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Autore: Miss Chanandler Bong    13/10/2018    17 recensioni
STORIA INTERATTIVA | ISCRIZIONI APERTE FINO AL 2 NOVEMBRE
Un gruppo di ragazzi, un intruso, Settembre.
Sono amici da sempre, eppure conservano segreti profondi, vite complesse, paure inarrestabili. E ora, un mistero intrica la loro storia: dopo la morte della loro amica, una presenza inizia a compiere strane azioni, rendendo impossibile la vita dei personaggi. Ogni volta che indagano, uno di loro si risveglia nella Foresta Proibita, senza memoria del giorno precedente e con un profondo taglio nel corpo.
Iniziano a non fidarsi gli uni degli altri. Temono che l’individuo possa appartenere al gruppo, ora pensano solo a sopravvivere.
Chi sarà la prossima vittima?
[Verranno affrontati svariati temi adolescenziali, e analizzata la psicologia e la storia di ogni personaggio.]
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
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Joseph Sail
 
«C’è sempre una cura a tutto.»
Joe non aveva mai dimenticato quelle parole, sin dal giorno in cui sua madre le aveva pronunciate. Lo avevano colpito nel profondo. L’ultima volta che aveva sentito un dolore altrettanto forte fu quando venne percosso sullo stomaco da una spranga di ferro, e non era nemmeno paragonabile. Quelle sillabe gli avevano stropicciato il cuore, lo avevano masticato e lo avevano sputato per terra.
«Ma io non sono malato» aveva risposto lui, a dieci anni.
«Sì che lo sei.» Sua madre gli carezzò gentilmente i capelli, ma una flebile smorfia di disgusto le deformò il labbro superiore.
I regali che le aveva portato erano troppi, inutili e disperati. Un orologio a cucù a forma di civetta, una parrucca bionda, una scatola di tonno vuota, la pagina di un libro, un innaffiatoio arrugginito. In mezzo a questi oggetti, l’ennesima lettera:
Ciao Joseph, sono sempre io, la mamma. Ti ho portato altri regali, come puoi vedere, spero che ti piacciano. Spero anche che risponderai almeno a questa lettera. A casa manchi tanto, potresti venire a trovarci qualche volta, no? Con papà va sempre peggio. Ho paura di perdere il bambino. Ho bisogno di te, piccolo Joe, per favore. Non riesco più a smettere di piangere. Manchi tanto anche alla nonna. Ma cosa devo fare per farti venire qua? Ti prego.
La gettò sul fuoco, che scoppiettò con più energia.
Sua madre era una bugiarda. Mentì quando giurò amore eterno a suo marito; mentì quando disse a Joseph che esisteva Babbo Natale; mentì quando gli promise che non lo avrebbe abbandonato mai. E continuava a mentire, una volta dopo l’altra. La gravidanza, la violenza del padre, la nostalgia: tutte bugie. Si sentiva sola, isolata dalle cazzate che aveva raccontato per tutta la sua vita, dai casini che aveva combinato, dai cuori che aveva spezzato. Nessuno l’amava più, e le stava bene così.
Rise mentre gettava nel fuoco anche i regali. Rise perché trovava tutto ridicolo, buffo, meraviglioso. Rise perché, a ogni danza che facevano le fiamme, si rendeva conto che tutta la sua vita era stata una bugia, sin da quando era nato. Per quanto ne sapeva, poteva pure essere figlio di qualcun altro.
Sentì bussare alla porta. Andrew entrò.
«Tua madre?» chiese, inginocchiandosi davanti alla scatola piena di cianfrusaglie. «Bei regali di compleanno…» commentò, ironico.
«Non lo ricordava neanche» rispose Joe, gettando anche l’innaffiatoio.
Andrew e Joseph erano migliori amici, odiati da mezza scuola. Non perché facessero del male a qualcuno, ma solo perché, oggettivamente, erano fastidiosi: casinisti, rumorosi, campioni nel non rispetto delle regole, tremendamente stupidi. Ma loro se ne fregavano: stavano bene così com’erano. Andrew diceva tutto a Joseph e Joseph diceva tutto a Andrew… più o meno. C’erano donne di cui Andrew non aveva mai parlato, e donne di cui Joseph aveva parlato troppo, segreti che i due non avrebbero mai osato rivelarsi. Joe aveva parlato di sua madre come di un’ubriacona, drogata e traditrice: altre bugie, proprio come dettava il suo DNA. Susan Chelsea aveva tanti difetti, ma proprio quelli non potevano essere attribuiti alla sua persona. Andrew aveva invece vantato svariate scappatelle, tutte sincere, ma aveva apertamente omesso l’esistenza di una ragazza, di un amore vero. Ma ogni cosa a suo tempo.
«Dobbiamo andare, adesso» disse Joe, mettendosi in piedi e spazzando via la cenere dai vestiti. La scatola era vuota: gettò anche quella nelle fiamme. I due Grifondoro lasciarono la Sala Comune, percorsero tutto il corridoio con le mani in tasca e la testa alta, e giunsero in cortile. Joe iniziò a calciare delle pietruzze, ancora con la testa immersa in mille preoccupazioni.
«No mamma, non sono malato!» aveva insistito il piccolo Joseph, sbattendo un piede per terra.
«Oh, Joey.» Gli aveva preso la testa e l’aveva stretta affettuosamente al petto, dondolandolo a destra e sinistra. «Non sei normale come tutti noi.»
«Ma… perché? Cosa ho di diverso?» Le lacrime avevano iniziato a rigargli il volto e a spezzargli la voce. «Solo perché mi piace un maschio!»
 
 
 
Christian Tookman
 
La risata di Jane era la cosa più angelica che Chris avesse mai sentito. Stringeva gli occhi teneramente quando rideva, due fossette si formavano sulle guance e si copriva le labbra con le dita. Era bellissima. Non riusciva a guardarla senza impazzire.
«Siamo in ritardo!» esclamò lei, sussurrando.
«No, c’è tempo, sssh.» Le baciava il collo, e lei continuava a ridere.
«Chris, dai!» insistette Jane, e si staccò dalla sua dolce stretta.
Christian aveva paura. Era stato il migliore amico di Jane per tre anni, e per tre anni era stato follemente innamorato di lei: era finalmente riuscito a ottenerla e a mettersi pace. Ma quella pace durò poco, perché un solo giorno dopo aver conquistato il suo cuore si rese conto di quanto fosse fottuto. Conosceva Jane fin troppo bene, conosceva il suo spirito libero, il suo bisogno di non stancarsi mai, e conosceva se stesso, le proprie insicurezze, sapeva che un passo falso gli sarebbe costato il loro rapporto, per sempre. Cercava in tutti i modi di non farla annoiare, ma molto spesso notava i suoi sbadigli celati, i suoi occhi che si alzavano al cielo, i lunghi sospiri infastiditi. Non era mai stato innamorato prima di lei, e quella era la sensazione più bella e coinvolgente che avesse mai provato: non voleva smettere di sentirlo, l’amore. Quell’amore così dolce e così assassino, quell’amore che lo aveva intrappolato quando sua sorella morì. Amava sua sorella… in un modo diverso, ma la amava. Sapeva cosa significasse perdere un amore così profondo e delicato, sapeva cosa significasse trascorrere le giornate rannicchiato tra le lenzuola, a fissare l’insensibile luce che proveniva dalle finestre, il sole che non riusciva a scaldarlo. Sapeva cosa significava provare un amore che non serviva a niente, perché non poteva darlo a nessuno. Aveva solo dodici anni, a quel tempo. Dodici anni sono troppo pochi per sostenere un peso così grande.
Si vestì, cinse le spalle di Jane con il proprio braccio e raggiunse il cortile, dove Andrew e Joseph li aspettavano.
«Tanti auguri!» cinguettò la ragazza, tendendo le mani verso Joe, pronta ad abbracciarlo. Il festeggiato la strinse a sé e la sollevò da terra.
Anche Christian lo abbracciò, gli diede due colpi sulla schiena e gli disse: «Buon compleanno, amico.»
«Beh, dove si mangia?» domandò Andrew, strofinandosi le mani. Joseph indicò il prato, rivolgendo un sorriso soddisfatto agli amici.
«Sull’erba?» chiese Christian, scettico. «Se avessi voluto mangiare sull’erba sarei nato vacca, Joe.»
«Chiudi quella fogna e siediti» gli ordinò l’amico, dandogli un leggero calcio sul ginocchio.
«Vivi il momento, Chris» recitò Andrew, prendendo posto sul prato. «Casomai dopo ce la fumiamo pure.» Jane gli diede un pugno sul braccio e Joseph rise.
«Allora, Joe. Regalini da tua madre?» domandò Chris, ridacchiando. Fu l’unico che trovò la cosa divertente. Joseph gli lanciò una lunga, tetra occhiata, Andrew sollevò le sopracciglia, guardando per terra, mentre Jane iniziò a mordersi nervosamente il labbro inferiore. Chris era così. Era inopportuno. Faceva ridere, sì, era il sarcastico del gruppo, ma era terribilmente inopportuno, e non solo in un senso imbarazzante, ma, proprio come in questo caso, anche in un senso cattivo. Non riusciva a sostenere le situazioni serie, lo mettevano a disagio: per questo le combatteva con una sciocca battuta. Tornò immediatamente serio e distolse lo sguardo da Joe. «Niente, lascia stare.»
Stupido Chris. Troppo stupido.
 
 
 
Andrew Torrance
 
«No, te ne stai già andando?» si lamentò, tirando la sua amante a sé per un braccio. «Questo regalo di compleanno è durato troppo poco.»
«Credevo che il compleanno fosse di Joseph» disse la ragazza, ridendo.
«Lo è, ma io e Joe siamo una cosa sola.» Mentre lei riprendeva a ridere, Andrew la baciava.
Casini. Uno dopo l’altro. Andrew era un casino vivente. La mattina, quando si guardava allo specchio, chiuso in bagno, doveva trattenersi dal prendere a pugni il proprio riflesso. Lo aveva fatto una volta, e non era proprio stata una bella sensazione per le sue nocche.
Casini su casini su casini. Non ne combinava una giusta. Era sbagliato il suo taglio di capelli, il suo modo di vestirsi, la sua dieta, il suo alzare la voce. Era sbagliata la ragazza con cui andava a letto.
Ogni volta che pensava a lei e che pensava a quanto fosse innamorato si sentiva in colpa, si faceva schifo, si odiava con ogni neurone e con ogni particella del suo corpo. Si odiava con le unghie e con i denti. Si lavava la faccia e, nel riflesso, vedeva un mostro, un parassita. La notte fissava il soffitto e diceva che avrebbe picchiato uno come lui, se lo avesse incontrato per strada. E ne aveva picchiati tanti. Andrew era piuttosto irascibile, non gli ci voleva molto a perdere le staffe e a sferrare un pugno a qualcuno. A se stesso lo avrebbe fatto senza dubbio.
Eppure non riusciva a smettere di pensarci. Ogni ‘ti amo’ che sussurrava il suo cervello era sincero, ogni pensiero che dedicava a lei era puro, era dolce. E questo lo faceva stare male, perché non poteva confessarle ciò che provava, non poteva confessarlo nemmeno a se stesso, perché era sbagliato, ed era ingiusto ed era impossibile. Perché lei era Jane. La fidanzata del suo migliore amico.
«Devo tornare da Chris» gli disse. Sentire quel nome gli fece male.
«Solo un altro po’» la implorò, continuando a tirarla verso di sé. «Dormi da me.»
«Non posso.»
«Ma sì che puoi. Gli dirai che eri molto stanca.»
«Sono molto stanca» replicò, sorridendo maliziosamente.
«Lusingato. Ma sono serio, resta con me, solo per questa notte.» Jane sospirò profondamente e appoggiò la testa al petto di Andrew.
«Non posso dormire con te. Ma posso stare per un altro pochino.»
«No» borbottò Andrew, mettendo il broncio mentre le accarezzava i capelli.
«Meglio di niente, no?»
«Non mi accontento. O tutto o nulla.»
«Bene. Nulla, allora» disse, sollevandosi per andare via.
«No, no!» Andrew la afferrò di nuovo. «Mi accontento, mi accontento.» Jane ridacchiò.
Si addormentò. Non voleva addormentarsi, voleva godersi quella ragazza per tutto il tempo che gli restava, ma il sonno prese il sopravvento, aiutato dalle tenere coccole di lei.
Si risvegliò all’alba, solo. Ancora in pigiama, decise che non voleva più dormire. Si guardò allo specchio, si vide stanco e triste, si odiò per l’ennesima volta, poi andò via. Con estrema cautela uscì dalla Sala Comune dei Grifondoro, si mise in corridoio, si affacciò alla finestra e vide le prime luci della mattina, fredde e pacifiche. Non era mai stato un tipo poetico, eppure quei colori gli piacevano, lo facevano stare bene.
In lontananza sentì un urlo maschile, distrutto, disperato. Si avvicinò. Forse era meglio non farlo.
Un mucchio di gente era in cerchio in un punto del corridoio. Si fece strada tra gli studenti, e vide qualcosa che lo avrebbe segnato per sempre. Vide Christian inginocchiato per terra, appeso alle braccia di Joseph. Piangeva, singhiozzava, si struggeva. E, sdraiata sul pavimento, vide Jane. Senza vita.
Sentì litri di lacrime spingere contro le sue palpebre, incapaci di uscire.












Buonsalve a tutti, lettori! Ebbene, eccoci qui, benvenuti in Amnesia!
La storia, come avrete capito, parla di un gruppo di amici che perde uno dei suoi membri, e da questo momento qualcuno di cui non conoscono l’identità inizia a compiere strane azioni, lasciare lettere, rubare oggetti e così via. I ragazzi provano diverse volte a indagare su ciò che succede, ma la mattina successiva uno di loro – diverso di volta in volta – si trova sempre nella Foresta Proibita, senza ricordare quanto successo il giorno precedente e con una ferita in corpo.
Quando avrò tutte le schede, sceglierò – senza dirvelo – un personaggio che sarà proprio il colpevole della storia. Sarete voi, attraverso dei sondaggi, a scegliere chi accusare, dove i personaggi devono andare, e anche a scegliere di quali personaggi si deve trattare in ogni capitolo. I personaggi descritti saranno all’incirca tre per ogni capitolo: ovviamente, nei capitoli saranno presenti più o meno tutti, ma quelli scelti verranno analizzati con cura e saranno i protagonisti del capitolo in questione. Per questo richiedo una vostra presenza attiva: le vostre votazioni sono fondamentali.
Mi rendo conto che è tanto da ricordare, quindi, in breve:
  1. Cose strane succedono ai ragazzi.
  2. I ragazzi indagano più volte.
  3. Ogni volta uno di loro si risveglia ferito e senza memoria del giorno precedente.
  4. Sceglierò io il colpevole, ma ovviamente non vi dirò chi sarà.
  5. Voi, attraverso delle mie domande, potrete scegliere l’andazzo della storia.
  6. In ogni capitolo analizzerò approfonditamente tre personaggi, scelti da voi attraverso i sondaggi.
 
Di seguito trovate il modulo da compilare per il vostro personaggio (prenotatevi con una recensione e mandatemi il modulo via MP). Non accetto Metamorphomagus, Animagus, vampiri, fantasmi e affini. Ovviamente nemmeno Mary Sue e Gary Stu. Potete inviarmi due schede, basta che siano maschio e femmina.
 
Nome e cognome:
Anno scolastico:
Casata:
Ruolo: può essere Prefetto/Caposcuola, appartenere a un Club, a una squadra di Quidditch, etc.
Stato di sangue: si intende se è Purosangue, Mezzosangue o Nato Babbano
Orientamento sessuale:
Molliccio:
Patronus:
Odori dell’Amortentia:
Storia:
Ricordi particolari: delle scene o dei momenti significativi per il vostro personaggio
Famiglia:
Carattere:
Aspetto fisico:
Cosa ne pensa dei personaggi del prologo e che legame ha con loro:
Altro:
Prestavolto: deve essere una persona reale, e vi prego di non darmelo italiano o comunque una persona di cui non si trova molto materiale in fatto di gif
 
 
 
I personaggi
 
Jane Williams: VI anno | Serpeverde | Bisessuale | Purosangue | Portiere | Club di Astronomia | Caposcuola. Pv: Kaya Scodelario.

 
Andrew Torrance: VII anno | Grifondoro | Eterosessuale | Mezzosangue | Battitore | Club dei Duellanti. Pv: Jack O’Connell.

 
Joseph Sail: VII anno | Grifondoro | Omosessuale | Mezzosangue | Club di Aritmanzia. Pv: Herman Tommeraas.

 
Christian Tookman: VII anno | Corvonero | Eterosessuale | Nato Babbano | Cercatore | Club di Astronomia. Pv: Daniel Sharman.

 
   
 
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