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Autore: merty_chan11    14/10/2018    0 recensioni
[KaneTou] [2126 parole]
È il compleanno di Toujou e lui e Kanemaru decidono di fare una passeggiata in uno dei parchi della città.
Dal testo:
[...]
In autunno, gli occhi di Toujou rassomigliavano più al grigio del cielo terso che al verde delle chiome sotto il sole estivo. Così come gli alberi mutavano il proprio colore, anche i suoi occhi sembravano seguire il corso delle stagioni: d’inverno, il grigio delle sue iridi rassomigliava più alla superficie del Mare del Nord; in primavera, invece, questi si tingevano di un verde quasi timido, che poi sarebbe sfociato in quel color smeraldo che giungeva con l’estate.
E in autunno, il grigio era così caldo e malinconico che forse era proprio per questo motivo che Kanemaru lo adorava.
[...]
Buona lettura!
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hideaki Toujou, Shinji Kanemaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scarf



 

 

«Mi è sempre piaciuto, questo parco.»

Toujou continuava a volgere la testa da una parte all’altra, dall’alto al basso, in modo da godere il più possibile dello spettacolo che la natura aveva riservato loro anche quell’anno.

-Anch’io- gli rispose Kanemaru, che invece non riusciva ad osservare meglio ciò che lo circondava perché i suoi occhi scivolavano sempre su Toujou e sul suo sorriso e sul divertimento che tingeva il suo sguardo. 

«È stupendo.»

E lo era davvero. Certo, se Kanemaru avesse potuto osservarlo meglio senza alcuna distrazione -anche se era piacevole- avrebbe potuto dare un giudizio molto più convincente. Ma in quel momento parlava attraverso i ricordi; la sua mente stata ripercorrendo le immagini di quel parco durante gli anni della sua infanzia. Vedeva gli alberi, da bambino considerati come giganti, e vedeva le loro foglie rosse, gialle, arancioni e del colore della terra battuta, danzare al vento come farfalle dimenticate dalla natura stessa. Sentiva il rumore dell’acqua che scorreva, il suono dei sassi che si infrangevano sulla sua superficie andando ad interrompere in apparenza quell’equilibrio che caratterizzava la vita del luogo.

Avrebbe voluto, davvero, commentare con Toujou lo spettacolo di quei colori, il modo in cui la luce filtrava tra le foglie creando delle figure quasi eteree intorno a loro, o i colori dell’acqua che riflettevano un cielo spento, prossimo all’inverno.

Avrebbe voluto, ma non ci riuscì, perché Toujou era così bello e pieno di vita che tutto nella sua mente aveva smesso di funzionare, di prestare attenzione a ciò che lo circondava per soffermarsi solo e soltanto su di lui. Su come i suoi occhi si illuminassero e cambiassero colore ogni qualvolta la luce si posasse su di lui, su come i suoi capelli, che a Kanemaru avevano sempre ricordato la sabbia dell’oceano, adesso rassomigliassero più a quelle foglie brune che costituivano il tappeto steso ai loro piedi.

E il suo entusiasmo. 

Quello era forse il punto più letale di tutti, per Kanemaru. Toujou appariva sempre così composto, ma lui sapeva quanto in realtà gli piacesse, stare lì. Erano piccoli fattori che quelli che possedevano una scarsa conoscenza del suo ragazzo non notavano ma che lui , invece, conosceva a memoria. Perché lo vedeva, dal modo in cui il suo sorriso si allargava sempre di più, da come i suoi occhi rimbalzavano da una parte all’altra del parco con l’avidità di chi voleva poter mirare tutto senza perdere un solo secondo di quella bellezza.

Ed era così semplice, il modo in cui Toujou mostrava quel sentimento, così semplice e puro che il cuore di Kanemaru fece una capriola.

«Saliamo sul ponte?» gli chiese Toujou quando si ritrovarono di fronte ad un bivio. Davanti a loro si stendevano altre centinaia di alberi dai colori mutevoli e caldi che ricordavano le fiamme di un focolare. Alla loro sinistra, invece, si ergeva il ponte di legno vecchio quanto il mondo stesso, testimone di un’epoca che non sarebbe mai più tornata.

«Il ponte va bene» gli rispose, e Kanemaru percepì l’aumento dell’andatura nel passo dell’altro, la mano stretta attorno alla sua che lo esortava a fare più in fretta.

La vista dal ponte era mozzafiato. Erano al centro del parco, in un mondo fatto di foglie e acqua e pietre dove i rumori della città non erano udibili. Quasi avessero paura, ad interferire nella quiete di un luogo fuori dal tempo.

Si avvicinarono al parapetto con passo lento, accompagnati dal rumore sordo delle vecchie assi che scandiva quella passeggiata.

Toujou poggiò le braccia sulla balaustra e guardò davanti a sé. Aveva gli occhi fissi sull’orizzonte, su quei giochi di luce che i raggi del sole creavano tagliando la cortina di nuvole del cielo. Sembrava felice, in pace con sé stesso e con il mondo, quasi fosse nato per stare in un ambiente tranquillo piuttosto che in una città grande come la capitale.

E Kanemaru, di nuovo, non riuscì a divergere l’attenzione da Toujou. Era più forte di lui, guardarlo quando l’altro porgeva il viso altrove, quando era concentrato su ciò che lo circondava. Sentiva il suo cuore battere all’impazzata, interrompere il silenzio del parco come se fosse stato all’improvviso amplificato. 

Kanemaru sapeva di essere forse anche troppo palese. Ma non poteva farci nulla, e d era una parte di se che aveva accettato perché lui amava Toujou e poco gli importava se gli altri giungessero a capire ciò che si celava dietro i suoi sorrisi improvvisi o il suo viso che si inteneriva.

Così come il parco riusciva ad acquietare l’altro, la presenza di Toujou era ciò che lo faceva rilassare più di qualsiasi passeggiata in mezzo alla natura.

«Toujou» lo chiamò Kanemaru ad un tratto, pentendosi di aver interrotto quel momento. La sua voce era sembrata così sbagliata, in quel luogo. Così fuori posto.

Toujou si girò leggermente e gli sorrise, e il suo sguardo parve illuminarsi maggiormente quando Kanemaru gli consegnò il suo regalo di compleanno.

Il pacchetto non era dei migliori, doveva ammetterlo. Era una frana, a fare questo genere di cose; non importavano l’impegno o il numero di tentativi perché il risultato finale sarebbe sempre stato orribile.

Ma il modo in cui Toujou lo guardò mandò in secondo piano il sapore amaro di quel piccolo fallimento. Nei suoi occhi vi era stato un guizzo, un lampo quasi di insicurezza che portò il ragazzo ad afferrare il pacchetto con fare incerto. Lo scartò con movimenti delicati, andando a staccare piano il nastro adesivo con cui Kanemaru aveva avvolto il regalo. Era così attento e pieno di cure per quel pacchetto malfatto che, se avesse potuto, Kanemaru si sarebbe messo a piangere. Era troppo puro, il modo in cui Toujou trattava qualsiasi cosa entrasse in contatto con la sua figura. Che fosse una persona o un oggetto, Toujou aveva sempre così tanto riguardo che Kanemaru si sbalordiva nel constatare quanta gentilezza stava contenuta in quel corpo. E, ogni volta, si innamorava sempre di più.

Toujou finì di scartare il pacchetto dopo qualche minuto, esibendo il regalo alla luce del sole. Era una sciarpa di lana, rossa e spessa, come quelle che gli erano sempre piaciute.

«Buon compleanno, Toujou» Kanemaru gli tolse con delicatezza la sciarpa dalle mani per avvolgerla attorno al collo del suo ragazzo. Forse era un po’ troppo grande, ma Toujou amava i modelli come quello che portava ora. E poi, gli stava benissimo.

Il rosso era sempre stato un colore che Kanemaru adorava su di lui. E quello della sciarpa -non troppo acceso, ma nemmeno così spento dal mettere in secondo piano la sua figura- era perfetto. Toujou avvicinò le mani alla sciarpa, immergendole nella lana per poi posare gli occhi su di lui. In autunno, gli occhi di Toujou rassomigliavano più al grigio del cielo terso che al verde delle chiome sotto il sole estivo. Così come gli alberi mutavano il proprio colore, anche i suoi occhi sembravano seguire il corso delle stagioni: d’inverno, il grigio delle sue iridi rassomigliava più alla superficie del Mare del Nord; in primavera, invece, questi si tingevano di un verde quasi timido, che poi sarebbe sfociato in quel color smeraldo che giungeva con l’estate.

E in autunno, il grigio era così caldo e malinconico che forse era proprio per questo motivo che Kanemaru lo adorava. Perché sapeva della bella stagione, del sole e delle cicale e delle notti trascorse a compiere passeggiate nei parchi. Perché sapeva di nostalgia di un’adolescenza di cui Kanemaru ricordava ancora il modo in cui gli era andato dietro, il modo in cui i suoi occhi si posavano sulla figura del migliore amico per poi distogliersi di scatto quando questi si voltava. Era stata la stagione in cui aveva capito che lo amava. E in quella successiva, in una sera di settembre, si erano dichiarati.

«Ti piace?» Kanemaru fece un cenno con il capo per indicare la sciarpa. Era ancora immerso nei suoi pensieri, nei ricordi di quel tardo pomeriggio, quando il sole stava lasciando ormai il posto alla luna e il vento freddo della notte aveva cominciato a soffiare sulla città.

Trovava quasi buffo che si fossero fidanzati proprio nella stagione in cui tutto iniziava a morire. In cui i colori delle foglie mutavano, in cui la natura si preparava al suo lungo sonno. Come se i loro cuori si fossero ribellati a quella legge non scritta, decidendo di proseguire per la loro strada, uniti dal tocco di quelle labbra illuminate dalla fioca luce del lampione.

Toujou prese la sciarpa tra le mani e cominciò a togliersela. Kanemaru inarcò un sopracciglio e sentì il suo sorriso vacillare.

Non gli era piaciuto, forse? Avrebbe preferito un regalo migliore? Diamine, sapeva che avrebbe dovuto prendergli qualcos’altro. Toujou amava le sciarpe, ma era davvero un qualcosa di adatto per un compleanno? Soprattutto quando stavano insieme?

«Toujou» cominciò Kanemaru con tono grave per l’imbarazzo. No, non aveva previsto nulla di questo genere. Tutto in lui era stato ultimamente così positivo dal pensare che Toujou avrebbe accettato senza nessun problema e Kanemaru capì che, forse, aveva sbagliato tutto.

Fece per parlare ancora, muovendo le mani in avanti in un gesto quasi goffo, ma il tocco dolce dell’altro lo fece quasi trasalire.

Kanemaru percepì il contatto con la lana, calda e morbida contro la sua pelle, e delle mani di Toujou che con estrema cura si apprestavano ad avvolgergli la sciarpa attorno al collo.

Kanemaru si ritrovò così stretto in quella presa dolce, con il viso di Toujou a pochi centimetri dal suo. 

«Ti prenderai un raffreddore» Toujou scherzò con sguardo innocente e Kanemaru ridacchiò.

«Ora capisco perché ti piacciono le sciarpe» commentò il biondo, e stavolta fu l’altro a mettersi a ridere.

Rimasero per un attimo in silenzio, attimo in cui le mani di Kanemaru andarono a cercare quelle di Toujou, calde nonostante l’aria pungente dell’autunno, sfiorandosi appena.

Kanemaru guardò il ragazzo, gli occhi grigi della stessa lucentezza della luna, e si sporse in avanti ancor prima che la sua mente potesse processare altri pensieri.

Toujou non fece in tempo a muoversi a sua volta che Kanemaru era già su di lui, le mani in una stretta dolce e delicata, i volti semi coperti dalla grande sciarpa rossa che faceva quasi il solletico.

Sembrava come quella volta, come l’anno prima, quando aveva baciato Toujou per la prima volta. Era stato più impacciato, all’epoca, più goffo e privo di alcuna esperienza. Kanemaru ricordava il pietoso tentativo iniziale, quello in cui entrambi si erano scontrati ed erano rimasti in silenzio per circa cinque minuti prima di riprovare. 

Era stato imbarazzante. 

Toujou aveva cercato di evitare il suo sguardo il più possibile e, mentre lui aveva abbassato la testa, l’amico quasi aveva preferito osservare le falene in volo piuttosto che posare i suoi occhi su di lui.

Ora era tutto diverso. Conosceva Toujou, e conosceva quelle labbra come sapeva a memoria la strada per tornare a casa, come sapeva recitare verso per verso le sue opere preferite di Shakespeare. Perché Toujou era un po’ questo: la sua casa, il sentimento di stupore e meraviglia che si celava nel sentire le strofe prendere vita con la voce; sapeva che ci sarebbe sempre stato, sapeva che in lui avrebbe sempre trovato quel brivido di piacere e di scoperta come fosse la prima volta. Come se Kanemaru avesse avuto il privilegio di perdere la memoria riguardante i  suoi sentimenti provandoli così ancora e ancora, ogni  volta sempre più forti e travolgenti. 

Fu un bacio dolce e lento, accompagnato dal suono del vento che infrangeva l’acqua dello stagno. Tutto taceva intorno a loro; non c’erano persone di passaggio, o animali in cerca di un rifugio. Erano soli in quel piccolo paradiso all’interno dell’intricata e mai stanca Tokyo, una città che forse, per entrambi, correva un po’ troppo e mai permetteva loro di godere di momenti di pace come questo.

Quando il bacio fu terminato, Kanemaru lasciò la presa dalle mani dell’altro e lo attirò più vicino a sé, cingendogli i fianchi con le sue braccia. Toujou, invece, gli circondò il collo.

«Ancora buon compleanno» ripeté Kanemaru con dolcezza, poggiando la fronte sulla sua. Toujou era pronto a rispondere quando una risata uscì dalle sue labbra.

Una foglia arancione era rovinata sul suo viso, andando a nascondere parte della sua visuale. Toujou la scostò con una mano e poggiò di nuovo la fronte sulla sua, il sorriso ancora dipinto sul volto.

Era stupendo; con gli occhi che rilucevano per la felicità, le guance arrossate per il freddo e per il bacio di pochi minuti prima. Era un tesoro, il suo tesoro, e Kanemaru lo strinse più forte perché non voleva lasciarlo andare.

«Grazie, Shinji» gli rispose il ragazzo con dolcezza, strofinando il naso sul suo.

Kanemaru ridacchiò e Toujou lo baciò ancora, lasciando che fosse il vento a portare ai passanti il suono delle loro risa.

  
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