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Autore: ChiiCat92    11/10/2018    0 recensioni
"Da un mese a quella parte le cose erano cambiate.
Senza nessuna eccezione l’orario di chiusura era alle 20:30, e Isa faceva in modo che venisse rispettato.
Alle 20:00 cominciava a girare per i tavoli, sparecchiando e rassettando; alle 20:15 chiudeva il banco dei gelati e puliva il mixer di frappé e frullati; alle 20:20 faceva in modo di non avere più clienti seduti ai tavoli, così da poter cominciare a batter cassa e pulire i pavimenti; alle 20:30 girava il cartello da “Come in! We’re open!” a “Sorry! We’re closed!”.
Questo era quello che faceva normalmente, che faceva da cinque anni, circa da quando aveva aperto la caffetteria.
Ma da un mese a quella parte, appunto, le cose erano cambiate.
Stringendo gli occhi da dietro il bancone, mentre puliva e ripuliva una tazza da cappuccino, Isa poteva vedere, manifestate in un corpo fisico, la causa del cambiamento della sua routine.
Erano le 20:20, e il banco dei gelati era ancora aperto."
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Axel, Saix
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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11/10/2018

 

Coffee Shop


Da un mese a quella parte le cose erano cambiate.

Senza nessuna eccezione l’orario di chiusura era alle 20:30, e Isa faceva in modo che venisse rispettato.

Alle 20:00 cominciava a girare per i tavoli, sparecchiando e rassettando; alle 20:15 chiudeva il banco dei gelati e puliva il mixer di frappé e frullati; alle 20:20 faceva in modo di non avere più clienti seduti ai tavoli, così da poter cominciare a batter cassa e pulire i pavimenti; alle 20:30 girava il cartello da “Come in! We’re open!” a “Sorry! We’re closed!”.

Questo era quello che faceva normalmente, che faceva da cinque anni, circa da quando aveva aperto la caffetteria.

Ma da un mese a quella parte, appunto, le cose erano cambiate.

Stringendo gli occhi da dietro il bancone, mentre puliva e ripuliva una tazza da cappuccino, Isa poteva vedere, manifestate in un corpo fisico, la causa del cambiamento della sua routine.

Erano le 20:20, e il banco dei gelati era ancora aperto. Questo perché, la Causa del Cambiamento era entrato chiedendo il solito gelato: una coppetta al sale marino, con croccante al cioccolato e tipping alla vaniglia. Non prendeva mai altro, e si sedeva allo stesso tavolo.

Benché Isa si chiedesse, nel profondo, come potesse permettersi di mangiare gelati tutti i giorni senza ingrassare, la domanda che più gli premeva era un’altra: perché diavolo arrivava sempre all’ultimo momento, facendogli ritardare la chiusura della caffetteria? E perché lui non era assolutamente in grado di dirgli di andarsene?

Questa era, forse, la parte più fastidiosa della faccenda.

La Causa del Cambiamento aveva capelli rosso fuoco, che accendevano l’inverno di calde sfumature, occhi verde acceso, come fondi di bottiglia portati sulla spiaggia dal mare, un corpo magro perennemente troppo scoperto considerando le basse temperature. La Causa del Cambiamento non aveva un nome, perché Isa non aveva voluto chiederglielo.

Tutto quello che sapeva di lui era che da un mese aveva cominciato a rovinare la sua perfetta organizzazione, e far ritardare l’orario di chiusura di quaranta minuti, quaranta lunghissimi minuti che lui avrebbe potuto sfruttare per studiare, leggere, fare un bagno o...beh, in generale fare qualsiasi altra cosa che non fosse stare piegato a raccogliere polvere in caffetteria.

Lavorava già abbastanza senza dover anche prolungare i suoi orari.

Con cautela, nonostante la rabbia che gli friggeva dentro, poggiò la tazza da una parte, asciugò il lavandino, e chiuse il rubinetto.

Non c’era più nessuno nel locale, solo la Causa del Cambiamento, che si gustava il suo gelato con calma, un cucchiaino alla volta, come se fosse una prelibatezza ricercata.

In maniera forse più rumorosa del previsto, Isa prese a rassettare la sala, spostando sedie, muovendo stoviglie, cercando in tutti i modi di attirare l’attenzione di quel cliente indesiderato. Ma lui, insolente e imperterrito come la Morte, continuava a mangiare il suo gelato.

Alle 20:30 il banco dei gelati era chiuso, il mixer per i frappé puliti, ma c’era ancora un cliente. C’era ancora lui.

Almeno oggi aveva sperato che sviluppasse la ghiandola del buon senso e si alzasse da solo, capendo che forse non era il caso di rimanere oltre l’orario di chiusura. Isa si maledisse di aver provato speranza, non solo per quel ragazzo, ma per tutto il genere umano.

Gettandosi sulla spalla il canovaccio umido, si avvicinò al tavolo, con la stessa cautela che avrebbe impiegato per avvicinarsi ad un serpente a sonagli che scuote la coda.

« Chiedo scusa. » disse.

Per quanto si preparasse psicologicamente, la visione di quegli occhi verdi gli dava sempre il batticuore. Così intensi, sognanti, presenti solo a metà. Quale parte dell’universo stavano esplorando prima che li interrompesse?

« Sono già le otto e mezza? » chiese la Causa del Cambiamento, abbozzando un sorriso storto.

« Temo di sì. » ribatté, fingendosi stizzito, Isa.

Quel ragazzo scombussolava le sue certezze, e l’orologio rincorreva i minuti.

« Perdo la cognizione del tempo in questo posto. » ridacchiò appena il rosso, alzandosi.

Non aveva finito il gelato (non lo finiva mai) ma dopo aver preso la tracolla e la giacca di pelle si assicurò di aver preso anche la coppetta.

Isa sospirò, pesantemente, andando alla cassa. Per due dollari e cinquanta doveva rimanere in caffetteria fino alle nove.

Non ebbe neanche bisogno di dirgli il prezzo, perché lasciò tre banconote da un dollaro sul piattino.

« Il resto mancia. »

Isa annuì, a mo’ di ringraziamento, e mise i soldi in cassa. Batté lo scontrino e glielo porse.

Il rosso sorrise, tentennante, poi infilò lo scontrino in tasca e si volse.

Finalmente se ne andava.

Isa già pregustava il momento in cui avrebbe tolto le scarpe da lavoro che gli facevano male ai talloni, le chiavi che tintinnavano nella tasca del grembiule, pronto a chiudere la porta e girare il cartello.

A metà strada, però, il ragazzo si voltò, tornando sui suoi passi.

« Volevo dirti. » cominciò, lo sguardo basso. « Il gelato al sale marino della tua caffetteria...è il migliore. Davvero. Lo mangiavo sempre quando ero bambino, ma poi mi sono trasferito  studiare fuori e… » si morse la lingua, forse accorgendosi della velocità con cui aveva espresso il concetto. Prese un respiro, alzò gli occhi su Isa. « Ecco, volevo dirtelo. Non ho avuto altre occasioni. »

« Grazie. » commentò Isa, un sopracciglio sollevato, perplesso.

Il ragazzo annuì, forse soddisfatto, e di nuovo si volse per andare alla porta.

Di nuovo, però, a metà strada tornò indietro, e Isa sentì le narici dilatarsi per la rabbia.

Le 20:35.

« Io sono Lea, comunque. » cominciò il rosso, porgendogli una mano per presentarsi. Adesso la Causa del Cambiamento aveva un nome.

« Uhm...piacere, credo. » strinse la sua mano e si stupì di quanto calda fosse.

Lea tentò di sorridere, ma a quel punto la vergogna gli accendeva le guance.

Per la terza volta gli volse le spalle e si diresse alla porta.

Isa pregò il santo protettore dei baristi perché se ne andasse per una buona volta.

Le 20:40.

Lea tornò sui suoi passi. « Ti va di uscire insieme? »

Isa sentì gli occhi sgranarsi un pochino, il cuore aumentare i battiti, la testa girargli all’improvviso. Forse la stanchezza gli aveva fatto sentire male, forse stava pensando ad altro a tal punto da fraintendere le sue parole.

« Cosa? » chiese quindi, sinceramente confuso.

« Ti va...di uscire insieme? » chiese, ancora, Lea.

Allora aveva capito benissimo.

« Veramente...è un po’ tardi, dovrei aver già chiuso il locale. »

« Oh. » fece, deluso, Lea, le labbra piegate all’ingiù. Isa si sentì come se avesse spento la sua fiamma. « Okay, sì, immagino che sia davvero tardi. Mi dispiace. Allora...buona serata. »

Il rosso andò verso la porta, afferrò la maniglia, fece trillare la campanella attaccata in cima. Una folata di freddo vento fece rabbrividire Isa.

« Però. » disse, muovendo un passo in avanti, totalmente inaspettato. « Sabato saremo aperti solo mezza giornata. »

Il volto di Lea si accese di colore, le guance rubizze, un bambino vestito da adulto.

« D’accordo. » esclamò, forse con un po’ troppo entusiasmo. « Sabato, allora. »

« Sabato. » confermò Isa, con una scioltezza che non sapeva di avere.

Lea gli rivolse un saluto veloce, imbarazzato, con la mano, la porta si richiuse alle sue spalle, il freddo entrato poco prima svanì lentamente.

Isa rimase un tempo indefinito a fissare la schiena del rosso mentre si allontanava, cercando di capire, frugando in ogni angolo di se stesso. La Causa del Cambiamento.

Quando guardò l’orologio erano ancora le 20:40.
Il tempo all’improvviso era diventato relativo.


 
   
 
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