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Autore: sara criso    09/10/2018    4 recensioni
Steve e Bucky sono amici da molti anni ormai, sono come fratelli e il loro legame è forte, ma cosa accadrebbe se la loro amicizia si trasformasse in qualcosa di più?
(Steve Rogers x James (Bucky) Barnes)
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non era la prima volta che James andava a far visita a Steve, l'aveva sempre fatto, ma da quando i suoi genitori erano morti, lo faceva maggiormente.
Era molto preoccupato per il minore, Steve era testardo e oltre a non essersi sfogato con lui, aveva rifiutato anche il suo aiuto economico. Sospirò osservando il cielo grigio mentre il vento scompigliava i suoi capelli scuri.
Nell'aria si sentiva profumo di fresco, profumo di semplice e naturale d’erba di montagna, della sua neve e dopo tanto tempo, dopo innumerevoli odori di inquinamento e sporcizia, ci voleva. Eppure sapeva che quella era solo calma apparente prima della tempesta, sapeva che stava per succedere qualcosa di incredibilmente grave, ma sapeva anche che non avrebbe assolutamente potuto fare nulla per fermare ciò che sarebbe avvenuto.
Il suo spesso corpo era fasciato da una divisa, segno che era stato ammesso e che avrebbe potuto proteggere il suo paese al fianco dei suoi compagni, ma nonostante ne fosse felice, sapeva che questo non avrebbe fatto altro che alzare la volontà di Steve di diventare come lui, come i loro padri e come i loro innumerevoli coetanei.
Bucky non avrebbe voluto abbassare la speranza del compagno, ma era molto debole, fragile ed entrambi sapevano che probabilmente soffriva di una qualche malattia. Non era colpa sua, era nato così e l'epoca di povertà in cui vivevano non aveva migliorato la cosa.
Dopo una decina di minuti, raggiunse casa sua e bussò alla porta in legno, attendendo che l'altro gli aprisse. Ma questo non accadde, nessuno gli andò ad aprire e preoccupato James non ci pensò due volte; diede un colpo forte, facendo aprire la porta ed entrò raggiungendo la camera da letto del giovane.
Lo trovò semplicemente sdraiato nel proprio letto, mentre dormiva tranquillamente con le labbra schiuse e i capelli sconsigliati sulla fronte sudata. James la toccò piano, per assicurarsi che il minore non avesse la febbre e per fortuna non ce l'aveva; probabilmente era solo stanchezza e per questo sudava.
Sorrise dolcemente osservando il suo viso e posò subito le dita sulla sua guancia per accarezzarla. La pelle pallida di Steve era morbida, delicata e Bucky si ritrovò a sorridere maggiormente.
Il compagno aveva un aspetto delicato, fragile, come quello di un fiore sotto la tempesta, ma sapeva che non era così. Lo conosceva, a differenza degli altri e seppur effettivamente avesse il corpo e la salute, incredibilmente fragile, era la persona più forte che conosceva, ma soprattutto più buona. Il cuore di Steve era puro, pieno di tanto coraggio e amore.
Avrebbe voluto che, un giorno, Steve potesse mostrare a tutti chi fosse in realtà e davvero sperava che non fosse solo un sogno di entrambi, ma che davvero prima o poi avrebbe potuto farlo.
Gli occhi azzurri lentamente si schiusero e dalle labbra chiare del minore, uscì un sospiro di sollievo nel realizzare che accanto a lui ci fosse effettivamente Bucky come pensava. Sorrise nel notare la sua divisa e con le dita ne toccò la stoffa stando attento a non rovinarla in nessun modo.
“Sei stato preso, sono felice per te, Bucky” E James non poté fare a meno di sorridere nuovamente mentre portava la mano fra i capelli dorati dell'altro per accarezzarli. Steve era davvero felice per lui, questo lo sapeva e lo vedeva, ma oltre alla felicità vedeva amarezza, delusione e paura di non poter mai diventare come lui nonostante tentasse e ci provasse in ogni modo.
Non si sarebbe mai arreso, entrambi lo sapevano, ma entrambi temevano anche che questo continuo insistere potesse diventare presto un motivo che l'avrebbe portato a autodistruggersi.
James non voleva perderlo, era parte della sua famiglia e quando sarebbe stato su un vero campo di battaglia sapeva che avrebbe pensato a lui.
Nonostante Steve avesse badato a sé per tanto tempo, nonostante fosse forte, si preoccupava e nel suo cuore avrebbe sperato che nulla di male gli sarebbe successo in sua assenza. Ricordava i bulli che lo tormentavano, le persone che l'avevano sempre sfruttato e Bucky desiderava di poterlo stringere al proprio corpo per farlo sentire al sicuro.
Ma non poteva, non doveva farlo. Come se quell'abbraccio in poco tempo potesse trasformarsi in qualcosa di più grande ed incontrollabile. Aveva paura di quello che avrebbe potuto fare, aveva paura di quello che sarebbe potuto nascere immortale nel suo cuore.
“Bucky?” La voce delicata di Steve sembrò arrivare da un posto lontano, da un luogo che il ragazzo non conosceva. Sospirò e scosse leggermente il capo cercando di raggiungere nuovamente quella stanza con la mente. Il minore lo guardava, sembrava confuso dal comportamento dell'amico e lui non voleva assolutamente farlo preoccupare.
Gli donò un sorriso e gli chiese “Stavi riposando, eri molto stanco oggi?” Steve annuì e si mise a sedere sbadigliando leggermente. I capelli biondi circondavano il suo delicato e scavato viso, mentre alcuni ciuffi disordinati gli ricadevano davanti impedendogli di vedere bene.
Bucky avvicinò la mano e glieli spostò dietro l'orecchio con fare dolce. Più guardava il giovane, più desiderava averlo stretto al suo petto, più toccava i suoi delicati capelli, più voleva conoscere il loro profumo e più stava con Steve, più sentiva il petto riscaldarsi come se avesse bevuto una bevanda calda.
Era una sensazione piacevole, ma allo stesso tempo lo distruggeva dall'interno. Si morse le labbra e cercò nuovamente di allontanare quelle sensazioni, ma esse possedevano il suo corpo e lui non poteva assolutamente farci nulla. Riuscì a tenerle lontano per qualche secondo e appena lo fece, notò lo sguardo di Steve.
Esso non era rivolto alla sua persona, ma era perso nel vuoto e subito gli strinse la mano sentendo il cuore sgretolarsi all'istante a quella visione. “C'è qualcosa che non va?” Steve inizialmente non rispose, ma appena James aumentò la presa sulla sua mano, il minore decise di parlare. Ma non gli avrebbe detto la verità.
“Hai presente la festa che c'è stata qualche giorno fa?
Ecco, come al solito non ho trovato nessuno con cui ballare" A Steve non importava un gran che alla fine, sentiva che ogni ragazza che vedeva, non fosse quella giusta, sentiva che non era il momento giusto per ballare con loro perché doveva trovare la persona giusta.
Quella che gli faceva battere il cuore, quella che lo faceva sentire bene, quella in cui ogni suo dubbio sarebbe svanito appena i primi passi di danza sarebbero stati fatti. Doveva trovare quella persona, l'unica probabilmente con cui avrebbe mai ballato e non gli importava se avrebbe dovuto aspettare decenni o anche più. Avrebbe trovato la persona giusta e solo con quella avrebbe ballato.
Forse erano pensieri folli i suoi, irreali, ma non gli interessava. Eppure in quel momento doveva fingere che gli interessasse, che gli pesava la cosa perché non voleva far sentire in colpa il maggiore di avercela fatta, a differenza sua.
Bucky però non era così ingenuo come l'altro pensava, aveva capito il motivo del suo strano comportamento, ma sapeva anche che il ragazzo non ne avrebbe mai parlato. Era così chiuso che spesso desiderava solamente rompere il suo guscio e fargli capire che era al sicuro, che non doveva vergognarsi di quello che era e che poteva anche essere grande nella sua fragilità.
“Dovresti buttarti e provarci, ti blocchi spesso, lo sai. Anche se dovessero rifiutare, devi tentare”
“Non è quello il problema” Lo bloccò Steve facendo un pesante sospiro, affranto.
“Allora qual è?” E il minore cercò di pensare a una nuova bugia da dirgli. Era un suo difetto, nonostante le sue bugie fossero palesi a chiunque, mentiva spesso. Era un suo istinto, non riusciva facilmente ad aprirsi agli altri e preferiva tenersi i problemi per sé. A volte si chiedeva come facessero a essere amici.
James era un ragazzo espansivo, solare e non aveva nessun problema a parlare di ciò che sentiva e soprattutto, ascoltava e non giudicava.
Allora perché si sentiva così bloccato?
Come se qualcosa premesse con forza sul suo petto come un masso? Davvero non capiva.
“Non so ballare"
“Non sai ballare" Ripeté Bucky scuotendo leggermente il capo. Per fortuna aveva molta pazienza e capiva perché facesse così. “Risolviamo subito il problema, balliamo assieme” E si alzò.
Inizialmente il minore lo guardò confuso, ma quando vide l’amico porgergli la mano, distolse leggermente sentendo il battito cardiaco aumentare.
E ora come avrebbe fatto? Non poteva trovare un'altra scusa e in fondo, erano da soli ed era certo che Bucky non l’avrebbe detto a nessuno.
Alzò il viso e sulle sue rosee labbra si formò un delicato sorriso. Poggiò la mano sulla sua e la strinse per poi scendere dal letto.
La loro differenza di altezza era molta, ma nonostante questo, per la prima volta, a Steve non importava e l'unica cosa che voleva fare in quel momento era ballare.
“Adesso farai tu la donna, segui i miei passi, poi la farò io" Steve annuì e con semplicità stette dietro ai passi dell'altro.
La mano posta sul proprio fianco accarezzava delicatamente il suo corpo e alcuni brividi percorrevano la sua schiena. Forse erano dovuti alle mani fredde di James, dovute al freddo che c'era o forse erano dovute a altro, ma non aveva nessuna voglia di indagare in quel momento.
I loro sguardi erano intrecciati e d’istinto Steve si avvicinò maggiormente a lui, facendo unire i loro corpi. I passi diminuivano e i due ragazzi restavano vicini, attaccati senza nessun intenzione di staccarsi. Qualcosa era nata nel loro cuore e forse quel semplice ballo aveva fatto in modo di farlo scoprire ai due.
Fu James il primo ad avvicinare il viso a quello del minore, fu lui a chiudere gli occhi pronto a posare le labbra sulle sue in un delicato bacio. Nonostante non ci fosse nessuna musica ad accompagnare il loro ballo, si sentivano come immersi in un'atmosfera magica, dove realmente erano in una sala da ballo, con un melodioso piano forte in sottofondo. Erano solo loro due, insieme, lontani dagli occhi di tutti e più Steve osservava il viso dell'altro avvicinarsi sempre di più a lui, più desiderava cancellare per sempre quella distanza. Sentiva qualcosa, qualcosa di grande nascere e invadere il suo petto; una sensazione di calore che gli aveva stretto il cuore fino a farlo sentire al sicuro. Che fosse Bucky quello giusto?
La persona con cui davvero avrebbe dovuto ballare?
Chiuse gli occhi e si avvicinò azzerando la distanza fra le loro labbra. Fu un bacio delicato e dolce, il primo di entrambi e appena si staccarono, si strinsero in un forte abbraccio; nonostante si sentissero bene, felici, sapevano che mai quel loro sentimento sarebbe dovuto uscire da quelle mura.
Sarebbe rimasto un segreto finché il mondo sarebbe stato un posto sicuro dove esternare quello che provavano. Quell’amore che tanto si era impossessato dei loro corpi.
(*)
Il tempo era passato da quel giorno. Quella fredda mattina di dicembre era ormai un ricordo nelle menti dei due ragazzi ormai diventati uomini.
Steve, da semplice e fragile ragazzino, era diventato un uomo forte, coraggioso e che aveva tutte le carte in regola per proteggere il suo paese, il suo mondo, senza che nessuno potesse dire il contrario. Divenuto Captain America, Steve Rogers si era risvegliato in un mondo completamente diverso da quello che conosceva; più tecnologico e all'apparenza meno pericoloso, ma non era così. C’erano mondi che Steve non conosceva, mondi pieni di mostri e alieni pronti a dominare e abbattere il suo mondo, ma a lui non interessava; l'avrebbe protetto costi quel che costi. Per alcuni versi, era stato difficile affrontare quel cambiamento, mentre per altri no.
C'erano dei lati positivi, c'erano più cure, più tecnologia molto utile per la vita quotidiana, ma anche utile per proteggere i cittadini. Aveva fatto anche nuove conoscenze, aveva conosciuto il figlio di Howard Stark, suo vecchio amico e aveva rivisto Peggy.
Seppur la ragazza ormai fosse una donna anziana, aveva ancora quel dolce sorriso a cui si era affezionato quando l'aveva conosciuta, ma soprattutto aveva quella forza d'animo che la diversificava dalle altre.
Purtroppo il tempo che avevano avuto per stare insieme era stato poco nel passato ed era stato ancora meno quando era tornato dalle fredde acque ghiacciate.
Questa era stata la difficoltà; comprendere che avrebbe dovuto ricominciare da capo. Niente amici, niente conoscenti e niente famiglia, niente di niente.
Aveva fatto fatica, davvero fatica, nessuno sarebbe mai stato come Howard e mai avrebbe incontrato una donna come Peggy, ma Steve sapeva bene che non erano loro il problema che più lo affliggeva.
Teneva ai due, molto, ma mai avrebbero raggiunto l'importanza di Bucky. Era stato un amico, un vero amico e man mano che il tempo era passato, si era trasformato in qualcosa di più di un semplice amico e ogni volta che ripensava a lui, si toccava le labbra ripensando al loro primo bacio. Unico e assolutamente magico.
Spesso nutriva la speranza di poterlo avere nuovamente nella sua vita e di poter unire le loro labbra e i loro corpi. Gli mancava il suo tocco, gli mancava il suo sorriso solare e soprattutto gli mancava quello sguardo dolce che il ragazzo gli rivolgeva appena poteva.
Cercava di non farsi mai vedere troppo preso da lui e Steve cercava di fare lo stesso, per questo avevano sempre “relazioni di copertura" con delle ragazze. In quegli anni era l'unico modo per poter sopravvivere, ma ora, in quegli anni avrebbero potuto vivere la loro relazione senza troppa paura.
Senza timore di essere uccisi.
Certo, c'era comunque la possibilità che accadesse, ma potevano difendersi e andare comunque avanti con la loro vita.
Mai avrebbe immaginato che davvero quella piccola goccia di speranza, potesse diventare realtà, ma accadde. In un giorno che apparentemente sembrava normale, un giorno dove Steve affrontava l'ennesimo nemico in missione, era il giorno in cui invece aveva scoperto una sorprendente verità; sotto quella oscura maschera, sotto la maschera del suo ennesimo nemico, c'era lui, c'era James.
(*)
“Bucky?”
Quella singola parola era nella sua testa ormai da ore, il soldato d'inverno proprio non riusciva a capire perché quell'uomo gli fosse rimasto così impresso nella mente. Era come se già conoscesse quel viso, come se già avesse udito quella dolce voce e nel silenzio della sua cella, si chiedeva se invece non stesse impazzendo. “Bucky” Ripeté quel nome in modo incerto, sentendo che esso non gli apparteneva. Eppure tutti avevano un nome e il suo non poteva essere semplicemente “soldato d'inverno”.
No, forse il suo reale nome era veramente Bucky.
“Bucky” Disse nuovamente ripensando al volto dell'uomo. Solo una cosa sapeva di lui; era la sua missione.
Allora perché, nonostante gli avessero detto quelle parole fino allo sfinimento, non ci credeva? Il cuore non poteva battere così forte, i suoi occhi non potevano diventare lucidi e le sue guance non potevano bagnarsi solo perché era la sua missione. Era qualcos'altro, qualcosa di speciale, di più importante.
Mai si era interessato a chi uccideva, mai si era interessato chi fossero e mai si era chiesto lo scopo delle sue battaglie. Lui eseguiva, per questo era nato, per questo era il soldato d'inverno. E se così non fosse?
Se lui non fosse davvero solo il soldato d'inverno? E se fosse davvero Bucky?
Si massaggiò il capo; il mal di testa lo stava facendo impazzire. Sentiva uno strano dolore che si presentava a scatti, come un’improvvisa scossa elettrica, come un improvviso e inaspettato tuono a ciel sereno.
Nella sua mente stava succedendo qualcosa, stava tornando a galla qualcuno e dalle sue rosee labbra uscì un nome “Steve". Non sapeva esattamente chi fosse, sapeva solo che era il nome di quell'uomo e se lo conosceva, voleva dire che anche lui lo conosceva e non aveva mentito. Il suo nome era veramente Bucky.
“Soldato, alzati" La porta della sua cella venne aperta da Brock Rumlow, soldato e mercenario del Hydra non che suo superiore. Era lui che gli dava gli ordini, gli diceva cosa fare e le prime volte era andato con lui in missione per controllarlo.
James si alzò e obbediente lo seguì salendo le scale, fino a “quella porta". Quando la vide si bloccò immediatamente e Rumlow lo prese per il braccio portandolo malamente all'interno della stanza.
Il cuore del soldato batteva all'impazzata alla vista di quella maledetta sedia elettrica. Avrebbe voluto dire qualcosa, ribellarsi o almeno chiedere cosa avesse sbagliato, perché fosse lì. Non ci mise molto a ricordare che effettivamente aveva fallito nella sua missione; non aveva ucciso Steve.
Il mercenario lo fece sedere e gli legò i polsi e le caviglie per poi mettersi al suo fianco lasciando spazio al dottore. L'anziano lo guardava con un sorriso avvilito mentre si massaggiava il mento pensieroso.
“Hai fallito nella tua missione, soldato. Sai bene cosa sta per accadere, vero?” Bucky non gli rispose, sapeva che qualunque cosa avrebbe fatto o detto, non avrebbe allontanato minimamente la possibilità di non ricevere la sua punizione.
I suoi occhi chiari si incastrarono in quelli dell'altro “Lo conosco. So chi è, si chiama Steve” Ma il dottore scosse il capo affilando lo sguardo, mentre il mercenario guardava sorpreso il minore. Com'era possibile che già ricordasse la vera identità di Captain America? Dovevano intervenire immediatamente.
Allungò la mano verso la leva, per azionare la sedia, ma il dottore lo bloccò. “Rumlow" Lo richiamò, l'uomo girò il viso e i suoi occhi scuri incontrarono quelli decisi dell'altro, mentre un ghigno solcava le sue labbra. “Aumenta la potenza e la durata, dobbiamo fare in modo che non ricordi mai più quel nome"
James si morse le labbra osservando il mercenario cambiare velocemente le impostazioni della sedia, mentre gli veniva posizionato il casco sul capo. “Non dimenticherò il suo nome" sussurrò per poi mordere la spugna che malamente gli misero in bocca.
Chiuse gli occhi. --Steve-- Iniziò a ripetere il nome di quell'uomo come una melodia.
Brock tirò la leva e la mente del soldato venne scossa violentemente dalle scosse elettriche. La mascella era serrata e il corpo tremava convulsamente sentendo il dolore bruciare come fuoco sulla pelle.
Pausa. --Steve--
Un'altra scossa e il viso di Steve iniziò a sfumare lentamente nella sua mente come un disegno fatto a matita cancellato malamente, con solo alcuni residui sul foglio. Il viso di Bucky era basso mentre riceveva quella nuova scossa che lo feriva ancora di più. Non voleva dimenticare, non voleva dimenticarlo nuovamente. Pausa.
James ansimò sconvolto osservando il viso divertito del mercenario. Non era un segreto che Rumlow fosse un sadico bastardo e più volte si era divertito a torturarlo. Una lacrima scese lungo la sua guancia e l'uomo si avvicinò per asciugarla con il pollice. “Non ti preoccupare, soldato. Fra un po' sarà tutto finito” Le mani di lui scesero sul petto sudato del minore e con voce roca gli sussurrò “Vedrai, torneremo a divertirci assieme"
Bucky distolse il viso e d'istinto cercò di stringere le gambe per proteggere la propria intimità. L'ultima cosa che voleva fare era tornare a fare quei giochetti sadici con lui, l'ultima cosa che voleva fare era tornare in quella stretta cella e sentire le sue mani sul proprio corpo. Lente, dannatamente sporche che lo facevano sentire una bambola.
Avrebbe preferito uccidere e spesso sperava di finire ucciso nelle missioni, ma mai accadeva, mai la morte bussava alla sua porta e forse aveva capito il motivo. --Steve-- Si ripeté ancora una volta nella mente.
Non ricordava chiaramente il suo viso, non come prima, ma la sua voce la ricordava e le sue parole non riuscivano ad uscire dalla sua mente. “Per sempre assieme" Gli aveva detto e quelle parole l'avevano scosso. Non era riuscito a ucciderlo e questo mai era successo e anzi, l'aveva salvato. Steve era più importante di quanto potesse immaginare. --Steve--
Il mercenario tornò alla leva e nuovamente la abbassò. Le grida soffocate e gli spasmi violenti che il corpo aveva, fecero svanire totalmente l'immagine di Steve che Bucky aveva nella mente.
Non ricordava più il suo viso e la paura di dimenticarlo totalmente nacque nel suo corpo.
--Steve--
I minuti passavano, diventavano ore e in poco tempo in quella fatidica stanza c'erano solo lui e Rumlow. Più volte aveva udito la sua risata divertita mentre lo torturava e la speranza che smettesse diminuiva ogni volta che abbassava quella maledetta leva.
Era ormai sera quando Brock iniziò ad annoiarsi e sotto il consenso del dottore, smise la tortura. Lo slegò e lo prese sotto braccio trascinandolo nella sua cella.
Ormai l'immagine di Steve era completamente svanita, non ricordava il suo viso, né il fatto di averlo salvato. Il mercenario lo fece sedere e gli prese il viso, facendoglielo alzare. Brock osservava i suoi occhi, il suo sguardo vacuo e si chiedeva se davvero avesse completamente dimenticato Steve Rogers, se davvero ora fosse tornato il suo soldato, la sua bella bambolina. C'era solo un modo per saperlo.
Accarezzò i suoi lunghi capelli scuri e posò le labbra sulle sue. Non era un bacio dolce, non c'era nessun amore in esso. C'era possesso, c'era un amore malato dettato solo da violenza e possessione.
James non ricambiò, schiuse semplicemente le labbra e lasciò che l'uomo lo baciasse senza opporre nessuna resistenza. Il mercenario sorrise e lo strinse per poi farlo sdraiare, mettendosi su lui. “Finalmente sei tornato da me" Bucky ovviamente non rispose, come mai aveva fatto e osservò il soffitto, mentre l'altro abusava del suo corpo inerme.
Quello che né Brock, né i dottori potevano sapere era che avevano fallito. Aveva dimenticato il viso di Steve, ma non il suo nome e mentre subiva quella violenza sessuale, James chiuse gli occhi e fino alla fine ripeté il suo nome.
--Steve--
(*)
“Davvero non sai ballare?”
“No, io so ballare. È solo che non lo faccio da molto tempo”
Un vecchio stereo suonava in sottofondo una musica dolce e melodica di un piano forte. James osservava i due e si chiedeva come fossero arrivati a parlare di certi argomenti. E come potevano, dopo tutto quello che era successo, sembrare così tranquilli.
Era passato meno di un mese dallo scontro che avevano avuto, dalla divisione dei vendicatori e ancora i lividi sul suo corpo non erano passati.
La sua memoria era migliore rispetto a prima, ricordava Steve o meglio, ricordava qualche suo dettaglio. Ricordava chi fosse in precedenza, ma ancora non riusciva a capire perché il suo cervello, ma soprattutto il suo cuore, lo ritenessero così importante.
Perché il suo cuore batteva così forte in sua presenza? Perché non riusciva a smettere di osservarlo, anche quando il capitano non sapeva che lo stesse facendo? Sospirò e si rilassò sulla vecchia poltrona del rifugio dove si erano nascosti.
Steve e Natasha, per qualche motivo, si erano messi a ballare. Probabilmente lo stavano facendo per far rilassare le loro menti per qualche istante, per lasciare momentaneamente il senso di colpa da parte.
“Ahia! Steve, stai più attento per favore"
“Si, scusa"
Sul viso di Bucky si formò un sorriso divertito. Il capitano era veramente pessimo come ballerino e spesso calpestava i piedi della donna.
A lui non dispiaceva guardarli, si divertiva e allo stesso tempo sentiva uno strano sentimento di nostalgia nascere nel suo cuore, come se la situazione gli fosse in qualche modo familiare. L'imbarazzo di Steve era ormai palese, infatti le sue guance erano diventate rosse e nonostante ci provassero per molto tempo, la situazione non migliorò.
Era ormai sera quando la povera Natasha decise di arrendersi e preferì andare a recuperare del cibo per tutti e Bucky, osservando l'uomo fermo sul posto, con ancora la musica in sottofondo, iniziò a ricordare.
Il freddo invernale riempiva la stanza e l'odore fresco di pioggia riempiva le sue narici. Tutta quella situazione gli era familiare e forse anche Steve se ne accorse.
Il capitano si avvicinò a lui e gentilmente gli porse la mano. “Ti va di provare a ballare con me, Bucky?” James osservò la sua mano e il ricordo riapparve nitido nella sua mente. Ricordò il viso di Steve, il suo vecchio corpo, magro e fragile. “Si, balliamo" Mormorò con voce dolce, poggiando la mano sulla sua per poi stringerla, alzandosi.
“Adesso farai tu la donna, segui i miei passi, poi la farò io” Gli ripeté le stesse parole di quei tempi poi poggiò la mano sul suo fianco iniziando a fare i primi passi.
Non immaginava che un semplice ballo gli avrebbe fatto ricordare una cosa importante della loro vita.
Ricordava quel sentimento, ricordava la sensazione di calore che sentiva al petto e ricordava chiaramente il nome di quel fantastico sentimento; amore.
Steve lo guardò, non sapeva come faceva a seguire i suoi passi. Il cuore gli batteva a mille e gli occhi ormai erano diventati un pozzo di lacrime. Si sentiva felice, finalmente era tornato il suo Bucky, era tornato e mai avrebbe permesso che qualcos'altro li dividesse.
Dopo poco tempo i loro corpi si unirono e fu Steve il primo ad avvicinarsi a lui, a chiudere gli occhi ed a avvicinare il viso al suo per unire finalmente le loro labbra.
Bucky non si fece attendere molto. Unì le loro labbra in un dolce bacio mentre le sue mani lo stringevano con forza, aggrappandosi a lui, con il terrore che potesse sparire nuovamente fra le sue braccia e che qualcun altro o qualcos'altro potesse nuovamente dividerli, ma non lo avrebbe permesso.
Entrambi non lo avrebbero permesso e nonostante fossero nuovamente costretti a nascondersi da tutti per non essere scoperti, almeno adesso potevano stare insieme senza timore di far qualcosa di sbagliato.
Il loro amore non era sbagliato e non l’avrebbero più nascosto.
Mai più.
   
 
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