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Autore: Angel Of Fire    10/10/2018    8 recensioni
Nelle anime il legame del dolore è più forte del vincolo della felicità e della gioia, e l'amore che viene lavato dalle lacrime rimane puro, bello ed eterno.
(Kahlil Gibran)
Post TLJ
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Chewbacca, Lando Calrissian, Principessa Leia Organa, Rey
Note: Lime, Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 1.2


«Non ti sembra che Rey sia cambiata?»

«Che cosa vuoi dire?»

«Da quando è tornata da Bespin, ho l'impressione che non sia più la stessa.»

«Beh, in un certo senso, è sempre stata diversa da tutti noi.»

«Lo so. Ma non è questo che intendo. Che diceva Rose, a proposito di lei, l'altro giorno?»

«Che sembrava avere lo sguardo perso in qualcosa che a noi non è concesso vedere.»

«Esatto.»

«Poe, Rey è speciale. È un jedi. Per quanto possiamo affezionarci, prima o poi la sua strada prenderà una direzione diversa dalla nostra. Credo che tu debba cominciare a fartene una ragione. Tutti noi dobbiamo farcela.»

«No, tu non capisci. È accaduto qualcosa laggiù, Finn. Qualcosa che l'ha turbata enormemente e di cui ha paura di parlare.»

«Credi che abbia a che fare con lui?»

«Non lo credo. Ne sono sicuro.»




* * *



Cap. 1.2 – L'angelo caduto




Rey sbarrò gli occhi bramando l'aria come se fosse riemersa da una lunga apnea.

Solo dopo qualche istante si rese conto di essere ancora sdraiata nell'angusta cuccetta della hall principale del Falcon.

Si sollevò sui gomiti ansimando e poi, lentamente, si mise a sedere in quello spazio ristretto, con le gambe incrociate, passandosi la mano sulla fronte sudaticcia.

Non aveva idea di quanto tempo fosse passato, ma si sentiva più stanca ed agitata di quando si era coricata.

Finalmente riprese fiato ma, nonostante avesse ormai piena padronanza del suo corpo, non riusciva a placare l'inquietudine.

Non era in grado di giudicare se l'esperienza che l'aveva strappata brutalmente al sonno, era stata un sogno oppure un'altra visione. Aveva la sensazione che fosse stato qualcosa di diverso, di dannatamente reale, ma si era interrotto troppo presto per darle modo di capire di cosa si trattasse.

Cominciava ad averne abbastanza di quelle maledette manifestazioni della Forza. Come era accaduto su Takodana, erano totalmente inutili se poi la lasciavano con mille interrogativi ed un frustrante senso di impotenza.

Si rimise gli stivaletti, scese dalla cuccetta e si guardò intorno. Dei droidi non c'era traccia, di conseguenza era già giorno pieno. Non c'era tempo per rimuginare e perdersi in elucubrazioni mentali infruttuose, doveva ritornare al più presto alla base: c'era una guerra in corso e sarebbe stata certamente più utile accanto ai suoi compagni invece che a sprecare tempo prezioso per tentare di risolvere i misteri della Forza.

Urgeva trovare Chewbacca.


*


Come era accaduto a lei, anche lo wookiee non era riuscito a chiudere occhio nei regali alloggi di Lando, ed aveva anticipato il rientro sul Falcon. Lo trovò indaffarato davanti ad uno dei collettori che regolavano il flusso di tensione ai propulsori posteriori. Evidentemente aveva trovato un piccolo guasto che andava riparato prima di riprendere la rotta per Batuu, ma, nello stesso tempo, aveva avuto l'accortezza di non svegliarla e lasciarla riposare.

Sorrise amaramente nel vederlo così tranquillo e assorto nel suo lavoro, nonostante dentro di lui infuriasse la tempesta. Poteva comprendere perfettamente il turbinio emotivo che si agitava nel suo animo, perché lo aveva provato lei stessa e, a stento, era riuscita a non farsi sopraffare dall'odio e dalla vendetta.

Simili sentimenti erano un facile veicolo per il Lato Oscuro; lo sapeva, se lo sentiva, e lei non si sarebbe fatta risucchiare da quella spirale distruttiva.

Non aveva idea se Chewbe sarebbe mai stato in grado di perdonare Ben, per l'uccisione di suo padre; per un wookiee forse la faccenda era un po' più complicata, ma il fatto che sulla Starkiller non lo avesse colpito in un punto vitale, nonostante la sua mira infallibile, era il sintomo che non aveva avuto il coraggio di ucciderlo. Questo contribuiva enormemente ad alimentare le sue speranze.

«È grave? Hai bisogno di aiuto?» Qualunque fosse il problema, era sicura che in due l'avrebbero risolto più velocemente. Non vedeva l'ora di levare le ancore da quello strano posto in cui faticava sempre di più a sentirsi tranquilla.

Il grugnito di risposta di Chewbe la rassicurò: era una cosa da nulla. Sarebbero potuti ripartire anche senza riparazioni, visto che gli altri collettori funzionavano alla perfezione, lo wookiee aveva semplicemente sentito il bisogno di tenersi occupato.

«D'accordo, mi fido di te. Dove si sono cacciati i droidi?» indagò curiosa guardandosi intorno. Senza i discorsi petulanti di C-3PO e i cinguettii festosi di R2, il silenzio del Falcon era quasi inquietante.

Il gigante peloso mugugnò qualcosa a proposito di un giro turistico sulla suggestiva camminata della piattaforma fluttuante e lei strabuzzò gli occhi scoraggiata; a quanto pare il rientro alla base era subordinato ai loro comodi. Questa volta, al droide dorato chiacchierone, una bella strigliata non glie l'avrebbe risparmiata nessuno.

Tornò nella hall principale a malincuore e si abbandonò stancamente su una delle poltroncine che circondavano il tavolino tondo. Il ricordo di quello che aveva vissuto poco prima tornò a farsi vivo, insieme ad un discreto mal di testa.

Invidiò Chewbe che aveva trovato il modo di ingannare il tempo che li separava dalla partenza, lei invece si sentiva terribilmente inquieta.

Ripensò a Lando e a quella loro strana conversazione, al modo in cui aveva scrutato le sue reazioni quando le aveva parlato di Ben, come se avesse voluto a tutti i costi dimostrarle qualcosa. Tutto questo aveva il potere di destabilizzarla.

Aveva sempre contato solo su se stessa, fin da quando i suoi genitori l'avevano abbandonata a sopravvivere in un deserto; aveva imparato a resistere alla fame, al freddo, persino alla solitudine, eppure, in quel momento era come se stesse vivendo un'altra vita, imprevedibile e ignota, per la quale si riteneva impreparata.

La paura tornò a prendere il sopravvento sui suoi sensi. Ancora una volta si sentiva debole e vulnerabile e detestava sentirsi in quel modo.

«Non ditemi che vi state già preparando per la partenza!» Le parole improvvise e inaspettate di Lando la colpirono come una frusta, facendola sussultare.

Si voltò verso il tunnel che si innestava nella hall e lo vide avvicinarsi a passo spedito verso di lei, avvolto in un altro dei suoi mantelli variopinti. Doveva essere proprio una fissazione. L'ex contrabbandiere entrò nell'ampio ambiente guardandosi intorno con fare malinconico, carezzando le superfici sudicie e malridotte, come se gli riportassero alla mente antichi ricordi.

«Incredibile, questo pezzo di ferraglia è ancora in grado di volare, nonostante sia ridotto a poco più di un rottame. Credevo che ormai l'avessero parcheggiato in qualche lurida discarica a fare da fonte di approvvigionamento di pezzi di ricambio.»

Quell'esternazione ebbe il potere di farla sorridere: «Beh, non ci sei andato molto lontano...» In effetti sarebbe stato quello il suo destino, se non l'avesse sgraffignato ad Unkar Plutt per fuggire da Jakku insieme a Finn e BB-8.

Lando notò la sua reazione, rallegrandosi.

«Wow! Su quelle labbra imbronciate è spuntato un timido sorriso. Sono contento di essere riuscito a risollevarti un po' il morale.»

Rey scosse il capo. «Fossi in te non mi darei tutte queste arie» non poté fare a meno di consigliarli, anche se sapeva bene che sarebbe stato fiato buttato al vento.

Lando accusò il colpo e ridacchiò. «Che diavolo vi è preso, a te e a quel sacco di peli? Credevo che avreste apprezzato la mia ospitalità. Invece ve la siete filata. Il letto non era abbastanza comodo?»

«Lo era troppo» ebbe l'accortezza di fargli notare, «non sono abituata a certi lussi. Mi trovo più a mio agio qui, sul Falcon. E Chewbe sta lavorando ad un piccolo guasto. Non la prendere a male» tenne a precisare, confidando nella sua comprensione.

«Beh, non sai come ti capisco. Ho passato i migliori anni della mia vita a bordo di questo gioiello.»

«Gioiello?» Rey alzò un sopracciglio perplessa. Solo un minuto prima lo aveva definito pezzo di ferraglia e rottame.

«Ai miei tempi lo era sul serio, prima che Han me lo soffiasse, vincendolo ad una partita di Sabacc. Barando, ovviamente.» Quella perdita gli bruciava ancora, nonostante fossero passati ormai tanti anni. Era ancora convinto che quella meravigliosa astronave avrebbe conosciuto un destino meno cruento se non fosse finita nelle grinfie del suo amico. Han era un pilota straordinario, ma aveva la particolare abilità di riuscire a demolire tutto quello che gli passava per le mani.

«Tu sei stato il primo possessore di questa nave?» Rey non riuscì a nascondere lo stupore e l'entusiasmo.

«Beh, non proprio il primo. Ma ti posso assicurare che, finché ne sono stato il proprietario, non aveva nemmeno un graffio.» Le strizzò l'occhio sornione, sedendosi sulla poltroncina proprio di fronte a lei. «Restate ancora un giorno. Sarò ben felice di ospitarvi, e nel frattempo i miei meccanici rimetteranno in sesto il Falcon. Mi pare più malridotto del solito.»

Rey rimase sorpresa e lusingata da quell'offerta, ma i suoi piani per l'immediato futuro erano leggermente diversi. «Sei molto gentile, ma ho fretta di ripartire. Questo gioiello se l'è sempre cavata più che bene, sono sicura che non ci deluderà, nemmeno nelle fasi decisive della guerra. A volte ho come l'impressione che abbia vita propria...»

Lando annuì. «In un certo senso è così. Nel suo computer centrale, molto tempo fa, ci caricai la memoria di una cara amica» le confidò nostalgico, ricordando con tristezza L3.

Rey gli riservò uno sguardo tenero. «Sai, quando vivevo su Jakku, ho sempre pensato che il Falcon, i jedi, la Forza... fossero solo miti, leggende, un mucchio di storie affascinanti portate dai forestieri, e che difficilmente avevano un fondo di verità. Poi ho incontrato Han... e tutto si è improvvisamente concretizzato. Sono stata risucchiata in un mondo di cui non immaginavo l'esistenza e ne sono diventata parte integrante. Forse non sono pronta ad affrontare quello che la Resistenza si aspetta da me. Ho paura di deluderli...» Non sapeva perché aveva sentito l'esigenza di confessare a Lando quella sua debolezza, ma in quel momento era l'unico che la stava ad ascoltare e lei aveva un disperato bisogno di aprirsi.

«Nessuno può dirsi pronto, fino a quando non affronta ciò che il destino gli pone davanti. Credi che Han fosse preparato a morire? Eppure non ha lasciato nulla di intentato pur di salvare suo figlio. Quel dannato filibustiere mi ha trascinato nelle imprese più assurde, credi che se ne sia mai fatto un problema? Accidenti a lui!»

Rey sorrise. «Già, la vostra deve essere stata una vita molto avventurosa e movimentata.» Lo disse con una punta di malinconia, rattristandosi. Anche se con Han aveva condiviso solo pochi giorni, erano stati particolarmente intensi. Le mancava terribilmente, come se lo avesse conosciuto da una vita. Assistere alla sua morte era stata un'esperienza orribile, eppure era riuscita a superare l'orrore di quel gesto e a guardare Ben con occhi diversi: non più come uno spietato assassino, ma come una vittima di una subdola manipolazione a cui aveva avuto il coraggio di ribellarsi. Che poi l'avesse fortemente delusa sotto altri aspetti, era un altro paio di maniche.

«Oh, ci puoi giurare!» Lando sbatté un pungo sul tavolino con enfasi. «Abbiamo attraversato la galassia in lungo e in largo e messo nel sacco i peggiori criminali, contrabbandieri e cacciatori di taglie in circolazione. Ce la siamo sempre cavata alla grande. Eppure... la sua vita è stata spezzata nel modo più assurdo e crudele. Quella vecchia canaglia ha lasciato un vuoto incolmabile.»

Rey gli sorrise malinconica; dopotutto non si era pentita di aver conosciuto Lando, era a tutti gli effetti parte della famiglia Solo, e se Leia aveva scelto proprio lei per contattarlo, la riteneva emotivamente coinvolta e, in un certo senso, parte di quella stessa famiglia.

«Mi dispiace di essere stata aggressiva e scortese, ieri» si sentì in dovere di scusarsi cercando i suoi occhi scuri e ancora vivaci, nonostante l'età ormai avanzata.

Lando sospirò. «E a me dispiace di averti messo in difficoltà, parlandoti di Ben. Davvero, non era mia intenzione» le confessò, in tono paterno.

«Oh, sì che lo era» sorrise, assottigliando lo sguardo, «ma non importa» ci tenne a tranquillizzarlo, «so che dovrò ancora confrontarmi con lui. È inevitabile... Adesso però non voglio pensarci, la mia priorità è un'altra. Leia ha bisogno di aiuto e ho il dovere di starle vicino. Tutti noi glielo dobbiamo» ammise fiduciosa.

L'ex contrabbandiere annuì. «Hai perfettamente ragione, questo è lo spirito giusto. I miei ingegneri hanno lavorato tutta la notte per quantificare il gas tibanna necessario per rendere pienamente operativa Alderaan Prime. Non appena avremo estratto la quantità sufficiente, fornirò a Leia alcuni contatti che provvederanno al trasporto e alla consegna.»

A quelle parole Rey si rabbuiò, ma Lando non si lasciò impressionare.

«So già a cosa stai pensando» la anticipò, notando la sua espressione corrucciata ed un suo accenno di protesta.

Rey serrò la mascella. «Sono criminali?» Più che una domanda aveva tutta l'aria di una constatazione.

«È gente di cui ci si può fidare, è un tantino diverso» tagliò corto deciso, inarcando le sopracciglia, prima che lei potesse replicare ulteriormente. «Leia li ha già conosciuti per vie traverse, tramite Han. Non è la prima volta che la ribellione si affida alla malavita per risollevare la sua condizione dopo una pesante sconfitta. La galassia è immensa Rey, credi che esistano soltanto la Resistenza e il Primo Ordine? Non ci sono solo i buoni e i cattivi, è un pelino più complicata la questione. È ora che cominci ad ampliare i tuoi orizzonti.»

La giovane jedi sospirò nervosa, quello lo stava già facendo, ma non riuscì comunque a nascondere la preoccupazione per una rivelazione così brutale, anche se fu costretta ad accettarla. «Spero tu sappia quello che fai. E anche Leia.»

«Credimi, è l'unico modo per non destare sospetti ed attirare l'attenzione. Se ci affidassimo ai frequentatori delle tratte abituali, avremmo il Primo Ordine alle calcagna ancora prima di azionare l'iperguida.»

Proprio in quel momento Chewbacca li raggiunse nella hall, annunciando con un vivace ruggito che le riparazioni erano ufficialmente concluse.

Lando inspirò profondamente. «Bene, credo che sia giunto il momento di salutarci.» Si sollevò dalla poltroncina un po' a fatica e andò ad abbracciare lo wookiee. Poi si rivolse verso di lei porgendole la mano, questa volta con fare fraterno. «È stato interessante conoscerti, Rey. Sei una ragazza in gamba, credo proprio che Leia ci abbia visto giusto.» Le strizzò l'occhio compiaciuto.

Rey si alzò in piedi e glie la strinse con gratitudine, regalandogli un sorriso sincero, anche se aveva la leggera impressione che quella canaglia le avesse lanciato l'ennesima frecciata su suoi improbabili interessi romanici verso il Leader Supremo.

«Abbi cura di lei. So che è una donna forte, ma ha subito troppe perdite e, per quanto cerchi di non gravare sulle spalle di nessuno... non è indistruttibile.»

A quella preghiera accorata non poté fare a meno di annuire. «Lo farò, non temere» lo rassicurò, sentendo già le lacrime pungerle gli occhi.

Lando salutò entrambi con un deciso cenno del capo. «Che la Forza sia con voi. Sempre.»


*


Non appena l'ex contrabbandiere ebbe lasciato il mercantile, Rey scoccò un'occhiata infuocata allo wookiee: ne aveva abbastanza delle piattaforme fluttuanti di Bespin, «Chewbe, prepariamoci a partire, cercherò di contattare C-3PO attraverso il comunicatore e gli intimerò di tornare. Non vedo l'ora di rientrare alla base e portare buone notizie.»

Il grugnito di approvazione del gigante peloso, la mise di buon umore, mentre si sedeva alla postazione computerizzata e si infilava le cuffie.

«Ehi, ascoltami bene, testa di latta! Tu ed R2 avete al massimo cinque minuti per tornare sul Falcon, dopodiché partiremo senza di voi.»



* * *


Avevano ripreso la rotta per Batuu ormai da un paio d'ore. Il salto nell'iperspazio sarebbe stato abbastanza lungo ed ognuno di loro impiegava il tempo d'attesa come meglio credeva. Come punizione per aver incautamente lasciato la nave, Rey aveva costretto C-3PO a tradurre una delle parti più ostiche dell'antico Codice Jedi.

Quello specifico passo era particolarmente importante perché parlava ampiamente del cuore pulsante di ogni spada laser: il cristallo kyber.

Rey sperava di riuscire a reperire abbastanza informazioni per riuscire a riparare la spada.

«Signorina Rey, sono mortificato, ma anche in questo capitolo non si fa alcun riferimento a come ricomporre o riutilizzare un kyber spezzato*.» Il droide si lamentò con rammarico.

«Rileggi. Deve pur esserci qualcosa» gli ordinò nervosa. Non poteva credere che non esistesse nemmeno un accenno, un minimo appiglio al quale aggrapparsi per tentare di risolvere il problema.

Aveva smontato completamente la spada, aveva riparato le parti danneggiate ed aveva provato ad attivarla con una sola metà del cristallo. Anche se era più piccola, sperava che potesse funzionare ugualmente. Invece era stato tutto inutile, le due metà del kyber non sprigionavano più alcuna luce, erano opachi, privi del più piccolo segno di vita.

C-3PO si rimise al lavoro, rileggendo, traducendo e rielaborando, ma le poche nozioni che venivano fuori erano sempre le stesse: il kyber era il cuore della lama, era un vero e proprio essere vivente legato in maniera indissolubile al proprietario della spada. Il cristallo chiamava il suo padrone durante un rituale denominato la messe, il giovane apprendista veniva scelto, e da quel momento tra lui e il cristallo si creava una vera e propria interconnessione che durava per tutta la vita.

Il caso della spada in suo possesso però era anomalo. Era appartenuta ad Anakin, che sicuramente aveva trovato per primo il cristallo e l'aveva assemblata, poi era passata al suo maestro, Luke Skywalker, che l'aveva persa durante lo scontro con Vader, infine, dopo chissà quali peripezie, era finita nella cantina di Maz Kanata dove aveva chiamato lei, mostrandole visioni del passato e del futuro. Era in quell'occasione che aveva visto Kylo Ren, per la prima volta. Ricordava ancora con angoscia il terrore che aveva provato in quei momenti, tanto da farla scappare il più lontano possibile da quel luogo.

Non le restava che rassegnarsi, quel Kyber era morto, e l'avevano ucciso lei e Ben.

Forse l'unica soluzione era procurarsi un nuovo cristallo, uno che fosse solo suo e che non avesse nessun legame con la famiglia Skywalker.

«C-3PO su quali pianeti, gli apprendisti, affrontavano la messe?»

Il droide elaborò la domanda per qualche secondo, interrogando diligentemente la sua banca dati. «Ci sono molti pianeti che presentano, nelle loro profondità, miniere di cristalli kyber, alcuni sono stati completamente saccheggiati, come Jedha. Altri ne sono ancora ricchi ma è estremamente difficoltoso reperirli perché le miniere non sono superficiali. Ma c'è un luogo, in particolare, in cui i giovani padawan si recavano con più frequenza, un pianeta estremamente impervio, ma che ha ancora l'ingresso alle grotte ricche di kyber facilmente accessibile dalla superficie. Si tratta del pianeta Ilum.»

«Bene, vada per Ilum, allora. Se non c'è alcun modo per riparare il cristallo, me ne procurerò uno nuovo.»

R2-D2, che aveva assistito a tutta la scena, emise tutta una serie di bip e segnali luminosi, muovendosi agitato. «Sta zitto! La signorina Rey sa perfettamente a cosa va incontro, avventurandosi in questa impresa. Abbi fiducia nelle sue capacità.»

Rey sorrise, cercando di tranquillizzare il piccolo droide che sembrava totalmente fuori di sé.

«Se non le dispiace, chiedo il permesso di auto disinserirmi per qualche ora» la supplicò C-3PO, «a causa dell'intensa attività di elaborazione i miei transistor positronici si sono notevolmente surriscaldati. Potrei rischiare un corto circuito.»

La giovane jedi annuì. «Permesso accordato.»

Si sentiva un po' in colpa per averlo spremuto per bene, ma qualcosa era riuscita ad ottenere. Ora aveva uno scopo, una missione. Il suo maestro sarebbe stato orgoglioso di lei.


*


Sul Falcon era sceso il silenzio. Chewbe forse stava riposando o era impegnato in qualche controllo di routine.

In attesa del rientro alla base Rey pensò di rendersi utile dando una sistemata al casino che dilagava in ogni angolo di quel rottame.

Era china su dei contenitori metallici accatastati nella hall principale, intenta a riordinare alcune chiavi idrauliche che aveva trovato abbandonate nei posti più disparati, quando ad un tratto, una strana sensazione le piombò addosso, costringendola ad alzare la testa.

Un lieve senso di vertigine le diede l'impressione che il Falcon stesse girando su se stesso. Ma era impossibile dato che stavano viaggiando a velocità luce. Si stropicciò gli occhi e sbatté velocemente le palpebre per schiarirsi la vista.

Si guardò attorno perplessa: tutto pareva al proprio posto, eppure qualcosa era cambiato.

L'assalì la stessa sensazione che aveva provato molte ore prima quando aveva avuto l'impressione di essere stata catapultata in un'altra dimensione.

Udì degli strani fruscii provenire da uno dei corridoi che si innestavano nella hall, si alzò e si girò verso quello che portava alla stiva e alle cabine dell'equipaggio. Mosse alcuni passi in quella direzione lentamente, addentrandosi nel tunnel con circospezione.

«Chewbe?» chiamò, senza smettere di guardarsi intorno, con tutti i sensi allertati. «Sei tu?» insistette, senza ricevere alcuna risposta. Dove si era cacciato? Stranamente c'era troppo silenzio e non c'era più nessuna traccia dei droidi. Sparivano sempre quando c'era bisogno di loro.

Percorse tutto il corridoio fino in fondo e poi riemerse dalla parte opposta, tornando nella hall, pervasa dalla brutta sensazione che quello non fosse lo stesso Millenium Falcon sul quale era salita su Bespin.

Era la nave di Han, su questo non vi era alcun dubbio, ma c'era qualcosa di diverso, dettagli, piccolezze, che solo un occhio attento come il suo avrebbe potuto cogliere, e quella consapevolezza le provocò un intenso brivido di paura.

Si girò di scatto quando scorse un'ombra scura sgusciare fuori da un mucchio di casse e sparire dietro le poltrone.

Deglutì a vuoto, col cuore che le martellava nel petto, cercando di metabolizzare il sospetto che probabilmente sul Falcon c'era qualcun altro. Si decise ad indagare, doveva assolutamente andare in fondo alla faccenda; se a bordo avevano un clandestino, sarebbe stato un disastro di immani proporzioni. Già immaginava di sentire le sonore proteste di Chewbacca alla necessità di dover invertire la rotta.

Si avvicinò con cautela alle poltrone impugnando saldamente il blaster, ne costeggiò la curva fino a raggiungere la parte posteriore, acuì lo sguardo per scoprire finalmente chi si nascondeva dietro il divanetto.

Quello che la vista le restituì, riuscì a sorprenderla: debitamente accucciato, con le braccia minute, avvolte attorno alle ginocchia, c'era un bambino di quattro o, al massimo, cinque anni.

Rey abbassò immediatamente l'arma, infilandola nella cintura e lo fissò incredula.

«E tu da dove salti fuori? Che ci fai nascosto qui?» gli chiese dolcemente per non spaventarlo, tirando un sospiro, anche se il cuore le batteva impazzito nel petto e minacciava di sfondarle la gabbia toracica.

Il piccolo clandestino sollevò la testa e la accolse con un sorrisino impertinente. «Stavamo giocando. Non te lo ricordi?»

Nello scoprire il viso del piccolo, Rey sgranò leggermente gli occhi. «Che stai dicendo? Come ti è saltato in mente di salire su questa nave? È molto pericoloso, tu non puoi stare qui» lo ammonì dolcemente per non intimorirlo, continuando a studiarne i lineamenti che sembravano avere qualcosa di vagamente familiare.

A quel punto il bambino si alzò in piedi, le si avvicinò a piccoli passi senza apparire particolarmente impaurito, e a Rey si strinse il cuore. Pareva più alto per l'età che dimostrava, indossava una tuta intera beige, con le bretelle sbrindellate che gli ricadevano mollemente sulle spalle e un maglioncino a collo alto che, una volta lavato, difficilmente sarebbe potuto tornare bianco. Da sotto il bordo dei pantaloni troppo lunghi, spuntavano due piedini, di cui solo uno infilato in un calzino sudicio.

Rey maledì la sua imprudenza. Era stata incauta a lasciare il portello del Falcon aperto durante la permanenza su Bespin, ma non immaginava che qualcuno avrebbe colto l'occasione per sgattaiolare dentro. I genitori di quel ragazzino dovevano essere tremendamente in pena.

«Sei tu che sei salita sulla mia nave e poi ti sei nascosta. Ora tocca a me nascondermi» chiarì invece il piccolo, leggermente contrariato, «prova a prendermi!» le ordinò in tono perentorio.

A quelle parole Rey sussultò incredula. Riconobbe senza ombra di dubbio, la vocina infantile che aveva udito in quella specie di sogno e un assurdo senso di confusione si impadronì di lei. Che stava succedendo? «Chewbe!» chiamò a gran voce, nella speranza che accorresse e le dimostrasse che quello che stava vivendo non era uno scherzo della sua mente.

La sua richiesta però rimase inascoltata.

Il bambino le riservò un sorrisino furbo. «Chewbe non c'è. È con la sua famiglia. Lo abbiamo accompagnato io e papà nell'ultimo viaggio» spiegò risoluto.

«Cosa? Ma che stai dicendo? Era qui fino a pochi... minuti...» le parole le morirono miseramente in bocca nell'istante in cui venne pervasa da una drammatica consapevolezza. «Aspetta un momento. L'avete accompagnato tu e papà?» Non poteva essere vero. «Qual è il tuo nome?» riuscì appena a mormorare, prima che la gola le si seccasse del tutto.

«Ben. E tu come ti chiami?»

A quella rivelazione Rey rimase impietrita. Deglutì a vuoto. Solo qualche tempo dopo si ricordò che, per sopravvivere, doveva anche respirare.

Finalmente le fu tutto più chiaro: quegli occhi grandi, scuri e profondi, che la osservavano vivaci, le labbra carnose e rosate, i lunghi riccioli neri scompigliati sulla testolina, i numerosi nei sparsi sulle guance ancora paffute, non lasciavano alcun dubbio. Quel bambino era proprio Ben. Il suo Ben.

Era assurdo. Perché la Forza le stava mostrando una cosa del genere? Non riusciva proprio a trovare un senso, né una spiegazione logica.

Inspirò profondamente e cercò di calmarsi. Forse era davvero solo un sogno o, peggio, una sua autosuggestione dovuta ai racconti di Lando. Doveva trovare il modo di tornare alla realtà.

Si allontanò da lui compiendo qualche passo all'indietro, quasi ne fosse spaventata, ma il piccolo tenacemente la raggiunse, senza staccarle gli occhi di dosso. «Come ti chiami?» ripeté, con insistenza.

«Rey... sono Rey» sussurrò appena, ancora incredula e turbata.

«Mi piaci, Rey!» commentò, arricciando il nasino, «lo dirò a mamma, così mi crederà. Stavolta deve credermi» esclamò trionfante, saltellando sul posto.

«In cosa deve credere la tua mamma?» indagò lei, chinandosi su di lui per catturare meglio i suoi occhi.

«Che ti ho visto» spiegò, aggrottando le sopracciglia, rattristandosi, «lei non mi crede. Dice che esisti solo nella mia testa.» Le si avvicinò ancora di più, allungò una manina paffuta, in cui spiccavano un paio di dita incerottate e, titubante, le sfiorò il viso. «Ma tu esisti. È vero che esisti Rey?»

A quel leggero tocco lei sussultò leggermente. No, decisamente non era un'illusione.

Prese quella piccola mano tra le sue e gli sorrise addolcendo lo sguardo. «Certo che esisto» lo rassicurò, sentendo le lacrime salirle agli occhi. «Mi senti? Sto stringendo la tua mano» gli sussurrò commossa, spinta da un irrefrenabile sentimento di compassione verso di lui.

Ben ritirò la mano e le restituì un ghigno impertinente. «Adesso ti faccio vedere una cosa. Ma mi devi promettere che resterà un segreto tra noi.»

«D'accordo» rispose incuriosita, asciugandosi gli occhi umidi di lacrime.

Ben tirò fuori da una tasca un paio di dadi dorati, legati da una catenella e iniziò a farli lievitare fra le dita.

Rey rimase incantata dall'abilità con cui sapeva farli volteggiare nel vuoto. «Oh... Sei molto bravo. Perché vuoi che resti un segreto?» indagò preoccupata.

«Mamma non vuole che lo faccia davanti a tutti. Dice che è sbagliato.»

Rey aggrottò la fronte. «Forse sta solo cercando di proteggerti.» Non sapeva perché aveva avuto l'esigenza di giustificare le azioni di Leia, forse perché non poteva credere che fosse stata una madre rigida e autoritaria nei confronti di suo figlio.

Ben scosse il capo contrariato. «No. Dice che potrei fare del male» le confessò determinato. Nei lineamenti gentili del piccolo, Rey scorse un impercettibile guizzo di rabbia, lo stesso che gli avrebbe visto anni più tardi, ma notevolmente amplificato. «Ha paura di me, tutti ne hanno» sentenziò serio, e a lei si gelò il sangue. «Anche tu ne hai, Rey?»

La giovane jedi deglutì a vuoto, e per qualche istante non seppe cosa rispondere. «Certo che no. Perché dovrei averne?» tentò di rassicurarlo, con scarsi risultati.

«Dimostramelo che non hai paura» la sfidò invece lui, scrutandola in modo inquietante.

«D'accordo» lo rassicurò vedendolo sgranare gli occhi scuri per lo stupore, come se non si aspettasse di essere accontentato.

Rey inghiottì un groppo amaro, si inginocchiò, si protese verso di lui e lo strinse forte a sé, in un gesto istintivo e disperato. Solo allora si rese conto di quanto fosse piccolo e indifeso.

In quello stesso istante percepì tutta la tristezza di Ben, la sua immensa solitudine, il terrore dell'abbandono impresso nel profondo della sua anima, ed un'ombra, potente e oscura, che aleggiava assetata e predatrice su di lui.

Istintivamente lo strinse ancora più forte. Quel dolore acuto e spietato, che proveniva da lui e che aveva invaso i suoi sensi, era esattamente lo stesso che aveva provato da bambina, e che l'aveva accompagnata, giorno dopo giorno, per anni.


Io e te siamo simili...


Improvvisamente comprese, e fu come se le dense nubi che le avevano impedito di guardare fino in fondo, si fossero dissolte.

Avrebbe tanto voluto fare qualcosa, portarlo via da quel destino crudele e ingiusto che lo attendeva, ma ancora una volta si rese conto di essere impotente.

Quello non era il suo tempo, non era il suo momento.

Quando Ben era un bambino lei non esisteva. Forse la Forza le aveva concesso la possibilità di affacciarsi in quella lieve fessura aperta nel tempo, intrufolarsi nella vita di Ben e guardare, con i suoi occhi chi era veramente e quello era stato costretto a sopportare.

Il piccolo si lasciò stringere ma non ricambiò l'abbraccio, restando immobile e sconcertato. Poi si divincolò dalla sua stretta e la fissò con un cipiglio cupo, studiandola attentamente. «Tocca a me andarmi a nascondere adesso» protestò serio, come se improvvisamente fosse tornato ad essere un innocuo ragazzino a cui aveva dato fastidio interrompere il suo gioco.

Rey annuì leggermente, aggrottando la fronte. «Va bene. Va a nasconderti. Tra un po' verrò a cercarti» lo accontentò, trattenendo a stento l'angoscia. Non avrebbe mai voluto lasciarlo andare, ma non poteva evitargli di affrontare il suo destino. Non poteva interferire in quello che già era successo. Avrebbe potuto agire nel suo tempo e influire sul suo futuro, se solo il loro legame non si fosse spezzato.

Ben assottigliò lo sguardo e la scrutò intensamente, nello stesso modo in cui avrebbe fatto molto tempo dopo. Allungò una mano sul suo viso e raccolse una lacrima che incautamente le era sfuggita. «Perché stai piangendo?» le chiese curioso, osservando la punta delle sue dita bagnate.

«Non è niente... sono solo un po' triste» gli rispose sorridendo, scompigliandogli i capelli già arruffati. «Adesso corri, vai a nasconderti» ribadì, con un lieve cenno della testa, e lui annuì ricambiando il sorriso, stavolta soddisfatto.

Rey lo vide saltellare verso il corridoio e sparire dentro l'oscurità, come se fosse stato inghiottito dal nulla.

Poi tutto scomparve anche intorno a lei.


* * *


«Signorina Rey! Signorina Rey, va tutto bene?»

No, non andava bene per niente. Un acuto mal di testa sembrava volergli aprire il cranio in due. E la martellante voce metallica di C-3PO non migliorava affatto la situazione. Sollevò le palpebre a fatica e la maschera inespressiva del droide fu la prima cosa che riuscì a mettere a fuoco.

Si rese conto di essere sdraiata a terra supina, nel bel mezzo della hall principale, mentre i droidi e Chewbe le orbitavano in torno con fare preoccupato.

Lo wookiee le diede una mano a rimettersi in piedi.

«Grazie Chewbe. Sto bene, non temere. È stato solo un capogiro, almeno credo...» si sentì in dovere di rassicurarlo.

A parte un leggero senso di vertigine e un forte mal di testa, stava alla grande, almeno fisicamente. Emotivamente invece, era un vero disastro.

Quello che aveva vissuto era stato incredibile e angosciante nello stesso tempo, e si guardò bene dal farne parola con i suoi compagni. L'unica cosa che desiderava ardentemente era di potersi sdraiare, chiudere gli occhi e tentare di scollegare il cervello dal resto del corpo. Stava seriamente rischiando di impazzire.

«Io... io... credo di aver bisogno di stare un po' da sola...» riuscì appena a mormorare, confusa, allontanandosi da loro.

Abbandonò la hall barcollando, con lo sguardo perplesso di Chewbacca puntato addosso.


*


Rey si appropriò della cabina del capitano con un'arroganza che non le era mai appartenuta. Chiuse il portello dietro di sé e vi si appoggiò con la schiena, sospirando esausta, come se con quel gesto potesse tenere fuori tutto il resto della galassia. E in quel momento lo desiderava ardentemente.

Sollevò lo sguardo stanco e spento, e diede una rapida occhiata all'interno. Lo spazio era piuttosto ampio, c'era un piccolo bagno privato da un lato e un letto che fuoriusciva di almeno mezzo metro dall'incavo della cuccetta e dava l'idea di essere più comodo di quello mezzo sgangherato della hall principale. Era perfetto, considerando che in quel momento si sarebbe gettata a peso morto anche su un giaciglio di paglia.

La sua mente le chiedeva insistentemente di analizzare quello che le era appena accaduto, che aveva vissuto così intensamente, ma si obbligò a soffocare quel desiderio. Era pericoloso.

Entrò nel bagno, aprì il rubinetto del lavabo e si sciacquò abbondantemente il viso con l'acqua gelata. Solo allora riuscì a trovare un po' di sollievo. Studiò la sua immagine riflessa nello specchio e ne rimase turbata. Aveva l'aria stanca ed abbattuta, i capelli disfatti, gli occhi gonfi ed arrossati.

Non ci voleva una mente geniale per capire che aveva un disperato bisogno di dormire, ma era frenata dal terrore di sprofondare nella disperazione un'altra volta. Si sentiva prigioniera, intrappolata un vicolo cieco.

Tornò nella cabina abbandonandosi ad un lungo sbadiglio e posò il blaster su una mensola. Lentamente si tolse anche la cintura di cuoio e il gilet di stoffa chiara e grezza, gettandoli a terra. Si liberò di tutto quello che la appesantiva, restando solo con la maglia leggera incrociata sul petto e i calzoni.

Si girò verso l'ampia cuccetta, decisa a buttarcisi dentro e rimanerci fino al loro arrivo su Batuu, ma fu inaspettatamente frenata da qualcosa che le sconvolse completamente la vista: sdraiato sul letto e coperto parzialmente da un lucido lenzuolo nero, c'era qualcuno placidamente addormentato.

Ancora una volta si irrigidì e un brivido gelido le attraversò tutta la schiena.

Era Ben.

Era ingiusto. Non poteva essere.

Non riusciva a credere che quel dannato legame si fosse riattivato, era riuscita a spezzarlo.

Ne era convinta, ci aveva creduto.

Forse era soltanto un'altra visione, un'immagine assurda partorita dalla sua mente provata.

Deglutì a vuoto e indietreggiò fino a toccare con la schiena il portello d'uscita, mossa da un disperato desiderio di fuggire.

La sua mano scivolò sopra il pulsante di attivazione, tenendosi pronta a premerlo, ma qualcosa le impedì di farlo. Se era davvero il legame, scappare non sarebbe servito, e lei non era una codarda.

Lentamente si staccò dalla paratia, si fece coraggio e si avvicinò.

Scivolò cauta con lo sguardo lungo quel corpo possente, quasi avesse paura di farsi male, e lo guardò, silenziosa e attenta.

Il viso di Ben era ancora più cereo del solito. I capelli neri, sparsi sopra il cuscino, scoprivano la fronte ampia e davano l'idea di essere estremamente morbidi. La tentazione di affondarvi le dita era forte, ma riuscì a dominarla.

La cicatrice della ferita che lei stessa gli aveva inferto, ormai era solo un piccolo solco roseo che non riusciva a deturpare i lineamenti perfetti nella loro imperfezione. Il naso importante era adeguato al suo volto, la bocca carnosa non aveva perso quel particolare broncio infantile.

Scese con lo sguardo lungo il collo, fino ad accarezzare il petto che si sollevava piano ad ogni respiro regolare. Ne scorse tutte le cicatrici, testimoni delle violenze subite e delle battaglie combattute.

Aveva già avuto modo di vederlo nudo dalla vita in su, non aveva ceduto all'imbarazzo allora, e non lo avrebbe fatto neanche adesso, nonostante la pelle chiara e tesa dei muscoli, lievemente lucida di sudore, le smuovesse qualcosa nel profondo. Era una sensazione strana, di vago disagio, a cui non riusciva proprio a dare un nome. Si obbligò a soffocarla.

Inspirò profondamente ed espanse i suoi sensi, cercò di sondare la sua mente, ma non percepì nulla provenire da lui, nessuna energia negativa. Visto da quella prospettiva, sembrava sereno, quasi innocuo.

Ma Rey era perfettamente conscia che non era così.

Era pericoloso e imprevedibile.

I suoi occhi indugiarono sulla mano destra di Ben, posata mollemente sull'addome semicoperto dal lenzuolo, era la stessa che aveva toccato ad Ahch–To. La osservò bene. Non era rozza e callosa come quella perennemente sporca di grasso e carburante di un pilota tuttofare della Resistenza. La pelle era liscia e chiara, le dita affusolate, le unghie ben curate. Era una mano aristocratica.

Allungò timidamente le dita per sfiorarla, ma si bloccò con la punta dei polpastrelli a pochi millimetri dal dorso. Si era accorta che quel gesto aveva scatenato qualcosa ed aguzzò i sensi. Gli oggetti tutt'intorno avevano iniziato a vibrare leggermente e le luci soffuse della cabina sfarfallavano nervose.

Ritrasse subito la mano al petto stringendola in un pugno e indietreggiò di qualche passo. Ora riusciva a percepirlo.

Ben si svegliò di soprassalto come se fosse stato colpito da una scossa. In una frazione di secondo Rey si ritrovò a fissarlo sconvolta, con la sua lama cremisi sfrigolante, puntata alla gola.

«Non... non credo che tu possa farmi del male, con quella...» ebbe appena il coraggio di mormorare, ricordando il momento in cui gli aveva sparato col blaster su Ahch-To ed aveva semplicemente fatto un buco nella parete di pietra che aveva di fronte.

Ben la tenne sotto tiro ancora per qualche secondo, nascondendo il viso stravolto dietro l'elsa impugnata a mani nude, poi finalmente si decise ad abbassare la lama e a disattivarne il laser.

Si studiarono in silenzio, anche se entrambi erano ormai consci di quello che stava succedendo.

Rey sentì le gambe cederle per la tensione accumulata. Quello che le stava di fronte, seduto ansimante sul letto e che la scrutava con il solito broncio e l'espressione un po' frustrata, era il Ben che conosceva: grande, grosso e minaccioso. Il contrasto con l'esile ed adorabile ragazzino con cui aveva interagito poco prima, era quantomeno drammatico.

«Ti prego, dimmi che sotto quel lenzuolo, indossi qualcosa» lo provocò con ironia.

Non ricevette nessuna risposta al di fuori di uno sguardo cupo e ostile, fisso su di lei.

«Che cosa vuoi ancora?» Udire di nuovo la sua voce, profonda e morbida le provocò un brivido strano, anche se il suo tono non era esattamente rassicurante. «Ti sei connessa per supplicarmi di risparmiare te e i tuoi amici? Puoi tranquillamente evitare di umiliarti» la minacciò sottilmente, con le labbra tremanti e lo sguardo furente, anche se ancora leggermente sconvolto.

«Non ne ho alcuna intenzione» reagì d'impulso, senza riuscire a mascherare una certa dose d'inquietudine.

«Bene. Vedo che non sei affatto cambiata» constatò compiaciuto.

«Nemmeno tu. Continui a farti guidare dall'odio e dal rancore» non poté fare a meno di fargli notare, conscia che gli avrebbe dato fortemente fastidio.

Sul volto sudato di Ben passò un impercettibile lampo d'ira, serrò nervoso le labbra prima di risponderle. «Non mi hai dato altra scelta.»

Rey si stava già preparando a replicare ma, nello stesso modo in cui le era apparso, Ben sparì all'improvviso. La sua immagine sfumò velocemente nella tenue luce dell'alloggio e il letto perfettamente rifatto all'interno della cuccetta, fu l'unica cosa che le vista tornò a restituirle.

Deglutì a vuoto, solo in quel momento si accorse di tremare violentemente.

Il loro legame non si era affatto spezzato, era sempre stato lì, nascosto, latente, pronto a riattivarsi al suo più piccolo cedimento. Il suo stato d'animo vulnerabile aveva riaperto una breccia e aveva permesso alla Forza di fluire tra loro. L'angoscia che aveva provato nel vedere quel piccolo angelo caduto l'aveva resa debole, costringendola ad abbassare le difese.

Ben era tornato nella sua esistenza, più impetuoso e disperato che mai, e lei era stanca di resistere.


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Note:

* Grazie ad uno screen shot del bluray de Gli Ultimi Jedi, ho potuto constatare che effettivamente il cristallo è spezzato in due parti. Quindi non è una mia supposizione ;)


  
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