Foresta
Incantata.
Nova
consegnò la polvere a Dorothy. – Dovete andarvene.
Userò la magia per mandarvi
il più lontano possibile da qui. Mi spiace, non sono capace
di aprire un
portale. Non l’ho imparato.
E
non lo imparerò mai.
-
Questa polvere... non l’hai avuta dalla tua regina, vero?
L’hai rubata. – disse
la paladina di Oz.
-
Titania ha concesso la polvere.
Dorothy
non si faceva menare per il naso tanto facilmente. – Dato che
sei una fata e
non puoi mentire, sarà anche vero, ma scommetto che non
è tutta la verità.
-
La regina... ha dei precedenti con i licantropi. – si
affrettò a dire. - Non
importa. È una storia molto lunga. Questa polvere
basterà non solo per salvare
Ruby, ma anche... contro la Strega dell’Est. Se qualcun altro
rimarrà ferito,
potrete salvarlo.
-
Come faccio a sapere che questa regina non ci seguirà?
-
Non lo farà.
Punirà
me. Sono io che ho
disobbedito e ho rubato tutta quella polvere.
Ruby
si mise a sedere a fatica. Rabbrividì, febbricitante.
– Non devi pagare per
colpa mia.
-
Non è colpa tua. – disse Nova. Estrasse la
bacchetta. – So quello che sto
facendo.
Agitò
la bacchetta. Il vento si levò, fischiando brevemente
attraverso gli alberi e
inducendola a guardarsi intorno, inquieta. Rimase un momento a
contemplare il
licantropo che Titania tanto disprezzava, ipnotizzata.
Poi
distolse lo sguardo con un’esclamazione soffocata, come chi,
caduto in trance,
ritorni in sé.
***
Storybrooke.
-
Non c’è niente che io possa fare. –
sentenziò Turchina.
Trilli
aveva parlato per almeno dieci minuti. Solo lei. Flora e Fauna non si
erano
azzardate ad aprire bocca. Non avevano avuto il tempo di far uscire
Leroy,
quindi Flora l’aveva trasformato in un bonsai nonostante le
innumerevoli
proteste del nano e aveva posizionato la piantina sul davanzale.
Turchina era
entrata per controllare come stesse Nova. Trilli le era corsa dietro
quando
aveva lasciato la stanza.
-
Ma io ho riavuto le ali. – replicò Trilli.
-
Tu hai riavuto le ali perché te lo sei meritato. –
Turchina si rivolgeva a lei
come se fosse stata troppo dura di comprendonio.
-
Ma Nova non ha fatto nulla di male. Ha salvato una vita!
Fauna
strisciò i piedi sul pavimento, a disagio.
-
La regina era stata chiara. Lei non solo ha disobbedito, ma ha anche
rubato
altra polvere. Non aveva il permesso.
-
Non voleva separare Ruby e Dorothy. Oz ha bisogno della sua eroina.
– Trilli non
riusciva a non capire dove fosse il problema in quello che stava
dicendo. Non
si era studiata bene che cosa dire, le sembrava tutto molto chiaro.
Turchina
sospirò. – Non sto negando che le sue intenzioni
fossero nobili... ma la regina
le aveva detto esattamente che cosa fare. Rubare e disobbedire ad un
ordine
della regina comporta delle conseguenze, Verdolina.
Trilli
avrebbe voluto correggerla e chiederle di chiamarla per nome, ma decise
di non
badarci. – Ma voi potreste darle un’altra chance.
-
L’ha già avuta.
-
Una... terza chance?
Flora
aprì la bocca per dire qualcosa, però
l’occhiata di Turchina non le piacque
affatto. Tacque.
-
Anche se volessi, non potrei farlo comunque.
-
Non credete abbastanza in lei.
-
Non è soltanto questo. – Turchina si era
palesemente stancata di discutere. –
L’unica fata che può restituire le ali a Nova
è la fata che gliele ha tolte. E
non sono io.
***
Corte
Seelie.
La
sala del trono era deserta.
Deserta
e silenziosa. Non c’erano nemmeno le guardie del re e della
regina.
Nova
sapeva di non essere sola, perché aveva visto le fate
svolazzare per i corridoi
quando era tornata, eppure adesso lo sembrava. La Corte Seelie pareva
abbandonata. Non udiva più neanche lo sgocciolio
dell’acqua lungo i muri di
roccia.
Stringeva
la bacchetta che aveva usato per spedire Ruby e Dorothy lontano, prima
che a
Titania venisse in mente di seguirle. Non credeva che
l’avrebbe fatto, ma aveva
dovuto comunque agire in fretta. Toto le aveva leccato la mano, come
ringraziamento.
“Eppure
mi sembra un buon
prezzo, Nova. Vale davvero la pena perdere le ali quando si
è giunti ad un
accordo?”
Poi
tutto intorno a lei cambiò. I muri di roccia, i troni con le
radici che
affondavano nel pavimento, i fiori che ne adornavano i braccioli...
tutto svanì
gradualmente e Nova si ritrovò all’aperto, in
bilico su uno stretto sentiero di
pietra. A sinistra c’era un’alta parete di roccia e
l’ingresso di una caverna
buia. A destra... lo strapiombo. Alcuni sassolini rotolarono
giù, perdendosi
nel vuoto immenso che la fata stava fissando con gli occhi sgranati.
Sopra di
lei il cielo schiariva. Le stelle stavano sparendo ad una ad una. Era
quasi
l’alba.
C’era
qualcuno alle sue spalle. Nova si voltò di scatto, puntando
la bacchetta.
La
regina Titania la guardava, imperscrutabile. Sembrava perfettamente a
suo agio.
Gli orli del cappuccio si muovevano, scossi dal vento.
-
Dove siamo? – domandò Nova, terrorizzata. Si
rifiutò di spostare di nuovo gli
occhi nel vuoto. Anche se poteva volare, quell’abisso la
spaventava. Come se le
sue ali fossero improvvisamente troppo fragili.
-
Questo posto... questa caverna... – disse Titania,
appoggiando una mano sulla
parete di roccia. – Crediamo che questo sia il luogo in cui
elfi e fate
siglarono il patto che unì le razze... moltissimo tempo fa.
Nova
abbassò la mano che stringeva ancora la bacchetta.
-
Non ne siamo sicuri. – continuò la regina.
– Ma non conta. Resta un posto
importante. E qui c’è anche un portale. Si apre al
sorgere del sole e si
richiude pochi attimi dopo. Nessuno lo sa a parte il re e la regina
delle fate.
-
Un... un portale?
-
Credevo volessi diventare fata madrina, Nova. Credevo che fosse uno dei
tuoi
sogni.
-
Mi dispiace molto, mia regina... non potevo... non ho potuto farlo.
– Nova
guardò l’imboccatura della caverna. – Il
re... mi ha detto tutto. So che cosa è
successo con i licantropi, ma Ruby... lei non è
così. Non farebbe mai niente di
simile.
-
Eppure ti avevo ordinato di portare fuori solo un certo quantitativo di
polvere
e di non tornare senza Dorothy Gale. – la interruppe Titania,
come se non
l’avesse sentita. – Invece tu... hai rubato altra
polvere. E hai permesso ad
entrambe di andarsene. Non so che cosa ti abbia raccontato Oberon, ma
evidentemente non hai ascoltato una parola. Non che gli avessi chiesto
di
raccontarti tutto, ma fa sempre quello che vuole, in ogni caso.
-
Mia regina...
-
Ma non penso che abbia importanza, ora, non è vero?
Nova
cercò disperatamente le parole giuste. – Io
posso... posso essere una buona
fata. Posso dimostrarvelo. Se poteste darmi solo un po’ di
tempo...
-
Oh, Nova... io ho creduto in te. – La regina Titania
parlò con voce ferma. Non
c’era nulla che lei potesse fare contro quella durezza.
– Ho creduto in te
perché mi ricordavi... quello che ero un tempo. Allora la
mia regina aveva
creduto in me.
“Chi
l’avrebbe mai detto.
Nova e la regina Titania sono più simili di quello che
chiunque si
aspetterebbe.”
-
Ed io pensavo potessi essere una buona candidata.
Nova
non disse, era confusa.
-
La regina sceglie sempre qualcuno che prenderà il suo posto,
un giorno. – le
spiegò Titania. Usava un tono strano. Come se fosse tutto
terribilmente
inevitabile. – Ci sono tante fate, qui. Alcune sono
più vecchie di altre.
Alcune sono... più adatte di altre. Più potenti.
E tu... forse non sei la fata
più adatta ora, ma ho creduto... che un giorno lo saresti
stata.
Avrebbe
tanto voluto trovare qualcosa di sensato da dire alla regina, ma aveva
la gola
serrata e il cuore in subbuglio.
-
Tuttavia ci sono cose che non possono essere accettate. –
continuò Titania. –
Ed io non posso più credere in te.
Nova
avvertì chiaramente una sorta di strattone. Come se una mano
l’avesse afferrata
per le ali. Durò poco e fu più doloroso di quanto
si aspettasse. Tutto il potere
defluì dal suo corpo. Le ali persero lucentezza, si
ripiegarono e infine si
disintegrarono.
Barcollò.
Per un lungo, terribile istante pensò che sarebbe caduta nel
vuoto.
“Il
mio posto è nella
miniera. E tu devi stare con le altre fate. Questo non
cambierà mai.”
“Ti
sbagli. Siamo noi a
controllare i cambiamenti della nostra vita. E non devi mai
dimenticare... che
tu sei speciale.”
“Perché?”
Nova
cadde in ginocchio, ai piedi della regina.
-
Da questo momento, non potrai più accedere alla Corte
Seelie, se non con un
invito, come qualunque altra creatura che non sia un elfo o una fata.
–
sentenziò Titania.
“Che
cosa ci rende
diversi dagli altri nani e dalle altre fate?”
“Il
nostro amore.”
Il
sole sorse. I primi raggi scivolarono lungo la parete di roccia e lungo
i bordi
della caverna. Nella penombra l’aria vibrò e poi
un portale cominciò ad
aprirsi. Un cerchio perfetto che si allargava pian piano, spandendo una
strana
luce gialligna.
-
Devi andare ora. – aggiunse Titania.
-
Andare... dove?
-
Torni da dove sei venuta.
Aiutò
Nova ad alzarsi in piedi. La spinse leggermente. Lei agitò
le braccia mentre
finiva dritta nel portale.
***
Storybrooke.
Leroy
imprecò nuovamente contro la corda che stava usando per
legare la barca ad uno
dei piloni del ponte. Stava cercando di produrre un nodo decente, ma la
dannata
corda continuava a sfuggirgli, mentre l’imbarcazione
dondolava pigramente.
-
Ora basta, maledetta... – iniziò, lottando per
stringere il nodo. – Se credi
che un nano sia solo capace di usare un piccone, ti sbagli di grosso.
-
Ciao.
Lui
sobbalzò. La corda gli sfuggì di mano e
finì dritta in acqua.
-
Oh! Scusami.
-
Nova... Astrid. Non ti aspettavo. – disse Leroy, levandosi il
cappello. – E non
preoccuparti per la corda. Ci stavo litigando già da un
po’.
-
Non vorrei disturbarti. Eolo mi ha detto che ti avrei trovato qui.
-
Sei stata alla miniera?
Sorrise
e arrossì. - Sì. Ti stavo cercando.
-
Credevo che sarebbe venuta una delle... sorelle. – Era anche
quello che l’aveva
reso nervoso. Aspettava. Aspettava notizie da una delle tre fate.
L’avevano
trasformato in un dannato bonsai per evitare che Turchina lo scoprisse
e non
era stato per niente divertente. Nemmeno attendere era stato
divertente. – Non
è andata molto bene, vero?
-
No.
-
Posso fare qualcosa?
Astrid
scosse il capo. Aveva un’aria molto... serena. Non sembrava
triste come si era
aspettato. Indossava un normale golfino bianco con il collo alto e un
paio di
jeans neri. Stava molto bene.
Si
sorprese a fissarla e si riscosse rapidamente. – Beh...
-
L’unica fata in grado di restituirmi le ali è la
regina. E non credo che
succederà tanto presto.
Leroy
non sapeva bene che cosa dire a riguardo. Lui era un nano e non poteva
fare
molto per le sue ali. – Sei venuta per dirmi questo?
-
No, volevo vedere la tua barca. Mi avevi detto che si poteva riparare.
-
Ah! Certo, sì. È ancora un gioiellino, nonostante
tutto. – Recuperò la corda. –
Perché non sali? Ti avevo promesso che saresti stata il mio
primo passeggero,
ricordi?
Astrid
rise. – Sì. E hai anche compiuto un vero miracolo.
-
Niente di più facile. – minimizzò lui.
Dopo la rottura della prima maledizione,
non aveva mai avuto occasione di invitare Astrid, anche
perché erano successe
un mucchio di altre cose e c’erano sempre altre fate ogni
volta che la
incontrava. Non aveva mai voluto metterla in difficoltà.
-
E comunque sì... salgo volentieri.
Leroy
ebbe la netta impressione di essere in procinto di staccarsi dal suolo,
come se
gli fossero appena spuntate le ali. – Grandioso. Vieni, ti
aiuto.
Avvicinò
la barca al ponte, salì per primo e poi tese una mano.
Astrid la prese e la
strinse forte, mentre posava un piede sulla barca.
Le
assi erano scivolose ed ovviamente lei mise il piede in fallo.
Rischiò di
cadere in avanti, ma Leroy l’afferrò appena in
tempo ed Astrid gli finì
addosso, con un braccio intorno alle sue spalle.
-
Presa. – disse il nano.
-
Oh... grazie.
-
Sai, è un po’... scivoloso. Le assi, dico.
– farfugliò Leroy. Tolse il braccio
dalla sua vita e la condusse lungo il ponte della barca. Poi
avviò il motore. –
Ho dato una sistematina qui e là... ci sono ancora delle
cose che non vanno, ma...
-
Hai fatto un bel lavoro.
Leroy
si sentì molto soddisfatto. L’imbarcazione si
allontanò dal molo.
-
Voleva scegliere me. – disse Astrid, fissando le acque.
– Pensava davvero di
farlo.
-
Chi? Di cosa parli?
Gli
raccontò della sua ultima conversazione con la regina
Titania. Non l’aveva
detto alle altre fate, nemmeno a Turchina.
-
Quindi... avresti potuto essere una regina.
Lei
restò in silenzio per un po’. Si scostò
una ciocca di capelli che il vento le
aveva spinto sul viso. – Ci sono fate molto più
potenti di me e... anche più
vecchie. Penso si sbagliasse. Voglio dire, credevo di poter essere una
buona
fata e anche una fata madrina, ma non... una regina. È
troppo, Sognolo.
Sognolo.
Sembrava
che lo chiamasse così quasi senza rendersene conto.
-
Non dovrei dire che la regina si sbaglia. Insomma, lei sa quello che
fa,
suppongo.
-
Non so niente di questa regina. – ammise Leroy. –
Ma io credo che tu... saresti
stata un’ottima regina. Un giorno.
-
Essere regina delle fate non è... semplice. Non hai visto la
regina Titania...
lei è vecchissima e aveva già qualche centinaio
di anni quando ha preso il
posto della precedente. Io non riuscivo nemmeno ad immaginarmi come
sarei stata
nel giro di qualche centinaio d’anni. È un
tempo... così lungo!
E
soprattutto essere regina avrebbe significato sposare il figlio o la
figlia del
re degli elfi. Il primogenito o la primogenita di Oberon, colui che non
avrebbe
nemmeno dovuto arrivare al trono, ma aveva dovuto accettarlo dopo la
morte del
fratello. L’unica fata che poteva sposarsi era la regina e lo
faceva unicamente
per l’alleanza tra elfi e fate.
-
Parecchio lungo, sì. – Leroy si grattò
la barba. – Penso davvero quello che ho
detto.
-
Sono troppo imbranata per comandare. Sono una vera sciocca, a volte.
-
Beh, un lato positivo c’è. Potresti dare ordini
persino alla Madre Superiora.
Ah!
-
Non voglio comandare. Non riuscirei a dare ordini a nessuno. Al
massimo... dei
suggerimenti. E non sono nemmeno sicura di saper fare quello!
Leroy
le prese una mano. – Io credo in te. Scommetto... che
potresti fare qualunque
cosa.
Astrid
gli sfiorò il viso con la punta delle dita. – Non
ha più importanza, comunque.
Non ho più le ali. Sceglierà qualcun altro.
-
Le puoi riavere. La sorella Verdolina ce l’ha fatta. Non
è impossibile. Sei
stata tu a dirmi che se continuiamo a sognare... si realizzano anche i
sogni
più grandi.
-
Sì. Ma qui non si tratta di sognare. Per me è
molto più difficile.
-
Si potrà discutere anche con questa regina, no? –
Leroy scosse il capo. – In
ogni caso, è così. Io credo in te. Poco importa
cosa ne pensa la sorella
suprema.
Astrid
rise quando Leroy chiamò Titania la
sorella suprema. Si chinò in avanti e
posò un bacio sulla fronte del nano. Non
avere più le ali era una sensazione strana. Aveva perso i
poteri, eppure non si
sentiva più debole. Solo diversa. Era cambiata, ma il
cambiamento non la
rattristava. Aveva sempre voluto diventare fata madrina, non le era mai
passato
per la testa di poter essere regina, era qualcosa di troppo spaventoso
e
immenso. Il fatto che non sarebbe stata nessuna di quelle cose, almeno
per il
momento, non la preoccupava. Forse aveva ancora molto da imparare.
Forse era
destinata ad essere qualcos’altro che ancora non immaginava.
-
Grazie. – disse al nano, mentre lui spostava un po’
il timone per guidare la
barca nella direzione giusta. – Sei il mio eroe.
Angolo
autrice:
Qualche
precisazione:
Ellèsmera
è la città elfica per eccellenza nei romanzi di
Christopher Paolini (Eragon,
Eldest, ect.)