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Autore: RoryJackson    09/10/2018    8 recensioni
Roy Mustang e Riza Hawkeye. Il nuovo Comandante Supremo finalmente ha preso una decisione, la decisione più ardua di tutta la sua vita. In fondo, si sa: all'amor non si comanda. Ma, ad un passo dal rivelarsi, sarà veramente così facile come pensa?
Dal testo:
“Comandante, cosa ci fa qui?” chiese la donna, mentre sbatté le palpebre più volte, “sono le tre del mattino”.
“Mi fai entrare, Tenente?” ribatté l’alchimista di fuoco, dotandosi del suo solito sorrisetto sornione. [...]
Questa storia partecipa alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea sul forum di EFP. Buona lettura!
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Roy Mustang, come poche volte gli era capitato nella vita, era titubante. Il bisogno era impellente, doveva assolutamente bussare a quella dannata porta - verso la quale se ne stava ormai impalato da diversi minuti - e varcare quell’atrio. D’altronde, cosa poteva mai spaventare il nuovo Comandante Supremo se non proprio le conseguenze di ciò che aveva intenzione di fare da tempo? Aveva avuto modo di riflettere - ed attentamente, per giunta - sul significato che per lui rappresentava. Era da quando era diventato Führer che cercava il coraggio di farsi avanti.
Ad ogni modo, finalmente aveva preso una decisione e starsene dirimpetto all’entrata di casa Hawkeye era da perdenti. E lui, di certo, non lo era.
Si strinse nella sua divisa blu, cercando di assumere un atteggiamento altero, dandosi il tono che avrebbe dovuto tenere il degno Comandate di un esercito e bussò alla porta. La sua fierezza, tuttavia, non gli impedì di deglutire a vuoto.
Mentre aspettava che la donna l’aprisse, Mustang si crogiolava nel suo elucubrare, ripetendo diverse volte nella sua mente le parole che avrebbe voluto dirle, imparando a memoria il discorso quasi come una filastrocca da recitare di fronte ai parenti. Si mise le mani nella tasca del lungo giaccone nero, stringendo nella mano destra la scatolina nera di velluto che conteneva un oggetto a lui prezioso quanto la sua stessa vita.  
Dopo qualche attimo, la porta si aprì, rivelando una donna dai capelli biondi lisci e scompigliati, dall’aria leggermente assonnata. Aveva indosso un pigiamone di pile beige, abbigliamento ben lontano dalla lingeria succinta delle donne che lavoravano nel bar della signora Madame Christmas. Si schiarì la voce, tentando di allontanare tali inopportuni pensieri.
“Comandante, cosa ci fa qui?” chiese la donna, mentre sbatté le palpebre più volte, “sono le tre del mattino”.
“Mi fai entrare, Tenente?” ribatté l’alchimista di fuoco, dotandosi del suo solito sorrisetto sornione. In realtà quella visione lo inteneriva.
Il primo Tenente Riza Hawkeye era una donna seria e composta, benché non fosse di per sé austera o crudele di natura. Svolgeva con particolare zelo il proprio lavoro, non per altro era il braccio destro dell’uomo che deteneva la carica più alta del paese e che proprio in quel momento era di fronte a lei.
Dunque, pedissequamente ottemperò alla richiesta del suo superiore.
L’uomo si guardò attorno mentre, oltrepassando il disimpegno, si intrufolò in cucina e si sedette su una delle sedie di legno attorno al tavolo.
Quando rivolse lo sguardo verso la propria assistente, Mustang notò che aveva cucita in viso un’espressione stranita.
“Ho delle pratiche che devo discutere con il mio primo Tenente”, disse l’alchimista, rispondendo alla domanda inespressa, “e, sì, a quest’ora della notte”.
Riza scosse il capo velocemente, cercando di abbandonare l’aria imbambolata che aveva evidentemente stampata sul volto e lo raggiunse in cucina, sedendosi di fronte a lui.
“Certo, signore”, asserì la donna, “mi dica tutto”.
Roy si perse nei meandri dei suoi occhi nocciola, che in quel momento gli rivolgevano un’occhiata di leggero imbarazzo. Benché non ritenesse opportuna una tale pudicizia - in quanto in passato, in una dolorosa circostanza, ella gli mostrò la sua schiena spogliandosi completamente di maglia e reggiseno - intuì che, probabilmente, era a causa dell’attuale abbigliamento. Ciononostante non era persona da nascondersi, porgendo a viso aperto le emozioni che le solcavano il volto all’uomo di cui si fidava ciecamente.
Era bellissima, nel suo pigiama di pile beige a quadroni e quell’aria da bambina che era in grado di assumere solo quando erano da soli.
“Tenente, io ti…” esordì lui, prendendo una buona pausa prima di continuare, “ti volevo dire che…”
Le parole. Quelle parole che si era promesso di dirle e che con impegno si era ripetuto fino alla noia, in quel momento era come se fossero svanite nel buio più totale.
“Volevo dirti che io sono il Comandante Supremo di questa nazione”.
“Sì…?” annuì Riza Hawkeye mentre lo guardò di sbieco, ormai confusa, facendo sentire l’alchimista di fuoco un perfetto idiota. Era forse la notte dei Capitan Ovvio? In quel preciso istante, Roy Mustang aveva solo una grande voglia di affondare il proprio viso nelle mani, per nascondere, almeno quanto possibile, il rossore di vergogna che nacque dopo quella gran figura da Capo di Amestris.
Il Tenente socchiuse la bocca sorpresa, potendo affermare che le volte in cui l’aveva visto così pasticcione si potevano contare sulle dita di una mano. Cosa c’era che non andava? Dunque, posò i gomiti sul tavolo e, stringendosi le mani, propose: “Gradisce una tazza di tè?”
L’uomo sospirò, leggermente frustrato ed annuì: “Ti ringrazio”.
“Cos’è che la turba, se posso saperlo?” Il suo tono era quasi noncurante, ma con una sospetta punta di dolcezza nella voce, mentre riempì un pentolino con dell’acqua che mise a scaldare sul fuoco. Dopodiché andò a sedersi nuovamente di fronte a lui.
Roy Mustang le rivolse uno sguardo, recuperando quella fredda determinazione e l’orgoglio di cui era ampiamente fornito. Era sicuro che ci sarebbe riuscito. Quella volta era la volta buona. Le parole sarebbero uscite spontanee, se lo sentiva.
Tuttavia, proprio quando si decise ad aprir bocca, mentre stringeva la scatolina di velluto nascosta in tasca così tanto da rischiare di romperla, dalla sua laringe non uscì che un mezzo suono soffocato.
“Ecco, Tenente…” mugugnò lui, quando la donna lo bloccò.
“Comandante, da quanti anni ci conosciamo?” chiese lei, con un sorriso gentile. Dove voleva andare a parare?
“Circa vent’anni, più o meno... perché me lo chiedi, Tenente?” rispose lui, non nascondendo una smorfia di smarrimento appena accennata.
“Direi che ci conosciamo da abbastanza tempo da permetterci di non avere riserve con l’altro, no?” ribatté, mentre accorgendosi che l’acqua bolliva, spense il fuoco, preparando due tazze.
Riza Hawkeye. L’unica donna sulla faccia della Terra che, con la sua indomita pazienza e gentilezza, riusciva a farlo sentire uno smidollato.
Roy Mustang si concesse di sorridere al riguardo, non obiettando nulla. In effetti, era vero: erano insieme da parecchio, ormai. E potevano vantarsi di conoscersi bene, il Comandante Supremo e la sua Tenente.
L’uomo si specchiò nell’acqua della tazza posata vicino, che prendeva con lentezza un colorito rossiccio.
“Hai ragione”, fu la ponderata replica, mentre si alzò e si mise di fronte alla donna, di nuovo seduta. Si inginocchiò e prese la scatolina, mostrandone il contenuto. Era un anello, con incastonato un punto luce molto raffinato. Hawkeye sbarrò gli occhi.
“Riza” esclamò Roy, finalmente chiamandola per nome, “io ti amo” continuò con calore l’uomo, quasi in un sussurro.
Il Tenente si portò una mano alla bocca, sconcertata.
“Vorresti sposarmi?” chiese infine, buttando fuori tutto ciò che aveva da offrirle: tutta la sua persona, la sua anima nelle sue mani. Perché ne facesse ciò che voleva.
Riza, dopo un leggero tentennamento, non poté che abbandonarsi ad uno dei sorrisi più genuini che gli avesse mai rivolto. Quasi non le venne da ridere tanto era inaspettata quella situazione.
“Preferisce avermi come moglie, piuttosto che come assistente?” lo rimbeccò lei.
Roy raccolse la sottile ambiguità di quella domanda e di rimando sfoggiò uno dei suoi sorrisi complici.
“Ti vorrei come l’una e l’altra” rispose lui, con semplicità, dopodiché continuò: “Sono il Comandante Supremo. Avrò pure il potere di decidere quale persona avere al mio fianco”.
La donna sorrise.
“Crede di aver bisogno di una promessa di amore eterno per suggellare i nostri sentimenti?” ribatté, prendendolo in giro e tenerlo ancora sulle spine. In realtà la risposta la conosceva già. Si prese solo qualche attimo per rimirare gli occhi dell’uomo che aveva antistante, dal nero profondo come un abisso, abituati a lanciare sguardi taglienti come una falce.
Mustang sbuffò lievemente mentre disse, prendendole con delicatezza la mano sinistra: “Credo solo che tu ed io non abbiamo bisogno né di parole né di convenevoli”.
Riza abbassò lo sguardo, quando una leggera sfumatura rosea le colorò le gote guardando il suo Comandante tenerle con una mano la sua sinistra e con l’altra l’anello a mezz’aria. Sorrise e contemporaneamente allargò le dita, in modo tale da sporgere l’anulare verso di lui.


“Sì, Roy” sussurrò, quasi in un sospiro, “ti amo anch’io”.











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Angolo dell'autrice: Sono nuova in questo fandom, ma credetemi: di solito non sono così dolciosa lol Tuttavia io A-DO-RO Roy e amo Riza e ho pregato affinché i due stessero insieme. Questa storia è scritta di getto, volendomi buttare a capofitto sul sentimentale. Forse con scarso successo (ma questo sarete voi a deciderlo). Io ho fatto del mio attuale meglio. 
Un bacio,
Ro
   
 
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