Videogiochi > Mass Effect
Segui la storia  |       
Autore: Florence_Castle    12/10/2018    1 recensioni
Una domanda, per cominciare: dove eravamo rimasti? Questo è MASS EFFECT 4, il seguito fan-made della Trilogia omonima scritta da Florence Castle. Tutto ha inizio dal finale di MASS EFFECT 3 rielaborato grazie a un DLC chiamato Extended Cut (anche l'edizione italiana porta questo titolo) pubblicato molti mesi dopo il rilascio del gioco base a seguito di alcune lamentele riscontrate dalla maggior parte dei giocatori. Tuttavia, questa non è una riproduzione fedele al contenuto originale, e in più questo seguito è basato su una Shepard femmina, con la reputazione Eroe, e ha stretto una storia d'amore con Garrus Vakarian; dal momento che il finale di questa versione di ME è Distruzione (il rosso), alcune di queste scelte non saranno ben apprezzate da quei lettori che hanno costruito la loro personale storia in modo diverso.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Un giardino terrestre deserto, sotto una giornata nebbiosa e senza cielo. Quante volte Shepard aveva sognato un ambiente del genere? Durante la Guerra dei Razziatori quello era l'incubo più frequente, quello in cui non riusciva mai a raggiungere un bambino prima di vederlo consumarsi tra le fiamme ogni volta che si avvicinava per prendergli la mano. Questa volta era diverso e, innanzitutto, tutt'intorno era sui toni del rosa e non in bianco e nero; e al posto del fantasma del ragazzino c'era una farfalla... una piccola e vivace farfalla rosa che svolazzava sopra la sua testa. Cercò di seguirla il più a lungo possibile e lungo la strada vedeva delle sinistre ombre nere che si contorcevano dal dolore - addirittura, riusciva a riconoscere, tra i sussurri, le voci di alcune di esse: Mordin e il suo discorso del "qualcun altro avrebbe sbagliato"; il tenente Alenko che la supplicava invano di salvare lui al posto di Ashley su Virmire; lo sfortunato Thane immerso nelle sue preghiere alla dea Kalahira. Ma tra queste anime ce n'era una che la stava chiamando per nome e tra quei volti ora anonimi e ora conosciuti, Paige ne riconobbe uno, il più caro di tutti: — Anderson? - esclamò.
L'ammiraglio se ne stava seduto su una panca, posta a cavallo tra due siepi cariche di profumatissime rose rosse, ad ammirare il cielo inesistente di quell'assurdo mondo e stava invitando la sua ex pupilla a fare altrettanto: — Anderson! - ripeté quest'ultima, accomodandosi accanto a lui - Perché sei qui?
L'interlocutore sembrava aver ritrovato un tesoro rimasto sepolto da millenni: — Paige! Amica mia... che ci fai qui?
— Ce l'abbiamo fatta, Anderson. Abbiamo vinto! I Razziatori sono...
— Ah, lo dicevo io che quei bastardi meritavano di essere distrutti! - la interruppe l'ammiraglio, già intuendo cosa stava per dire Paige. Poi la guardò come farebbe un padre con la sua figlia prediletta, mentre White si grattò il capo: — Credo di essermi meritata un po' di riposo, vero?
Anderson sorrise: — Oh certo, figliola. Sei stata brava, anzi... bravissima! Sono orgoglioso di te.
Erano le medesime, ultime parole pronunciate prima di spirare, dopo il duello psicologico con l'Uomo Misterioso. Ahimè, anche in quell'onirico frangente tali parole furono portatrici di sciagure e, infatti, appena Paige fu sul punto di ringraziare quel padre che non avrebbe mai avuto, udì l'inconfondibile ruggito di un Razziatore... uno enorme, delle dimensioni del Leviatano! Che stupida, non si era portata dietro neanche un'arma pesante contro quel mostro, ma aveva ancora con sé il puntatore laser che usò per ucciderne uno simile su Rannoch... ma non c'erano navi o squadriglie dell'Alleanza con cui ordinare un attacco orbitale, per cui Paige era praticamente spacciata!
Il titanico Razziatore caricò a pieno il suo laser, un secondo prima di scatenare un potente raggio che per un soffio spazzò via parte del giardino e la stessa Paige. Non era giusto morire due volte nello stesso scenario, pensò, un momento prima di ritrovarsi sul dorso di una colomba bianca grande quanto un Mietitore... davvero, cosa stava succedendo nella testa di quella donna? Aveva il tempo per porsi altre domande, ma non abbastanza per chiedersi come sarebbe uscita da quella girandola di eventi aldilà dell'inverosimile. Dopodiché, la colomba gigante la fece atterrare su un mucchio di petali di fiori rossi e rosa e, nella tempesta scaturita dalla caduta, finì nella cameretta di una bambina... non una qualsiasi, ma se stessa quando aveva sei anni! Girando per la stanza, vide la piccola giocare sul tappeto con le sue amate bambole, di cui due – un maschio e una femmina – abbigliate come due sposi.
Per Paige fu come ricevere un pugno sullo stomaco. Quello era il suo più grande sogno nel cassetto, che però era volato via dalla finestra ora che, come diceva Thane, aveva raggiunto il mare – nel senso che era ormai morta. La bambina le indicò una farfalla rosa posatasi sulle tende della finestra, la stessa farfalla che aveva avviato questo strano viaggio. Questa volta, tuttavia, sembrava dire qualcosa ma le frasi erano scollegate tra loro come fosse un collage confuso di suoni, tutte pronunciate con la voce della stessa Paige, sebbene in quel momento apparisse ovattata, quasi come se fosse un angelo; poi si fermò, come un carillon che aveva esaurito la sua carica. Paige sfiorò la farfalla per esortarla a parlare di nuovo, ma i toni cambiarono e divennero più caldi e freddi allo stesso tempo: — Non cacciarti nei guai... non lascerò che la paura comprometta la mia morale... il mio sguardo ti cercherà... non sarai mai solo!
Paige si paralizzò dallo sgomento. Era una femmina, non un maschio, ma forse la farfalla si stava rivolgendo al magnifico uccello bianco nella gabbia dorata lì accanto, e verso cui ella volteggiò leggiadra. L'altro animale la accolse con gioia e la abbracciò delicatamente con una delle sue grandi ali: — Paige... - stava pigolando – Stai tranquilla, sarò sempre qui in caso di bisogno. Ti prego... svegliati!
Perché mai Paige dovrebbe svegliarsi se era morta? No, non doveva essere morta, aveva un ordine da rispettare... un ordine insubordinato. Di chi era? Ora non importava questo, ma come uscire da quella prigione, il cui carceriere era il gigantesco Razziatore che in quel momento stava ricaricando. Appena il laser fece capolino nella stanza, Shepard si tuffò fuori dalla finestra, finendo su un letto di piume bianche soffici e delicate, e tra di esse spiccava un cuscino blu... non per molto, dal momento che il Razziatore addirittura le parlò, un boato cavernoso che la richiamò con il nome di Peacewalker: — Credi di aver vinto, umana. – cominciò – Avrai anche distrutto i Razziatori, ma colui che chiamate Araldo è sopravvissuto...
Paige si ritrovò nuovamente nel campo di battaglia che l'aveva vista cadere sotto i colpi del nemico, a Londra, dopo che la Normandy aveva portato via i suoi compagni. Piena di tagli, sanguinante, la corazza del tutto bruciata e con qualche pezzo saltato via... e non aveva neanche l'Interfaccia Sentinella: — La tua vita sta svanendo, Peacewalker. – proseguì il titanico mostro, esercitando sull'umana un potente gioco mentale – Sei condannata, le tenebre incombono... non c'è via di fuga! Per cui ti chiedo: il tuo sacrificio è stato vano? Ci credi ancora?
Attivando le barriere biotiche, Shepard provò ad attenuare l'influenza del Razziatore perché non indottrinasse la sua mente, peraltro sigillata quel tanto che bastava affinché non cascasse sotto il controllo del nemico. Ma fino a che punto tutto ciò sarebbe accaduto? La voce continuò ad accusarla: — Hai causato innumerevoli morti per assicurarti la sopravvivenza di una galassia già condannata all'oblio. E a quale scopo? Per proteggere chi ami dalla mietitura, quando il Turian, la Quarian, e tutti gli altri avrebbero potuto diventare qualcosa di più grande? Tu stessa potresti diventarlo, e per questo motivo devi morire!
E come tutte le vittime cadute sotto l'influenza del Leviatano, Paige cominciò ad avvertire il freddo e il buio ma anche la rabbia di quello che si rivelò essere il fantasma dell'Araldo. Poi un dolore lancinante percorrerle in tutto il corpo, la pelle che bruciava e il riaffiorare delle vecchie cicatrici risalenti al suo periodo comatoso a Cerberus. Una serie di bagliori rossa-stri che deturpavano perfino il suo bellissimo volto, e gli occhi sempre più luccicanti e scarlatti. Alla fine, la barriera biotica esplose con un'energia simile a un'onda d'urto e lasciò l'umana inerte, in ginocchio, con pochissimo fiato: era riuscita a resistere all'indottrinamento!


La paziente della stanza numero 23 annaspava come se fosse uscita dall'acqua dopo aver trattenuto il respiro per chissà quanto tempo. Paige era bloccata in un brutto sogno, distesa in un letto d'ospedale, il capo appoggiato su un cuscino blu e buona parte del corpo fasciata in bende strette. Era coperta di cicatrici, le più consistenti delle quali coprivano l'intero volto, sfigurandola ma non troppo. E i capelli erano raccolti in una lunga treccia abbandonata sulla spalla... a parte questo, era tornata a casa tutta intera. Shepard, tuttavia, si sentiva fiacca, letargica, ma soprattutto smarrita, come un naufrago abbandonato a se stesso su una zattera alla deriva nell'oceano, elemosinando una striscia di sabbia su cui approdare. Ma era una traversata lunga e difficoltosa a causa della tempesta che infuriava attorno a lei e più chiedeva il suo porto sicuro più si allontanava dalle sue mani; ora aspettava solo che un angelo scendesse dal cielo per soccorrerla prima che fosse Thanatos a scendere per primo e portarla via, stavolta per sempre. Era come se avesse bisogno della presenza di una persona cara per non perdere la bussola, sebbene lei fosse già naufragata da troppo tempo!
La stanza in cui si trovava era buia, a malapena illuminata solo dalle macchine che monitoravano i suoi deboli segni vitali. Solo un uomo non si era mosso dal suo capezzale, per ore o forse giorni. Costui non era nemmeno umano, letteralmente, e si sentiva tale nonostante fosse un alieno. Voleva essere presente quando Paige si sarebbe svegliata, e anche per stimolarla nel caso in cui avesse perso i sensi per sempre, pronto a schiaffeggiarla delicatamente pur di riportarla tra i vivi... riportarla tra le sue braccia! Intanto, la sua mente non faceva altro che sorvolare tra un ricordo felice a un altro, che si trattasse di un combattimento contro avversari improponibili o di un tranquillo momento di felicità o, ancora, le lunghe chiacchierate trascorse durante i sei mesi d'isolamento. Ora "lui" se ne stava lì a fissare i graziosi lineamenti di Paige, ancora belli nonostante le ferite e i tagli. E così serena, come un guerriero esausto che trova finalmente un attimo per riposare dopo anni di lotte ininterrotte, o come chi si è liberato un grosso peso dalle spalle. Gli amici più cari, come Joker o Ashley, l'avevano visitata più di una volta durante gli ultimi giorni; "lui" era l'ultimo, e forse il più caro di tutti. Ecco perché le parlava spesso, a bassa voce, quasi in un sussurro, certo che in qualche modo Paige lo avrebbe ascoltato... lei, dichiarata in coma dai medici, e non era per nulla rassicurante il fatto che attendere che si svegliasse fosse solo una pia illusione. Sì, era questa la paura più grande dell'esotico visitatore: che Paige non si svegliasse più dal suo stato comatoso. Certo, se ripensasse a tutto quel tempo perso a girarsi i pollici grazie alla sua intrattabile stupidità, ora ne avrebbe abbastanza per pensare agli eventi futuri. Ad esempio, cosa avrebbe potuto fare quando l'amata umana sarebbe guarita? Forse ciò che fanno tutti gli innamorati dell'universo, ossia inginocchiarsi dinanzi a lei con un anello luccicante in mano e chiederle di... no, forse era troppo presto, o forse aveva troppa paura di combinare un'imbarazzante gaffe sul più bello. Ma questo non faceva altro che accrescere l'amore che Paige provava per lui, giacché la goffaggine dell'esotico visitatore lo faceva apparire non ridicolo ma "carino" - un "dolce arcangelo", soleva chiamarlo.
Nonostante il pericolo di commettere errori, "lui" provò lo stesso. Con un gesto quasi meccanico, allungò una mano su quella della donna, e solo avvertendo il calore che emanava, era già l'inizio di qualcosa di grande. Infatti, qualcosa accadde davvero: la piccola e soffice mano dell'umana afferrò lentamente le dita dell'alieno, emettendo un tiepido gemito di dolore nello sforzo, ma l'umana in sé era ancora intrappolata nel torpore di una lenta agonia come se fosse pronta a "abbracciare l'eternità". No, lei non doveva morire, pensò il visitatore, e come gesto estremo afferrò con gentilezza le rosee dita di Paige con entrambe le mani, convinto che così facendo il dolore sarebbe passato... e così fu. Notando poi che lei respirava con un tono rilassato, "lui" azzardò ad accarezzarle il viso e a liberare un ciuffo di capelli rimasto appiccicato alla ferita su un sopracciglio. Ormai la stanchezza prese il sopravvento e quando si chinò in avanti appoggiando la testa sul letto in procinto di addormentarsi, come in un sogno, udì una voce sottile che lo stava chiamando per nome... distante e flebile, ma era una voce umana. Inoltre, sembrava anche non appartenere a questo mondo, giacché quel suono dolce e ovattato lo intontiva fino a quando fu vinto dal sonno, con la mano ancora stretta in quella di Paige. Quale fosse la voce che lo aveva ipnotizzato non era ben chiaro, ma di certo era circoscritta nella stanza numero 23 di un ospedale della Terra; il comandante Paige W. Shepard, nota ai più come Peacewalker, era tornata tra i vivi e aveva appena salutato il suo fedelissimo compagno d'avventura, mentre la sua mente si sforzò di ricordare come diavolo era finita in un letto d'ospedale...


A una celeberrima eroina di guerra, un'umana, dinanzi ad un'infinita volta celeste, era stato chiesto di decidere il fato dell'intera galassia e di tutte le specie senzienti. Un'umana qualunque arrivata là dove nessuno avrebbe mai immaginato di arrivare: nel punto più alto della Cittadella, punta di diamante di una civiltà che si era estesa su migliaia di mondi e lune, ad un passo dalla fine. Non era difficile, dopotutto, bastava solo scegliere quale destino scrivere per i Razziatori, l'antico nemico di tutte le specie organiche, impedendo loro che il ciclo di mietitura delle specie più avanzate della galassia si ripetesse per l'ennesima volta, condannando sia esseri che avevano vissuto tanto da essersi preparati da tempo alla morte, sia quelli talmente tanto giovani da non avere ancora coscienza di sé. Insomma, l'obiettivo era fermare macchine che, ciclicamente, sterminavano ogni forma di vita che aveva avuto la sfortuna di appartenere a una specie tecnologicamente avanzata. Cos'era opportuno fare, chiedeva il Catalizzatore a quella che oramai tutti conoscevano come "Peacewalker", a queste macchine? Paige cominciò a valutare le possibili soluzioni che l'interlocutore evanescente le proponeva. Nel caso decidesse di lasciare in vita i Razziatori, si potrebbe creare una simbiosi perfetta tra gli esseri organici e sintetici, garantendo un'esistenza che sfiorasse l'immortalità, il che tuttavia spingerebbe a rinunciare alla possibilità di provare emozioni. Oppure immolarsi e diventare il nuovo Catalizzatore, mantenendo comunque la promessa di proteggere gli indifesi ovunque si trovassero... in una parola, controllare i Razziatori, come farneticava l'Uomo Misterioso. Rinunciare la propria vita per salvare la galassia? Una scelta molto difficile da prendere per chiunque, persino per colei che continuamente aveva messo a rischio la propria vita per la salvezza altrui. Ma stavolta era diverso: non si trattava di morire combattendo, non si trattava di perdere la vita per mano di altri, ma perderla per mano di sé stessi! 
La comandante Shepard aveva trascorso gli ultimi tre anni assieme ad un entourage di carismatici individui, a bordo dell'avanzatissima SSV Normandy, con i quali ella aveva vissuto alcuni dei momenti più importanti della sua vita. Questo gruppo, prima di soldati e poi di amici, era diventato la sua famiglia; aveva perfino intrapreso un'avventura amorosa con uno di loro! In quell'istante Paige, ferita tanto nel corpo quanto emotivamente, ripassò con la mente tutti quei momenti folli e memorabili, trascorsi in compagnia della sua ciurma preferita: dalle vicissitudini più licenziose fino alle liti più furenti tra compagni per i motivi più disparati. Poi quei momenti ricordati da tutti come delle autentiche tragedie quali sacrifici e addii dolorosi – il professor Mordin Solus, ad esempio, oppure quello stoico assassino Drell che morì per mano di Kai Leng nel tentativo di salvare Valern, il consigliere Salarian. Ecco, Paige doveva fermare quel ciclo di distruzione che si ripeteva ogni cinquantamila anni per mano dei Razziatori, ma le soluzioni del Catalizzatore non sembravano alla sua portata.
L'eroina era combattuta; per tutta la sua carriera da ufficiale superiore si era sempre sacrificata per i suoi sottoposti, aveva sempre cercato di lasciare il migliore fra i possibili destini agli altri, immolandosi. Ma ora che le toccava scegliere un destino non solo per i suoi compagni ma anche per tutte le specie senzienti della galassia, si pietrificò. Aveva ancora impresso nella mente frammenti indistinti di un messaggio ben preciso: annientiamoli, o saranno loro ad annientare noi. Era esattamente ciò che volevano gli ammiragli Hackett e Anderson, certi che così facendo la guerra sarebbe terminata, ma non era questo il punto. No, Paige non lo stava facendo solo per dovere di soldato e per garantire la pace nella galassia, ma lo faceva anche per amore. Un amore che in quel momento la stava aspettando a casa o, magari, era tornato a terra per uccidere qualche predatore con gli scudi a colpi di fucile di precisione. Certo, i Razziatori dovevano morire, a scapito di IDA e i Geth ma, come aveva detto il bimbo fantasma, i danni sarebbero stati riparati nell'arco di anni... ciononostante, era una promessa che doveva mantenere a ogni costo!
E così Peacewalker alzò il capo in alto, tirò un profondo respiro e con il suo solito sguardo determinato fece il pieno di energia con quella biotica che non falliva mai, o quasi: una bella carica potente sarebbe stata più che sufficiente da sovraccaricare i sistemi di alimentazione e permettere al Crucibolo di fare il suo dovere. Paige era troppo debole per compiere una manovra del genere e in un momento sentiva le proprie gambe cedere appena prima di prendere posizione... ma doveva farlo, o della galassia non sarebbe rimasto più nulla!

C'era stata una forte esplosione, macerie che volavano dappertutto, e tutti i Razziatori che stavano invadendo la Terra furono paralizzati e caddero dinanzi alla potenza del Crucibolo... tutto questo a caro prezzo, e ora la comandante Shepard era come sparita nel nulla. Gli amici della Normandy erano pronti ad appendere la targa col suo nome sul memoriale dei caduti, ignari del gran trambusto che sulla Terra, nella grande città conosciuta come Londra, si stava consumando: profondi sospiri, tanta polvere e macerie tutt'intorno e nell'oscurità più totale gli astanti pregavano più volte gli dei affinché la loro vita non li abbandonasse.
Squadre di soldati furono inviate alla ricerca di sopravvissuti, quando uno di loro individuò un soldato sepolto vivo sotto tonnellate di calcinacci, forse una donna. Essi si affannavano a scavare fino a quando uno di essi, illuminando un'area col suo Factotum, esclamò il nome di Shepard e riconobbe il volto familiare di una giovane sui trenta, lunghi capelli scuri, costituzione robusta e l'inconfondibile corazza N7 rosa e bianca... ancora viva sì, ma gravemente ferita. Shepard era un pezzo grosso, il comandante per eccellenza, perderla avrebbe significato tarpare le ali al futuro dell'umanità; quindi i soldati appena la videro acuirono i loro sforzi per tirarla fuori, ma Paige si accorse di non essere totalmente sepolta dai detriti e si fece dunque strada con le braccia in cerca dell'aria aperta, con le poche forze che le restavano. I soldati, paralizzati dal fatto che nessun umano sarebbe sopravvissuto a un'immane catastrofe come quella che avevano assistito poco prima, si affrettarono a trarre in salvo la collega; questa però stava rischiando di soffocare e se i soccorsi non fossero arrivati in tempo, sarebbe morta per le ferite o avrebbe riportato seri danni dalle macerie. Lei era speciale, il primo Spettro umano della storia, una donna che aveva superato mille ostacoli fin dall'imboscata su Akuze che era costata la vita a cinquanta uomini per colpa di un Divoratore, una guerriera ibrida tra un Adepto e un Soldato che, nonostante il cognome importante, molti la conoscevano ancora come "comandante White"... oppure come "Peacewalker". La tirarono fuori appena prima che lasciasse questo mondo, il più rapidamente possibile. L'unica cosa che contava, ora, era che Paige aveva bisogno di cure tempestive, poi dopo avrebbe potuto festeggiare insieme ai suoi compagni per il completamento della loro missione più importante, per la vittoria della guerra più grande che la galassia avesse mai visto.
Intanto, nell'orbita terrestre bassa ove si era consumata quella che dai posteri sarebbe ricordata come "la battaglia per la Terra" giacevano migliaia di navi: umane, Asari, Turian e svariati Razziatori, che osservate dal silenzio dello spazio siderale sembravano alla deriva. Su una delle navi ammiraglie degli umani, vi era a bordo l'ammiraglio Hackett, vecchio amico di Shepard, il quale fra esplosioni e ufficiali che tossivano per il fumo emesso dalle macchine in avaria, gracchiò ai suoi sottoposti: — Rapporto!
A tale ordine dopo pochi secondi rispose uno dei tecnici a bordo della nave: — Ammiraglio, la nave non ha energia. Sembra che il Crucibolo abbia generato un impulso elettromagnetico tanto potente da distruggere tutte le nostre macchine!
— Allora dobbiamo subito riparare il supporto vitale, o moriremo soffocati!
A quel punto tutte le navi che avevano un equipaggio organico a bordo cominciarono a riattivarsi e come in una metropoli che s'illuminava di luci artificiali pian piano che cala la notte, così il campo di battaglia spaziale brillò della luce dei propulsori delle navi che si riaccendevano una dopo l'altra. Intanto, la Terra, dapprima culla dell'umanità e poi teatro di uno dei più sanguinosi conflitti mai visti nella storia della galassia, ora che la battaglia era stata vinta, divenne sede di una seduta d'emergenza del Consiglio della Cittadella, sostantivo improprio ora che la mega-struttura era in fiamme e alla deriva nello spazio. Tutti i capi militari che si trovavano nelle truppe Hammer, Shield e Sword si erano riuniti per decidere il da farsi ora che la minaccia dei Razziatori era stata neutralizzata: ricostruire i Portali Galattici, la Cittadella, le città distrutte, contare i morti per onorarli e riunire i sopravvissuti per continuare a vivere.
Joker, nel frattempo, cercava invano di pilotare la Normandy lontano dal raggio del Crucibolo, poiché la velocità dell'impulso era potenziata dall'energia oscura dei portali galattici, quindi gli fu impossibile evitarlo e la nave ne fu investita, schiantandosi su un pianeta-giardino. L'atterraggio fu duro, ma tutti rimasero illesi. Liara, insieme a Tali, indagò sui danni subiti e l'improvviso spegnimento di IDA, e scoprirono che il raggio del Crucibolo era un impulso IEM ad altissima intensità che distrusse tutti i condensatori e i circuiti degli strumenti elettronici. Riparare la nave non sarebbe stato difficile, sebbene fosse necessario riscrivere i software di guida e la perdita di IDA, ovvero la sua "anima", era un danno irreparabile. E anche se avessero riscritto per intero tale codice (il che avrebbe richiesto mesi se non anni), non sarebbe stata la stessa...
Quando Joker e il resto dell'equipaggio riuscirono ad abbandonare il pianeta-giardino su cui erano rimasti intrappolati, la prima tappa era la Terra, a pochi anni luce di distanza – mezz'ora di viaggio a velocità di crociera per raggiungere la loro meta. Sarebbe stata una missione di ricognizione, valutare se il nemico fosse del tutto sconfitto e se la comandante fosse sopravvissuta. La Normandy entrò nel sistema solare per porsi in orbita di trasferimento terrestre e a breve avrebbero saputo dell'esito della "battaglia per la Terra", le condizioni di Shepard e il fato dell'intera galassia. I sensori a della nave rilevarono che non c'era presenza dei Razziatori nel sistema e che vi erano solo contatti alleati. Quando Joker trasmise la notizia sull'interfono, grida di gioia cominciarono a echeggiare per i corridoi della nave, le specie organiche erano salve!
— È la Normandy! - esclamò un ufficiale a bordo della corazzata classe Everest che era in testa a ciò che rimaneva della flotta adibita a dar battaglia ai Razziatori. La nave fu quindi fatta atterrare nel sito del secondo summit della storia della galassia. Lì Ashley e Joker incontrarono Hackett, si strinsero la mano congratulandosi della vittoria e chiesero notizie di Shepard, ancora dispersa, quindi l'ammiraglio si rivolse ai due ufficiali: — Mi dispiace, abbiamo da poco inviato delle squadre alla ricerca dei superstiti, ma passeranno giorni prima di poter ricevere un rapporto con i sopravvissuti e i morti. Fareste meglio a recarvi lì di persona.
E così fecero. Ashley, Liara, Tali, Garrus e Joker si sedettero in una navetta diretta verso un ospedale da campo nei pressi del Ground Zero, dove si trovava l'ascensore gravitazionale collegato alla Cittadella. All'arrivo, l'equipaggio si ritrovò nuovamente sul sito della battaglia finale contro i Razziatori, ora in rovina. La prima cosa che si intravedeva nei dintorni era l'edificio riconvertito a ospedale. Appena entrati, gli storici amici di Shepard notarono la precarietà della struttura - probabilmente prima doveva essere un ufficio - ma le pareti abbattute, la polvere e le macerie dappertutto, con le stanze trasformate in rifugi per i feriti, ricordavano tutt'altro che un luogo di lavoro pieno di vita e persone impegnate nella loro quotidianità.
Costoro si distinguevano dal resto dell'equipaggio per averla conosciuta fin dalla loro prima avventura insieme, quando dovevano collaborare per fermare lo Spettro rinnegato Saren Arterius e il suo esercito di Geth. O di quando decimarono i Collettori a casa loro, aldilà del famigerato portale di Omega 4. I compagni della Normandy che si trovavano lì a esplorare la struttura in cerca di Paige erano gli unici più vicini a lei e la loro amicizia era tale da essere paragonata a una grande famiglia unita.
Ashley parlò con un dottore che aveva l'aria di essere il capo della struttura e Liara accennò il nome di Paige: — Se state cercando la comandante Shepard, - fu la risposta - sappiate che, quando la squadra di ricerca l'ha estratta tre ore fa, ancora respirava. Grazie a Dio i Razziatori non l'hanno incenerita, ma i danni riportati sono i peggiori che io abbia mai visto... ferite multiple e ustioni sull'85% del corpo. Sarò sincero con voi: se non fosse stato per gli impianti cibernetici, di lei non sarebbe rimasto nient'altro che un ammasso di carne e ossa.
Mentre il gruppo ascoltava in silenzio, Garrus poté tirare un sospiro di sollievo. Sapere che la sua donna era sopravvissuta in quell'inenarrabile battaglia finale quasi lo rassicurava, come togliersi un enorme macigno dallo stomaco. La sua mente, tuttavia, non avrebbe mai più dimenticato il loro ultimo saluto prima di correre verso il Raggio: Paige aveva trascinato lui e Tali a bordo della Normandy, al sicuro. Poi seguirono le proteste del Turian per convincerla a portarlo con sé, a coprirle le spalle come ai vecchi tempi. Lì era vietato contraddire gli ordini della comandante, per quanto fosse anche l'amore della sua vita, ma anche se lei lo avesse lasciato andare, sarebbe stato solo d'intralcio e neanche la scusa di essere un soldato eccezionale non lo avrebbe aiutato. Un saluto veloce, e "la sua eroina" partì alla volta del Raggio che l'avrebbe trascinata sulla Cittadella e accendere così il Crucibolo che avrebbe annientato per sempre la minaccia dei Razziatori anche al costo della sua stessa vita.
Per fortuna il flusso di ricordi s'interruppe qui. Garrus si allontanò dal gruppo per chiedere informazioni circa la comandante, ancora viva ma un po' malconcia. Ella si trovava in una stanza appena oltre un piccolo corridoio, contrassegnata col numero 23, e tenuta sotto stretta osservazione affinché il personale monitorasse il suo stato di salute. Non era un grosso problema, pensò, forse la sua presenza avrebbe almeno allentato la tensione. La guardia lo squadrò in modo stoico ma col sorriso sulle labbra, forse avendo riconosciuto chi aveva davanti, e gli permise di entrare a patto che mantenesse un tono abbastanza tranquillo per non traumatizzare troppo la paziente. Gli sparò un frettoloso «Sissignore!», e finalmente entrò... e così fu per almeno una settimana.

Dunque era Garrus il visitatore misterioso di Shepard. Ma doveva essere passato molto tempo da quando gli avevano permesso di poter vedere quello che restava della famosa comandante che guidò il mega-esercito multietnico contro i Razziatori giorni addietro. E ora, seduto accanto al suo capezzale, attese... forse più serenamente ora che la donna era sulla via della guarigione. I medici erano stati abilissimi a curare più ferite possibile: sette giorni prima, quando l'avevano estratta dalle macerie, più morta che viva, Garrus non riusciva a dormire per più di un'ora. All'inizio sembrava che fossero solo i macchi-nari a mantenerla in vita, ma poi col tempo le sue condizioni miglioravano a poco a poco; ora di recente le avevano tolto la mascherina dell'ossigeno e la paziente respirava nuovamente da sola.
Il Turian finalmente si rilassò. Un'infermiera molto gentile lo aveva rassicurato posandogli una mano sulla spalla con un sorriso incoraggiante; gli diceva che la situazione non poteva che migliorare di giorno in giorno. Non ce n'era bisogno, comunque: sapeva che prima o poi la comandante si sarebbe svegliata... doveva solo aspettare. Ovviamente non rimase inattivo e aveva iniziato a osservare i suoi parametri vitali via Factotum, o almeno con i sistemi principali dello stesso; a parte questo, sembrava abbastanza esperto nel tenere sotto osservazione i progressi della paziente, i cui segni si stabilizzarono, e tutto ciò che restava da fare era attendere che ella aprisse gli occhi, tanto lui era diventato bravo ad aspettare.
Ma come la Bella Addormentata si ridestò dal suo sonno di morte dopo il bacio del principe suo salvatore, così le palpebre di Paige iniziarono ad ammiccare e provò a sollevare una mano, che Garrus si precipitò subito a stringerla. Certo, la presa non era salda come un tempo, ma sapeva che lei avrebbe presto ripreso le forze - le mancava solo aprire gli occhi. Ammiccò di nuovo le palpebre mentre la presa tra le dita del Turian si allentò, ma solo per un momento: — È... è finita? - sussurrò, la sua voce si udiva a malapena, come sul punto di svenire.
— Diamine, sì! - fu la risposta, con tanto di ampio sorriso, di Garrus - Ce l'abbiamo fatta! Eravamo così in pensiero per te.
Ora sì che Paige si sentiva uno straccio! O meglio, in colpa per aver impensierito la sua fidata combriccola, a tal punto che ebbe l'istinto di accennare un sorriso nervoso, sufficiente a far battere forte il cuore del Turian. Paige intanto aveva aperto gli occhi, ma dovette stringerli un poco per ripararsi dalla luce diretta del sole che filtrava dalle fenditure delle veneziane: il sole della Terra, pensò, un po' malconcio ma svolgeva ancora bene la sua funzione. Ma dov'erano i Razziatori? Una domanda sorta spontanea come se lei avesse dimenticato l'esplosione che l'aveva investita e quasi ucciso. Tuttavia, non c'era nulla di cui preoccuparsi, giacché la più grande minaccia che la galassia avesse mai conosciuto era stata debellata definitivamente; il che voleva dire che, dopo aver sistemato alcune faccende con l'Alleanza, Paige si sarebbe congedata insieme a Garrus e... sì, trascorrere il resto delle loro vite insieme! Per ora ella si accontentò di un certo periodo di tempo trascorso in ospedale, cercando di guarire e tornare in forma, naturalmente con tutta la calma dell'universo - accelerare tale processo, infatti, nuoceva alla salute! Adesso vorrebbe voltarsi, ma le faceva così male che fu il Turian a sollevarle il viso con delicatezza, cosicché potesse godere la vista degli occhi aperti dell'umana. In quell'istante i loro volti erano molto vicini tra loro, ma lui non riuscì a dire nemmeno una parola; lei invece era ancora una volta incantata dal profumo di rose della sua pelle e avvertiva a un ritmo sempre più costante le delicatissime carezze del visitatore. Forse questo improvviso affetto era dovuto al timore che tutto questo non fosse altro che un sogno desti-nato a svanire.
Non esistevano parole per descrivere il dolore che Paige provava in quel momento... era dappertutto, ora che i medici avevano ridotto il dosaggio degli antidolorifici per riuscire a farla svegliare, o forse era esaurito l'effetto dell'anestesia: — So che fa male. - le spiegò il Turian con gentilezza - Sei ancora convalescente. Ma adesso... sei qui con me! - e poi, abbassando il tono fino a quello del "fidanzato innamorato", aggiunse: — Sapevo che questa storia sarebbe finita bene, "Non c'è Shepard senza Vakarian"... e pensare che ero già pronto a seguirti in Paradiso e aspettarti al bar...
Stava scherzando, per fortuna, ma la faccenda era ben più seria. Quello di Garrus, infatti, era il suo primo amore e con questa fortissima emozione non era un grande esperto, anzi... ciò che sapeva sull'amore o sul comportamento umano in genere lo aveva appreso da quegli scandalosi video che gli passava Joker, oppure dai romanzi che Paige era solita leggere ad alta voce per lui quasi alla stregua di una favola della buonanotte. Tale atteggiamento infantile era perfino malvisto della maggior parte degli altri alieni - e probabilmente anche suo padre non approverebbe la sua relazione con Paige se un giorno dovesse scoprirlo! Il guaio più grande dell'essere un principiante in simili esperienze era vedere solo il lato positivo dell'amore trascurando quello più oscuro, infido e bastardo: il dolore della separazione. Il Turian era così convinto che la storia con Paige avrebbe dovuto essere una favola a lieto fine che, appunto, la separazione lo avrebbe spinto a cadere nel baratro della depressione. In quel caso le soluzioni sarebbero diventate due: lasciarsi consumare dal dolore fino alla morte, oppure convertire il tutto in rabbia al punto tale da far riemergere la figura di Archangel, ovvero lo spietato vigilante dei Sistemi Terminus. Per fortuna, dicevo, la guerra si era conclusa con un lieto fine, l'ordine insubordinato di "tornare a casa viva" era stato rispettato (e Paige era una maestra nel mantenere le promesse) e... mancava solo il bacio finale, come nei più classici dei film.
Mentre si chinava in avanti, le placche mascellari di Garrus vibravano come se munite di vita propria nell'udire quelle parole dal sapore quasi magico; e, data la situazione, un solo bacio non sarebbe bastato a premiare colei che per ben tre volte si era spaccata la schiena per salvare la galassia dai cattivi... e, infatti, per Paige i premi sono tre! Il primo sulla fronte, quasi con la punta della lingua, per aver sconfitto Saren; il secondo sulla guancia, per aver distrutto la base dei Collettori; l'ultimo era il più prezioso di tutti, per aver rispedito i Razziatori dal buco da cui erano strisciati fuori, a suon di calci. E non era una zona del viso scelta a caso, anzi era il modo col quale i Turian baciavano il proprio coniuge, secondo la tradizione: — Vuoi che mia fronte sfiori le tue labbra? - si sorprese Garrus, sorridendo - Avevi detto che provavi dolore dappertutto!
— Non m'importa, dolce arcangelo. - e già sentirsi chiamare in quel modo dopo tanto tempo permise al suo interlocutore di sforzarsi e accontentare la comandante bisognosa di affetto.
Un vero peccato che le rosee labbra di Paige non fossero più i soffici cuscini sui quali Garrus si divertiva a far danzare le ruvide placche cheratinose della bocca, ma sentire quel bacio come un'istantanea connessione con la donna che amava gli faceva battere forte il cuore, per effetti appunto di questa carezza intima. Anche il suono delle parole "Ti amo" a un filo dalla sua pelle aveva lo stesso effetto: — Ora avrei bisogno di un riposino. - lo congedò Paige, chiudendo gli occhi - E quando mi sveglierò di nuovo...

— Vuoi un altro bacio? - la anticipò l'altro - Certo, tesoro. Ti aspetterò qui.
I due si tenevano ancora teneramente per mano, mentre Garrus riprese a osservare i parametri vitali della donna: si era riaddormentata sì, ma il respiro era costante e perfino il battito aveva assunto un ritmo altrettanto regolare. Ma poi il Turian aggiunse una frase apparentemente inappropriata ma che in realtà nasconde un messaggio ben preciso: — Non ti lascerò mai... mia futura sposa.
Paige potrebbe non capirlo ancora, o gli avrebbe riso in faccia per l'ennesima battuta Turian che non capiva, ma era ciò che rappresentava per lui. E quando sarebbe stata in grado di lasciare l'ospedale con le proprie gambe, i due innamorati avrebbero dato il via libera per organizzare la cerimonia, dimostrando al mondo intero che lei sarebbe stata la sposa più bella che gli abitanti della Via Lattea avessero mai visto! Bisognava solo aspettare che guarisse, e Garrus ormai era diventato bravo ad aspettare.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Mass Effect / Vai alla pagina dell'autore: Florence_Castle