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Autore: Britomarti    09/10/2018    1 recensioni
Un odore pungente, familiare, fu la prima cosa che percepirono i suoi sensi storditi. La seconda sensazione fu il freddo che mordeva la pelle. Sempre con gli occhi chiusi, cercando di sfuggire all’ondata di nausea e al dolore che cominciava ad invadergli il corpo, cercò di capire che cosa stesse succedendo e dove si trovasse.Ricordava le grida, la concitazione, il suo cuore che esplodeva nel petto, l’eccitazione prima di gettarsi nella mischia. Ricordava il suo scudo a pezzi, la sua difesa strenua, poi un colpo e un altro ancora, fino a che non aveva perso conoscenza.
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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Britannia, 55 AC.
 
Un odore pungente, familiare, fu la prima cosa che percepirono i suoi sensi storditi. La seconda sensazione  fu il freddo che mordeva la pelle. Sempre con gli occhi chiusi, cercando di sfuggire all’ondata di nausea e al dolore che cominciava ad invadergli il corpo, risalendo lentamente verso il petto, cercò di capire che cosa stesse succedendo e dove si trovasse. Con il dolore, come se la sofferenza fisica stesse schiarendo l’oscurità che gli annebbiava la mente, stavano tornando anche i ricordi.
Confusi, falsati dalla rabbia e dalla paura. Ricordava le grida, la concitazione, il suo cuore che esplodeva nel petto, l’eccitazione prima di gettarsi nella mischia. Poi l’odore del sangue e la paura. Ricordava l’ammassarsi di corpi, l’intrico di membra, il clamore del ferro, il corpo a corpo quando aveva perso la spada e poi…che cosa era successo? Un uomo simile ad un dio, dalle linee nemiche, si era stagliato contro l’azzurro del cielo. L’aveva guardato. La cosa che lo aveva colpito era che il suo sguardo era limpido, duro come pietra, ma privo di odio o rancore. Aveva gridato qualcosa, prima di abbattersi contro di lui con uno schianto di tuono. Ricordava il suo scudo a pezzi, la sua difesa strenua, poi un colpo e un altro ancora e un altro, fino a che non aveva perso conoscenza…

Inspirò bruscamente e una scossa di dolore gli squassò il petto facendogli emettere un gemito soffocato. Aprì gli occhi e la prima cosa che vide, sopra di sé, accecante così tanto da fargli lacrimare gli occhi, fu il cielo plumbeo, carico di pioggia.
La seconda cosa che vide fu un volto bianco, tumefatto, con i lineamenti nascosti da un groviglio di capelli incrostati da fango e sangue. Era così vicino che poteva sentirne l’odore e dovette riesumare tutta la sua forza di volontà per non vomitare.
Si rese conto dopo vari, inutili, tentativi di muoversi che era schiacciato al suolo e che il peso che lo teneva ancorato contro la terra era un uomo, morto. Probabilmente ce n’erano altri.
L’altra sensazione che lo assalì, oltre a quella fisica del dolore a cui si stava pian piano abituando, era un’ondata gelida di panico. Sentì l’impulso disperato di mettersi in piedi, di togliersi quei cadaveri di dosso e allontanarsi da quel posto dove ora regnava la morte.
Mosso da quel terrore che gli stava serrando la gola riuscì a trovare la forza necessaria per spingere via quel peso – immenso- che lo bloccava e non senza fatica, fra un gemito e un’imprecazione, riuscì a strisciare fuori dalla pila di corpi sotto cui si trovava.
Si mise seduto, piegando le gambe sotto di sé. SI guardò di nuovo attorno e si rese conto, quasi con sorpresa, di essere sul campo di battaglia dove solo qualche ora prima – chissà quanto tempo era passato- aveva sognato la gloria.
Non c’era segno di splendore, di gloria, in quello che vedeva ora. Solo un grigiore uniforme, inframmezzato dal rosso del sangue, dei vestiti e dai corpi riversi a terra, deformati dallo strazio e dalla morte. L’odore, poi, era anche peggio della vista. Non lo tollerò più e gli si rovesciò lo stomaco.
Cadde di nuovo riverso, scosso dai conati e da una tosse che sembrava dovergli cavare i polmoni. Gli si annebbiò di nuovo la vista e temette di perdere di nuovo i sensi, ma riuscì a dominarsi.
L’attacco passò, così come era venuto, lasciandogli stavolta il dono di una mente lucida.
Tentò di mettersi in piedi, nonostante il tremito delle gambe e nello sforzo il dolore al petto parve farsi più acuto. Si rese conto di essere ferito. Qualcosa di appiccicoso faceva aderire la stoffa dei suoi abiti contro il torace. Abbassò lo sguardo e vide uno squarcio di pochi centimetri, poco sopra le costole. Tastò con dita delicate e sentì i contorni slabbrati della ferita. Non sembrava grande, ma doveva essere profonda a giudicare dal sangue che aveva perso. Continuò a tastarsi il petto: un’altra ferita. Stavolta toccarla gli fece lanciare un grido di dolore che spazzò il campo desolato come un vento improvviso.
Era ferito, d’accordo, ma respirava e poteva muoversi. Si disse che non era del tutto andato, che poteva ancora farcela. Mosse qualche passo, sempre continuando a guardarsi intorno.
Inciampava su aste rotte, spade spezzate, cumuli di corpi come quello sotto cui era sepolto e cercava di non contare quanti  uomini che avevano le sue stesse insegne fossero rimasti riversi al suolo, senza più la speranza di alzarsi come aveva fatto lui.
Continuò a camminare, solo essere vivente in quella valle di morte, senza neanche sapere dove stesse andando. Non era il momento di mettere alla prova il suo senso dell’orientamento. Non era sicuro di poter ricordare come tornare all’accampamento. E per quanto ne sapeva, il resto dell’esercito poteva essere in rotta. Sembrava che a terra ci fossero più appartenenti all’esercito nemico.
Poteva voler dire tutto o niente.
Trascinando i piedi e tenendosi premuto con una mano lo squarcio sul fianco, continuò a camminare verso il bosco che si trovava di fronte a lui; poteva vedere i primi alberi frondosi e sentire l’odore denso della resina, trasportato dal vento leggero che si stava alzando.
Ricordava di essere passato attraverso il bosco, con i suoi compagni, di aver respirato il gelo dell’alba ed aver visto il proprio respiro cristallizzarsi nell’aria scura prima del sorgere del sole. Aveva riso alla battuta di qualcuno, detta sotto voce, fra i denti per allontanare quel fantasma che aleggiava sopra le loro teste.
E dov’erano adesso, i suoi compagni? Aveva evitato di cercarli fra i caduti.

Era quasi arrivato alla prima fila d’alberi, sentiva l’erba più soffice – pulita – sotto i propri piedi, quando le gambe parvero farsi di pietra. Non riuscì a muovere un altro passo e sentì il dolore concentrato nel cuore esplodere con un fragore quasi assordante, che gli rimbombò nelle orecchie prima che cadesse nuovamente nel buio, riuscendo appena a trattenere una preghiera agli dei, stretta fra i denti.
                                                                                              *

[s1] Gli parve di riemergere da un sonno profondo, in cui non ricordava neppure di essere scivolato. Non appena riprese possesso delle sue facoltà si rese conto che qualcuno si muoveva accanto a lui. Sentiva il suo respiro, sebbene l’ombra degli alberi e la luce morente del giorno rendesse difficile vedere. Avvertì un tocco leggero all’altezza del petto e con uno scatto fulmineo afferrò la mano che si era posata sopra la sua ferita. Era una mano piccola e delicata; una mano di donna. Tirò con forza e sentì un gemito soffocato mentre si voltava per vedere chi si muovesse sopra di lui.
  I capelli rossi avevano un bagliore di fiamma nella luce sempre più scura; indossava abiti pesanti, di pelli e stoffa ruvida, delle tribù del luogo. Ed era spaventata, lo guardava con occhi spalancati e carichi di risentimento mentre cercava di sottrarsi alla sua stretta. La teneva ferma con una mano mentre con l’altra cercava di afferrare la spada che aveva al fianco. Si accorse che la spada non era dove doveva essere e ricordò, con un grugnito insoddisfatto che l’aveva persa nella battaglia.
Lei, approfittando di quel suo momento di distrazione, con uno strattone si divincolò, cadendo a terra accanto a lui, in uno scricchiolio di foglie secche.
L’uomo fece per mettersi in piedi ma il dolore delle ferite lo costrinse a sistemarsi nuovamente contro il tronco dell’albero a cui era poggiato. Si guardò attorno, col respiro affannoso, e vide che la foresta era immersa nella luce bassa del giorno che spariva. Non c’era nessuno, eccettuata la ragazza che ora lo guardava con sguardo ferino, accovacciata a terra. Si massaggiava i polsi dove segni rossi cominciavano a formarsi.
Lui la squadrò appena, poi ricordò cosa stesse facendo prima che lui prendesse conoscenza e si tastò il petto come a cercare altre ferite o qualche segno che testimoniasse quello che sospettava.
“Pensavi che fossi morto, vero? Ti è andata male ‘’
“Stavo controllando che fossi vivo’’ rispose lei con una scrollata di spalle, mettendosi in piedi con un movimento fluido.
Lui era rimasto stupito. Non si era aspettato che potesse capire la sua lingua né si sarebbe aspettato che potesse anche parlarla.
‘’Si, posso capirti e parlare la tua lingua’’ rispose lei, intuendo i suoi pensieri. Aveva una buona pronuncia, appena velata da un accento che lui non seppe cogliere ed una lieve incertezza della dizione.
Si avvicinò di qualche passo, un’ombra di preoccupazione le attraversò il viso pallido.
Lui si sentiva ancora troppo annebbiato e confuso per poter pensare a qualcosa da dire, tentò solo un inutile movimento per tirarsi in piedi ma anche questo fallì e lei si fece avanti per sorreggerlo.
“ Non dovresti muoverti. Sei debole, devi aver perso molto sangue”
“ Di quale tribù sei? Da dove vieni?’’
‘’Non ha importanza, adesso, io devo…’’
Lui la interruppe bruscamente, allontanando le mani di lei che cercavano di aiutarlo. Le lanciò uno sguardo diffidente “Che cosa vuoi da me? Che ci fa una donna sola in un bosco, a quest’ora?’’ la sua mente corse subito all’idea di un’imboscata, una trappola…Che ci fossero uomini armati? Barbari con pugnali e lance, nascosti nel fitto del bosco, pronti a finirlo?
“La mia casa non è lontana. Mi ero allontanata un attimo per…Beh, non importa. Poi ti ho visto a terra, ti devi essere trascinato fin qui. Credevo fossi morto” Si strinse nelle spalle e gli rivolse uno sguardo enigmatico. Lo stava studiando, esattamente come lui stava facendo con lei.
“Non posso rimanere qua fuori, quando cala la notte. Non dovresti nemmeno tu” aggiunse poi con un soffio di voce. Faceva freddo, poteva vederla rabbrividire sotto le vesti pesanti che indossava. Lui era talmente scosso e attraversato da brividi di dolore da non rendersi conto del freddo che cominciava ad aumentare, trasportato da un vento impietoso.
“No, hai ragione” rispose inspirando bruscamente e cercando di tenere a bada le ondate di nausea che cominciavano ad assalirlo. “Devo tornare all’accampamento’’.
“Non lo troverai mai al buio! E non andrai lontano con quelle ferite…”
“Cosa dovrei fare allora? Starmene qui ad aspettare di essere sbranato da lupi o ucciso dai tuoi compagni?” esclamò, sprezzante, rivolgendole uno sguardo feroce.
Lei parve lottare momentaneamente con se stessa, come se sentimenti contrastanti le attraversassero la mente. Poi, sembrò giungere ad una rapida decisione e risolutamente si fece di nuovo avanti per aiutarlo a tenersi in piedi.
“Devi venire con me. Non è molto cammino  da fare e se ti aiuto ci arriveremo prima che sia completamente buio.”
Lui la allontanò per la seconda volta, riuscendo finalmente a tenersi dritto, poggiandosi con una mano sul tronco robusto dell’albero alle sue spalle. Quasi gli venne da ridere a quella proposta. Se c’era una cosa che non avrebbe fatto era seguire una barbara nel bosco, per lo più sprovvisto di armi. Certo, non sarebbe stato difficile sopraffarla, minuta com’era, anche se poteva essere armata sotto tutte quelle vesti. Ma debole come si sentiva non era sicuro delle proprie capacità.
“ L’idea non piace nemmeno a me, credimi. Ma… Non posso lasciarti qui a morire’’
Doveva essersi accorta dell’espressione di scherno e del mezzo sorriso che si era stampato sulla faccia dell’uomo e la proposta dovette sembrare assurda anche a lei, eppure non la ritirò.
“Va’, donna, va’ per la tua strada e lasciami in pace. Sono sopravvissuto a quel massacro laggiù, gli dei devono avere in serbo qualcosa di grande per me. Non consentiranno che muoia così, in questo maledetto bosco”.
La ragazza scosse la testa, irritata e delusa allo stesso tempo. Non rispose e l’uomo diede per scontato che si era arresa. Le voltò le spalle, ignorandola. “Da che parte…Dei, se solo riuscissi a ricordare…”
Eppure erano passati per quei boschi, avevano battuto quei sentieri, lo ricordava. Non poteva essere così lontano. Ma la luce crepuscolare cambiava le cose. Gettava ombre dove prima non c’erano, rendeva tutto così impenetrabile alla vista. E la sua mente annebbiata, che passava da momenti di lucidità ad altri in cui sentiva una strana febbre impossessarsi di essa, non era in grado di sforzarsi abbastanza per ricordare in che direzione si erano avventurati, soltanto poche ore prima! Si mosse comunque verso nord, muovendosi semplicemente dove lo conduceva l’istinto. Sentì un sospiro alle sue spalle e capì che la ragazza era ancora lì. Non si voltò a guardarla, non aveva niente a che vedere con lei.
Ma non fece molta strada; un capogiro lo colse improvvisamente e in un attimo sentì le proprie gambe vacillare, come quando si era trascinato a stento verso il folto degli alberi mettendo quanta più distanza poteva fra sé e l’orrore del campo di battaglia.
Cadde a terra, ma non perse conoscenza. Sentì l’odore di muschio e terra umida e annaspò sulle foglie secche. Udì dei passi concitati e un attimo dopo sentì qualcuno inginocchiarsi accanto a sé. Alzò il viso quanto bastava per poterla guardare negli occhi. Lasciò che lei lo aiutasse, sfinito e dolorante, e si disse che in fin dei conti sarebbe stato meglio essere uccisi da lei che morire di freddo o di stenti trascinandosi carponi in un bosco sconosciuto.
Lei lo aiutò a rimettersi in piedi, a fatica, poiché era molto più bassa di lui e decisamente meno forte. Quando fu sicura che non sarebbe scivolato di nuovo si mise in cammino. Lui cercava di tenere il suo passo, trascinando in parte il proprio peso. Non dissero una parola, né si guardarono più. Furono costretti però a fermarsi varie volte, ma come lei aveva promesso non fu un cammino lungo.
Arrivarono in un punto in cui il bosco parve farsi più fitto e le ombre sempre più lunghe del crepuscolo sembravano addensarsi attorno a loro. L’uomo fu più volte convinto di vedere lo scintillio di uno sguardo in quel buio frondoso oppure di udire il suono di passi alle loro spalle, ma non apparve mai nessuno. Davanti a loro, infine, seminascosta fra gli alberi apparve una piccola capanna di legno.
Lei allora si voltò a guardarlo, ma senza dire nulla e gli fece cenno di seguirla. Spinse la porta e furono dentro.
 

 
  
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