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Autore: Le VAMP    11/10/2018    2 recensioni
Aya Drevis non ha mai aspirato, in realtà, a imitare suo padre su ogni fronte. L'uno rideva compiaciuto di quei corpi che seppur in vita già vedeva come oggetti; l'altra sperava di conservar il loro affetto e la loro dedizione mentre li rendeva gioiosi, riempendoli, oltre che di morfina, di false speranze.
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"Ma ora il crimine mi ha degradato al di sotto del più vile animale. Non si può trovare nessuna colpa, nessun crimine, nessuna malvagità, nessuna sofferenza paragonabili alle mie. Quando scorro la spaventosa serie dei miei peccati, non posso credere che sono la stessa creatura i cui pensieri erano un tempo pieni di sublimi e trascendenti visioni della bellezza e della maestosità della bontà. Ma è così; l’angelo caduto diventa un diavolo maligno. Tuttavia, persino quel nemico di Dio e dell’uomo aveva degli amici e dei compagni nella sua desolazione; io sono solo"
- Mary Shelley, Frankenstein
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aya Drevis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il moderno Prometeo, il Creatore di bambole e la Fabbricatrice di sogni

“Mary's Nightmare” (Mary Shelley Soundtrack)
 

“Comunque non cerco qualcuno che capisca la mia sofferenza. Non ho mai trovato comprensione. Quando, all’inizio, l’ho cercata, erano l’amore per la virtù, i sentimenti di felicità e di affetto, dei quali traboccava il mio essere, che io desideravo condividere. Ma ora che la virtù è diventata per me un’ombra, e che la felicità e l’affetto si sono trasformati in un’amara e ripugnante disperazione, in cosa dovrei cercare comprensione?”

C’erano molti dettagli che in quella storia la confondevano, ma uno dei più grandi riguardava le ambizioni del dottor Victor Frankenstein.
Quando da bambina, nei suoi fiorenti undici anni, diceva di voler dimenticare le urla provenienti dal seminterrato di suo padre si convinceva che fosse per una buona ragione: credeva che anche lui, come quel bizzarro personaggio che prendeva parti di corpi per creare un’unica creatura, volesse impegnarsi nel riportar in vita qualcuno; eppure presto imparò il contrario, poiché mentre il moderno Prometeo cercava la vita, suo padre avvolgeva le vittime nella morte; da sé si procurava parti di quei cadaveri senza cercare nei cimiteri e li riunificava nei suoi lavori prediletti che era la creazione di bambole. Non gli interessava nulla della vita, e di questo la piccola Drevis se ne dispiacque molto quando vide per la prima volta gli occhi spenti della bambola che le era stata regalata: si era resa conto che non sarebbero mai tornati a splendere di gioia e tristezza, come un tempo si era illusa.
Dunque, come stavamo sostenendo, l’uno ricercava la vita nella morte, l’altro la morte dalla vita.  

Sono contento di soffrire da solo finché le mie sofferenze dureranno; quando morirò, sarò soddisfatto che l’avversione e l’obbrobrio pesino sul mio ricordo. Una volta la mia fantasia era placata da sogni di virtù, di fama, e di gioia. Una volta speravo, a torto, di incontrare esseri che, perdonando la mia forma esterna, mi avrebbero amato per le eccellenti qualità che ero capace di svelare. Sono stato nutrito con elevati pensieri di onore e devozione.”

Aya non lesse mai il finale di quel racconto, se ne intimoriva già nel vedere quel povero “mostro”, come veniva spesso definito, soffrire della solitudine e del rinnego. Un sentimento che non avrebbe mai voluto provare, di cui era terrorizzata e per il quale mai avrebbe pensato di abbandonare suo padre prima di quella notte.
Quando capitava di immaginare una vita in quella grande e fredda casa, senza che nessuno potesse badare a lei, allora per le notti successive giungeva l’insonnia; e quei temibili incubi influirono sul suo lavoro.
Sentiva un tremendo bisogno di sentire degli occhi speranzosi che si chiudevano abbandonati alla morfina, degli occhi che continuassero a guardarla con speranza e con amore essendo consapevoli che solo lei, una dottoressa che donava gratuitamente le sue conoscenze ed esperienze, avrebbe potuto salvarli.
Non le interessava mostrarsi superiore a Dio, come quel Victor Frankenstein, o un angelo della morte, come suo padre, che imponeva sulle urla disperate le risa di soddisfazione per il suo ingegno. Non amava nulla di tutto questo.
Viveva per studiare quel magnifico ammasso di cellule e organi, quei corpi tanto belli, ma li teneva esclusivamente sotto un suo materno sguardo, attenta ai particolari di ogni pelo, ogni muscolo, cercando nei suoi gesti gentili la compassione che ormai era sicura d’aver perso.

Mai avrebbe pensato di poter sconfiggere quel diavolo che le divorava il cuore ogni giorno, la solitudine nella sua paura di viverla. Poté rivedere finalmente l’amore in degli occhi pienamente vivi, fu da quel giorno che il suo desiderio di uccidere andava via via ad affievolirsi.
[…]
Eppur c’era qualcosa che continuava a temere.

“Ma ora il crimine mi ha degradato al di sotto del più vile animale. Non si può trovare nessuna colpa, nessun crimine, nessuna malvagità, nessuna sofferenza paragonabili alle mie. Quando scorro la spaventosa serie dei miei peccati, non posso credere che sono la stessa creatura i cui pensieri erano un tempo pieni di sublimi e trascendenti visioni della bellezza e della maestosità della bontà. Ma è così; l’angelo caduto diventa un diavolo maligno. Tuttavia, persino quel nemico di Dio e dell’uomo aveva degli amici e dei compagni nella sua desolazione; io sono solo»”

Quei giovani, che pure avevano sofferto più di lei, meritavano forse di giungere al culmine della loro forza e magnificenza diventando quello che anche lei stessa temeva di diventare?
Fino a quale segno si poteva usufruire della meraviglia umana, nel suo totale squilibrio?

Status Folia”, era questo il nome della sua ultima creazione: quel potente siero capace di tirar fuori solo il meglio dalla bestialità dell’uomo, rendendolo capace di sconfiggere qualsiasi demonio.

“Mi dispiace ma non sono affatto d’accordo.”
“Potrebbero fare cose meravigliose, me ne prenderei la piena responsabilità!”
“Non è giusto nei loro confronti, Aya! Perché dovresti spingerli a un sacrificio simile?”
Quella era una delle poche volte che l’aveva visto così scosso. S’era allontanato dalla stanza, togliendo ogni maschera e mostrando in realtà come la malinconia gli consumasse il viso giorno dopo giorno.
“Hanno piena fiducia in te. Ti prego, non tradirli”

“Vuoi trasformare nostra figlia in una bambola?
Non te lo permetterò!”

Continuando a leggere ad ogni nuovo capitolo si ritrovò vinta dalle lacrime senza poter far nulla per fermarle, perché sapeva, già dagli eventi che le scorrevano sotto gli occhi, come sarebbe andata a finire.
Anche per quella sera non ebbe abbastanza coraggio, e chiuse il libro d’un tratto, con un unico colpo che avrebbe preferito coprisse del tutto i suoi singhiozzi miserevoli consumati col volto poggiato al tavolo da lavoro dove normalmente continuava a esercitare le sue doti.
Non erano lacrime di vittime quelle, o strani liquidi provenienti da qualche organo o apparato, ma erano le sue, ancora desiderose di vivere.
«Mamma Aya!»
Le sue preghiere furono esaudite, e ci furono difatti dei suoni più insistenti.
Venivano dalla porta, un continuo bussare dato da una piccola voce che la chiamava
«Mamma Aya, sei lì? È arrivata l’ora della ninna nanna, ce l’avevi promesso!»

   
 
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