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Autore: Florence    12/10/2018    3 recensioni
"ce ne aveva messo di tempo, ma alla fine lo aveva capito: Chat Noir era Adrien Agreste."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'aria era frizzante, nonostante fosse maggio inoltrato, ma a Parigi non si era mai vista una notte di maggio calda. Marinette si strinse nelle spalle e diede un'ultima occhiata attorno a sé, scrutando i tetti neri: lui non sarebbe venuto.

"Ho un impegno, tarderò", le aveva detto, e lei aveva compreso perfettamente di cosa si trattasse: festeggiare l'unica uscita annuale ufficiale dello stilista Gabriel Agreste al Jules Verne sulla Tour Eiffel era un evento al quale Adrien Agreste non si sarebbe mai sottratto.

Adrien Agreste.

Eh sì... ce ne aveva messo di tempo, ma alla fine lo aveva capito: Chat Noir era Adrien Agreste.

Oppure Adrien era Chat, insomma, come la si rigirasse, lei aveva dato il colpo di grazia alle speranze del suo unico amore. Aveva detto di no a Chat Noir, che non avrebbero mai potuto essere una coppia, che non avrebbe accettato altri baci da lui.

Non lo sapeva, ma aveva detto di no ad Adrien.

Loro erano solo due buoni amici.

Abbassò lo sguardo ai suoi piedi: un piccolo laghetto d'acqua, filtrata dal vaso che aveva appena innaffiato, aveva assunto la forma tondeggiante di un beffardo cuore.

-Ah ah ah-, bofonchiò Marinette, spostando il piede prima che la pozza la bagnasse.

Si sedette sul balcone, spalle al muro e gambe lunghe sull'impiantito freddo. Un altro brivido.

-Siamo solo amici-, ripeté a bassa voce, soppesando ogni parola.

In fondo Ladybug e Chat Noir lo erano già, e anche Marinette e Adrien: non era una bugia... ne era convinta. Era passato troppo tempo da che aveva seriamente sperato in qualcosa di più da parte del ragazzo, almeno tre anni in cui aveva metabolizzato che, per lui, la timida Marinette era una cara, carissima amica e confidente. Nulla di più. E in fondo era arrivata a sentire vere quelle parole.

Adrien Agreste non era più il bello e impossibile... era diventato il bello e amico. Confidente, onesto e fraterno.

Era stato ad Adrien che aveva confidato di provare qualcosa di più per un non ben identificato ragazzo che incontrava di tanto in tanto e con il quale aveva avuto un 'percorso professionale extrascolastico'. Non era entrata in dettagli e le era parso che Adrien non fosse interessato all'argomento, quindi aveva chiuso lì il discorso.

Ma era ovvio, in fondo: per quale assurdo motivo ad Adrien avrebbe dovuto interessare cosa faceva lei della sua vita sentimentale? Erano solo due ottimi amici. Stop.

Lo aveva scoperto per caso, di Chat Noir, una volta che lei e Alya avevano incontrato nei pressi del Centre Pompidou Nino e Adrien. Dopo pochi minuti i due fidanzatini avevano deciso di appartarsi per concedersi una merenda in un bistrot romantico nei paraggi e li avevano lasciati "casualmente" da soli. Nonostante l'iniziale imbarazzo, Adrien e Marinette si erano interessati alla visita del Centre e si erano divertiti gironzolando tra le bancarelle di un mercatino di Natale che era stato allestito nella grande piazza sottostante. Il ragazzo sembrava essere tornato bambino nell'osservare stupito tutti i colori e le decorazioni esposte, come se per lui il Natale fosse qualcosa di estremamente lontano. Marinette lo aveva convinto a fermarsi a bere del sidro analcolico aromatizzato e gustare una bella fetta di strudel, salvo poi combinare un pasticcio rovesciando sul tavolino la bevanda, perché il bicchiere che la conteneva era troppo bollente. Aveva cercato subito di riparare al danno tamponando il tutto con dei minuscoli fazzolettini e il bordo in pile dei suoi guanti, suscitando non poco divertimento nel suo amico.

Amico... accidenti...

Quando era riuscita a ricomporsi ed erano stati loro serviti i due dolci, che Adrien aveva definito come una delle Sette Meraviglie del Mondo, si era decisa a tentare un approccio più diretto con lui. Aveva iniziato a parlare di un certo ragazzo, che era quello che le aveva rubato il cuore, che viveva solo per lui... Ma Adrien sembrava distratto: in lontananza si era radunato un piccolo capannello di gente, alcuni avevano iniziato a correre nelle più disparate direzioni, un certo brusio aveva iniziato a diffondersi sempre più forte.

-Devo andare-, le aveva detto Adrien, quasi seccato dal fiume di parole che lei continuava a proferire, -Tu entra nel Centre Pompidou e restaci finché non ritorno: capito?-, gli occhi seri, la faccia truce, ancora quel lieve accenno di seccatura. Poi era sparito dietro un vicolo.

Ci aveva messo pochi istanti, Marinette, a comprendere che stava succedendo qualcosa di brutto: un enorme mostro che all'apparenza sembrava un enorme pupazzo natalizio si stava innalzando sulla folla trasformando una ad una in statue luccicanti come diamanti le persone che incontrava sulla sua strada. Marinette si era guardata attorno e aveva cercato Adrien, rendendosi conto che, infilando proprio in quel vicolo, si stava mettendo in serio pericolo di rimanere intrappolato. Ignorando il suo avvertimento lo aveva seguito chiamandolo, mentre il frastuono provocato dal mostro continuava a coprire le sue grida. Lo aveva raggiunto trafelata e poi lì, in quel vicolo, lo aveva visto trasformarsi in Chat Noir.

E allora aveva capito quanto fosse stata irrimediabilmente sciocca, avventata, insensibile, cieca.

Da quel momento era cambiato tutto: l'intimità che aveva con Chat Noir nelle sue vesti di Marinette era cambiata... c'era lui dietro quella maschera! Lui che non l'aveva mai accettata come Marinette e che invece voleva Ladybug.

Ma chi era lei? Marinette o Ladybug?

Paradossalmente, quando era con Adrien riusciva ad essere solo Marinette, mentre invece quando era con Chat Noir si sentiva più Ladybug che mai, anche nei suoi panni civili.

La vera Ladybug, invece, assieme alla trasformazione acquisiva un senso del dovere che non riusciva a farle accettare gli approcci di chiunque: era pericoloso essere intimi di Ladybug, anche se si fosse trattato proprio di Chat Noir. Non poteva e non voleva metterlo in pericolo.

Insomma, era in un cul-de-sac.

Il trillo del suo cellulare la destò dagli amari pensieri: sapeva chi fosse prima ancora di rispondere, perché aveva associato una suoneria personalizzata a quel numero.

-Chaton?-, chiese con un sospiro.

-Antistress?-, gli rispose lui, usando quel nomignolo che ogni tanto tirava fuori, coniato dopo una nottata passata in amicizia a fissare le stelle e confidarsi le rispettive pene d'amore, mesi prima che la sua identità fosse svelata.

-Serata no?-, chiese Marinette, che ancora faceva fatica a ricordare che il suo Chat Noir era Adrien.

-Mmmm... No: serata sì, invece!-, la stupì lui, -Mi aiuti a sistemare delle rose?-

-Delle rose!?-, comprese nell'istante in cui pose la sua domanda: delle rose... ancora...!

-Certo: per la mia Lady!-, rispose giulivo Chat Noir. Come sapeva essere diverso il suo atteggiamento quando era Adrien da quando indossava quella maschera nera! -Puoi?-, chiese nuovamente-

Marinette sospirò, alzandosi. Sì, certo che poteva: da quando aveva capito che la cosa più bella di tutte fosse avere un amico quasi fraterno tutto per lei, un confidente e che proprio lui era anche il ragazzo che amava... beh, avrebbe potuto sempre!

-Sì, posso... ma tu in cambio dovrai farmi un favore...-, la sua testolina aveva iniziato a frullare come un piccolo uragano: voleva sfruttare quel segreto che solo lei conosceva, eh sì!

-Passa a prendermi tra...-

TOC TOC TOC

Maledizione!

-Chaton! Quante volte devo dirti di non venire senza avvertire!-, quasi strillò Marinette, quando davanti a lei apparve la figura fasciata in nero. Un sorriso smagliante si aprì sulla bocca del ragazzo che, con una eleganza che solo un Agreste poteva avere -cieca lei a non averlo mai notato in passato!-, sfilò da dietro la schiena una rosa rossa e gliela porse, con un lieve inchino.

-My Lady...-, disse a bassa voce Chat Noir.

Marinette avvampò, afferrò la rosa frettolosamente e si girò di scatto. My Lady non era lei, era Ladybug!

Cioè sempre lei, ma non lei lei! Accidenti!!!

-Ho fatto qualcosa di sbagliato?-, la voce mogia del ragazzo la colpì in mezzo al cuore, sentì la mano guantata posarsi lievemente sul suo braccio.

No, non hai fatto niente di sbagliato! Sono io quella sbagliata!!! Perché non ti accontenti di una Marinette qualunque, invece di volere solo Ladybug, che non esiste!?

-Tutto ok, Chat...-, rispose Marinette, simulando una gran calma, -Dove mi porti?-, si voltò sorridendo verso di lui, che ricambiò il gesto e fece passare un braccio attorno alla sua vita.

-Tieni gli occhi chiusi-, le disse stringendola a sé e compiendo un grande balzo verso il cielo scuro.

-Mi piacerebbe andare in cima alla Tour Eiffel-, bisbigliò Marinette sul suo petto; si lasciò andare ad quel caldo abbraccio, godendo di ogni piccolo guizzo dei muscoli dell'amico.

Amico?

Quando Chat Noir fermò la sua corsa, lei si sentì autorizzata ad aprire gli occhi. Trovò innanzi a sé quelli verdi e vicinissimi di lui: le sarebbe bastato coprire una piccolissima distanza e l'avrebbe baciato, dando fine ai suoi tormenti e trovando la risposta alle sue domande. Gli piacerò? Mi vuole? Sono un'amica e basta? Cosa sono davvero per lui??? E se non mi volesse?

Chat Noir fu più lesto e posò le labbra morbide sulla sua fronte, scostando appena la frangia: -Grazie-, le disse e la fece voltare. Come le altre volte, aveva organizzato proprio un bell'ambiente.

Marinette si voltò a trecentosessanta gradi: -La Tour Eiffel!-, esclamò, -Allora avevo ragione!-, fece qualche passo verso un tavolo che doveva ancora essere allestito, -Hai pensato anche alla cena stavolta!-, si stupì.

-E ho cucinato tutto io! Ti garantisco che è meglio la mia cena di quella che servono al ristorante qua sotto...-, si vantò a giusta causa, essendoci appena stato a mangiare.

Marinette continuò la sua perlustrazione: c'era un enorme mazzo di rose che profumavano deliziosamente e dei drappi rossi.

-Dai, aiutami!-, la spronò con un gesto della testa. I capelli dorati ondeggiarono alla luce della luna, nella mite aria di maggio.

-Mmmm... se mi va...-, Marinette aveva voglia di giocare con lui. Forse per colpa di quella brezza che portava l'odore dell'estate, forse perché dietro la maschera c'era il suo Adrien, o forse solo perché Chat Noir era suo amico, no? E con gli amici si gioca...

-Se ti va???-, il giovane con un salto atterrò davanti a lei e iniziò a camminare coprendo la distanza tra loro, finché Marinette non iniziò ad indietreggiare.

-Mmmsì, se mi va!-, ripeté lei, per nulla intimorita da quell'attacco felino.

-E se non ti andasse, cosa ti andrebbe invece?-, domandò Adrien... cioè... Chat Noir... braccandola ancor più.

-Potrei guardarti mentre apparecchi... Se sei bravo a cucinare, sarai bravo anche a fare le faccende di casa, no?-, lo stuzzicò lei. Oh, sì! Nella sua mente immaginava già Adrien Agreste, suo novello sposo, che la sera le faceva trovare pronta la cena su una tavola perfettamente imbandita. Un bravissimo maritino e un abile am...

-Attenta, sciocca ragazza...-, il ghigno obliquo di Chat Noir precedette la mano salda che l'afferrò alla vita, -Così fai un salto nel vuoto...-, l'aveva appena fermata dallo scivolare giù dalla Tour Eiffel! Marinette si sentì avvampare: ecco, stava iniziando ad essere maldestra anche in presenza di Chat Noir! La sindrome da avvicinamento Agrestide si era ormai espansa a tutte le forme della loro interazione!

-Lasciami-, sibilò offesa e allo stesso tempo compiaciuta dal modo con cui era stata chiamata... oh quanto le piaceva quando Chat le diceva "sciocca"... era sciocco, in fondo, ma le piaceva. Era una sottile forma di affetto.

Affetto: memorizza Marinette, non amore. A-F-F-E-T-T-O.

Era in ogni caso bellissimo...

-Dai-, sollecitò appena turbata il ragazzo che non mollava la presa. Mise la mano su quella di lui, per scostarla da sé, dal momento che non era più in pericolo, ma la sentì scivolare sotto la sua e un istante dopo afferrarla.

Marinette alzò gli occhi e guardò Chat, non capiva, che stava succedendo?

Lui intrecciò le dita alle sue e le sorrise, senza dire nulla.

-Aiutami, coraggio pelandrona!-, insistette ancora una volta, senza lasciare la dolcissima stretta sulla sua mano e la tirò accanto a sé, incamminandosi verso il mazzo di fiori rossi.

Sto camminando mano nella mano con Adrien.

Sto camminando mano nella mano con Adrien!!!

Il cuore le sarebbe esploso in petto, via, non c'erano altri finali a quella serata! Quante volte Chat Noir l'aveva presa in braccio, stretta, toccata, lanciata... l'aveva perfino baciata, quando era sotto l'influsso di DarkCupido! Eppure, da quando sapeva che era lui che amava davvero, tutto era cambiato... Maledizione...

-Ecco: dimmi come dobbiamo metterle per conquistare Ladybug-, parlò senza mollare la dolce presa sulla mano di Marinette, anzi, la sollevò fino al suo petto e contemporaneamente prese l'altra mano e, intrecciando le dita con lei, fece lo stesso. Erano di nuovo faccia a faccia come se fossero stati due innamorati.

Era una sensazione nuova e intensa e meravigliosa... ma fu breve: -Coraggio!-, ripeté Chat Noir, lasciando le mani di Marinette e battendo le sue tra di loro.

Non era mai stata mano nella mano con un ragazzo, neanche per cinque minuti, neanche quando aveva quindici anni...

A testa bassa e senza dire nulla, Marinette prese due rose e le osservò, cercando il modo perfetto per disporle. Non doveva pensare ad altro che a quello... ogni altra strana sensazione appena provata era solo la riprova che lei amava alla follia quel ragazzo e che per lui era solo un'amica. Provò a fissare una rosa al corrimano della scaletta che scendeva, là accanto, oppure a staccare i petali e a farne un letto tutto attorno al tavolo. Non era convinta.

Prese un'altra rosa e ne inspirò il profumo: era così bella senza doverla agghindare o utilizzare per qualche scopo.

Marinette si voltò verso Chat Noir, che la guardava incuriosito.

-Ma quante sono?-, era una domanda lecita, c'erano rose ovunque attorno a lei e il profumo era inebriante.

-Tante... Non le ho contate-, le sorrise stringendosi nelle spalle. Erano davvero una quantità folle, un po' ancora raggruppate a mazzo, altre sparse in qualcosa che sembrava un corridoio per arrivare al tavolo.

-Lasciale così, non disporle e non strappare i petali. Non mistificarle o sfruttarle come un ornamento. Sono delle rose bellissime e... devono essere le regine della serata-, gli disse, rendendosi conto di essere stata un po' altisonante.

-La regina della serata è solo una... E' la mia Rosa-, le rispose Chat Noir, voltandosi verso lo strapiombo, le braccia dritte lungo le gambe.

-La tua... rosa?-, domandò Marinette, -Come... la rosa di...-

-Il Piccolo Principe, sì-

-Oh...-

Marinette ricordava bene quel passo del libro, ricordava ogni volta che lo aveva letto con uno spirito differente. La Rosa: il simbolo di quel che si ama con disinteresse, qualcosa di unico e irripetibile...

Qualcosa da rispettare.

-E' questo che provi per lei?-, domandò sentendo la bocca secca. Forse doveva farsi avanti e rivelargli che era proprio lei la sua Rosa, anche se non lo sapeva? Ne sarebbe stato deluso... ne era certa. Si morse la lingua, conscia di essere solo una sciocca, pavida ragazzina investita di una responsabilità che non meritava.

Una ventata fece volare via in un mulinello i petali che ancora giacevano per terra.

Chat Noir non aveva risposto alla sua domanda.

E lui era la sua Rosa? O era Adrien?

Marinette sospirò: era una domanda troppo difficile che aveva una sola risposta. Lei avrebbe accettato entrambe le versioni del ragazzo che amava, sia Adrien, al quale aveva detto di essere un'amica, pur provando qualcosa di molto più forte per lui, che Chat Noir, che era davvero un amico nel senso più bello del termine, quasi un fratello per lei, con il quale riusciva ad essere del tutto se stessa.

-Devo tornare a casa-, gli disse rompendo il silenzio e lo sguardo interrogativo e un po' sgomento di Chat Noir le fece venire una voglia pazza di abbracciarlo stretto stretto fino a diventare parte di lui.

-Perché?-, domandò lui quando Marinette si voltò, come se potesse andar via da sola dalla punta della torre più alta di Parigi.

-Perché... altrimenti corri il rischio che... la tua bella mi trovi quassù-, scherzò.

-Mi piacerebbe se tu aspettassi il suo arrivo qua con me, invece...-, quella risposta sincera congelò il sangue nelle vene di Marinette. Cosa stava dicendo?

-Hai bisogno di...-

-Ho bisogno di un sostegno-, dissero insieme e Chat annuì, abbassando lo sguardo.

Marinette era incredula di fronte a quell'aspetto che non conosceva di Chat Noir.

-Non credere che abbia paura o che sia timido-, riprese a parlare lui, -Ma... ecco... ho paura di non essere buono a capire cosa posso o non posso sperare da lei. Vorrei che fosse libera di accettare me, per quello che sono-, aprì le mani alzando le spalle in segno di totale fiducia.

-E poi mi hai detto che ti dovevo un favore, ricordi? Per ora sei tu che hai aiutato me. Quindi: che favore vuoi?-, ancora una volta Marinette si sentì presa alla sprovvista.

Il favore che voleva era che lui facesse le prove di quel che avrebbe detto o fatto a Ladybug con lei, ma non avrebbe mai avuto il coraggio di rispondergli con quella verità.

Fece quindi spallucce: -Non ricordo-, tentò di glissare e un brivido le percorse la schiena: era freddo, avrebbe dovuto portarsi dietro almeno una giacca leggera.

-Ti offrirei la mia giacca, se ne avessi una-, scherzò Chat Noir, accorgendosi del lieve tremito che aveva rapito per un istante la sua amica, -L'unica cosa che posso fare per te è scaldarti con un abbraccio...-, la stupì, prendendo la punta delle sue dita e tirandola a sé con una giravolta, finché non furono schiena contro petto coperto dalla tuta nera.

Era una sensazione bellissima, Marinette si sentiva in pace con l'universo intero. Era lì che avrebbe voluto stare in ogni momento, al sicuro vicino a quel cuore che batteva calmo.

-Vorrei mostrarmi a lei-, esordì il ragazzo dopo qualche istante di silenzio, riempito solo dai pensieri assordanti che quella ritrovata vicinanza aveva fatto scaturire nella mente di Marinette, -ma temo che non apprezzerebbe la mia vera identità-, il respiro leggero colpiva l'orecchio di Marinette ad ogni parola.

Il tono che aveva usato era strano, molto strano, non lo aveva mai sentito parlare così.

-Io dico di sì-, gli rispose lei con estrema sicurezza.

-Come fai a saperlo... neanche tu sai chi sono io!-, la domanda non attendeva una risposta.

-E se ti dicessi che lo so già?-, lo stupì Marinette, incredula per le sue stesse parole.

-E' un bluff: se lo sapessi non saresti di certo qua...-, Adrien allentò l'abbraccio, senza sottrarsi al contatto con la schiena della sua amica.

-Ognuno di noi porta una maschera, Chaton, dovresti ormai saperlo... Non puoi sapere chi c'è davanti a te, mai, per nessuno... Nemmeno per la tua Rosa-, Marinette si voltò verso di lui e gli sorrise; -E se dopo lei ti rivelasse la sua identità e a te non piacesse? E se la conoscessi e non fosse una ragazza che apprezzi? Come ci rimarresti?-

In risposta fu abbracciata. Nessuna parola in più da parte del ragazzo.

Già, come avrebbe reagito se avesse saputo che la donna che voleva era la stessa che stava abbracciando, con una dolcezza che solo un amico genuino poteva provare per lei?

Rimasero fermi in silenzio per qualche minuto ancora. Dopo, lentamente, Chat Noir sospirò e cambiò l'appoggio sulla gamba. Si guardò attorno scandagliando il cielo nero.

-Vedrai che la tua Lady arriverà, prima o poi...-, Marinette fece sì che Chat Noir allentasse un po' l'abbraccio e lo guardò dritto negli occhi.

-Tu sei così speciale-, proseguì sorridendogli e lasciando una carezza sul volto mascherato.

Dopo abbassò il volto, perché sapeva che stava mentendo e non riusciva più a sostenere quello sguardo verde così limpido e fiducioso.

Era solo una bugia! La sua Lady non sarebbe andata da lui, non l'avrebbe raggiunto per una volta ancora sul tetto dove aveva organizzato un'altra cena a lume di candela. Non avrebbe assaggiato le delizie che lui, Chat Noir in persona, aveva cucinato per lei e non avrebbe visto come erano belle le rose rosse che Marinette aveva provato a sistemare.

-Anche tu sei speciale, Marinette-, la mano guantata le aveva fatto sollevare con delicatezza il volto. Di nuovo occhi negli occhi, per un istante Marinette si sentì avvampare e il suo cuore inciampò in una sensazione mai provata.

-Grazie-, continuò Chat Noir e la abbracciò con trasporto, portandole la testa sul suo petto. Quanto batteva adesso quel cuore! E lei, proprio lei lo avrebbe deluso così tanto...

-Chat... se lei non venisse... tu... ecco... come dire... Ci rimarresti molto... Cioè...-

-Se starò male?-, di nuovo due dita a farle sollevare il viso. Un sorriso sincero: -No: ormai lo so che Ladybug non verrà mai da me, ma è stato così bello passare la serata a preparare questa terrazza assieme a te-. Si portò una mano alla nuca e sorrise imbarazzato. Accidenti quanto era dolce in quel momento!

Dov'era finito il dongiovanni dalla battutaccia pronta? Perché sentiva quella voglia di abbracciarlo e dirgli che anche lei era stata bene in sua compagnia, anzi, più che bene, che avrebbe voluto farlo più spesso e rimanere sola con lui, stretta al suo petto, saltando da un tetto all'altro? E perché se era così sicuro che Ladybug non sarebbe mai venuta, si era messo a fare tutto quel teatrino, proprio nella sera del suo compleanno?

-Ogni minuto passato con te è prezioso, Marinette. Sei più di un'amica per me-, col dorso di un dito guantato percorse tutta la linea del suo viso, gli occhi seri, cupi.

Un altro battito rotolò lontano. Un brivido liquido scivolò sulla pelle di Marinette. Che cosa stava succedendo?

-Chat, adesso è meglio se io...-

-Shhh...-, il dito si fermò sulle labbra rosa appena socchiuse per lo stupore.

-Vuoi essere la mia Ladybug, per stasera?-, domandò facendo un inchino solenne davanti a lei, sollevando lo sguardo solo per registrare la sua reazione.

Marinette vide il volto serio del ragazzo cedere alla risata più genuina: -Sei così buffa in questo momento! Buffa e bellissima!-, sghignazzò alzandosi in piedi e prendendole le mani tra le sue.

-Buffa e bellissima-, ripeté lentamente, più a sé stesso che a lei, -Sei un balsamo per il mio cuore, Marinette-, gli occhi verdi luccicavano alla debole luce della notte, -Non voglio perderti mai-

Perché sarebbe dovuto accadere? Che significavano quelle parole?

-Non accadrà, Chat!-, gli rispose prendendogli il volto tra le mani, senza rendersi conto di quel gesto così intimo che stava facendo... ad Adrien.

Adrien, Chat Noir: ma che differenza fa? Sono la stessa persona e io... io provo per lui...

-Tu sei il pezzo mancante del mio puzzle-, gli disse con la più pura delle convinzioni, -Ti ho trovato in mezzo a milioni di altri pezzi e non ti mollerò mai più-, un sorriso dolce e sincero, il battito calmo del cuore. Marinette si domandò con stupore come fosse possibile essere così tranquilla in quel frangente. Si sollevò sulla punta dei piedi e tirò un po' verso di sé il viso che ancora era tra le sue mani. Gli sorrise vicinissima e lo fece poggiare sulla sua spalla, stringendosi ancora a lui in un abbraccio tenerissimo.

-Ti voglio un bene dell'anima, Chat Noir-, sussurrò nell'orecchio del ragazzo e lo sentì irrigidirsi appena. Si scostò da lei e la fissò intensamente.

-Anche io te ne voglio-, disse e la baciò sulla guancia, soffermandosi a lungo sulla pelle morbida. Una mano salì al suo viso e lo accolse in una carezza. Si allontanò appena e si soffermò davanti alla sua bocca, socchiuse gli occhi e vi posò le labbra in un rapido e casto bacio.

Marinette trasalì. Adrien si allontanò.

-Scusa, io...-

-No...-

Verde nell'azzurro, Marinette sorrise: non si sentiva più così insicura dopo quel contatto fugace e meraviglioso... Oh Signore! Forse poteva essere degna della maschera che aveva scelto di indossare...

Non si rese conto che Chat Noir, imitando il suo gesto, le aveva afferrato il viso con entrambe le mani e la guardava con occhi sgranati, il petto si alzava e si abbassava con un ritmo crescente. Le scostò i capelli dalla fronte per un attimo, la guardò dalla testa ai piedi, sfiorò un orecchino con un polpastrello e liberò dai capelli un suo orecchio, per guardare ciò che aveva appena toccato.

Chiuse lentamente gli occhi e li riaprì, prendendo aria e si sgonfiò. La guardò con espressione per un attimo arresa, piegò il capo e, facendo scivolare una mano dietro alla sua nuca, la attrasse a sé e la baciò di nuovo con un inatteso e sconvolgente impeto al quale Marinette non seppe né volle resistere.

Era quella la felicità?

Era volare lontano insieme, dimenticando ogni problema, ogni paura, ogni dubbio, almeno per il tempo di un bacio?

Era lasciarsi andare senza previsioni, senza fare progetti, senza troppe speranze, perché la realtà era comunque più bella di ogni speranza che avrebbe potuto esserci?

Erano le mani frementi del ragazzo che le aveva rubato un pezzo di anima e che cercavano di prendersi ogni istante di quell'attimo incastonato nel tempo che era solo e soltanto appartenente a loro?

Erano le labbra umide, il battere furioso del cuore o quel calore fortissimo che le squagliava il corpo e la faceva tremare come una foglia? Era quella lingua dolce e timida e sconosciuta che in un solo attimo era già diventata parte di lei?

Cos'era la felicità?

Chat Noir , con riluttanza, si staccò da lei e, ansante, la fissò ancora.

-Tu sei lei-, disse, e non era una domanda.

Negli occhi verdi tutta la paura e la speranza che stava massacrando il cuore irrequieto e speranzoso del giovane.

Marinette deglutì la sua fetta di felicità, prese aria e parlò.

In alto, nel cielo, una piccola nuvola dispettosa coprì la luna per un istante, e un refolo più forte di vento catturò le parole che si persero nella notte.


   
 
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