Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: fotone    16/10/2018    1 recensioni
Viktor, un ragazzo dalla vita disturbata e con mille complessi, parla al suo terapista, esponendogli gli innumerevoli problemi creati dalla sua mente, la quale lo porta a perdere totalmente il controllo della sua esistenza. Una perdita di controllo che è quasi orgasmica, tanto eccessiva da essere eccitante, tanto folle da essere magica, tanto sbagliata da essere dolcissima e necessaria. In questo clima onirico e surreale, quasi lo psichiatra stesso fosse prodotto della sua stessa mente, parla di tutte le cose orribili che ama fare a se stesso, alla sua vita. È coinvolto in un violento processo di autodistruzione che ama: ama devastare ogni cosa bella che esiste in lui, nella sua vita, nel suo mondo.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
"Buongiorno Viktor; come ti sembra di sentirti, oggi?" "Male, Dottore, come vuole che mi senta? Ma non è un problema, credo." risponde Viktor, ridacchiando. "Come mai ti sen-" inizia il Dottore, ma Viktor lo interrompe: "Vuole sapere una cosa curiosa? Le cellule del nostro corpo sono biologicamente programmate, sin dall'inizio della nostra individuale esistenza, a trovare il modo di far sopravvivere il nostro organismo. Questo perché gli individui senza queste "istruzioni" innate scritte fra i loro geni non sono sopravvissute abbastanza a lungo da riprodursi e far replicare i propri geni difettosi. Questo vale dalla costante mitosi delle nostre cellule dermatologiche ai più complessi meccanismi psichici della nostra mente. Se io provassi a pugnalare violentemente il mio petto, il mio organismo bloccherebbe la mia azione, preservando la sua stessa sopravvivenza. Si fidi, ho provato." "Hai provato ad ucciderti? Quindi devo supporre che tu attui azioni compulsive volte al suicidio. Avrei una domanda." "Mi dica, Dottore." "Ti capita forse di avere pensieri ossessivi legati al suicidio, all'omicidio, all'autolesionismo, al sesso estremo o al cibo?" domanda. Viktor ci pensa un po' su, facendo viaggiare il suo amaro sguardo vuoto. "Decisamente, Dottore. Penso a me che mi uccido. Penso - benché in misura minore, ma comunque consistente - a me che uccido gli altri. Penso a me che mi causo lesioni, così come penso di causarne ad altri. Penso di subìre dolore dagli altri in modo sessuale, e qualche volta mi è capitato anche di pensare di arrecarne. Penso di mangiare un sacco." "Questi sono pensieri molto gravi e preoccupanti, Viktor... pensi di riuscire a descrivermi tali pensieri?" Viktor sbuffa alla domanda personale, ma risponde senza alcun problema: "Mi capita di immaginare all'improvviso, mentre siedo in classe, di dondolare, impiccato, da una corda che pende al centro dell'aula. Mi capita di immaginare, mentre cammino al porto, di buttarmi nell'acqua ghiacciata e che una nave enorme mi blocchi dal tornare alla superficie. Mi capita di svegliarmi e non volermi alzare dal letto, esplorando perciò l'idea di imbottirmi di pillole per non svegliarmi mai più. Mi capita di immaginare di infilare un coltello nella schiena di mio padre o una forchetta nel cranio di mia sorella, mentre ci passo accanto. Mi capita di immaginare di tagliarmi, di bruciarmi, di picchiarmi, o di tagliare, bruciare e picchiare il prossimo, se mi fa arrabbiare. Mi capita di pensare a certe attività sessuali che penso sia meglio non specificare. Mi capita di immaginare di mangiarmi un tiramisù per intero, o una pizza con le acciughe senza fermarmi... come in una sorta di fame chimica." Il dottore annuisce serio e domanda: "Ti è forse mai capitato di tradurre questi pensieri in azioni?" "Beh, sì. Le confesseró, mi è capitato effettivamente di ingoiare varie pillole, ma sono ancora qui. Mi è capitato di dirigermi verso la stazione quando dovevo dirigermi invece a scuola, o di cercare su internet l'altezza minima da cui buttarmi, o centri per il suicidio assistito, ma il mio corpo mi ha protetto come le ho spiegato, fermandomi ogni volta. Mi è capitato di puntare un coltello vero a mia sorella, a sei anni, circa. Mi è capitato di accendere un fornello dopo averci infilato la mano, ma non stavo pensando. Volevo sentire qualcosa. Mi è capitato di mettermi in situazioni pericolose per me o per l'altra persona. In realtà, più per me. Mi è capitato di mangiare per ore, dopo aver raggiunto un livello di sazietà. Però non mi sono mai ucciso e non ho mai ucciso qualcuno, non mi sono mai causato ferite permanenti, non ho mai raggiunto la morte come conseguenza al sesso e non ho mai vomitato da quanto ho mangiato. Quindi i bastardi non hanno di che preoccuparsi. Il mio corpo è riuscito a proteggermi, in base al principio che citavo prima." Dice Viktor, con uno sguardo sprezzante e abbastanza arrabbiato. Detto ciò, si infila le unghie nella carne e inizia a guardare altrove, mordendosi con forza il labbro inferiore. "Viktor, smetti di torturati il labbro e il palmo della mano, per cortesia. Credo che questo tuo modo di cedere ad impulsi autodistruttivi è distruttivi non sia che un modo di fuggire da una realtà che non sai come affrontare, di controllare un ossessivo desiderio di morte. Sfogarti con impulsi autodistruttivi in questo modo, a lungo andare, ti porterà ad una fine orribile. Chiaramente ti trovi in una situazione che non sai come affrontare, in cui non riesci ad ottenere ciò che desideri davvero. Perché non cerchiamo di capire qual è questa situazione e cosa desideri, invece di pensare ad ucciderti?" "Perché io, Dottore, voglio uccidermi. È questo che desidero. Voglio danneggiarmi o essere danneggiato. Voglio mangiare fino a smettere di essere una persona reale." "Viktor, non puoi smettere. Perché non facciamo in modo che esserlo possa diventare più sopportabile?" "Sopportabile? Non lo so, non mi sembra di essere neanche così triste, non ho vere sensazioni, ho solo gli impulsi che ne conseguono. Quale surreale atmosfera di assurdità aleggia intorno alla mia vita, vero? Inoltre, semplicemente non penso di poter controllare quei pensieri. Non penso di poter compiere volontariamente l'azione di pensare ad altro, se sto pensando a cose orribili. Sotto sotto, mi piace un sacco. Sotto sotto, amo la morte e il dolore." "Viktor... dimmi la prima parola che ti viene in mente se ti dico morte." "Silenzio." "Prima parola che ti viene in mente se dico silenzio." "Pace." "Pensi che la morte sia una forma di pace?" "Cazzo, decisamente. Per lei esistiamo, quando siamo morti?" "Non possiamo esistere, perché il nostro cervello non è più attivo e non può produrre una coscienza. Non può percepire e non può nemmeno pensare. Cartesio disse "Cogito ergo sum" e, basandosi su questo come punto di partenza, non si può essere se non si può pensare." "Pensa si possa soffrire se non si esiste?" "Suppongo di no, ma nemmeno -" "Dunque la morte è priva di sofferenza. È ciò che amo pensare sin da quando avevo quattro anni." "Pensavi a questo, a quattro anni?" "Non sia spaventato. È un bellissimo pensiero. Molto positivo. La morte è per me come un calmo e silenzioso giardino in autunno, fresco e tranquillo." "La morte ti sembra quindi un bel concetto?" "Sì, la morte. La morte deve essere così bella. Trovarsi nella soffice terra marrone, con le erbe che ondeggiano sopra la testa, e ascoltare il silenzio. Non avere ieri, nè domani. Dimenticare il tempo, perdonare la vita essere in pace." Il Dottore tace un momento, prima di domandare ciò che già era palese: "Hai citato un passo del Fantasma di Canterville di Oscar Wilde?" "Ovviamente, Dottore. Amo poche cose come i libri di Oscar Wilde. Il Giardino della Morte mi affascina veramente." "Parleremo nel dettaglio di questa tua ammirazione per la morte. Il passo che hai citato presenta comunque alcuni errori filosofici. Dice che è bello ascoltare il silenzio della morte, che è bello essere morti, che si sta bene quando si è morti. Tutto ciò è chiaramente falso. Non puoi renderti conto del silenzio, se sei morto, lo sai bene anche tu. Non puoi godere dell'atmosfera romantica da lui presentata tramite la sua arte, perché sei morto. Non puoi stare bene, se sei morto." Viktor pensa, in difficoltà. Sente di essere troppo intelligente perché la sua filosofia di vita sia così facilmente e chiaramente confutabile. "Ha ragione, glielo concedo, ma così come non si può stare bene, non si può neanche stare male." dice arrampicandosi sugli specchi, mettendo in dubbio la sua stessa intelligenza. Forse non è diverso e geniale, bensì semplicemente diverso. "Allora puoi accettare la morte, ma che senso ha desiderarla? Ha lati positivi e negativi, così come la vita." Viktor guarda altrove, con le lacrime agli occhi. Non può accettare una cosa del genere... Il Dottore sospira e si piega in avanti: "Da quale dolore vuoi fuggire, Viktor?" "Non lo so..." "Lo capiremo insieme, te lo prometto. Qualcosa ti è successo e ti perseguita. Lo capiremo, insieme, grazie alle parole, te lo prometto. Capiremo cosa ti fa desiderare tranquillità e silenzio."
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: fotone