Per me è molto più difficile.  

- Si potrà discutere anche con questa regina, no? – Leroy scosse il capo. – In ogni caso, è così. Io credo in te. Poco importa cosa ne pensa la sorella suprema.

Astrid rise quando Leroy chiamò Titania la sorella suprema. Si chinò in avanti e posò un bacio sulla fronte del nano. Non avere più le ali era una sensazione strana. Aveva perso i poteri, eppure non si sentiva più debole. Solo diversa. Era cambiata, ma il cambiamento non la rattristava. Aveva sempre voluto diventare fata madrina, non le era mai passato per la testa di poter essere regina, era qualcosa di troppo spaventoso e immenso. Il fatto che non sarebbe stata nessuna di quelle cose, almeno per il momento, non la preoccupava. Forse aveva ancora molto da imparare. Forse era destinata ad essere qualcos’altro che ancora non immaginava.

- Grazie. – disse al nano, mentre lui spostava un po’ il timone per guidare la barca nella direzione giusta. – Sei il mio eroe.

 

***

Angolo autrice:

 
Qualche precisazione:

 
Ellèsmera è la città elfica per eccellenza nei romanzi di Christopher Paolini (Eragon, Eldest, ect.)

Magnus e Amadan non sono personaggi inventati da me, ma appartengono alla miniserie a fumetti The Book of Magic, scritta da Neil Gaiman, poi diventata serie regolare, pubblicata sotto l’etichetta Vertigo della DC Comics.

La storia di come è salito al trono in questa fanfic è quasi del tutto inventata da me. Odile, invece, è la figlia del mago Rothbart (che qui è uno dei Dark One che hanno preceduto Tremotino) come nel Lago dei Cigni.

   
 
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